HUE 222

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Allegato di Land Italia Magazine n. 28 - Settembre-Ottobre 2015

Euro 10,00


Sommario 3

HUE222: la Series One “Italiana” del 1948

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La scoperta e l’inizio della ricerca

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Notizie della sua storia italiana

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Cercando di tracciare la sua storia inglese

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Auto Moto Retrò 2011

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Il restauro

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Auto Moto retrò 2015

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Parade 2015

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Documentazioni originali di HUE222

A Miki

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Gli speciali di Land Italia Magazine

Paolo Turinetti, appassionato e collezionista di numerosi veicoli storici Land Rover, ripercorre in questa monografia la storia del restauro di HUE222. Il restauro di un’auto richiede tempo e dedizione; un lavoro meticoloso e puntuale volto alla rinascita di un pezzo pregiato deteriorato dal tempo. Abbiamo voluto riassumere in questa breve pubblicazione il tanto lavoro e dedizione con cui Paolo ha affrontato questo importante restauro per far rinascere HUE222, telaio n.R861194 uscita da Solihull il 17 dicembre 1948. Pierluigi Ducci Presidente del Land Rover Registro Storico Italiano


HUE222 la series one “italiana” del 1948

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orrei fare una piccola introduzione per spiegare perché HUE222 è una Land Rover rilevante per la storia della Casa di Solihull. Credo si possa riassumere brevemente la sua presentazione in quattro punti: 1. è stata costruita nel dicembre del 1948, dopo 5 mesi dall’inizio della produzione; 2. è una delle prime 1500 macchine uscite dalla fabbrica, con caratteristiche costruttive che si possono definire artigianali; 3. è targata HUE222 e, come è noto per gli appassionati, la prima Land Rover costruita in assoluto è HUE166; 4. è una “matching number”, ciò vuol dire che tutti gli organi meccanici sono numerati con lo stesso prefisso del telaio 86, dunque sono tutti stati installati fin dall’origine sulla macchina.

Il racconto che segue vuole essere testimonianza della storia di questa piccola Series One 80”, ma anche un modesto tributo alla storia della Land Rover composta da migliaia di pagine che hanno alimentato la sua leggenda e che nel 2015 celebra la fine della produzione della Defender, che della Series One è l’ultima diretta discendente tanto nel design quanto nella filosofia ispiratrice. Paolo Turinetti

HUE222 - La Series One “italiana” del 1948

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01 La scoperta e l’inizio della ricerca

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a prima notizia della sua esistenza in Italia comparve su Legend N. 123, (1a) sett/ott 2004 (rivista del Series One Club). Il sig. Martin Turner, della ditta “Cox & Turner”, la fotografò a Firenze durante la sua luna di miele. Gli era sembrata a prima vista una qualsiasi Series One con hard top, ma osservandola più accuratamente vide la targa inglese HUE222 (1b) e questo destò la sua curiosità.

Foto 1b

Foto 1a

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Turner si chiese che diavolo ci facesse una macchina così abbandonata sotto un albero in Italia. Le foto che apparvero su Legend furono scattate dalle mura del giardino di Boboli che si affacciano su una proprietà privata dove la macchina era parcheggiata. L’articolo e la segnalazione fu fatta da Ian Cox socio del LRSOC. Nel numero di Legend 124 (2) nov/dic 2004, Anthony Kilsby riferì qualcosa in più. Durante un viaggio di sei

mesi in Europa, compiuto con la moglie Jane a bordo di una Series One, visitarono Firenze e anche loro videro HUE222 nel giardino. In quell’occasione riuscirono a parlare con il proprietario del terreno, il quale riferì che le macchine (visto che c’erano parcheggiate anche un Series IIA, una Series III, una Morris Traveller e una vecchia Triumph) appartenevano ad un amico di famiglia che le aveva temporaneamente lasciate lì non sapendo dove metterle.

Foto 2

HUE222 - La Series One “italiana” del 1948

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Il sig. Kilsby riuscì a dare un’occhiata da vicino e riferì di uno stato generale più che buono, completo e con poche tracce di ruggine (3). Un nido di vespe lo fece desistere da un’indagine più accurata. Facendo ricerche in vecchi registri e newsletter di Legend venne alla luce che il proprietario di HUE222 era il sig. Enrico Tedeschi. A quel punto scattò da parte mia la curiosità di saperne di più e, tramite una ricerca su internet, trovai il sig. Tedeschi in Inghilterra, dove viveva ormai da parecchi anni nella città di Brighton. Lo contattai con una e-mail, gentilmente mi rispose che sì la macchina era stata sua, ma l’aveva venduta prima di tornare a vivere in Inghilterra; non mi fornì ulteriori informazioni. Organizzai allora una settimana in camper in centro Italia, restando una giornata a Firenze!!! Qui, pur avendo passato un pomeriggio intero a sbirciare oltre tutti i muri della collina fiorentina, della Series One nessuna traccia!!! Non dandomi per vinto, sempre tramite internet, cercai notizie su club di Land Rover fiorentini e trovai il Land Rover Florence. Telefonai al presidente e riuscii a trovare il nome dell’attuale possessore della macchina dal sig. Tedeschi.

Foto 3

Era il marzo del 2005 e con una serie di infinite telefonate, passando attraverso tanti «non ci penso nemmeno», «la restaurerò io» e «se un giorno la venderò te lo dirò sicuramente», arrivammo al settembre del 2010, quando la risposta alla mia ennesima richiesta divenne: «se ne può parlare, ma sappi che non è una macchina normale, questa ha una targa celebre», ecc. ecc.; a novembre del 2010 si stabilì la cifra e nel mese di dicembre fissammo la data per andarla a prendere!!! Ai primi di dicembre 2010, attaccato il carrello alla Defender, accompagnato dalla mia comprensiva moglie, partì alla volta di Firenze.

Foto 4a

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Foto 4b - Nella “bacheca” di Firenze

Ci trovammo con Domenico all’uscita dell’autostrada e ci guidò a quella che lui chiamò “la sua bacheca” dove erano custodite una quindicina di Series (4 a) in varie condizioni assieme ad una quantità imprecisata di ricambi e pezzi vari tutti rigorosamente Land Rover. Qui si trovava anche la Morris (4 b) che fece compagnia ad HUE222 sotto una pianta nella collina fiorentina. Dopo aver tirato fuori HUE (5a 5b) dall’antro buio in cui “giaceva”, la caricammo a traino sul carrello per poi riavviarci verso casa (6 - 7). Dopo circa sei anni da quando avevo saputo della sua esistenza, ero finalmente riuscito ad averla. Per il momento nelle sue povere condizioni, ma con l’intenzione di avviare quanto prima un restauro per riportarla agli antichi splendori.

Foto 5a e 5b - Il salvataggio di HUE222

HUE222 - La Series One “italiana” del 1948

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Foto 6

Foto 7 - New proud owner

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02 NOTIZIE DELLA SUA STORIA ITALIANA

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a storia italiana di HUE222 inizia nella fine degli anni 70, penso attorno al ’78/’79, quando Enrico Tedeschi la importò dall’Inghilterra. Allora, mi raccontò il Tedeschi, lui era titolare della London Limited con sede ad Acilia, nei dintorni di Roma, ed era uno dei pochi importatori e distributori in Italia di ricambi Land Rover (8 - 9 - 10). HUE 222 fu comprata dal Tedeschi dalla Aylmer Motor Works e fu trasportata in Italia su di un Land Rover Forward Control della ditta inglese. Cercai di avere maggiori informazioni contattai il sig. Graham Bentley, l’allora manager della società Aylmer. Bentley ricordava di una Series One trasportata da loro in quegli anni in Italia, ma si trattava di una macchina di colore rosso. Dopo qualche giorno, con mia sorpresa, mi inviò una nuova e-mail dove, in seguito ad un colloquio avuto con un anziano collega, mi confermava che anche un’altra Series One di colore verde fu spedita in Italia nello stesso periodo, sempre trasportata da una Forward Control.

Foto 8 - Il negozio di Acilia

Foto 9 - Pubblicità London Limited dell’epoca

Dopo qualche anno passato in Italia Enrico Tedeschi decise di ritornare a vivere in Inghilterra e HUE222 fu venduta nel 1998 (pare) a Domenico G., titolare di un’officina di Firenze che da sempre si occupa di Land Rover. Non avendo avuto Domenico un posto dove poterla rimessare, HUE222 finì in un terreno di amici, il famoso giardino confinante con Boboli, dove fu poi avvistata e fotografata dal turista inglese.

Foto 10 - Targhetta pubblicitaria London Limited, dono dell’amico Roberto Unia

Poi da qui fu spostata nella “bacheca” attorno al 2004, dove rimase fino a quando andai a prenderla. Un aneddoto. Prima di partire, forse nell’ultima telefonata, Domenico mi disse con il suo inconfondibile accento fiorentino: «un tu penserai mia di vedere la Claudia Schiffer??». Ed è così che adesso HUE222 ha anche un soprannome!!!!

HUE222 - La Series One “italiana” del 1948

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03 CERCANDO DI TRACCIARE LA SUA STORIA INGLESE Notizie “burocratiche” e alcune peculiarità costruttive di HUE222. Certificato del BMIHT di Gaydon Data di costruzione: 17 dicembre 1948 Data di consegna: 20 dicembre 1948 Destinatario: Midland Autocar Co Ltd, Russel Street, Leamington Spa Worwickshire Prima registrazione: 15 gennaio 1949 Intestatario: P.J. Lloyd, 19 New Street, Kenilworth, Worwickshire (11) (interessante notare che Kenilworth era il paese dove risiedeva Maurice Wilks, e che anche HUE166 fu immatricolata in questo paese per la prima volta il 17 gennaio 1949 intestandola a W.F. Adcock, Daisy Farm, Ashow Kenilworth). Secondo Peter Galilee, del forum LRSOC e giornalista di LRO, è possibile che come HUE166 anche HUE222 fosse una factory car usata come auto da dimostrazione off road e con trade plate prima di essere venduta e immatricolata ad un privato. Facendo ricerche sul Land Rover Register 1947/1951 ho trovato che partendo dal 15 dicembre 1948 e

Foto 11 - Casa di Lloyd

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Foto 12 - HUE list

fino a marzo del 1949, ben 15 Land Rover furono immatricolate con targa HUE nel Worwickshire County Council (12). Il magazine Full Grille del Land Rover Register 19471951, nel numero 17 del dicembre 1980 riporta la registrazione sotto la voce “R86 Production Vehicle” di HUE222 a nome di Enrico Tedeschi. Lo stesso su Legend n. 7 del 24 marzo 1981 ed è l’unica macchina registrata sotto la voce R86 Production (80”) (13).

Foto 13 - LRSOC newsletter


Sul Register Of Vehicles del Land Rover Series One Club del 2001 è ancora presente, con le diciture: »» Colour Light green e Hardtop, Truck Cab »» Numero di telaio R 861194 »» Numero di motore 861194. In realtà sulla macchina è presente il motore 861413, avvalorando la tesi che i motori venissero sostituiti alla prima immatricolazione, dopo che le macchine erano state usate come factory car. Il numero di telaio stampato sullo chassis nel lato sinistro in prossimità dell’attacco del motore, evidenzia accanto al numero principale R861194 un numero più piccolo 1584, sormontato a sua volta da due piccoli cerchi, uno più evidente con all’interno una sigla DCU 754 e l’altro molto meno marcato con la sigla DCU 755 (14). Questo numero definito “chassis build or frame number” doveva, in teoria, tenere conto del totale della produzione e si sospetta facesse parte del QMS (sistema di controllo qualità) interno, per garantire un miglior monitoraggio della costruzione dei telai, dove nel circolino doveva trovare posto il marchio dell’operatore che aveva lavorato alla costruzione del telaio. Un’altra fonte sostiene che il numero indicava una factory esterna che provvedeva alla costruzione di telai per la Casa di Solihull in un momento di forte richiesta del mercato.

Foto 14 - Numero telaio con secondo numero e punzoni

Foto 15a - La blank plate (un po’ vissuta)

La targa in quegli anni era curiosamente costituita da due placche sovrapposte. Indagando su questo aspetto ho scoperto che normalmente veniva apposta dalla fabbrica una “Blank number plate” (15a 15b), che veniva anche definita painted plate perchè in teoria si poteva dipingere semplicemente il numero di targa attribuito. In realtà capitava sempre che una nuova targa stampata con il numero venisse sovrapposta a quella originale. Questo è il caso di HUE222, sia per la targa frontale che per quella posta sul retro. La macchina è sprovvista del “grab rail” (16), una sorta di tubo che serviva al passeggero per tenersi

Foto 15b

Foto 16 - La zona dove di solito veniva applicato il grab handle

HUE222 - La Series One “italiana” del 1948

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Foto 17 e 18 - L’hard top

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Foto 20a - Il cambio fissato con la flangia sul flywheel squadrato

ed era posto sul bulkhead, nello spazio compreso tra i due ganci ferma windscreen. Pare che molte Land dell’epoca ne fossero sprovviste e come unica spiegazione viene dato il fatto che semplicemente mancassero al momento del montaggio e siccome le macchine dovevano essere consegnate, venivano finite sprovviste di questo componente. L’hard top che equipaggiava questa macchina era sicuramente un post vendita, in quanto i primi prodotti risalgono al 1950 (17-18). Di certo la macchina è arrivata in Italia in questa configurazione.

Foto 19 - Flat four spoke, malconcio ma prezioso e raro

Foto 20b - La stessa zona dopo il restauro

L’hard top non sembrerebbe costruito per un mezzo da 80” ma il fatto che sia più largo può far pensare che in realtà lo scopo fosse far scorrere l’acqua fuori dal cassone o dall’abitacolo. Caratteristico il volante definito “flat four spoke” (19); la particolarità è il flat perché al contrario di tutti gli altri four spoke è piatto ed è stato prodotto, pare, solo nei mesi tra maggio e ottobre del 1948. Uno dei particolari salienti delle macchine definite le “prime 1.500” e costruite dall’aprile 1948 a gennaio 1949, era senz’altro la copertura angolare del “flywheel housing” e del “gearbox cover”, con la flangia della leva cambio direttamente fissata sopra e dalla caratteristica forma spigolosa tipica di una costruzione prettamente manuale (20a - 20b). Un nuovo bulkhead fu messo in produzione a partire da gennaio ’49, in considerazione del fatto che fu abbandonato il procedimento originale per passare ad una nuova fase più industrializzata con l’uso delle presse. Facile capire quale fosse la diffidenza iniziale della dirigenza che, data anche la scarsità di risorse economiche, aveva iniziato la produzione di quella che doveva essere solo uno “stop gap”, cioè un mezzo che aiutasse la Rover ad uscire dal periodo post bellico di lenta e faticosa riconversione industriale, affidandosi a tecniche costruttive puramente manuali senza fare innovazioni in impianti e in macchinari che avrebbero richiesto ingenti investimenti.

HUE222 - La Series One “italiana” del 1948

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04 auto moto retrò 2011

Foto 26 - Barn find

N

el febbraio del 2011 il Land Rover Registro Storico Italiano decise di essere ancora una volta presente all’Automotoretrò di Torino, la rassegna annuale di motorismo

Foto 21 - Pippo Cappellari il primo autista di HUE

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storico che ogni anno raccoglie più di 30.000 visitatori. Pensammo, d’accordo con il presidente, di presentare la HUE222 così com’era, nello stato in cui aveva passato molti dei suoi ultimi anni, a parte

Foto 24 - I soci del LRRSI


Foto 22

una ripulita dalla polvere; la si potè ammirare per tutto il week end nel più puro stato “barn find” (26), come amano gli inglesi definire le vecchie glorie appena ritrovate abbandonate in qualche cascinale. Per aiutarmi a tirarla fuori dalla sua “tana” venne da Firenze l’amico Pippo, che “guidando” la HUE al traino di una sorellina di 3 anni più giovane divenne così il primo autista ufficiale (21). Devo dire che la macchina suscitò grande curiosità tra “gli addetti ai lavori” e tra i nostri soci intervenuti alla rassegna (24), ma anche tra i semplici curiosi, forse attirati più dallo stato misero della macchina che non dalla sua importanza (22).

Non tutti hanno forse capito di cosa si trattasse, ma era dalla fine degli anni 80, quando in occasione del salone 4x4 che a quel tempo si svolgeva Torino, che una Land Rover del 1948 non veniva esposta al pubblico; allora era stata HUE166 la preproduction telaio R01 (23) ad essere mostrata, in quell’occasione avevo fatto due foto in modo un po’ distratto di quella che oggi è un’icona conosciuta a livello planetario. Tutti gli intervenuti sono stati concordi su quanto lavoro ci fosse da fare per riportare la HUE ad uno stato originale o quasi. Nella consapevolezza delle mille difficoltà che si andavano ad affrontare ero comunque determinato ad intraprendere l’avventura del restauro di HUE222 (27).

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Foto 23 - HUE166 all’Expofuoristrada di Torino nel 1986

Foto 27 - In partenza per il restauro

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05 il restauro TELAIO Così come HUE si presentava non lasciava nessun tipo di scelta: andava smontata completamente. Solo scomponendo la macchina si poteva poi cercare di capire il metodo migliore di intervento. Una delle caratteristiche principali della costruzione dei primi modelli, iniziata nel luglio 1948, era quella della semplicità. Il telaio è formato da diverse sezioni saldate insieme e a sua volta composto da: - due longheroni, tenuti a distanza da semplici traverse (crossmember) dotate di un foro per il passaggio degli alberi di trasmissione delle prese di forza; - una traversa posteriore, dove veniva fissata la “towbar” di sezione ad L e che serviva per attaccare i rimorchi agricoli; - esternamente ai longheroni gli “outrigger”, una sorta di appendici esterne al telaio sui quali si fissavano, serbatorio, pedaliere, il cassone posteriore e il bulkhead (la paratia divisoria tra vano motore e cabina di guida). Tutte le parti della carrozzeria erano di forme molto semplici, facili da realizzare anche senza attrezzature industriali. (28a) Tutto questa semplicità ha sicuramente reso in seguito la vita facile a chi si apprestasse ad eseguire un restauro totale come è stato fatto su HUE. Smontata la macchina si trattava dunque di partire per la grande avventura del restauro (31/a-b-c-d). La base da cui partire era senz’altro il telaio. Il nostro si presentava in condizioni molto precarie in virtù dei suoi trascorsi sotto le piante del giardino fiorentino, ma ancor più per il contatto con l’umidità del terreno che aveva fatto davvero un buon lavoro sugli scatolati in ferro (30). La domanda che circolava era: tenerlo e provare a recuperarlo o sostituirlo con uno nuovo bello, zincato ed inattaccabile per i secoli a venire?

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Foto 28a

Foto 31a e 31b


Foto 31c

Foto 31d

Foto 30 - Il telaio messo a nudo

Facile per me è stato trovare la risposta: tenere e riparare. Impensabile non tenere questo vecchio ma glorioso telaio risalente agli albori della storia Land Rover, con incisi i numeri della produzione, i

marchi degli uomini che fisicamente l’avevano creato mettendolo insieme pezzo dopo pezzo, aiutati solo da una sorta di mascherone pieno di pinze nei vecchi “jigshop” (28 b-c-d).

Foto 28b e 28c

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Deciso questo e analizzato i pezzi riparabili e quelli che andavano sostituiti, mi son messo alla ricerca di chi potesse fornire le parti necessarie e grazie alla ormai decennale frequentazione del mondo delle Series One ho trovato nei fratelli Dale e Carl Radford (29) da Aberdeen Scozia, le “figure� giuste a risolvere il nostro problema. I fratelloni, super appassionati del mondo Land Rover e principalmente di Series One, hanno unito nel tempo la professione di fabbri con la loro passione dando vita ad una lavorazione di pezzi di vario genere per il restauro delle vecchie Series. Hanno tutte le dime per riprodurre esattamente forme e dimensioni dei pezzi richiesti ed eseguono saldature

Foto 28d

Foto 29 - I fratelli Dale e Carl Radford

Foto 32a

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Foto 32b


Foto 33b

che riproducono lo “stile” proprio dell’epoca. Con una spesa davvero contenuta e nel giro di due settimane tutti i pezzi richiesti erano pronti e spediti in Italia!!! (32a - 32b). Dopo aver accuratamente sabbiato (33.b) il telaio, per evidenziare al meglio le parti sane da quelle corrose dalla ruggine, si è potuto procedere al paziente lavoro di “taglio e cucito”, asportando e risaldando subito pezzo per pezzo le parti che andavano sostituite, badando a tenere il telaio in “dima” per non avere poi sorprese finali di parti fuori squadra (34a - 34b). Una volta saldati i pezzi nuovi si è poi potuto riparare le zone meno danneggiate o che comunque non potevano essere sostituite. Finito il lavoro grosso di ricostruzione (nel frattempo si erano lasciati degli spazi appositi) è stata la volta della protezione interna mediante un’abbondante introduzione di olio ceroso che, affinché si espandesse correttamente, ha richiesto che il telaio fosse ruotato in più posizioni. Mentre i primi 48 esemplari di preproduzione avevano i telai zincati, dall’inizio della produzione e fino al numero 4500 di chassis il colore scelto fu l’argento per poi passare per altri circa 1500 telai al verde

Foto 35 - Imperfezione delle vecchie saldature

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Foto 34a e 34b

chiaro e quindi in seguito ai numerosi ordini ricevuti dall’esercito si decise per comodità di verniciare i telai e le macchine dello stesso verde scuro (bronze green). Prima di passare alla fase di verniciatura del telaio abbiamo fatto la valutazione sul grado di finitura del telaio stesso. Il telaio presentava una serie di sbavature dovute alla saldatura originale (35) e ci è sembrato un peccato levare via questo segno del tempo, quando per incuria o per necessità presero la decisione di lasciarli così, e non abbiamo dunque ritenuto di “migliorare” la finitura snaturando l’originalità. Stessa cosa è successa per la towbar,

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Foto 36a - La scritta Colville

Foto 36b - La pubblicità dell’epoca della ditta Colville

Foto 37b - Cross member aperto

Foto 37a - 860002

dopo la sabbiatura si è evidenziata la scritta “Colville”, (36.a 36.b) il nome della fonderia che in Scozia trafilava le barre apponendo il proprio marchio stampandolo in sequenza; sulla barra presente su HUE il nome è completo e ben visibile, un altro pezzo di storia salvato. Da quando nel luglio 1948 la produzione di serie era iniziata, le modifiche sui vai modelli usciti dalla linea si erano susseguite in modo incessante, dando origine a macchine una diversa dall’altra. Probabilmente si procedeva ancora in fase sperimentale apportando man mano le modifiche se pareva potessero essere di miglioramento, così sui primi telai il crossmember centrale era aperto verso il basso (37b) (ad esempio 860002) (37a), forse per evitare ristagno d’acqua o fango, ma poi vennero chiusi per evidenti problemi di tenuta torsionale dell’insieme. La traversa posteriore rimase invece per lungo tempo aperta sui laterali con un disegno a C rivolto verso avanti (38). Un’altra particolarità dei primi telai di produzione era il paraurti ancorato su una protuberanza del telaio a forma di U (fish plate), (39a-b) mentre sui “preproduction” era saldato direttamente sulla punta dei longheroni. In seguito ai primi 1500 prodotti la U di fissaggio passò sui paraurti, metodo rimasto poi in uso fino ai giorni nostri.

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Foto 38

Foto 39a e 39b


PONTI Una delle caratteristiche importanti che rendono un’auto d’epoca “speciale” è il cosiddetto “matching number”, cioè i numeri presenti sulle varie parti meccaniche che compongono il mezzo devono corrispondere a quelli originali. All’epoca la Land Rover aveva adottato il sistema di numerare le varie componenti con lo stesso numero iniziale del telaio. La numerazione scelta per le auto prodotte a partire da luglio 1948 fu 860001 fino a 863000 e furono denominate 1948 model. Lo stesso prefisso 86 fu anche attribuito ai motori, ai cambi e ai ponti, con la sola variante della lettera L (left) per indicare le auto con guida a sinistra. Ebbene il nostro stupore è stato grande nel constatare che tutti questi numeri originali erano presenti su HUE. Questa scoperta ha dato sicuramente un bell’impulso al proseguo dell’impresa (41a - b), confermando una volta in più l’originalità di questa macchina. Si procedette con lo smontaggio dei ponti e dei differenziali con la curiosità di vedere quale fosse lo stato di conservazione o di usura. Anche qui, con

Foto 41a - Matching number per i ponti

Foto 41b

grande soddisfazione, si potè constatare che l’olio e il grasso ancora presenti all’interno degli organi meccanici avevano svolto un eccellente lavoro, preservando adeguatamente dalla ruggine tutti gli ingranaggi che, peraltro, si presentavano in ottime condizioni (40 a - b - c - d).

Foto 40a

Foto 40b

Foto 40c

Foto 40d

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Gli assi costruiti fino alla fine del 1948 erano del tipo ereditato dalla Rover Saloon del ’46/’47 ed avevano degli ingranaggi con un rapporto di 4.88:1; erano contenuti nella scatola differenziale (differential casing) (42) chiamata “long nose”, caratterizzata oltre che dalla sua forma allungata anche dalla differente flangia di accoppiamento. L’attacco delle balestre fino a luglio del 1950 (quandò entrò in produzione il Model Year ’51) era del tipo adatto a montare la lama stretta da 1 pollice e 3/4 con 9 foglie (43). La trasmissione sulle ruote anteriori era assicurata dai semiassi Tracta Joint (44 a - b) che furono più tardi sostituiti dai Wardy Spicer. Il ponte posteriore era dotato di due semiassi del tipo “semi floating”, che rimasero come equipaggiamento sulle Series One fino a metà del 1957, quando furono sostituiti dal tipo “full floating”; in quel periodo fece anche la comparsa il motore diesel e per alloggiarlo i passi divennero 88 e 109 pollici. Per lo smontaggio delle flangie dei semiassi posteriori siamo dovuti ricorrere all’amico ed appassionato

Foto 42

Foto 43

Foto 44a e 44b

Flavio Valente, che grazie alla sua pressa da 20 tonnellate è riuscito ad averne la meglio!!! (45 a - b) Foto 45a e 45b

I cerchi da 16” con canale da 5” avevano la valvola di gonfiaggio posizionata sul canale più esterno e montavano come equipaggiamento standard gomme da 6.00x16, Avon Traction Mileage o Dunlop Trakgrip T28S. Ho scelto le Avon (47a - 47b) per una questione estetica e perché le ho potute trovare facilmente alla Vintage Tyres, (46) ditta specializzata sulle gomme per auto d’epoca e che ha sede direttamente sotto al museo di Beaulieau nello Hampshire nel sud dell’Inghilterra, che tra l’altro ospita una bellissima rassegna del motorismo inglese con ricche ambientazioni oltre ad essere la “casa” della preproduction telaio R04. (48)

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Foto 47a e 47b

Foto 46

Foto 48

FRENI Il sistema frenante della Girling, con classici tamburi e ganasce azionate idraulicamente, aveva una caratteristica un po’ arcaica: in pratica senza regolazioni di sorta, il rilascio in posizione delle ganasce veniva assicurato solo dalla forza centrifuga della ruota, tale sistema prendava il nome di Hydrastatic.(50) Bello che questo sistema sia stato trovato ancora in posizione durante il restauro, meno bello non poter effettuare regolazioni. A volte scherzando (per non piangere) abbiamo rilevato come alcune cose sembrassero avere una vita propria e rispondere a leggi fisiche e meccaniche che andavano al di là della conoscenza umana. Nell’insieme dell’impianto frenante abbiamo avuto “fortuna”, perché almeno la vaschetta dell’olio dei freni, a partire dal numero di telaio 861001, era stata spostata in posizione più accessibile a fianco del serbatoio benzina (49).

HUE222 - La Series One “italiana” del 1948

Foto 50

Foto 49

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TRASMISSIONE Il gruppo cambio a 4 marce con terza e quarta sincronizzate, generalmente simile alle auto Rover contemporanee a HUE222, accoppiato al motore tramite una frizione a secco dotata di un unico disco da 9”, disponeva di un gruppo riduttore a due velocità per permettere l’uso fuoristradistico a basse velocità; dal riduttore, due alberi di trasmissione portavano il moto al retrotreno e all’avantreno in modo permanente, con la possibilità di disinserire la trazione integrale mediante una sorta di ruota libera.

Foto 54a - La levetta sollevata dall’anello

Le quattro ruote motrici potevano essere inserite manualmente semplicemente tirando verso l’alto un anello (ring pull) (54 a - 54 b) alloggiato sul pavimento dal lato destro, che attraverso lo spostamento di una leva fissata in testa al transfer case, liberava un perno il quale avanzando andava a bloccare e rendere solidale il ponte anteriore.

Foto 54b

Foto 51

Questo sistema rimase in uso fino al cambio n. 861988, il nostro essendo il numero 861459 (51 52a - 52b - 53) rientra, dunque, pienamente nel sistema originale (giusto per chiarire il funzionamento

Foto 52a e 52b

Foto 53

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di questo sistema, tirando verso l’alto l’anello si ottiene sempre la trazione integrale, tirando indietro la leva con pomello rosso si inseriscono le ridotte, spostando in avanti la leva si torna alla velocità normale e si riposiziona il perno precedentemente azionato con il “ring pull” in posizione di ruota libera). Smontati dunque cambio e riduttore, abbiamo potuto constatare il perfetto stato di conservazione degli ingranaggi, mantenuti senza ruggine sempre grazie alla “poltiglia” ancora presente all’interno; per cui è stato necessario semplicemente lavare, ripulire e rimontare (55 a-b-c-d-e-f) il tutto, cambiando ovviamente guarnizioni e quant’altro fosse necessario sostituire (compreso il gruppo frizione) (56) per un perfetto funzionamento ed una “buona” tenuta alle perdite, che sempre affliggono le nostre anziane Land.

Foto 56

MOTORE Il motore scelto ed adottato per i modelli Land Rover costruiti fino a metà del 1951 era stato“trovato” in casa, come altri componenti. Si trattava, infatti, del 1595cc che muoveva la Rover P3 Saloon; come unica modifica era stato abbassato un po’ il rapporto di compressione portandolo da 7:1 a 6:8 con un decremento di potenza compensato dalla maggiore coppia ottenuta, ovviamente in funzione dell’uso per cui la nuova fuoristrada era stata pensata. Il modello era un classico Overhead inlet con valvole d’aspirazione in testa e scarico laterale.

Foto 55a, 55b, 55c, 55d, 55e, 55f

Il motore che abbiamo trovato è esattamente questo, con l’unica variante che dai documenti il numero di produzione doveva corrispondere al numero di telaio 861194 mentre qui troviamo il 861413 (57a 57b); come già detto, può essere di supporto alla tesi che avendo usato la macchina come factory car, il motore sebbene praticamente nuovo

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Foto 58a e 58b

Foto 57a e 57b

seguendo la filosofia Rover veniva comunque sostituito prima che l’auto fosse consegnata al cliente. Una caratteristica avanzata per l’epoca era la camera di combustione e i pistoni (58a - 58b) con un disegno studiato apposta per ottimizzare il rendimento del motore pur con l’uso di carburanti poveri di ottani diponibili in quegli anni. Il nostro “1600” è stato tutto smontato e revisionato ed ha richiesto la sostituzione di alcuni componenti essenziali come i pistoni (uno era rotto) e l’albero a camme, la catena della distribuzione, ovviamente sono state montate guarnizioni nuove, cuscinetti, ecc (59abcdefghil).

Foto 59a, 59b, 59c, 59d, 59e, 59f

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Foto 59g, 59h, 59i, 59l

Il basamento è stato riverniciato nel suo colore Blu/ verde (engine blue) (60) originale, grazie al materiale fornito dallo Series One Club Shop che ha fatto riprodurre l’esatto colore usato nel 1948. Tanti componenti esterni del motore sono stati revisionati, come il carburatore Solex tipo 32PB1-2, (61) il radiatore marchiato 11/48, (62a - 62b) che ha richiesto solo un’opera di pulizia, riverniciatura e risaldatura di alcuni componenti, lavori eseguitio da un artigiano specializzato. Altri componenti sono invece stati sostituiti, dove si è riscontarato la non

originalità del pezzo presente; ad esempio ho trovato una bobina “old type” con ancora la stampa originale Joseph Lucas (63), o ancora il classico “fungo” che fa da prefiltro dell’aria denominato “centrifugal air cleaner” (64) recuperato ad un auto jumble, classico mercatino sempre presente durante i raduni inglesi, e poi l’introvabile giunto in gomma che unisce il filtro aria con il carburatore, (65) avanzato da chissà quale restauro dai fratelli Houben (noti collezionisti olandesi di Series One). Particolare è stata la sostituzione di un nuovo serbatoio, dato lo stato di quello vecchio:(66)

Foto 60

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Foto 65


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ho messo un annuncio di ricerca sul forum del LRSOC e ho avuto la pronta di sposta di Neil Taylor, un membro del club, che si è messo a costruire serbatoi per Series One, riproducendoli ovviamente in modo perfetto. Durante la fase di lavorazione mi ha mandato le foto con il mio nome sopra che mostravano la fase di collaudo (66a - 66b) con la messa in pressione del serbatoio stesso. Per farmelo avere, un altro socio l’ha preso da Neil durante il Billing del 2012 e me l’ha consegnato a Eastnor (66c) a fine agosto, durante l’evento Land Rover. Una bella storia nella storia. Un piccolo ma interessante particolare l’abbiamo scoperto poi montando il sistema di scarico fornito in due pezzi da Dunsfold(67a - 67b), quando nella zona dell’outrigger anteriore sinistro ci siamo accorti dell’esistenza di una staffa (68) o apparentemente tale. Solita domanda al forum del LRSOC e solita pronta risposta con foto e spiegazione; la staffa

Foto 66b

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serviva a tenere in posizione lo scarico che in un certo periodo era composto da tre pezzi e dunque più esposto a sollecitazioni torsionali. La foto dell’esempio ritrae HUE166 con lo stesso sistema (69), dunque “gaudio magno” nel vedere lo stesso pezzo presente sulla HUE222! Piccole soddisfazioni di un collezionista!

Foto 67a

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Foto 69 - La staffa su HUE166

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Foto 70

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IMPIANTO ELETTRICO Un impianto elettrico vecchio più di sessant’anni è difficilmente recuperabile e poi, obiettivamente ,non avrebbe neanche senso tentare il salvataggio in virtù del fatto che non c’è niente di speciale che lo componga; dunque la soluzione migliore è stata ricorrere ad un nuovo impianto cablato completo (70), che la Autospark fornisce ad un prezzo più che accettabile, inoltre tutto il rivestimento è fatto in tela con il tipico disegno scozzese dell’epoca. Pochissimi aggiustamenti si sono resi necessari per adattare al meglio il nuovo impianto alle “esigenze” di HUE.

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Foto 72

Gli stop sono stati anch’esse sostituiti con due tipici Lucas “D” Lamp, (71) così come le luci di posizione presenti sul bulkhead, in quanto i vetrini erano tutti e due rotti (72). Per quanto riguarda i fanali principali (!) abbiamo tenuto gli originali da 5 pollici simil trattore appesi all’insù, (73a - 73b) cambiando solo le lenti presenti di forma convessa con quelle giuste che all’epoca erano piatte (73) (nei modelli successivi furono installati fari da 7 pollici tipo Lucas F700 con lenti dette “cat’s eyes”) (74). Abbiamo constatato che i cossiddetti “main head lamp” servivano più che altro a farsi vedere dagli altri

Foto 73a

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Foto 74

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Foto 75a

veicoli, perchè in quanto ad illuminazione ritorniamo di nuovo nel campo dell’immaginario; a tal proposito è stato necessario adottare per tutto il tempo del restauro una linea guida che ci facesse pensare “al passato” nel momento in cui certe decisioni andavano prese, questo per non incorrere nell’errore di esagerare nel voler fare troppo bene e rendere troppo perfetto un mezzo che di suo, perfetto non lo è stato mai. Non ho potuto fare a meno di comprare, sebbene ad un prezzo un po’ caro, un bellissimo spinterogeno Lucas DVXH4A marchiato 12/48 (75a 75b) (stesso mese ed anno di costruzione della macchina),

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corredato del giusto coperchio in bachelite nera con le uscite dei cavi candela orizzontali (76) che mi è stato proposto dall’amico Tom Pickford. È stata installata una nuova pompa della benzina della SU (77) in quanto quella vecchia non dava garanzie di funzionamento continuativo. Altri componenti dell’impianto elettrico “recuperati” sono stati: il regolatore di tensione (voltage control box) tipo Lucas RF96/2 L13; la dinamo; il motorino d’avviamento; l’originale motorino dell’unico tergicristallo Lucas CW1 (79) solo riverniciato di nero; tutti gli strumenti del piccolo cruscotto di bordo, dove

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presenti fin dall’origine abbiamo trovato l’amperometro -20/+20 (quelli successivi divennero -30/+30) (80); il comando delle luci e del contatto per la messa in moto (Lucas PLC6 L133); lo strumento che segnala il livello carburante (petrol gauge); il contachilometri ovviamente in miglia. Tutte le ghiere sono state lucidate riportando l’ottone ad un buon livello di finitura e, sebbene in origine fossero verniciate di nero, abbiamo deciso (licenza poetica) di lasciarle in questa finitura che tanto risalta sul verdino del cruscotto (81a 81b).

CARROZZERIA HUE222 sicuramente uscì dalla fabbrica in versione soft top con il suo telino particolare dell’epoca. Non si sa quando nel seguito della sua vita ricevette in dotazione l’hard top con cui arrivò in Italia. Mi ricordo che quando la macchina fu esposta a Torino nel febbraio del 2011 si aprì una discussione tra i soci presenti su come sarebbe stato meglio procedere per il restauro.. Sicuramente quello che gli inglesi con termine italiano “patina” definiscono l’aspetto della carrozzeria

Foto 82

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lasciato nel suo vissuto è molto affascinante. Il verdino molto scolorito, i colpi presi chissà dove e quando, la ruggine del bulkhead (82) e tutte le parti ossidate dal tempo avevano il loro perché. D’altro canto le condizioni del telaio molto compromesso dagli anni passati a contatto con il terreno, del motore e degli organi meccanici che andavano smontati per essere revisionati, ci hanno fatto propendere per un restauro totale cercando di salvare tutto il recuperabile attraverso un lavoro il più possibile conservativo. Per quanto riguarda l’hard top la decisione è stata alla fine di tenerlo e, ovviamente, di restaurarlo per poi installarlo in determinate occasioni, ma lasciando come allestimento standard quello con cui la macchina uscì di fabbrica. Dopo aver rimontato sul telaio restaurato i ponti, il motore e il gruppo cambio riduttore, era la volta delle

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parti della carrozzeria. Chi ha affrontato un lavoro come questo sa che il pezzo fondamentale a questo punto è il bulkhead: una volta che questo pezzo è restaurato e in posizione si possono installare tutti gli accessori dalla parte del motore, i parafanghi, il frontale con il radiatore, terminare l’impianto elettrico riguardante la parte anteriore e poi avendo gli attacchi per le cerniere porta man mano farà da dima per tutto il resto. Il bulkhead Il nostro bulkhead per fortuna era eccezionalmente sano dato il vissuto (83) ed ha richiesto minime saldature e piccole sostituzioni di pannellatura nella zone che chiudono verso la zona motore e in basso (footwell housing) (84a 84b 84c). Mentre si procedeva nella riparazione delle varie parti,

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sono stati sabbiati tutti i pezzi che lo necessitavano (87) e portati in zincatura (86). Abbiamo deciso di far zincare preventivamente questi pezzi perché sono parti che hanno bisogno di rimanere un po’ di tempo esposte “al loro destino atmosferico” prima di diventare un po’ ossidate ed assumere l’aspetto “non nuovo” che si confà ad una vecchia Land Rover. Vicino a Torino c’è la zincatura di Cambiano che non fa i salti di gioia quando ti vede arrivare con il tuo pallet da 40/50 kg di roba e glielo lasci in mezzo a cancelli, putrelle e chilometri di guard rail (85a - 85b), ma che comunque il lavoro lo fa bene ed anche a prezzo onesto, e lì ancora una volta mi sono rivolto per HUE. A questo punto dell’avventura il bulkhead era pronto, ma prima di essere posato andava verniciato!!! La verniciatura Avere degli amici in vari settori va sempre bene. Questo giro è toccato ai ragazzi del colorificio Pasqualini di Orbassano, vicino a Torino. Anche qui non fanno i salti di gioia quando mi vedono arrivare, perché mi conoscono e sanno che in passato li avevo già fatti “tribolare” un po’… Una volta per un verde militare, una volta per un blu RAF, l’altra volta per il Dove Gray, ma questa volta l’impegno è stato più gravoso.

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Nello smontare avevamo trovato un pezzo rimasto nascosto per 63 anni e praticamente nel suo colore originale: avevamo trovato il mitico SAGE GREEN (88) che non è il Green e neanche il Light Green, ma qualcosa di unico appartenuto al suo tempo. Dopo tre tentativi, troppo scuro, troppo blu, troppo chiaro… ed ogni volta: spruzza un pezzo su cui era già stato dato il fondo, lascia asciugare il tempo giusto perché un po’ cambia sempre… finalmente il colore giusto! Con grande soddisfazione di tutti eccolo lì, perfetto, bellissimo (89a 89b 89c 89d).

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Il bulkhead è stato ovviamente il primo pezzo ad essere verniciato (89e) e, devo dire, il risultato è stato molto soddisfacente da subito. Da lì in poi il percorso è stato abbastanza facile e senza intoppi ed il procedere abbastanza spedito:

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parafanghi, (91a 91b) frontale, parte sotto sedili, piastre di chiusura a pavimento, carter copri volano/ cambio, (91c-d) ovviamente tutto da riprendere un po’, tutti pezzi che hanno avuto bisogno di “cure” (90a-b).

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Vetri e piccoli particolari Tanti sono stati i particolari per completare la carrozzeria che hanno avuto bisogno di essere cercati, valutati, comprati, ma sopratutto che hanno dovuto essere “proprio quelli” e non altri. Mi vengono in mente i “vetri” in perspex (92a-b) prodotti sulla falsariga originale dal LRSOC che devono essere montati con la parte anteriore che scorre e la parte posteriore fissata su canaline specifiche (93) per la Series One del 1948. Mi sono rivolto al mitico Bob Jones (94) che in Inghilterra ha pensato bene di

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Foto 94 - Bob Jones in carne e bombetta

riprodurre queste benedette canaline. I ganci ferma parabrezza, che al contrario di quelli ferma cofano sono dritti (94) e non piegati, li ho trovati e pagati a caro prezzo a Cipro anche se poi sono arrivati sbagliati e dunque rispediti indietro; dopo 4 o 5 e-mail finalmente ho ottenuto che fossero spediti quelli giusti. Il piccolo tergicristallo cromato (95a 95b), tenuto in posizione da un piccolo gommino conico, è stato fornito da Dunsfold DLR. Ed ancora molte altre ricerche per altri particolari come le serrature delle porte, (96) o il semplice gallettone in ottone

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che accoppiato al giusto gancio (97) tiene fissata la ruota di scorta posizionata nel cassoncino e relativa molletta che tiene l’asta in assenza della ruota (98). Insomma, pazienza, tanta pazienza, supportata dal vedere che comunque pezzo dopo pezzo il lavoro andava avanti. Il volante Una piccola citazione a parte merita il restauro del volante. All’epoca esistevano 3 tipi di volante: uno a due bacchette classico ereditato dalle P3 e poi

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due tipi a 4 bacchette, uno concavo e uno piatto. Su HUE 222 abbiamo trovato quello piatto “flat four spoke”, il più raro; così si trattava assolutamente di salvarlo e dopo varie ricerche ovunque (sono arrivati suggerimenti anche dall’Australia), su indicazione di un amico ho scoperto che forse la soluzione era a… 6 km da casa. Ho contattato un giovane battilastra modellista, di quelli dotati di un dono speciale che riescono a plasmare e trasformare tutti i materiali e così ha fatto con il volante, ridotto ormai ad una nuda corona di ferro (99b - 99c). Ha ricostruito con del materiale tipo “resin wood” tutte le parti mancanti, lavorandole poi a mano per dare la forma necessaria, prima sgrossando il materiale con la cartavetro, poi creando un disco di centraggio per dare la forma perfetta ed infine rifinendolo con raspe e cartavetrata fine (da 100a a 100g). Un amico carrozziere l’ha poi verniciato con una finitura epossidica nera ed ecco il volante pronto per essere fissato là dov’era stato per più di sessant’anni (100h-100i). Non è stato tanto facile ed economico poi reperire la parte centrale dotata di clacson e la levetta “deep switch” per azionare i fari abbaglianti, ma alla fine anche stavolta è arrivato il pezzo giusto (101a 101b).

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Sedili e capottina Nel frattempo avevo pensato ai sedili ed alla capottina con relativa struttura metallica. La scelta era fra due produttori: uno, la Exmoor Trim, azienda super conosciuta, che produce bellissimi sedili, bellissimi teli con cuciture e finiture ottime, già sperimentata in altre occasioni; l’altro la Undercover Covers, azienda più giovane, buona qualità e a detta dei famosi esperti del LRSOC (sempre consultati prima di ogni decisione) con un aspetto di finitura non bello come il prodotto Exmoor Trim, ma forse più adatto ad una macchina del 1948; tenendo sempre presente le linea guida a cui accennavo prima, alla fine la scelta è caduta proprio su quest’ultima. Rappresentante e socio della Undercover Cover è l’amico australiano/ inglese Tom Pickford, gran personaggio del mondo delle Series One inglese, dunque mi sono rivolto a lui e abbiamo concordato che avrei ritirato la merce durante l’evento al Eastnor Castle in programma a fine agosto 2012 (102a 102b). Guarda caso le vacanze di quell’anno prevedevano un passaggio in Cornovaglia e, dunque, molto a portato

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Foto 101b - Deep switch

di mano per fare un salto nell’Herefordshire!! In più, per non fare il giro a vuoto, sempre lì ci sarebbe stata anche la consegna del serbatoio carburante da parte del socio LRSOC Chris Farman. Con l’aiuto dell’amico Carlo Bider abbiamo provveduto al trasporto (103) (lo so, su di una Toyota, ma era tanta roba pesante e pioveva!!!) di tutti gli acquisti fino al camper dove sono stati stivati al sicuro! Fantastico!

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Il soft top Il telino (104), riprodotto sull’esatto disegno del 1948 (mezzi di produzione, perché i preproduction avevano altri particolari), ha diverse caratteristiche peculiari come gli occhielli che lo fissano ai ganci posizionati nella parte superiore del parabrezza (windscreen) (107) e lateralmente è tenuto in posizione da due fibiette per ogni lato (108) invece della corda che passa tra telo e ganci (il famoso gancetto rimasto come codice ricambi in catalogo dal 1948 ad oggi). Soprattutto nella parte posteriore il tendalino di chiusura è asportabile e non arrotolabile e tenuto in posizione nella parte inferiore con tre gancetti che “pizzicano” la parte superiore della spondina, lateralmente due lunghe fibie vengono fissate in basso ad un occhiello con un pezzo di cuoio che fa tenuta in verticale (109). Ovviamente, avendo poi la struttura in ferro zincato di forma piatta (105a 105b 105c) e non arcuata superiormente, una volta tirato e chiuso il tetto assume una forma molto lineare su tutta la lunghezza. Completano la dotazione del soft top i flaps laterali che “chiudono” la fessura tra porta e struttura metallica, i flaps triangolari che permettono l’ingresso della mano per l’apertura delle porte dall’interno (111) e i due

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Foto 105a

Foto 105b


Foto 105c

ripari “antirumore” infilati sulle catene che tengono la spondina posteriore (112). I sedili I sedili sono i classici “spad”, (106a) catterizzati da uno schienale molto arcuato e fissato alla spondina del cassone, con due elementi curvi in acciaio che li tengono sospesi rispetto alla seduta e conferiscono una sorta di molleggio (106c). Il sedile di forma semplice è leggermente più spesso davanti e fissato alla base mediante due perni, che grazie ad una guarnizione in gomma non fuoriescono dai buchi nei quali sono semplicemente piantati (106b).

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Foto 106a

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Cassone posteriore Poi a livello di restauro carrozzeria è venuto il tempo di pensare al cassoncino, forse il pezzo più disastrato. Dopo una prova sul telaio per vedere che tutto fosse in quadro (113), sempre cercando di salvare il possibile e l’impossibile, di fronte al cassone ci si è dovuti arrendere. Il fondo era davvero troppo malconcio ed è stato sostituito (114a); i laterali passaruote tenuti insieme con due angolari hanno subito la stessa sorte (114b), avendo però cura in entrambi i casi di riposizionare le nervature di rinforzo, della giusta dimensione e nella giusta direzione di piego (114c-d).

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Foto 113


Foto 114a

Foto 114d

La spondina posteriore è stata salvata, dovendo però essere smontata tutta per ovviare a certe “compilation” di rivetti posizionati in modo sconsiderato, per poi essere ricomposta con la nervatura ad L posta verticalmente nel centro liscio della pannellatura ad irrigidire il tutto (115a - 115b).

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Foto 115b

A questo punto è “bastato” ricomporre l’insieme dei pezzi e HUE222 era lì, tornata nel suo semplice ma affascinante aspetto, così come una mano e una mente geniale 67 anni fa l’avevano pensata e creata (116).

Foto 116

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06 auto moto retrò 2015

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volte i numeri, le date, non si combinano per caso. Nel mio mai domo ottimismo avevo pensato di portare HUE a “casa” sua nel Warwickshire per il 65° anniversario a giugno del 2013; ovviamente non è stato possibile ed allora ecco che la Land Rover pensa bene per non deludermi, di decidere di far finire la produzione del Defender nel 2015, dopo 67 anni di produzione e proprio in concomitanza con la fine del restauro. A febbraio HUE222 ha potuto fare passerella nello stand del Land Rover Registro Storico Italiano nell’ambito di Automotoretrò, proprio là dove nel

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2011 era stata presentata prima del resaturo, per celebrare la ricorrenza 1948-2015 della fine produzione Defender. L’abbiamo esposta vicino ad una nuovissima Defender 90 fornita da una concessionaria del torinese. Ha suscitato molta ammirazione da parte dei numerosissimi visitatori, con buona intuizione del presidente del Land Rover Registro Storico Italiano, dott. Ducci, è stato posto a fianco della HUE222 un mega poster raffigurante la sua progenitrice e, quasi omonima, HUE166. Bella immagine e grande soddisfazione.


07 parade 2015

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maggio, in occasione del raduno annuale del Land Rover Registro Storico Italiano, ho potuto presentare la macchina per la seconda uscita “ufficiale”.

Quest’anno ci siamo ritrovati per la prima volta allo Sport Village del Ciocco in Toscana (118a-b). Il trasporto ha richiesto ovviamente l’uso del carrello e poi, per problemi all’impianto frenante ancora da risolvere, è rimasta in mostra statica o semistatica (119a - 119b) in quanto ho potuto solo fare qualche giro sulla pista asfaltata che contorna il campo sportivo del villaggio.Per altro grazie ad una nuova

Defender 2015 Limited Edition, gentilmente fornita da Land Rover Italia, abbiamo potuto fare qualche foto riproponendo sempre il motivo della celebrazione per la fine della produzione Defender, 1948-2015. Per l’occasione è passato a farci visita l’amico e “fornitore” Tom Pickford in viaggio lungo l’Italia con meta finale Malta, a bordo di una Series One!!! (121a) Non ha resistito ed ha voluto provare personalmente HUE222, (121b) dando anche una ricca occhiata senza trovare niente da ridire, se non su piccole “licenze poetiche” sulla verniciatura di due particolari per cui si può dire: esame superato a pieni voti! Anche gli HUE boys hanno gradito!!!(122)

Foto 118a

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Per adesso la storia di HUE222 finisce qui. In Inghilterra amici stanno “lavorando” per cercare di scoprire qualcosa in più sul suo passato; per me la storia di una macchina ha sempre avuto importanza come la macchina stessa. Durante questi anni di restauro, ho imparato attraverso centinaia di mail o di commenti sui forum che una “macchinetta” come questa con un po’ di storia alle spalle solleva la curiosità di tanti appassionati, che vogliono vedere le foto dei lavori, che vogliono

Foto 118b

Foto 119a

essere presenti con consigli o suggerimenti, vogliono insomma essere partecipi e alla fine diventa un po’ il restauro di tutti. Tanti i commenti di incoraggiamento dagli amici, specie quelli del LRSOC e del nostro LRRSI dove c’è la vera passione e la voglia della condivisione.

Foto 119b

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Per cui alla fine non rimane solo la soddisfazione per aver portato a termine il lavoro, ma anche quella di essere stati sempre in compagnia per tutto il tempo del restauro; dunque a tutti voi che mi e ci avete accompagnato lungo questi quattro


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anni devo un grazie davvero di cuore e un grazie lo devo al nostro presidente Pierluigi che, in occasione dell’Automotoretrò 2015, mi ha consegnato una targa per: “La dedizione e l’impegno al recupero e restauro della Land Rover Chassis n.861194, HUE222” che per me è stata una sorta di laurea ad honorem. (123)

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documentazioni originali di HUE222 Michael Burn, Registration Officer del Series One Club ha ottenuto dal County Record Office del Warwickckshire County Council la copia del Vehicle License Register, dove si può vedere che in data 15/01/1949 è stata attribuita ad una Land Rover intestata al sig. P.J.Lloyd, 19 New Street Kenilworth, la registrazione citata come mark and number HUE222 (notare come il timbro riporti per un evidente errore quella che sembra la data 49 jan 1949).

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Un dato interessante si può desumere da questo documento, essendo citate nelle colonne a destra un peso che sembra essere 1e1/2 nello spazio weight, e le lettere A e B che identificano: a) private e b) goods. La macchina sembrerebbe essere stata immatricolata come una sorta di autocarro per trasporto merci o corrispondente al nostro promiscuo (trasporto persone cose). Lo prova il fatto che nel cassoncino non si sono trovate tracce di installazione di sedili.


Il Continuation Book: nell’ottobre del 1973 la macchina finisce nel Dorset e viene emesso un nuovo libretto da parte del Motor Taxation Department Dorset County Council di Dorchester

Richard Tedeschi, il figlio dell’ex proprietario, mi ha inviato altri documenti che raccontano la storia di HUE222. Conosciamo il nome di altri proprietari grazie al libretto originale, in realtà un “Continuation Book”, cioè un nuovo libretto in sostituzione del primo probabilmente pieno di passaggi di proprietà (non demordo e sono sulle sue tracce). Sappiamo che è stata a Bristol, poi nel Dorset e infine a Londra alla Aylmer Motor Works. Da qui, come testimoniato da Richard, fu caricata su una Forward Control (dunque le voci erano vere), guidato dallo stesso Tedeschi, che la portò in Italia il 4 luglio del 1975, passando dalla frontiera del Moncenisio in Piemonte, come provato dalla bolletta doganale. Interessante la lettera firmata Tony Hutchings, guru dei preproduction ed allora presidente del “19471951 Register” che risponde ad una richiesta di iscrizione al registro da parte del Tedeschi.

A lato la bolla doganale di Molaretto Cenisio datata 4 luglio 1975, quando HUE222 arrivò in Italia su un Forward Control della Aylmer Motor Works di Londra guidato dal Tedeschi stesso

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In data 8 ottobre del 1974 HUE222 fu collaudata per l’ultima volta in Inghilterra

Nel 1980 HUE222 fu iscritta al registro 1947-1951 e l’allora presidente Tony Hutching rispose con una lettera firmata di suo pugno

Il 6 maggio del 1975 fu accesa una polizza assicurativa di 8 giorni per consentire la consegna del mezzo venduto

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Allegato al n. 28 - Settembre-Ottobre 2015 di

Testi a cura di: Paolo Turinetti Grafica e impaginazione: Eleonora Felisatti - www.eleonorabook.it

Rivista dedicata agli appassionati di Land Rover Registrato presso il Tribunale di Pesaro n. 587r.s. del 12/04/2011

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