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aprile maggio giugno 2016
News F-Pace F-Type S 3.0 V6 Jaguar XKS
Events Torino Salone dell’Auto
Story Jaguar C Type
Story Le Jaguar di Bertone
la foto Jaguar XK120 C Type Prodotta dal 1951 al 1953
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edito
A
mate le Jaguar e avete voglia di provare un brivido? Per voi, irrinunciabili enthusiast, è pronto il “Jaguar Co-Pilot Nordschleife”, un programma che offre ai visitatori del Nürburgring l’opportunità di vivere da passeggero il brivido della nuova F-Type SVR. Sarete i primi a sperimentare la potenza, la velocità e le dotazioni dinamiche della F-Type SVR negli oltre 20 km (20,83) della famosa pista del Nürburgring Nordschleife. Certo, detta così sembra una passeggiata, seduti accanto al pilota che gusto ci sarà mai? Invece no, sarà un’esperienza adrenalinica indimenticabile che si slega dalle logiche del cronometro. Un’avventura da godersi metro per metro, dentro e fuori il tracciato. Secondo i progettisti Jaguar, un giro del Nordschleife (20,8 km) sovraccarica il telaio e la trasmissione come se la vettura percorresse 200 km su una strada normale. Per chi non lo sapesse, il Nürburgring è un circuito unico al mondo, situato in Germania, composto da due sezioni distinte, il Nordschleife ed il Gp-Strecke; a volte i due circuiti vengono uniti per eventi particolari. Il circuito di Nordschleife è noto tra gli appassionati anche con il nome di ‘inferno verde’ o “Grüne Hölle”, lungo 21 chilometri ed è la meta ideale per migliaia di appassionati di tutta Europa. Prima dell’inizio del giro, ogni passeggero sarà equipaggiato con una tuta, un casco da gara ed il sistema HANS (Head and Neck Support) per assicurare il massimo livello di sicurezza in pista. All’interno della F-TYPE SVR vengono montate delle telecamere che riprenderanno ogni singolo momento di questa memorabile esperienza. L’ex pilota di Formula Uno, Christian Danner, che guida anche il Jaguar Land Rover Driving Academy Team in Germania, ha detto: «Le dotazioni aerodinamiche migliorate, il telaio potenziato e la specifica calibrazione della trasmissione, rendono la F-TYPE SVR una delle migliori auto da far provare ai passeggeri su questo impegnativo circuito per fargli sentire cosa si prova ad oltrepassare i 320 km/h sul rettilineo Döttinger Höhe». La Jaguar F-TYPE SVR nella sua incondibile livrea Firesand Orange metallizzato vi aspetta: non vi resta che prenotare uno dei 16 weekend consecutivi fino alla fine di ottobre. Il prezzo, per 30 minuti di giri da brividi, è di 295 euro a persona e può essere prenotato sul sito www.nuerburgring-shop.de. Pierluigi Ducci
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sommario News 8 18 24 28 30 37 42 43
F-Pace F-Type S 3.0 V6 Manual Gearbox Fuorisalone 2016 Jaguar e IED English Car e F-Pace God save the Queen F-Type SVR a prova di Michelle Futuro Jaguar Classico Jaguar XKS
Story 62 72 82
C Type L’auto dal mistero irrisolto Le Jaguar di Bertone L’altra Jaguar
people 50 52 96
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Dominic Najafi Creative Chief Exterior Designer Marcello Fratini Oggi avrebbe 100 anni Bepi Koelliker
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Aprile - Maggio - Giugno 2016
events 58 90 94
Torino, Salone dell’Auto Jaguar a Roma La 105a storia Trieste Opicina Historic
Cultura 48
50 anni di Rolling Stones
ICONS 54
Completo tre pezzi inglese e l’origine di una tradizione indiscussa
excellence 102
Nonino Distillatori
rubriche 03 04 34 35 36 98
La foto: C Type Edito News: Activity Key News: Vannucci Ambassador di Jaguar All wheel drive J-Everyway: i trucchi della Jaguar
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NEWS
F-Pace
foto: Media Jaguar
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a nuova Jaguar F-PACE è un crossover performante ideato e progettato per offrire quell’agilità, quella reattività e quella raffinatezza per le quali tutte le Jaguar sono rinomate, insieme ad una dinamicità e una versatilità quotidiana senza pari. Sviluppata utilizzando la Jaguar Lightweight Aluminium Architecture combina una purezza nelle linee, nelle superfici e nelle proporzioni con alcuni spunti stilistici derivati dalla F-TYPE, come le possenti fiancate posteriori, le prese d’aria dei paraurti e le distintive grafiche delle luci posteriori. L’audace griglia anteriore ed il cofano muscoloso lasciano intuire il potenziale prestazionale dei motori, come il V6 sovralimentato da 380 CV. Elementi come i sottili fanali anteriori interamente a LED, i cerchi in lega forgiata da 22 pollici e il ridotto sbalzo anteriore portano la visione progettuale della concept C-X17 in produzione.
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La F-PACE ospita cinque occupanti in assoluto comfort. L’interno è una perfetta combinazione di materiali e finiture di prima qualità, dettagli ricercati, elementi di lusso come i sedili posteriori reclinabili elettricamente e riscaldati e tecnologie all’avanguardia, fra cui il sistema di infotainment InControl Touch Pro e il quadro strumenti HD virtuale da 12,3 pollici. La Lightweight Aluminium Architecture ha rappresentato l’ideale punto di partenza per i progettisti e gli ingegneri. È stata creata fin dall’inizio, come una struttura modulare, in modo che le ruote potessero essere posizionate esattamente dove era necessario per fornire le proporzioni, la dinamicità e la praticità indispensabili ad un crossover performante. L’interasse e la carreggiata non sono condivisi con nessun’altra Jaguar. Lunga 4.731 mm e con un passo di 2.874 mm, la nuova F-PACE presenta il profilo slanciato e il ridotto sbalzo anteriore tipici del design
Jaguar insieme ad un eccezionale spaziosità interna. Lo spazio posteriore per le ginocchia è da prima della classe, mentre il sorprendente volume del vano bagagli è di 650 litri. La rigida e leggera struttura del corpo vettura è composta per l’80 per cento di alluminio ed è l’unica monoscocca ad alta intensità di alluminio nel segmento. Ulteriori risparmi in termini di peso provengono dal portellone composito e dal magnesio utilizzato in parti come la traversa dell’auto. Il risultato è che la versione a trazione posteriore equipaggiata con il diesel da 180 CV e cambio manuale pesa non più di 1.665 kg e consente di avere emissioni di CO2 di soli 129 g/km. Con il motore V6 a benzina sovralimentato da 380 CV della F-TYPE sotto il suo scolpito cofano in alluminio, la F-PACE è in grado di accelerare da 0 a 100 km/h in soli 5,5 secondi, prima di raggiungere una velocità massima, limitata elettronicamente, di 250 km/h.
L’elevata rigidità torsionale della scocca, consente alla sospensione anteriore a doppio braccio oscillante derivata dalla F-TYPE e alla sofisticata sospensione posteriore Integral Link, di essere ancora più performanti. Con il Torque Vectoring di serie e con un sistema Electric Power Assisted Steering, calibrato per donare la migliore sensazione e risposta possibili, la F-PACE si pone come un punto di riferimento in termini di guida e maneggevolezza. Anche il modello entry-level beneficia di ammortizzatori monotubo di serie; per una migliore guidabilità e maneggevolezza, il sistema Adaptive Dynamics a controllo elettronico rileva il movimento del corpo vettura e della ruota rispettivamente 100 e 500 volte al secondo, garantendo forze di smorzamento ottimali in tutte le condizioni. Per i guidatori più esigenti è disponibile il Configurable Dynamics: utilizzato per la prima volta sulla F-TYPE; questo sistema consente
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di avere impostazioni personalizzate per acceleratore, cambio automatico, sterzo e, se in dotazione, per l’Adaptive Dynamics. Attraverso avanguardistiche simulazioni di fluidodinamica computazionale e applicando quanto appreso dalla XE e dalla nuova XF, la F-PACE ha un coefficiente di resistenza aerodinamica di appena 0,34, che contribuisce a ridurre i consumi e a migliorare la raffinatezza. Il veicolo è stato progettato anche per avere un’alzata eccezionalmente ridotta e un ottimale bilanciamento anteriore e posteriore, con un conseguente miglioramento della sensibilità dello sterzo e della stabilità alle alte velocità. La trazione integrale (AWD) con torque on-demand della nuova F-PACE è il sistema Jaguar più sofisticato di sempre e ha la più elevata capacità di coppia. Adotta l’avanzato sistema di controllo sviluppato in-house per la F-TYPE AWD, l’Intelligent Driveline Dynamics (IDD). L’IDD conserva l’agilità di guida e la maneggevolezza della trazione posteriore, ma è in grado di trasferire senza soluzione di continuità la coppia alle ruote anteriori, per sfruttare i vantaggi prestazionali della trazione aggiuntiva su tutte le superfici e in qualsiasi condizione atmosferica. L’Adaptive Surface Response (ASR), sviluppato dalla brevettata e pluripremiata tecnologia Terrain Response di Land Rover, rende il sistema AWD maggiormente efficace nelle condizioni più difficili. Integrato nel Jaguar Drive Control, l’ASR identifica il tipo di superficie e ottimizza la mappatura del propulsore e del sistema Dynamic Stability Control. Proposto per la prima volta nella nuova XF, l’ASR è stato migliorato con una terza modalità progettata per la neve profonda e la ghiaia. Un’altra tecnologia di assoluto livello, sviluppata per le condizioni avverse, è l’All Surface Progress Control (ASPC). Per sfruttare al meglio l’aderenza disponibile, l’ASPC controlla automaticamente l’acceleratore e i freni, consentendo al veicolo di spostarsi senza difficoltà: il guidatore deve solo sterzare. L’ASPC opera tra i 3,6 e i 30 km/h e il guidatore può selezionare la
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velocità desiderata utilizzando i comandi del cruise control. L’ASPC è compatibile con la trazione posteriore e integrale. Per i guidatori che desiderano risultati simili, ma ancora vogliono utilizzare il pedale dell’acceleratore, c’è il Low-Friction Launch (LFL). Questa funzione utilizza una mappatura dell’acceleratore molto graduale rendendo il veicolo più facile da controllare; la nuova F-PACE è la prima Jaguar ad offrirlo. Quest’auto è stata progettata per soddisfare le più severe normative di sicurezza di tutto il mondo e offre eccezionali livelli di protezione agli occupanti e ai pedoni. Altrettanto elevato è lo standard della sicurezza attiva, grazie ad una serie di avanzati sistemi di assistenza alla guida. L’innovativa stereo camera, al
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cuore del sistema Autonomous Emergency Braking, dispone ora, per la prima volta su una Jaguar, di una funzione di rilevamento dei pedoni. La stereo camera consente anche il funzionamento dei sistemi Lane Departure Warning, Lane Keep Assist, Traffic Sign Recognition, Intelligent Speed Limiter e Driver Condition Monitor. Informazioni importanti, come i limiti e la velocità del veicolo, possono essere proiettati direttamente nella linea visuale del guidatore attraverso l’head-up display. Le immagini colorate ad elevato contrasto possono mostrare anche le impostazioni del cruise control e, passo dopo passo, le indicazioni del navigatore. Rispetto ai sistemi tradizionali, la tecnologia laser è più piccola e più leggera e le immagini
rimangono nitide anche in pieno sole. Anche l’Infotainment e la tecnologia di connessione sono di assoluto livello. Il sistema InControl Touch Pro si basa su un touchscreen da 10,2 pollici, con un potente processore quad-core e un disco rigido che operano su una linea Ethernet ultra veloce. L’interfaccia utente è intuitiva, la grafica nitida e incredibilmente reattiva. Il sistema di navigazione consente di risparmiare tempo memorizzando gli spostamenti della vettura, di offrire una reale guida door-to-door ed è anche in grado di informare altre persone del vostro orario di arrivo. La navigazione può anche essere visualizzata a schermo intero, in 3D, nel quadro strumenti virtuale HD da 12,3 pollici. La nuova F-PACE porta al debutto mondiale il
Jaguar Activity Key. Novità assoluta nel settore, questa tecnologia indossabile consiste in un bracciale impermeabile, resistente agli urti con un transponder integrato in grado di supportare gli stili di vita più attivi, in quanto consente al telecomando di essere bloccato in modo sicuro all’interno del veicolo; questo risulta molto comodo se, ad esempio, ci si accinge a fare surf o ad andare in kayak. Chiudere la nuova F-PACE utilizzando l’Activity Key disabilita eventuali telecomandi rimasti all’interno. L’Activity Key opera sulle stesse frequenze RF delle altre chiavi e viene utilizzato - tenendolo in prossimità della J della scritta Jaguar sul portellone - per bloccare e sbloccare il veicolo. Non ha batteria, in modo da non doversi mai preoccupare di cambiarla.
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First Edition: design da Concept Car per il mondo reale Per celebrare il lancio della nuova F-PACE, sarà disponibile un modello speciale denominato First Edition, in un numero limitato e solo nel primo anno di produzione. Equipaggiata unicamente con il propulsore V6 benzina sovralimentato da 380 CV e con il diesel V6 da 300 CV, la First Edition si distingue per le due esclusive colorazioni metallizzate della vernice, Caesium Blue e Halcyon Gold, chiari riferimenti alle rivoluzionarie concept C-X17 svelate nel 2013 al Frankfurt e al Guangzhou Motor Show. Si può inoltre scegliere tra Rhodium Silver e Ultimate Black. I cerchi saranno a 15 razze Double Helix da 22 pollici con finitura Grey e inserti a contrasto, l’Adaptive Dynamics, i fari interamente a LED, le prese d’aria dei paraurti Gloss Black e un tetto panoramico scorrevole. All’interno, i sedili in pelle a grana fine Windsor in colore Light Oyster presentano cuciture doppie e trama goffrata pied-de-poule ispirata agli interni della C-X17. L’illuminazione dell’abitacolo è personalizzabile fino a 10 colori, con l’innovativo sistema di infotainment InControl Touch Pro e con il quadro strumenti virtuale HD da 12,3 pollici. Riepilogo della gamma La gamma della nuova F-PACE sarà composta da: • F-PACE Pure • F-PACE Prestige • F-PACE Portfolio • F-PACE R-Sport • F-PACE S • F-PACE First Edition. Le motorizzazioni previste per l’Italia saranno: • 2,0 litri diesel 180 CV con cambio manuale (disponibile con trazione posteriore e integrale) e cambio automatico (solo trazione integrale); • 3,0 litri diesel da 300 CV con cambio automatico e trazione integrale; • 3,0 litri benzina da 340 e 380 CV con cambio automatico e trazione integrale.
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F-type Manual Gearbox testo a cura di: Pierluigi Ducci - foto: Matteo Alfeo JAG mag www.jagmag.it
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eccezionale cambio Jaguar Quickshift è tuttora un punto di riferimento per quanto concerne la velocità di cambiata e la raffinatezza della F-TYPE, ma per un gruppo selezionato di appassionati di tutto il mondo, la più pura esperienza di guida proviene dal cambiare rapporto al momento giusto con un cambio manuale. Per rispondere a questa richiesta, gli ingegneri Jaguar hanno integrato un cambio a sei marce estremamente efficiente nella struttura in alluminio leggero della F-TYPE, abbinato esclusivamente alle motorizzazioni V6 340 CV e 380 CV a trazione posteriore. Un cambio manuale in un’auto sportiva è sempre la scelta di un guidatore purista e per soddisfare tale aspettativa, la F-TYPE manuale doveva offrire un’esperienza di guida del tutto coinvolgente. Tutto, dai profili di tenuta della scatola del cambio ai cuscinetti di montaggio della leva fino alla forma del bracciolo della consolle centrale, è stato ottimizzato per rendere l’esperienza di guida più immediata, gratificante e piacevole possibile.
La breve escursione della leva, la qualità meccanica della cambiata, la distanza dei pedali ideale per il tacco-punta e la melodia stessa del motore V6 sovralimentato: tutto è stato sottoposto a un’attenta analisi al fine di garantire che guidare una F-TYPE manuale sia tanto divertente quanto veloce. Mike Cross, Jaguar Chief Engineer Vehicle Integrity
Leggera, fluida, efficiente Come il cambio sequenziale Quickshift, la nuova trasmissione manuale è stata sviluppata per la F-TYPE con esperti ZF. La compatta unità dispone di un corpo in lega di alluminio leggero e di un innovativo sistema di lubrificazione a carter semisecco per migliorare l’efficienza. Invece di basarsi sul consueto metodo di lubrificazione a spruzzo, la scatola del cambio della F-TYPE utilizza una compatta pompa meccanica azionata dall’albero di rinvio per spruzzare olio sui denti degli ingranaggi, sui cuscinetti e sugli anelli sincronizzatori. Fornire la lubrificazione solo dove è necessario, utilizzando un olio a bassa viscosità, riduce significativamente le perdite di resistenza. La scatola del cambio contiene solo 1,2 litri di liquido, risparmiando peso e migliorando l’alloggiamento. La campana del motore appositamente strutturata contiene un volano a doppia massa per avere le massime prestazioni in termini di NVH ed una frizione monodisco a secco ottimizzata per l’inerzia rotazionale e quindi con carichi di spostamento ridotti. Il collegamento tra il guidatore e la trasmissione avviene tramite un meccanismo di cambiata che
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combina una corsa breve e diretta, essenziale per una vettura sportiva, con il comfort e la raffinatezza richiesti dai clienti Jaguar. Tutto, dal cambio stesso fino al pomello, influenza la sensazione di cambiata ed è per questo che ogni componente è stato esaminato al fine di garantire che qualsiasi cambio di rapporto fatto dal guidatore possa risultare perfetto. L’asta della F-TYPE fornisce il collegamento più diretto fra la leva del cambio e le forcelle selettrici. Ogni cuscinetto di montaggio è stato accuratamente calibrato per trovare il perfetto equilibrio fra la sensazione di cambiata e l’isolamento dalle vibrazioni indesiderate. L’ottimizzazione dei profili di tenuta dona cambi fluidi e precisi senza elevati picchi di carico,
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il che comporta un’assenza di scatti quando si entra nell’ingranaggio. Una corsa di soli 45 mm garantisce cambi rapidi e precisi. I numerosi test di sviluppo effettuati si traducono in un pomello del cambio posizionato ad un’altezza e in una posizione ideale per una guida in strada ed in pista. Tale è stata l’attenzione al dettaglio che il bracciolo della console centrale è stato ridisegnato per i modelli con cambio manuale, per consentire un ottimale movimento del polso, del gomito e della spalla durante ogni cambio di marcia. Per soddisfare gli appassionati più esigenti, i pedali del freno e dell’acceleratore sono in posizione ideale per effettuare il tacco-punta.
La corrispondenza perfetta: un V6 sovralimentato Il cambio manuale è abbinato esclusivamente al motore Jaguar 3,0 litri V6 interamente in alluminio. Questa unità sovralimentata ad iniezione diretta, disponibile nelle versioni da 340 CV e 380 CV, è caratterizzata dalla sua erogazione di potenza lineare, dalla propensione al fuori giri e dal nuovo cambio, che rende ancora più piacevole lo sfruttamento delle massime prestazioni del motore. Visti i benefici del cambio manuale ed il maggiore coinvolgimento del guidatore, il V6 adotta un’esclusiva calibrazione al fine di migliorare l’esperienza di guida, pur mantenendo il dualismo comportamentale della F-TYPE. In piena accelerazione, il motore è stato ottimizzato per rispondere in modo ancora più diretto agli input del pedale dell’acceleratore. Le ridotte inerzie rotazionali, consentono al guidatore più esigente, di scalare marcia con il tacco-punta in modo veloce e preciso, senza l’ausilio di una temporanea auto accelerazione.
L’ECU del motore fornisce velocità in corrispondenza del passaggio al rapporto superiore, rendendo ogni cambio di marcia più fluido. Una funzione anti-stallo rende la F-TYPE semplice da guidare anche a bassa velocità.
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Fuorisalone 2016
Jaguar e IED foto: Media Jaguar
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La F-Pace, durante la Milano Design Week, è stata proposta in tre diverse versioni realizzate con light wrapping dagli studenti dello IED di Torino
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na folla di appassionati ha potuto ammirare la Jaguar F-Pace, il primo crossover ad alte prestazioni della Casa del Giaguaro, presentato al FuoriSalone 2016 presso l’evento SuperDesign Show di Superstudio, in tre versioni personalizzate con light wrapping precedentemente sviluppati dagli studenti dell’Istituto Europeo di Design di Torino. L’evento è stato introdotto da una tavola rotonda sul tema del design
in campo automotive alla quale sono intervenuti Daniele Maver (Managing Director Jaguar Land Rover Italia), Dominic Najafi (Chief Creative Designer Jaguar Exteriors), Cesar Pieri ( Jaguar Creative Design Manager Exteriors - Advanced Design Team) e Riccardo Balbo (Direttore IED Torino). Tre i wrapping design sviluppati dai giovani talenti Tecnologia, Dimensioni e Orizzonti - rappresentativi delle caratteristiche distintive di F-Pace giudicati nel corso della serata da una giuria tecnica, composta dai
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designer Jaguar, da Daniele Maver e da Riccardo Balbo che hanno decretato il wrapping design Dimensioni, realizzato da Andrea Caffieri e Ilaria Minischetti, come la grafica che meglio ha saputo interpretare i valori e gli elementi distintivi del nuovo crossover. Tecnologia, invece, la grafica realizzata da Dominico Savio Lee e Jessica Venturello, è risultata la preferita sui social media. Un concept unico, che mostra come gli ideali tradizionali che hanno caratterizzato
Da sinistra: Daniele Maver, Dominic Najafi, Riccardo Balbo, Cesar Pieri.
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da sempre Jaguar e i suoi modelli, si uniscano ai concetti di innovazione e continua evoluzione propri della nuova cifra stilistica del brand e che F-Pace ben incarna. È stato possibile, inoltre, osservare da vicino anche la realizzazione live di un modello di F-Pace in scala 1:4 creato con tecniche di modellazione 3D, utilizzate dalle case automobilistiche nella produzione dei concept dei nuovi modelli e sviluppo delle vetture. La collaborazione di Jaguar e IED Torino al FuoriSalone, conferma il legame già in essere tra l’azienda e l’Istituto Europeo di Design, sottolineando, ancora una volta, come Jaguar sia attenta al target dei giovani creativi con i quali dà vita ad uno scambio di idee e contenuti a cui ispirarsi. Jaguar è infatti partner della prima edizione del Master di Primo Livello in Car Interior and User Experience IED Torino: un corso della durata di un anno il cui obiettivo è quello di offrire conoscenze mirate e approfondite sul mondo del car design. Un percorso progettuale con al centro l’utente e la sua esperienza con il mezzo di trasporto che studia, in maniera analitica, come il design d’interni possa influenzare quello degli esterni.
IED Istituto Europeo di Design Nasce nel 1966 dall’intuizione di Francesco Morelli. IED è da cinquant’anni un’eccellenza internazionale di matrice completamente italiana, che opera nel campo della formazione e della ricerca, nelle discipline del Design, della Moda, delle Arti Visive, della Comunicazione e del Restauro. Si posiziona come scuola internazionale di Alta Formazione orientata alle professioni della creatività, con particolare attenzione al design nelle sue diverse e più aggiornate declinazioni. L’offerta formativa IED è basata su crediti formativi (CF) strutturati in conformità ai parametri adottati dalle più avanzate istituzioni europee del settore. Il percorso di formazione ideale mira a condurre lo studente verso una preparazione a tutto tondo nella disciplina del Design prescelta, abbinando un programma Undergraduate a uno Postgraduate. La
sede di IED Torino, attiva dal 1989, è riconosciuta tra i più importanti centri internazionali di formazione sul Transportation Design. In linea con i settori produttivi e culturali del Nord Ovest Italiano, IED Torino orienta i temi del design esplorando il futuro della mobilità, dell’abitare, del vivere e del comunicare e della dimensione urbana attraverso la formazione di professionisti e designer verso la sostenibilità dei processi e l’innovazione tecnologica, temi di riferimento in tutti i settori produttivi, nella cultura e nell’amministrazione pubblica.
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English car e F-Pace
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occasione di presentare al pubblico la nuova vettura del marchio del Giaguaro è una di quelle ghiotte, da non lasciarsi scappare, un appuntamento che
foto: English Car
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riesca a coinvolgere nuovi e vecchi appassionati del marchio e, perché no, a passare insieme qualche ora in piacevole compagnia. La concessionaria English car di Firenze ha saputo cogliere questa opportunità e ha gestito con professionalità questo evento.
JAGmag, oltre ad essere presente all’evento milanese, non poteva mancare anche a questo appuntamento toscano. Come già capitato in occasione del lancio della parente Land Rover Evoque, anche questa volta nulla è stato lasciato al caso per quanto riguarda location e intrattenimento. L’allestimento del locale metteva in risalto sia l’evolversi della produzione sportiva d’annata, con la presenza delle icone XK120, la E Type, la XJS e la più classica delle berline compatte la MKII da un lato mentre dal lato opposto un ricco buffet a disposizione degli invitati. Musica d’intrattenimento live ad opera di un gruppo piacevole chiamato Taxi Club con melodie in puro stile british ed in alternanza una graziosa rappresentazione del gruppo “Gli Archi mossi”, una sorta di orchestra itinerante composta prevalentemente da musiciste con viole e violini singolarmente amplificati. Un sapiente mix musicale con un repertorio che spazia tra le danze rinascimentali irlandesi, ungheresi per approdare alla musica più contemporanea, il tutto sapientemente orchestrato da una scenografia per restituire all’ascoltatore il massimo delle sensazioni.
Certo, tutto di contorno, ma l’intento era quello di creare il giusto ambiente e pathos nell’attesa di incontrare lei, la regina della festa, l’ospite d’onore. Le due F-Pace, una bianca e l’altra grigia, posizionate al centro della sala si sono lasciate accarezzare dagli sguardi dei presenti per poi concedersi al tatto dei più intraprendenti. È una vettura che piace da subito, a primo sguardo; imponente ma non invadente, confortevole e ricca di contenuti tecnologici come d’obbligo in auto dei giorni nostri. Disponibile per accontentare tutte le esigenze della clientela, partendo dalla semplice due ruote motrici alla più completa 4WD abbinata ad un cambio automatico. Un segmento inusuale per il marchio Jaguar, ma proprio per questo meritevole di attenzione per unire glamour a praticità. Insomma una nuova sfida che, come accadde in passato per la prima diesel, la prima 4wd e la prima SW, saprà trovare la sua collocazione. Riassumendo: una piacevole serata, un bel contesto, ospiti illustri e una grande vettura, con l’auspicio che tutto ciò sia foriero di un successo di vendite e della concessionaria.
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God save the queen foto: Media Jaguar
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aguar Land Rover si è unita a milioni di persone di tutto il mondo nella celebrazione del 90° compleanno della Regina, in occasione dello spettacolare evento tenutosi ieri nella splendida cornice del Castello di Windsor. Ai festeggiamenti, che si sono svolti all’interno dei terreni privati del Castello, hanno preso parte artisti del calibro di Kylie Minogue OBE, Dame Shirley Bassey, Gary Barlow, Alfie Boe, Jess Glynne, Beverley Knight MBE e Katherine Jenkins. 900 cavalli e più di 1500 partecipanti sono giunti da tutto il mondo per unirsi ai festeggiamenti e celebrare la lunga vita della Regina: sin dalla sua nascita nel 1926, attraverso la Seconda Guerra Mondiale, fino all’Incoronazione nel 1953 per arrivare ai suoi oltre 60 anni di regno. Jaguar Land Rover, marchio ufficiale della flotta dei veicoli della Famiglia Reale, ha avuto l’onore di partecipare all’evento, durante il quale una straordinaria torta di compleanno è stata trainata sul posto da una Land Rover Discovery.
Una parata di stelle si è esibita sul palcoscenico intrattenendo gli invitati con numerose esibizioni tra cui: Oman Royal Cavalry, gli Huasos cileni, la New Zealand Army Band, la Royal Canadian Mounted Police, i cavalli e i cavalieri dell’Azerbaijan, le carrozze reali dei Royal Mews, la South Australian Police Band, la King’s Troop Royal Horse Artillery, la Fijian Army Dancers and Band e per finire 100 cornamuse dei Military and Commonwealth Pipers e dell’Household Cavalry Mounted Regiment. Una flotta di speciali Jaguar F-TYPE personalizzate con i colori dell’Union Jack ha preso parte alla cerimonia di apertura. Al termine, la Regina ha lasciato la manifestazione a bordo di una Range Rover Ibrida, suo Veicolo Ufficiale. Jaguar Land Rover vanta una lunga tradizione come fornitore ufficiale della Casa Reale, iniziata con il primo Royal Warrant ricevuto nel 1951 dal padre della Regina, Re Giorgio VI.
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activity key
a nuova F-PACE porta al debutto mondiale il Jaguar Activity Key. Novità assoluta nel settore, questa tecnologia indossabile consiste in un bracciale impermeabile, resistente agli urti con un transponder integrato in grado di supportare gli stili di vita più attivi, in quanto consente al telecomando di essere bloccato in modo sicuro all’interno del veicolo; questo risulta molto comodo se, ad
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esempio, ci si accinge a fare surf o ad andare in kayak. Chiudere la nuova F-PACE utilizzando l’Activity Key disabilita eventuali telecomandi rimasti all’interno. L’Activity Key opera sulle stesse frequenze RF delle altre chiavi e viene utilizzato - tenendolo in prossimità della J della scritta Jaguar sul portellone per bloccare e sbloccare il veicolo. L’Activity Key non ha batteria, in modo da non doversi mai preoccupare di cambiarla.
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vannucci nuovo ambassador di Jaguar
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imone Vannucci, classe 1973, è l’atleta simbolo del kitesurf Italiano, amante della natura e appassionato di sport è continuamente alla ricerca di nuove emozioni e della spettacolarità più fantasiosa delle sue imprese. La personalità del campione italiano, come sottolineato da Jaguar Italia, è perfettamente allineata con lo spirito del brand e, in particolare, con le caratteristiche di grinta, agilità ed eleganza della nuova F-Pace Il campione italiano ha così commentato la sua nomina
ad Ambassador: «Sono felicissimo di questo incarico, è per me un ulteriore motivo d’orgoglio per il prestigio e per il legame fra Jaguar e lo sport». Nell’occasione Daniele Maver, Presidente di Jaguar Land Rover Italia ha dichiarato: «Un campione italiano come Vannucci è uno straordinario veicolo di promozione dei valori del nostro marchio, perché possiede la personalità e l’immagine giuste per accompagnare i nostri messaggi su una vasta gamma di media. La nuova F-Pace è un auto dinamica e performante, portatrice di una straordinaria carica emotiva e l’accostamento con lo sport ai massimi livelli, più che una scelta, è una logica conseguenza».
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all wheel drive Jaguar ha lanciato la sfida
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aguar aumenta considerevolmente la propria offerta grazie a nuovi standard per quanto riguarda la dinamica di guida, con l’aggiunta della trazione integrale intelligente (AWD) ad ogni suo modello. La trazione AWD dispone dell’Intelligent Driveline Dynamic, un sistema di controllo progettato e sviluppato direttamente da Jaguar per sfruttare al massimo
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i benefici della trazione integrale senza compromettere la dinamicità del DNA Jaguar. Il nuovo sistema AWD con torque on-demand è caratterizzato da un ripartitore dotato di frizione multidisco a secco e di una trasmissione a catena verso l’asse anteriore. È un sistema ad azione molto rapida e può effettuare il passaggio da trazione posteriore a quattro ruote motrici in soli 165 millisecondi. In normali
condizioni di guida, tutta la coppia del motore viene inviata all’asse posteriore, mantenendo una dinamicità di guida tipica di questa tipologia di trazione assicurando un inalterato feeling con lo sterzo. La gestione di quando e quanta coppia deve essere trasferita all’asse anteriore è affidata all’Intelligent Driveline Dynamics (IDD), una tecnologia di gestione molto sofisticata, sviluppata e calibrata interamente da Jaguar e utilizzata per la prima volta sulla F-TYPE AWD. Utilizzando i dati dei sensori relativi alla velocità d’imbardata, all’angolo di sterzata e all’accelerazione laterale della XE, l’IDD stima continuamente l’attrito tra gli pneumatici e la strada e anche la quantità di aderenza disponibile che viene sfruttata ad ogni contatto con il suolo. Questo sistema intelligente è in grado di impiegare strategie di controllo sia preventive che reattive. L’IDD è anche collegato in rete al sistema Dynamic Stability Control (DSC), al sistema torque vectoring e al Jaguar Drive Control per rendere il sistema AWD ancora più efficace. Se l’IDD prevede che l’asse posteriore si stia avvicinando al limite dell’aderenza disponibile, la coppia verrà trasferita all’asse anteriore. La coppia può anche essere trasferita all’asse anteriore per ridurre il sovrasterzo nelle curve veloci, fornendo uno smorzamento dell’imbardata. Il sistema AWD è reso ancora più efficace con l’opzione dell’Adaptive Surface Response (AdSR). Sviluppato dalla pluripremiata tecnologia Terrain Response di Jaguar Land Rover, l’AdSR adatta
le mappature dell’acceleratore, della trasmissione e del sistema DSC in funzione del tipo di superficie stradale, aiutando il guidatore ad avanzare in modo regolare e a guidare con maggiore fiducia anche nelle condizioni più difficili. L’AdSR sostituisce la modalità Rain, Ice, Snow nel Jaguar Drive Control e opera in qualsiasi velocità di percorrenza della XE. L’AdSR consente di ottimizzare in modo più specifico i vari sistemi della vettura per sfruttare al meglio la trazione disponibile. Daniele Maver, presidente di Jaguar Land Rover Italia ha precisato: «L’introduzione della trazione integrale sui modelli diesel XE e XF, combina i vantaggi in termini di dinamicità e trazione dell’AWD, con la reattività e l’efficienza dei consumi del motore Ingenium da 180 CV e 430 Nm e il cambio automatico a otto velocità e rende le berline Jaguar una scelta ancora più interessante nel segmento business».
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f-type svr a prova di
MICHELLE foto Media Jaguar
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a nuova F-TYPE SVR, la più veloce Jaguar di sempre, è stata messa alla prova nel suo primo test ad alta velocità dalla star di Fast and Furious Michelle Rodriguez. Su una strada chiusa nel deserto del Nevada, sede della Silver State Classic Challenge, la corsa su strada più veloce al mondo, l’attrice ha spinto la vettura fino alla sua velocità massima, con il tachimetro che segnava i 323 km/h, la più alta velocità mai raggiunta dalla stessa Michelle. Michelle Rodriguez ha poi commentato: «Guidare
questa vettura è stato pazzesco! A bordo della splendida Jaguar F-TYPE SVR ho superato il mio personale record di velocità. Raggiungere i 323 km/h è
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stato fantastico, ero molto concentrata e la vettura si è lasciata guidare senza alcun problema; ho dovuto effettuare solo delle minime correzioni e ha risposto sempre nel migliore dei modi. Non credo che avrei raggiunto una simile velocità senza un pilota professionista seduto al mio fianco… ma ragazzi, è stata una sensazione incredibile. Mi sono sempre chiesta come sarebbe stato superare i 225 km/h (la mia velocità massima). Al di fuori delle piste ad alta velocità, non c’è alcun luogo in cui sia possibile farlo in modo sicuro, e la sicurezza è fondamentale. Essere in grado di andare oltre i propri limiti rappresenta un traguardo importante: viaggiare ad una tale velocità è una grande responsabilità, ma l’esperienza a bordo di questa vettura è stata la più gratificante mai provata finora».
Raggiungere i 323 km/h è stato fantastico, ero molto concentrata e la vettura si è lasciata guidare senza alcun problema.
Sviluppata da Jaguar Land Rover Special Vehicle Operations per essere più leggera, più rapida e più veloce rimanendo al tempo stesso fruibile nell’uso quotidiano, la F-TYPE SVR è la Jaguar più prestazionale di sempre. John Edwards, Managing Director di Jaguar Land Rover Special Vehicle Operations, ha affermato: «Avere come base di partenza la pluripremiata F-TYPE era un obiettivo impegnativo. Tutto in termini di guidabilità, design, sound e prestazioni doveva essere portato ad un nuovo livello, e questo è ciò che la nuova F-TYPE SVR offre. È una supercar per tutte le stagioni da oltre 320 km/h, pensata soprattutto per essere guidata ogni giorno».
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futuro jaguar classico foto: Media Jaguar
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Jaguar Land Rover presenta la nuova denominazione della divisione che si occupa dei veicoli classici: Jaguar Land Rover Classic
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aguar Land Rover annuncia che la divisione Heritage prenderà il nuovo nome di Jaguar Land Rover Classic. Con la nuova denominazione, questo reparto continuerà ad offrire vetture, assistenza tecnica, ricambi e un’inimitabile esperienza di possesso ai proprietari di Jaguar e Land Rover classiche. Tim Hannig, Director, Jaguar Land Rover Classic, dichiara: «La nuova denominazione Jaguar Land Rover Classic, meglio si addice a questo settore le cui attività sono in continua crescita in tutto il mondo e che è in grado di fornire agli appassionati, il massimo in termini di veicoli, ricambi, assistenza ed esperienza. Il nostro obiettivo è costruire un futuro di sempre maggiori successi coltivando e conservando gelosamente il passato di Jaguar e Land Rover». La divisione Jaguar Land Rover Classic può oggi offrire nelle proprie sedi nel Regno Unito, un completo restauro dei veicoli classici, fornendo inoltre ai clienti un servizio di assistenza e manutenzione. Jaguar Classic continuerà le sue attività nella sede storica di Browns Lane, dove sono stati costruiti i sei esemplari di Lightweight E-type, mentre per il restauro dei suoi modelli, Land Rover Classic si avvarrà di una nuova officina realizzata nella sede di Solihull. Attualmente sono inoltre in vendita veicoli Jaguar e Land Rover completamente restaurati proprio in fabbrica. Il reparto Jaguar Land Rover Classic Parts fornisce ricambi originali a modelli usciti di produzione da oltre 10 anni. Il catalogo ricambi conta più di 30.000 particolari
Il nostro obiettivo è costruire un futuro di sempre maggiori successi coltivando e conservando gelosamente il passato di Jaguar e Land Rover. coperti da garanzia, ordinabili presso la rete dei Concessionari Jaguar Land Rover in tutto il mondo. I consulenti del reparto Classic sono tutti specialisti con una profonda conoscenza del prodotto ed i ricambi sono ordinabili per il ritiro nelle Concessionarie locali. Oltre ai veicoli, all’assistenza ed ai ricambi, la Divisione Classic offre ai clienti l’opportunità di provare una selezione degli iconici veicoli Jaguar e Land Rover, con il programma Classic Drives. A questo programma, si affianca la seconda stagione della serie Jaguar Classic Challenge Race, riservata a veicoli Jaguar pre-1966, che avrà inizio il 2 maggio 2016 presso il circuito di Donington, nel Regno Unito.
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Jaguar xks foto: Media Jaguar
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La Jaguar XKS, la prima supercar al mondo, è una sportiva altamente esclusiva realizzata a mano dalla divisione Jaguar Classic.
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aguar si appresta a costruire l’incredibile e super esclusiva XKSS, che raccoglie l’eredità dello storico modello. I nuovi 9 esemplari di XKSS, la vettura definita dagli esperti come la prima supercar al mondo, saranno realizzati a mano da Jaguar Classic con le stesse specifiche con cui debuttarono nel 1957, andando a sostituire i modelli andati perduti a causa del famoso incendio nello stabilimento produttivo di Browns Lane. Tim Hannig, Jaguar Land Rover Classic Director, ha affermato: «La XKSS occupa un posto unico nella storia di Jaguar ed è una vettura ambita dai collezionisti di tutto il mondo per la sua esclusività e il suo inconfondibile design. Un team altamente qualificato di ingegneri e tecnici della divisione Jaguar Classic ricorrerà alle conoscenze accumulate nel corso dei decenni per garantire che ognuna delle nove vetture sia autentica e realizzata secondo i più elevati standard qualitativi. La costruzione di nuove XKSS incarna il nostro impegno nel coltivare la passione e l’entusiasmo per l’illustre passato di Jaguar, e la nostra determinazione nell’offrire automobili, servizi, componenti ed esperienze eccezionali».
La costruzione di nuove XKSS incarna il nostro impegno nel coltivare la passione e l’entusiasmo per l’illustre passato di Jaguar.
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Le vetture originali erano destinate ad essere esportate negli Stati Uniti, tuttavia solo 16 di esse furono portate a termine prima dell’incendio dello stabilimento produttivo. Ora, 59 anni dopo, Jaguar realizzerà le nove sportive XKSS “perdute” per un selezionato gruppo di collezionisti e clienti d’eccezione. L’esperienza acquisita durante la costruzione del progetto Lightweight E-type sarà veicolata nella costruzione di questi nove modelli altamente esclusivi. Ognuno di essi sarà realizzato a mano presso il nuovo “Experimental Shop” Jaguar di Warwick. Ogni vettura sarà costruita secondo le stesse specifiche delle prime 16 realizzate nel 1957 e ogni sua parte sarà interamente certificata da Jaguar. Il prezzo supererà il milione di sterline.
La storia della XKSS ebbe inizio dopo le tre vittorie consecutive di Jaguar a Le Mans nel 1955, 1956 e 1957 con la famosa D-type. Dopo la triplice vittoria, il 14 gennaio 1957 Sir Williams Lyons decise di convertire le restanti 25 D-type in versioni da strada con l’apporto di diverse modifiche esterne, realizzando la prima supercar al mondo. Queste modifiche includevano l’aggiunta di un nuovo parabrezza più alto, una porta supplementare nel lato passeggero, l’eliminazione del divisorio tra conducente e passeggero e la rimozione della famosa pinna dietro al sedile del conducente. Le prime consegne della nuova Jaguar XKSS verranno effettuate nei primi mesi del 2017.
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50 anni di rolling stones
Londra celebra i 50 anni dei Rolling Stones con la mostra “Exhibitionism�. a cura di: Pierluigi Ducci
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a Saatchi Gallery di Londra celebra con una grande mostra l’oltre mezzo secolo di vita dei Rolling Stones. Esposti oltre 500 cimeli fra strumenti rari, oggetti del backstage, poster e documenti personali per raccontare il successo della band britannica. La mostra ripercorre fedelmente tutte le fasi della band: dalla riproduzione dell’appartamento di 102 Edith Grove condiviso da Jagger, Richard e Jones nel 1962, ai vestiti e le chitarre utilizzati per gli spettacoli in giro per il mondo, tra le quali una regalata a Wood dall’attore Johnny Depp, fino alle realizzazioni nate dalla collaborazione con artisti del calibro di Ossie Clark, Martin Scorsese e Andy Warhol. L’esibizione, che consente ai visitatori di immergersi in una simulazione virtuale direttamente sul palco e dietro le quinte con gli Stones, resterà aperta fino al 4 settembre. Exhibitionism Saatchi Gallery - Londra. Aprile – Settembre 2016 - www.saatchigallery.com
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dominic Najafi Creative Chief Exterior Designer
foto: Media Jaguar
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ominic Najafi fa parte del team di Creative Design di Jaguar dove è Exterior Chief Designer. È entrato a far parte di Jaguar nel 2012 come Creative Specialist, lavorando insieme a Julian Thomson all’interno della divisione di Advanced Design. Durante i suoi 4 anni trascorsi nella Divisione, Dominic Najafi si è soprattutto occupato di creare concetti di exterior design per nuovi prodotti come Jaguar XF, F-PACE e i nuovi progetti per il 2017 e oltre. Dominic Najafi ha realizzato il proprio sogno di bambino iscrivendosi nel 1999 all’Università di Coventry al corso di Transport Design. Durante
gli studi universitari, ha trascorso 6 mesi in Bentley Motors, dove ha contribuito alla creazione del design di interni della LWB Arnage Limousine presentata al Salone dell’Auto di Parigi del 2002. Dopo la laurea conseguita nel 2003, Dominc Najafi ha iniziato la sua carriera nel design automotive proprio in Bentley, a Crewe nel Regno Unito – dove ha lavorato all’ideazione del design della nuova generazione di Continental GT – diventando presto Capo Designer nella realizzazione degli esterni di Bentley Flying Spur. Dopo otto anni in azienda, Dominc Najafi ha raccolto una nuova sfida, unendosi a Jaguar Land Rover proprio in un momento di grande espansione e crescita del Gruppo.
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fratini a cura di: Marco Annunziata
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arcello Fratini, imprenditore di successo e proprietario con il fratello Corrado della Tenuta Argentiera, che produce uno dei DOC Bolgheri più apprezzati e premiati a livello internazionale, ha anche una passione straordinaria per le automobili Jaguar, iniziata a soli vent’anni con una bellissima Mark II nera con interni di pelle grigia. Nella splendida cornice del Giardino della Gherardesca di Firenze, tra rarità botaniche e alberi secolari, Fratini ci presenta con piacere due Jaguar della sua collezione dalla quale ne sono passate circa una ventina. La prima è una XK150 del 1961 con motore V8 supercharged, customizzata a regola d’arte dai neozelandesi di Beacham (beacham.co.nz) che oltre a essere degli ineguagliabili specialisti di carrozzerie e interni in pelle, sono in grado di dotare Jaguar d’epoca di tutti gli optional più moderni tra cui aria condizionata, GPS e Bluetooth. La seconda è una Mark II del 1959 con motore originale e restaurata alla perfezione da Vicarage (www.vicarage.co.uk) che, attraverso un complesso processo di saldatura e verniciatura, riesce a risolvere in modo definitivo il noto problema di ruggine
della carrozzeria di una delle automobili più eleganti di sempre. A completare, per ora, la collezione una XK140 convertible del 1954 e una splendida E-Type del 1961 grigia con interni di pelle rossa. Salutiamo Marcello Fratini e ci facciamo confidare quale Jaguar vorrebbe aggiungere alla sua collezione: un’altra Mark II di Vicarage ma decappottabile.
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completo tre pezzi inglese e l’origine di una tradizione indiscussa
a cura di: Virginia Hill
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l completo tre pezzi di stampo inglese viene ancora oggi visto come l’abito necessario per un uomo di successo. A parte qualche raro caso di imprenditore miliardario in jeans e maglietta (ad esempio l’inglese Richard Branson o l’italiano Renzo Rosso) la maggior parte degli uomini associano il mondo del lavoro con un abbigliamento volutamente tradizionale e standardizzato. In questo caso la tradizione diventa sinonimo
di solidità e perseveranza, entrambi qualità necessarie per aver successo negli affari ieri come oggi. Ma da dove viene questa tradizione? Come e quando nasce? Forse pochi sanno che la storia della nascita del completo tre pezzi ha una data, un luogo e dei protagonisti. Per definizione il completo tre pezzi è composto da tre elementi: giacca, gilet e pantaloni. Ed è ‘completo’ perché tendenzialmente essi sono realizzati nello stesso tessuto. Tutto questo venne studiato a tavolino nell’anno 1666, a Londra da Re Carlo II. Il bisogno per un nuovo modo di vestire inglese nasce da precise ragioni politiche, sociali e religiose. Proprio nel 1666 vi fu il devastante incendio di Londra che portò morte e rovina economica per molti. Ne esce quindi un paese in grande difficoltà, nonché un Re fortemente criticato
Gentiluomo in tweed da campagna.
J S Sargent, Brigadier Archibald Campbell Douglas Dick,1886. JAG mag www.jagmag.it
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su molti fronti. Il clero critica apertamente la corte, arrivando addirittura ad insinuare che l’incendio fu la divina conseguenza del comportamento debosciato dei membri della corte. In termini di abbigliamento gli uomini della corte avevano in effetti raggiunto uno sfarzo ineguagliato. Succubi, ormai da diversi anni, del gusto barocco proveniente da oltre manica. L’Inghilterra usciva da poco da una guerra civile durante la quale la moda prese una posizione secondaria nella vita di tutti. Re Carlo II in quegli anni si trovava in esilio sul Continente e condivideva i gusti ed i modi dell’esuberante cugino, Re Luigi XIV di Francia.
La Princessa Luisa Victoria A.Dagmar e il marito Duke AWG Duff of Fife.
Ringo Star in Tommy Nutter bespoke suit.
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All’inizio degli Anni 60 del 1600 l’uomo di rango inglese indossava le ‘braghe a gonnella’ ricoperte di fiocchi realizzati con decine di metri di nastro di seta. Queste venivano portate in completo con una giacchina corta con maniche tre quarti cosi da far vedere l’abbondante camicia di battista di lino rifinita con costosissimi pizzi. Il costo esagerato, l’aspetto vistoso e la visione della camicia, ai tempi ancora considerata indumento intimo, urtavano le sensibilità puritane della chiesa Protestante. Inoltre questa moda ‘francese’ era vista male da molti in quanto poco nazionale.
Nel suo diario John Evelyn, raffinato giovane londinese, annotava con velato disgusto questa moda esagerata. Era il 1661, ma solo nel 1666 dopo gli eventi sopra citati, il giovane Evelyn tornò alla carica pubblicando un breve saggio a favore di una riforma dell’ abito maschile inglese. Carlo II colse la sfida, preoccupato per le sorti sartoriali del paese. Fu cosi che il re, con il suo addetto al Guardaroba Reale e lo stesso John Evelyn, inventò un nuovo ‘look’ partendo proprio da
Sean Connery in bespoke Saville Row tailoring per 007.
Matrimonio fra Mick Jagger e Bianca Perez Morena de Macias, entrambi furono vestiti da Edward Sexton, sarto londinese: www.edwardsexton.co.uk/the-legend/
tutto quello che non andava bene con la moda del momento. Si optò per meno sfarzo e più rigore nel taglio, sete meno vistose e volumi più asciutti oltre all’eliminazione dei nastri infiocchettati. La camicia doveva essere semi nascosta e quindi si decise di includere un nuovo indumento, il ‘vest’ in italiano conosciuto come il gilet, concepito come sotto giacca con maniche lunghe. Le decisioni riguardo taglio e tessuti vennero prese con l’aiuto di John Allen e William Watts, i sarti fidati del re. Coloro che produssero i prototipi che il re indosso in pubblico da li a breve. Il 7 ottobre 1666 il Re informò il suo Consiglio riguardo la nuova moda e aggiunse che non aveva intenzione di portare cambiamenti a questa moda nel futuro. Ne fu sancito l’uso dal novembre dello stesso anno. Forse è proprio questa sua affermazione che creerà il senso di ‘tradizione’ cosi percettibile ancora oggi. Nacque così il concetto del British tailoring che divenne, e rimane, famoso in tutto il mondo fino ad oggi. Non importa se pochi mesi dopo il fortunato lancio del completo tre pezzi inglese questa moda fu adottata da Luigi XIV a Parigi. Sarà proprio grazie a lui ed ai suoi ingegnosi tentativi di diffondere lo stile francese attraverso le prime riviste di moda, che il mondo verrà a conoscenza di questa particolare moda inglese con la fine del diciassettesimo secolo.
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events
Torino
salone dell’auto 58
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a cura di: Pierluigi Ducci
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no scenario suggestivo come il Parco Valentino ha ospitato la seconda edizione del Salone dell’Auto di Torino, dove Jaguar Land Rover era presente assieme a 43 Case automobilistiche e 12 Centri Stile. Il Salone ha riproposto il suo format all’aperto e con un layout uguale per tutti i brand partecipanti. In un connubio fra eleganza e prestazioni, Jaguar e Land Rover ha esposto 4 modelli: la Jaguar F-Pace, il primo crossover ad alte prestazioni della Casa del Giaguaro, la due posti sportiva F-Type SVR, la nuova XF AWD, il modello Jaguar “All Wheel drive” e la Range Rover Evoque Convertibile. Per l’occasione Carlo Pignatelli, maison di moda torinese, ha vestito le hostess presenti per Jaguar Land Rover con i colori decisi e i ricami ricercati dell’ultima collezione primavera/estate 2016 Carlo Pignatelli Cerimonia Donna, ispirata ad una donna moderna, dinamica e dall’indiscussa eleganza: uno stile che ben si sposa alle auto Jaguar Land Rover.
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A conclusione della manifestazione, si è svolto il Gran Premio Parco Valentino: la sfilata di automobili per le vie della città dedicata ad appassionati e grandi collezionisti provenienti da tutto il mondo. Jaguar ha partecipato alla parata con due auto: la Jaguar Project 7, guidata per l’occasione da Cesar Pieri, Creative Design Manager Jaguar che ha curato personalmente il design dell’auto, e la Jaguar D-Type, vettura da competizione storica che ha vinto varie edizioni della 24 Ore di Le Mans.
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c-type l’auto dal mistero irrisolto
testo: Stefano Bendandi - foto: Matthew Howell
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a recente aggiudicazione da oltre 7,2 milioni di euro ottenuta a Montecarlo da Bonhams ha riacceso i riflettori su questa meravigliosa auto, definita all’unanimità come una delle più belle auto da competizione degli Anni 50 ed una delle più belle C Type rimaste in circolazione, ma avvolta da un alone di mistero. Fino al 1951 la Jaguar si limitava a preparare vetture derivate dalla produzione di serie, nel caso specifico le XK120, prima con le versioni in alluminio e successivamente con quelle in acciaio, prevalentemente nei Rally, nelle production car race e nella madre di tutte le corse: Le Mans. Furono proprio i risultati eccellenti ottenuti nell’edizione del 1950 che indussero Lyons e lo staff tecnico a proporre per il 1951 una vettura ancora più performante. Invece di continuare a lavorare sullo sviluppo della 120 si optò per realizzarne una ex novo, tuttavia senza rinunciare ad utilizzare componenti e meccanica a disposizione. Il telaio abbandonò i grossi travi longitudinali in favore di uno a traliccio tubolare, l’avantreno classico delle 120 con doppi trapezi deformabili ma un retrotreno completamente ridisegnato. Ora il ponte veniva ancorato al telaio per mezzo di bracci oscillanti e barre di torsione trasversali; nulla di innovativo tant’è che una soluzione analoga era già stata utilizzata sulle Citroen Traction Avant nel lontano 1934. La carrozzeria riprendeva le linee stilistiche del periodo, decisamente più filanti ed armoniche di quelle classiche inglesi; l’influenza dello stile italiano Ferrari e Maserati influirono non poco per il risultato finale. Meccanicamente il motore XK a 6 cilindri era considerato ancora nuovo, avendo debuttato solo qualche anno prima (1948) e già nella configurazione base dotato di buone prestazioni e quindi ottima base per svilupparne una versione ancora più performante per la nuova XK 120 C. Harry Weslake ideatore e progettista del motore e soprattutto della testa bialbero della 120 apportò alcune modifiche per accrescere di 45 CV la potenza attraverso poche ma determinanti interventi. Maggior diametro delle
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valvole portandole a 41mm, incremento del condotto di aspirazione, molle valvole rinforzate e un nuovo profilo delle cammes, nuovi carburatori più semplificati e alleggeriti; prima degli SU H6 da 1 pollice e ¾ e subito dopo gli H8 da 2 pollici. 205 i cavalli finali. Il debutto delle “C Type”, perché d’ora in poi vennero chiamate in questo modo abbreviato, alla gara del 1951 si potrebbe definire imbarazzante soprattutto per le concorrenti. Tre vetture presentate sulla linea di partenza e, se non fosse stato per piccoli inconvenienti, tre sarebbero arrivate nei primi tre posti. Whitehead/Walker vinsero mentre Moss/Fairman e Johnson/Biondetti dovettero ritirarsi tutti mentre si trovavano in testa alla gara. Un aneddoto relativo a questa edizione: Lyons, pur confidente sulle perfomances delle nuove C Type, per precauzione portò altre tre vetture a Le Mans che non presero il via; si trattava delle “vecchie” 120 Works Team, impietosamente lasciate nei box coperte da un telo. Il 1951 continuò a consegnare vittorie su vittorie e determinò l’ascesa nell’olimpo dei top driver il giovane Stirling Moss. Purtroppo il 1952 fu un annata da dimenticare, una scelta azzardata che andò a modificare la linea del cofano anteriore, abbassando la griglia anteriore, con l’unico scopo di avere un miglior coefficiente aerodinamico e poter recuperare qualche Km orario di velocità in più al fine di contrastare le potenti e veloci Mercedes 300 SL che si erano messe in mostra durante l’edizione della 1000 Miglia, piazzandone una al secondo posto dietro la Ferrari. Il risultato di questa modifica portò al ritiro di tutte le C type in gara, voluto direttamente dal patron Lyons a causa di un difficile raffreddamento del motore con temperature costanti attorno ai 100 gradi. Le vetture chiamate Drop Snoot (naso spiovente), utilizzate solo ed unicamente per questa Le Mans non erano dotate dell’innovativo sistema frenante a disco studiato da Jaguar e Dunlop congiuntamente, ma equipaggiate del più tradizionale sistema a tamburi, benché le prime applicazioni in gara riguardavano le C type partecipanti qualche mese prima alla 1000 Miglia con
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La XKC 011 in gara a Le Mans in versione Drop Snoot nel 1952. Moss al volante. Una sorta di test per la versione del 53. Nel ’53 si ritorna alle linee originali del ’51 ma con importanti modifiche come l’adozione dei freni a disco, dei carburatori Weber ed un nuovo disegno delle sospensioni posteriori contribuirono a portare alla vittoria la C type a le Mans con Rolt/Hamilton seguita da quella di Moss /Walker. A completamento il 4 posto di Whitehead/ Steward ed il 9 di Laurent/
De Tornaco dotata però dei freni a tamburo ed i classici carburatori SU. Una meritata rivincita sulla deludente edizione dell’anno precedente. Il 1954 è l’anno del passaggio di consegne dalla vincente C Type alla nuova D Type per le works team, mentre le C aggiornate continueranno ancora per diversi anni a correre sui più importanti circuiti in UK ed Europa. In totale furono prodotte 54 C Type che si possono classificare in 2 differenti tipologie: le works team e la produzione di serie, costruita dal 1951 al 1953. Le versioni “serie” furono annunciate nell’agosto del ’52. Solo 11 su 54 furono le ufficiali. L’auto pubblicata in questo servizio è una di queste (XKC 011) sulla quale aleggia un alone di mistero che a tutt’oggi ancora non è stato definitivamente risolto. Sicuramente sono stati fatti grossi passi avanti nelle indagini, forse grazie proprio alla messa in vendita dell’auto riaprendo documentazione o ricercandone di nuova da parte dei periti della casa d’aste ed i maggiori esperti del marchio.
La vettura a Le Mans del 1954 con verniciatura verde con la striscia gialla sul cofano, al posto della verniciatura totale gialla tipica delle vetture Ecurie Francorchamps.
Di certo essere definita la più originale e meglio conservata C type esistente non rispecchia esattamente la realtà. Di certo si sa che dal 1963 ad oggi nessuno vi ha fatto grossi interventi, non essendo più passata di mano da allora, ma ciò che accadde dalla sua produzione al ’63 ha inciso in modo rilevante.
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Di fatto ci si trova di fronte ad una vettura che per svariati motivi ha subito varie sostituzioni. Questa era una di quelle allestite per Le Mans del 1952, pertanto con musetto spiovente e coda filante, subito smontata dopo la gara per ripassare alla linea tradizionale. La XC 011 non partecipò alla Le Mans del ’53, ma alla 1000 Miglia con Moss ed il mese dopo
alla Targa Florio. Fu il 1954 l’anno del “mistero” dove si verificheranno altre sostituzioni. La storia coinvolge tre vetture la XKC 011, la 012, la 047. La 047 versione “serie” di proprietà della scuderia Francorchamps che doveva essere aggiornata per la Le Mans, per i quali lavori è ancora oggi visibile la fattura della Jaguar, è presso la casa madre per gli interventi
richiesti, ma probabilmente non disponibile in tempo per la gara ed in ragione dei buoni rapporti tra Jaguar e scuderia, viene concessa in cambio la 012 che prenderà l’identità della 047, in quanto iscritta alla gara con quel numero di telaio. Poi accadde l’imponderabile: le vetture si trasferivano da Coventry al circuito della Sarthe via strada e talune volte su carrelli appendice. Frank Rainbow, meccanico ufficiale Jaguar, schiantò contro un palo la vettura rendendola inutilizzabile per la gara ed ecco che la 011 prende il posto della 012, che a sua volta sostituiva la 047, ma essendo il motore della 012 più aggiornato della 011 venne smontato e sostituito assieme ad altri particolari. Questo è uno dei motivi per cui la vettura non si presenta al via con la consueta livrea gialla tipica della scuderia belga, ma solamente con una banda gialla larga una trentina di cm sul cofano. Ora la 047 è in realtà la 011, lasciata alla scuderia Francorchamps per tutto il 1954 e restituita a Jaguar
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a fine stagione, che la sistemò oltreché la aggiornò con il nuovo gruppo di carburatori Weber. È a questo punto che probabilmente non si limitano a ricondizionare la vettura, ma utilizzano la 047 che era rimasta in fabbrica utilizzando il numero originale 011. A fronte di questo, furono fatte anche indagini sulla marcatura del telaio e quest’ultimo risulta con qualche
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differenza dagli altri. Non era la punzonatura di per se, ma il suo posizionamento ed uno strano cordone di saldatura sotto di esso. Sotto alcuni strati vernice fu ritrovata la marcatura della carrozzeria, che in origine combaciava con il numero di chassis e riportava invece quello della 047. Le auto, anche se definite gemelle, erano una del ’52 mentre l’altra del ’53, ma essendo quest’ultima una versione “di serie” non era ancora dotata di freni a disco e carburatori weber, mentre era già variata nella struttura del ponte posteriore. La numero 0 11, essendo una versione works, rimase in
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Jaguar fino a quando non fu concessa alla Dunlop per effettuare dei test sugli pneumatici ed aggiornata per agevolare il passaggio di alcuni cablaggi applicando due fori, uno per parte, davanti ai sedili. Altre modifiche importanti riguardano l’apertura di una seconda porta dal lato passeggero, non previsto in origine, ed una nuova verniciatura in Grigio Battelship; venne anche sostituito nuovamente il motore ed infine venne targata POV114 nel gennaio 1955. Continuò la sua vita nel mondo delle corse dal ’57 al ’61 in mano a tre driver britannici: Salmon (’57-’58), che tra le
Evidenziate le modifiche sul pianale effettuate dalla Dunlop per i passaggi dei cablaggi. Sul lato del passeggero l’apertura della seconda porta.
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altre cose cambiò nuovamente il colore portandola a Blu, Lee (’59) e Sturgees (’60-’61), che la verniciò nel gennaio del 1960 nel colore attuale B.R.G. (British Racing Green); ottennero ottimi risultati, benché la vettura incominciasse a risentire dell’età. Finì nelle mani di un famoso fotografo di eventi sportivi, Guy Griffiths, e di sua figlia Penny nel 1963 e lì rimase fino ai giorni nostri. In conclusione, la storia vissuta di quest’auto ci deve insegnare che ogni vettura ufficiale o semiufficiale, nel corso della sua attività agonistica, può essere assoggettata ad innumerevoli modifiche o aggiornamenti che spesso non hanno una documentazione, o può essere andata smarrita e la si deve accettare così com’è, a prescindere. Tuttavia a fronte di sostituzioni di carrozzeria, di motori, 4 cambi di colore, modifiche al retorotreno, apertura di una portiera, definirla 100% originale mi sembra un’affermazione un po’ forte, pur con il massimo rispetto per una delle più belle C type arrivate ai giorni d’oggi e premiata con una valutazione ai massimi livelli.
La marcatura del telaio con i segni della saldatura.
Estratto delle gare alla quale ha partecipato la XKC011 Anno Località 1952
1953
1954 1957 1957
Driver
Classifica
Luglio, Snetterton Ottobre, Hatch
Salmon
6 assoluto
Brands Salmon
2 assoluto
Aprile, Mallory Park
Salmon
4 assoluto
Maggio , Silverstone
Peter Walker
Ritirato
Giugno, Le Mans
Moss/Walker
Ritirato
Agosto, Goodwood
Moss/Walker
5 assoluto
Agosto, shelsley
Walker
1 di classe
Maggio, Silverstone
Salmon
2 assoluto
Settembre, Prescott Hill
Walker
1 di classe
Luglio, Silverstone
Salmon
6 assoluto
Aprile, Brands Hatch
Lee
5 assoluto
Settembre, Goodwood
Rolt
1 assoluto
Giugno, Silverstone
Lee
1 assoluto
Aprile, Mille Miglia
Moss
Ritirato
Luglio, Brands Hatch
Lee
2 assoluto
Maggio, Targa Florio
Wisdom
17 assoluto
Agosto, Brands Hatch
Lee
2 assoluto
Giugno, Isola di Man
Moss
4 assoluto
Agosto, Silverstone
Lee
2 assoluto
Giugno, Le Mans
Laurent/Swaters
4 assoluto
Ottobre, Silverstone
Lee
1 assoluto
Agosto, Zandvoort
Laurent
3 assoluto
Aprile, Mallory park
Sturgess
5 assoluto
Maggio, Goodwood
Salmon
2 assoluto
Giugno, Silverstone
Sturgess
4 assoluto
Maggio, Silverstone
Salmon
2 assoluto
Luglio, Silverstone
Sturgess
Luglio, Mallory Park
Salmon
3 assoluto
2, race 1 , 3, race 2
1958
1959
1960
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story
Bertone James Taylor, noto autore di un vasto numero di libri sulle automobili inglesi, scrive in quest’edizione di JAGmag sulle auto con carrozzeria “Made in Italy”. Un’alternativa a come poteva essere costruito il felino britannico più straordinario del mondo.
S
ir William Lyons non era mai a favore di altri designer quando si trattava di progettare la carrozzeria delle sue automobili. Era la cosa di cui era esperto e non vedeva alcun motivo per cui qualcun altro doveva pensarci! D’altra parte però, Jaguar era anche un business che doveva fare soldi e dare profitti, e quindi i telai senza carrozzeria (rolling chassis) furono resi disponibili per i clienti, che potevano montare la carrozzeria e il design a loro scelta. Erano più attraenti le soluzioni dei più noti carrozzieri professionisti rispetto a quelli dell’“Old man”, il vecchietto (e i suoi successori)? Come sempre, la risposta è una questione di opinioni. Quindi, per provocare un po’ di discussione, diamo un’occhiata ad alcune soluzioni di carrozzerie speciali per le Jaguar disegnate da italiani. In quest’edizione di JAGmag seguiremo Bertone, il più prolifico disegnatore italiano di carrozzerie Jaguar,
a cura di: James Taylor
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che ha costruito non meno di cinque modelli sui telai di Browns Lane ed era stato invitato a contribuire ad un sesto progetto. Se i nostri cari lettori hanno delle informazioni in più, o possono correggere qualsiasi errore che io abbia scritto, sarò lieto di ascoltarli. Anche se i carrozzieri italiani avevano dato il benvenuto ai telai Jaguar nei primi anni Cinquanta, Bertone non fu tra i primi ad avvantaggiarsi da questa possibilità. Infatti, soltanto nel 1957 l’azienda costruì la prima scocca per Jaguar. A quei tempi, la carrozzeria Bertone era in mano a Nuccio Bertone, figlio del fondatore, e il design era curato dal competente Franco Scaglione. Bertone aveva già una buona reputazione per spingere oltre i limiti il design, come potremo vedere ad esempio dalla serie dei tre BAT (Berlinetta Aerodinamica Tecnica) della Alfa Romeo tra gli anni 1953 e 1955.
XK 150, 1957-1958 Il primo design Bertone su una Jaguar, si trattò di una coupÊ sul telaio della XK150; la prima di tre automobili (qualcuno dice quattro) fu costruita nel 1957.
I disegni di Scaglione rispecchiavano un po’ il tema del design di Bertone usato su altre auto dello stesso periodo, ad esempio la Maserati 3500GT.
Sorprendentemente avventurosa la XK150 di Bertone, forse il carrozziere stava pensando ai gusti degli Americani. JAG mag www.jagmag.it
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La seconda XK150 con guida destra fu registrata nel Regno Unito. Le grigliette laterali hanno la retĂŹna diversa e non ci sono i profili dietro i parafanghi anteriori.
Si trattava di un design sorprendentemente poco avventuroso e l’uso delle pinne sulla coda sembrava voler attirare i clienti americani.
La griglia anteriore in tre pezzi aveva poco a che fare con lo stile Jaguar. La prima auto probabilmente fu di colore verde scuro.
La terza XK150 aveva delle grosse bocchette per la fuoriuscita d’aria sulle fiancate anteriori.
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La seconda, che aveva una nuova griglia anteriore e dei particolari unici attorno ai parafanghi anteriori, era un guida destra ed era targata APC 6 nel Regno Unito. Quella che probabilmente fu la terza auto aveva altri
dettagli diversi, per esempio le bocchette di ventilazione nelle fiancate anteriori. Quest’auto, basata su una XK150S del 1958, era verniciata di rosso e sopravvive ancora oggi in Olanda. Delle altre due, purtroppo, non si hanno più notizie.
S-type 420, 1966 – 1967 Verso la fine del 1965, il dealer Jaguar di Torino, Tarchini, decise di creare una coupé da Gran Turismo in quantità limitata, distribuendola attraverso il network di concessionari in Italia e all’estero se ci fosse stata la richiesta. Come carrozziere venne scelto Bertone. Una sola guida sinistra 3.8 Litri S-type rolling chassis con numero di commissione 1B78923 DN, è uscita da Browns Lane il 23 Dicembre 1965, e diventò un prototipo. Al momento dell’arrivo al Motorshow di Ginevra nel Marzo del 1966, Bertone aveva trasformato la S-type in una due porte coupé ed è stata esposta con il nome di Bertone Jaguar FT: le lettere FT significavano ovviamente Ferruccio Tarchini, il fondatore della concessionaria italiana. L’auto era di colore grigio metallizzato con i sedili rossi. La Jaguar FT fu una delle prime auto disegnate per Bertone da Marcello Gandini, che era diventato il capo del team design. Le superfici di vetro erano notevoli e le grandi proporzioni della S-type non si prestavano molto ad una coupé. L’auto venne spedita a Browns Lane nell’estate del 1966 per essere valutata e controllata prima di essere rimandata in Italia a Novembre per essere esposta al Motor Show di Torino. Tutt’oggi risulta che la famiglia Tarchini è ancora in possesso dell’auto. La S-type sopravvive nonostante abbia subito alcune
Questo disegno di Marcello Gandini fu fatto per la Jaguar FT coupé.
modifiche rispetto alla sua condizione originale. Il colore ora è blu scuro con interni tabacco. Tarchini ordinò altre 12 rolling chassis da assemblare in Italia e queste lasciarono Browns Lane tra il Novembre del 1966 e il Febbraio del 1967. Nel frattempo il nuovo modello Jaguar 420 type era entrato in produzione ed era venduto con il motore più grande. La consegna dei telai a Tarchini avvenne in due fasi: i primi sei lasciarono Browns Lane il 6 Dicembre del 1966 e gli altri sei il 17 Febbraio 1967. I numeri della commissione erano P1F 25417 DN – P1F 25422 DN e 1A/1F 26066 – 26071, i registri della Jaguar le descrivono come CKD (Complete Knocked Down)
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smontate per il trasporto. Il prefisso “1A/1F” nei registri non indica se fossero rolling chassis Daimler Sovereign (con prefisso 1A) o Jaguar 420 (con prefisso 1F). Solo uno di quei rolling chassis fu costruito come una Bertone FT coupé e fu la P1F 25417 DN. L’auto completa fu acquistata da un aristocratico spagnolo e molte notizie della sua storia rimangono nell’oscurità, prima del suo ritrovamento avvenuto nel 2012.
A quei tempi, l’auto aveva i cerchi a raggi, era verniciata di nero e gli interni neri in vinile. Alcune fotografie suggeriscono che c’era un’altra auto, probabilmente di colore verde chiaro, con interni chiari, ma di questa non si sa nulla! Quindi che fine hanno fatto le altre 10 – 11 rolling chassis?
La primissima FT fu trattenuta per molti anni dalla famiglia Tarchini. Queste sono le immagini usate per la pubblicità di Bertone quando l’auto era nuova.
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E-type, 1967 Marcello Gandini fu sicuramente felice quando lo incaricarono di disegnare un esemplare unico su telaio della E-type nel 1967. Il Daily Telegraph Magazine commissionò a Bertone la costruzione di un esemplare unico per una campagna pubblicitaria, in modo da stimolare l’interesse. Il progetto ricevette il pieno supporto dal dipartimento PR di Jaguar, e l’auto completa venne esposta allo stand di Bertone nell’ottobre 1967 al London Motor Show, con il nome di Jaguar Pirana. Venne successivamente esposta a Torino, New York e Montreal, prima di essere acquistata da un privato l’anno seguente. L’auto si basava su una piattaforma E-type 2+2 a passo lungo (numerata 1E50950) e fu carrozzata presso l’officina Bertone nello stesso momento del prototipo Alfa Romeo Montreal, con i quali condividette alcuni dettagli come
La Pirana era un disegno che colpiva molto nel 1967, deliberatamente commissionata per attirare l’attenzione degli sponsor, dal Daily Telegraph Magazine.
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i piccoli finestrini laterali posteriori. Altri particolari, specialmente l’anteriore dell’auto e il profilo generale, si possono ritrovare successivamente nel design operato da Gandini per la Lamborghini Espada. La Pirana per gli interni aveva un prototipo di sistema di climatizzazione e aria condizionata che passava attraverso il tetto dell’auto e l’aria calda dal pianale. I
finestrini e l’antenna erano elettrici. Originariamente costruita come una due posti, fu realizzata più tardi una configurazione 2+2, quando il condizionatore fu spostato nel baule per creare ulteriore spazio avanti. Per il cambio si è pensato di montare una trasmissione automatica invece della classica di tipo meccanico. La Pirana oggi è stata completamente restaurata.
Anche se la Pirana è rimasta unica, il suo design aveva delle similarità con la Lamborghini Marzal concept e più tardi con la Lamborghini Espada.
XJ-S,1977 Con Geoffrey Robinson al comando di Jaguar tra il 1973 e 1975, iniziarono i lavori per un eventuale successore ai modelli XJ6 e XJ12. Robinson incaricò alcuni consulenti esterni a proporre alcune proposte di stile per confrontarle con ciò che stavano progettando i designer della Jaguar.
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Bertone, ItalDesign e Pininfarina furono invitati a presentare delle idee per quella che poi diventò la XJ40, presentata nel 1986. Bertone avanzò un’altra proposta. Costruì su uno chassis di una XJ-S, accorciato di 200mm, una due porte coupé da esporre al Motor
Basandosi sulla piattaforma accorciata della XJ-S, nel 1977 la Ascot mostrava un’altra soluzione di Gandini che aveva un debole per le forme e gli angoli geometrici.
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Show di Torino nel 1977: questa venne chiamata Jaguar Ascot. Il disegno era di nuovo opera di Marcello Gandini, il quale aveva sviluppato una certa debolezza per gli angoli quasi geometrici. In particolare, assomigliava quasi alla Ferrari 308GT Rainbow concept (una due posti con tettuccio in metallo pieghevole). La Jaguar Ascot era una quattro posti con carrozzeria in alluminio. In origine il colore era bianco, più tardi fu verniciata in oro. L’esemplare esiste ancora oggi.
Anche se la Ascot manteneva il quadro strumenti e comandi standard della XJ-S, il resto degli interni fu ridisegnato completamente.
B99, 2011 Nel 2011, in occasione dei novantanove anni di età dell’azienda, Bertone espose al Ginevra Motor Show una nuova concept Jaguar: la B99, B per Bertone e 99 sono gli anni di attività dell’azienda.
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Probabilmente, Bertone era ben consapevole del fallimento della X-type. In pratica, il disegno della Jaguar XE era già in fase di progettazione negli studi di design di Ian Callum, ma Bertone comunque si sentì
abbastanza fiducioso nel proporre un progetto. Disegnata dallo Chief of design and styling di Bertone, Michael Robinson, e con un input da parte di Adrian Griffiths, la B99 era lunga 4500mm e aveva un passo di 2800mm, ed era veramente piacevole da guardare per via della sua forma molto curvata e senza montante centrale del tetto, con le porte di tipo “Suicide Doors” (ndr. apertura contro vento). Molti commenti espressi sulla B99 collegavano il modello alla “vecchia scuola” di design Jaguar e non c’entrava molto con le nuove forme introdotte da Ian Callum. L’esemplare rifletteva inoltre il lavoro da parte di Bertone su veicoli a basso impatto ambientale, infatti come propulsori aveva due motori elettrici da 204PS (201cv) e un motore da 1.4-litri per aumentare l’autonomia. Allo stand di Ginevra la B99 era affiancata da una versione da competizione nominata B99 GT, e aveva altri due motori elettrici, quattro ruote motrici per un totale di 985PS (971cv), i due modelli interpretavano la natura sportiva del brand Jaguar. Purtroppo, per il Gruppo Bertone, Jaguar non diede seguito alla loro proposta.
La B99 concept dell 2011 era senza ombra di dubbio una bellissima automobile e avrebbe avuto successo come auto di produzione. Qui esposta nel 2011 al Motor Show di Ginevra.
Non dimentichiamo la lunga storia di Jaguar nelle competizioni automobilistiche, Bertone preparò anche una versione da corsa, la B99 GT.
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L’altra jaguar a cura di: Stefano Bendandi
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E
siste un’altra Jaguar, che ha vissuto per circa cinque anni parallelamente alla prima e che ci ha regalato modelli di altissimo contenuto tecnologico. La storia inizia nell’anno 1988 quando Tom Walkinshaw decide di produrre una serie di XJS con caratteristiche speciali derivate dalle esperienze su pista. Nasce un nuovo marchio “Jaguar Sport” da una jointventure tra la Tom Walkinshaw Racing (TWR) e la Jaguar con capitale 50-50, in una località poco distante
da Oxford a circa 40 di miglia di distanza dalla sede di Browns Lane, per una piccola produzione di vetture di serie senza interessamento del reparto corse. Benché questo accordo sia del 1988, bisogna risalire al 1984 quando Walkinshaw, pilota ancora in attività, decide di preparare alcune vetture XJS nell’azienda di sua proprietà, la TWR con l’obiettivo di venderle ad una clientela molto esigente ed esclusiva. Andando a ritroso nel tempo, la prima vera XJS da corsa la si deve a Bob Tullius ed al “group 44 Team”, con base in Herndon Virginia, portata alla vittoria
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La vettura di Bob Tullis del 1978.
nella stagione 1977 alla Trans Am Category 1 come campionato piloti e nel 1978 come campionato costruttori. Se Bob Tullius era il dominatore in terra americana, nel vecchio continente Walkinshaw preparava nella stagione 1982 due Jaguar da affidare al team TWR. Poche le modifiche alla vettura di serie, affidate ad Alan Scott, specialista motori di TWR: l’impianto ad iniezione era quello standard, pistoni ad alta compressione, nuovi profili cammes e altre regolazioni per portare la vettura dai 299 bhp a 375.
La prima serie XJR-S.
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La XJR-S TWR di Walkinshaw.
Molte rielaborazioni erano state fatte alla struttura delle sospensioni. Nel 1984, grazie all’esperienze maturate in pista e con il contributo della galleria del vento, crea la prima TWR XJR-S. Da subito doveva apparire differente da quelle prodotte in serie, pertanto l’adozione di verniciature nere satinate, colorazioni esterne particolari, anche bicolori, l’adozione di appendici aerodinamiche ed infine l’utilizzo di cerchi da 16” e successivamente da 18” fecero sì che la vettura si presentasse nella sua vera natura sportiva estrema. La scelta dei motori andava da un tradizionale 6 cilindri di 3,6 litri ad un V12 di 5,3 litri, che potevano vantare un incremento di potenza di circa il 10% rispetto alle versioni base dalle quali derivavano. Come estrema soluzione si poteva però optare per un performante 6.0 litri V12, che portava la potenza finale a 380 bhp. Nel 1988 la Jaguar vinse la 24 ore di Le Mans e così la XJR-S di quell’anno venne considerata la “Le Mans Celebration Model”, che comunque manteneva le stesse caratteristiche delle altre XJR-S, ma era verniciata in grigio e con una targhetta di riconoscimento. La nuova joint dell’88 determinò il cambio di denominazione del modello, passando da TWR XJR-S a Jaguar Sport XJR-S. Le vetture uscivano dalla linea di produzione di Browns Lane destinate a Bloxham, dove in passato venivano prodotte le XJ220 ed oggi sito produttivo delle Aston Martin. A seguito dell’aggiornamento della vettura XJS di serie, nel 1991 anche le versioni R subirono le stesse modifiche, come il nuovo disegno dei fari posteriori ed una modifica ai finestrini posteriori. All’inizio solo pochi concessionari erano abilitati alla vendita di queste vetture, circa una ventina in tutto il Regno Unito e, come si può vedere dal retro della brochure, anche un punto vendita in Italia a Roma, poi la vendita fu estesa alla intera rete Jaguar.
La prima versione della XJS, foto di presentazione per la stampa 1975.
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La produzione delle Sport cessò nel 1994, quando la Jaguar offrì il motore da 6 litri sulle versioni standard con cambio automatico a 4 marce, pur tuttavia trattandosi di un motore diverso da quello impiegato per le Sport, e ormai la nuova serie XK incominciava a farsi vedere (1996). Oggi che queste vetture rientrano a pieno titolo tra quelle appetibili dal punto di vista collezionistico, bisogna prestare attenzione a quelle che assomigliano alle R ufficiali attraverso l’acquisto del Kit che all’epoca era in vendita per trasformare le XJS di serie. Normalmente veniva applicato sulle versioni 3,6 litri e fu disponibile per le V12 nel dicembre 1989, ma attraverso alcuni dettagli è facile risalirci; in primis l’identificativo del costruttore nel V.I.N.. Una nota di attenzione la merita anche la versione Lister le Mans del 1989, che portava diversi cambiamenti estetici ed un propulsore da 7 litri capace di 512 bhp affiancato da un cambio a 5 marce Getrag. Le XJR-S prodotte sono state circa 800 su un totale di XJS pari a 83.000 unità con motore V12 e circa 115.000 complessive.
Ultima di copertina della brochure con la rete dei distributori Jaguar Sport.
La versione Lister Le Mans del 1989.
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La vettura italiana fotografata è una seconda versione del 1992 in perfetto stato di conservazione. Si ringrazia il proprietario Francesco Bottoni per la cortese disponibilità .
La scritta serigrafata sul vetro, un elemento determinante per il riconoscimento delle vere R.
La brochure della versione Lister.
Anche la soglia d’ingresso era un elemento di distinzione.
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Il volante a 4 razze con la scritta Sport riservata solo alle vetture Jaguar-Sport.
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La targhetta applicata sulle testate identificava i motori da 6 litri elaborati da TWR.
Una veduta del vano motore.
Il cerchio Speedline da 18” con canale da 8”
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events
Jaguar a roma
Sognando la Commedia all’italiana, si è svolto a Roma il secondo raduno del neonato Jag-Lovers Italia.
testo: Alessandro D’Ottavi - foto: Pietro Lucioli
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M
ezzi di trasporto e cinema hanno sempre flirtato. Non è un caso, infatti, che le prime famose immagini dei fratelli Lumiére ritraessero una locomotiva ripresa in soggettiva. Le automobili e il cinema hanno sempre avuto un rapporto di amore molto inteso. Probabilmente la prova d’amore più grande è stata data da Claude Lelouch nel suo ‘C’était un rendez-vous’ del 1976 dove viene ripresa in soggettiva, e per dieci minuti filati, un’auto che sfreccia per le strade di una meravigliosa Parigi mattutina (nel montaggio definitivo Lelouch ha pensato bene di doppiare il rumore della Mercedes utilizzata per girare con il suono ben più convincente del 12 cilindri della sua Ferrari 275 GTB). Il cinema ha direttamente contribuito alla creazione del mito attorno ad alcuni modelli specifici di auto. È facile pensare al duetto ‘osso di seppia’ del Laureato, alla Lancia Aurelia B24 del Sorpasso o alle Aston Martin che hanno accompagnato l’agente 007 in tutta la sua carriera, per citare velocemente solo alcuni esempi. Le Jaguar, invece, hanno avuto con il cinema un rapporto più problematico. A parte qualche caso, la XJ Coupé 5.3 di ‘The New Avengers’ o l’E-Type del film su Diabolik di Mario Bava, le Jaguar hanno sempre avuto un legame spurio, in qualche modo laterale con il mondo del cinema. Le Jaguar c’erano, ci sono state, ma (molto) raramente
Un’immagine tratta da “L’ingorgo”.
Alcune scene de”Il sorpasso”.
sono diventate macchine rappresentative di un’intera pellicola. All’interno di questo rapporto che secondo la terminologia in voga di questi tempi si potrebbe definire disfunzionale si inseriscono i registi e gli sceneggiatori della Commedia all’italiana che hanno in più occasioni dimostrato una passione profonda e controversa per le auto della casa di Coventry. Già del 1964 lo sceneggiatore padre di numerose, indispensabili, pellicole dell’epoca Rodolfo Sonego dedicava alle Jaguar una piccola chicca all’interno del film collettivo ‘La mia signora’. Nell’episodio diretto da Tinto Brass che si intitola ‘L’Automobile’ uno stralunatissimo Alberto Sordi si dispera per il furto della sua Jaguar, una MKII che compare nella scena finale del film, senza dare alcun peso al tradimento che la moglie, chiamata al commissariato a testimoniare, bellamente confessa. Qualche anno più tardi, il cattivissimo avvocato impersonato da Alberto Sordi ne ‘L’Ingorgo’ di Luigi Comencini, si gode l’aria condizionata della sua magnifica XJ6 seconda serie greensand alla faccia dei disgraziati bloccati da un ingorgo apocalittico.
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Anche quando l’automobile non compare, le Jaguar nei film della coppia Sordi-Sonego hanno sempre una connotazione che con difficoltà si potrebbe definire lusinghiera. Nel corso del monologo fondamentale di ‘Finché c’è guerra c’è speranza’, Alberto Sordi nei panni del trafficante d’armi Pietro Chioccia appella senza mezzi termini lo zio scroccone: «…e tu caro zio, che viaggi sempre e solo con la Jaguar…», alludendo allo stile di vita oneroso tenuto dallo zietto. Le Jaguar nel cinema prodotto all’ombra del Cupolone hanno sempre avuto una connotazione molto precisa: erano le macchine dei ricchi e cattivi, dei perfidi. Non è un caso se Gassman-Gianni Perego di ‘C’eravamo tanto amati’ sogna all’inizio del film una Jaguar nel suo garage, quella stessa Jaguar che nasconderà all’amico Antonio (Manfredi) nella famosa scena di Piazza del Popolo. Nella realtà ciò che esprimono gli sceneggiatori della Commedia all’italiana nei confronti delle auto con il giaguaro non è un giudizio morale. Non c’è disprezzo o rigore austero nel loro approccio, ma piuttosto una comprensione profonda delle auto prodotte da Sir William Lyons.
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Il loro non era un giudizio severo, piuttosto si trattava di un’interpretazione pienamente in linea con la lettura caustica, ironica e tagliente che i film della Commedia all’italiana applicavano con precisione chirurgica a tutti gli aspetti della vita. Quella capacità di essere in grado di evidenziare, con una marpiona e molto romana accondiscendenza, gli aspetti più infami e subdoli che albergano in tutti noi. Ricordandoci sempre che (forse) sono proprio (alcune di) quelle debolezze a renderci umani e, più che altro, a rappresentare l’unico antidoto contro il male supremo: il moralismo. Quando Alberto Sordi ne ‘l’Ingorgo’ zittisce con sublime cattiveria il malcapitato che osa chiedergli quanto costasse la sua Jag («à Jàgùar quanto cost? - mh… e quando l’hai saputo?...»), noi tutti non possiamo nasconderci il piccolo brivido di piacere che immediatamente proviamo. C’erano quindi diverse buone ragioni per scegliere Roma come cornice del secondo raduno del neonato JAG-LOVERS ITALIA (contatti su FB alla pagina Jag-lovers Italia o sul forum http://jag-loversitalia. forumattivo.it).
Il raduno ha avuto come punto d’incontro il Palazzo del Quirinale (era prevista anche una visita alle sue stupende sale). Sul piazzale di fronte alla residenza del Presidente della Repubblica, faceva bella mostra di sé una notevole selezione di modelli della casa di Coventry. Dalla ‘nobile’ XK150 che fu di Grace Kelly (ed oggi appartiene a Fabio Berardi, noto collezionista nonché autore dell’unico libro italiano sulla storia del marchio inglese) ad una XK140 di provenienza americana vincitrice di numerosi concorsi d’Eleganza oltreoceano; da una splendida Daimler 250 V8 in Sherwood Green ad un buon numero di XJS (sempre molto cara ai Jag-Lovers), per finire con una buona rappresentanza di berline (II serie, III serie, XJ40 e XJ8). La varietà di mezzi e di auto presenti al raduno rende bene conto della filosofia del JAG-LOVERS ITALIA, un club che vuole comprendere tutte le anime del mondo Jaguar, dai pezzi più importanti e prestigiosi fino alle berline classiche. Che si tratti di mezzi conservati o restaurati filologicamente la filosofia del club rimane sempre la stessa: le auto d’epoca sono opere d’arte in movimento e in movimento
vanno godute. Oltre all’evidente magnificenza della location, infatti, guidare delle Jaguar d’epoca per le strade della capitale è stata un’emozione impagabile che, sono sicuro, almeno per qualche secondo ci ha illuso tutti di essere sul set di uno di quei film che hanno fatto la storia di Cinecittà e del nostro paese. Come i soci del Jag-lovers Italia sanno bene, chi comprava una Jaguar faceva una scelta ben precisa. Non sceglieva una più ‘facile’ Mecedes o BMW (o AUDI ai giorni nostri), stipulava in qualche maniera un patto di sangue con Sir Lyons. Si votava all’incertezza degli impianti elettrici Lucas e ai consumi imbarazzanti, ma comprava quella macchina come dichiarazione d’amore per le automobili (inglesi), non come semplice status symbol. Il possessore di una Jaguar, ancor di più se d’epoca, è come un bambino, sarebbe disposto a passare sopra a qualsiasi cosa pur di rendere onore al proprio giaguaro. Chi compra una Jaguar decide consapevolmente di votarsi ad un lungo calvario i cui momenti di soddisfazione, tra un guasto e l’altro, sono talmente sublimi che giustificano tutto il resto, anche di essere ogni tanto cattivi.
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events
la 105 storia a
testo e foto: Paolo Pysa
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D
all’1 al 3 aprile la Trieste Opicina Historic 2016, competizione nata nel 1911, ha festeggiato il 105° compleanno soffiando sulle candeline assieme all’organizzatore Club Venti All’ora, che di anni ne ha segnati 55! Nota sicuramente apprezzata dai lettori di JAGmag è la presenza di vari team Jaguar con vetture di diverse annate, come Jaguar XK 140 del 1957, Jaguar MKII 3.8 del 1964, Jaguar E-Type del 1965 e Jaguar Mark II 240 costruita nel 1969. Un compendio di marchi automobilistici, rappresentati da pregiate vetture antiche e anteguerra, ha sfilato per Opicina e Trieste accanto alla categoria vintage composta da auto di più recente costruzione! Il primo aprile vede il Club Venti All’ora omaggiare, presso la Base Aerea di
Rivolto in provincia di Udine, la Pattuglia Acrobatica Nazionale delle Frecce Tricolori: anch’essa quest’anno compie il 50° anno di fondazione. Al Porto Vecchio di Trieste si inaugura la manifestazione e da lì i team sono partiti verso splendide località del Friuli Venezia Giulia: il Carso Triestino, il castello di Duino, i Colli Orientali con tappe a Cividale del Friuli e il Castello di Spessa. Suggestivi passaggi per Piazza Verdi e Piazza dell’Unità ha portato le veterane al Museo Ferroviario di Trieste Campo Marzio. Il 3 di aprile vede il presidente del Club Venti All’ora, Francesco Di Lauro, affiancato anche dal Presidente della ASI Roberto Loi, dare inizio alle premiazioni assieme a rappresentanti delle autorità locali, “complici” preziosi per la riuscita di questa manifestazione.
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people Bepi Koelliker
I
Oggi avrebbe 100 anni
n un mondo dominato dall’economia globale, dalle grandi multinazionali, dalla centralizzazione delle attività si fa oggi fatica ad immaginare che cinquanta-sessanta anni fa potessero esistere – ed in alcuni casi prosperare – importatori privati di automobili. Erano coraggiosi imprenditori, appassionati commercianti di automobili che, in un mercato largamente dominato dalle Case italiane (Alfa Romeo e Lancia all’epoca erano entità del tutto indipendenti dal gruppo torinese), si ritagliavano spazi di mercato forse non consistenti (nel 1950 si vendettero in Italia solo 124 auto estere, pari allo 0,16% dell’intero mercato nazionale), ma con il passare degli anni certamente importanti e prestigiosi. Forse anche per questo, intravvedendo un futuro migliore, il 24 Novembre 1950 dieci di loro costituiscono l’UNRAE (Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri), un’iniziativa assolutamente in linea con i tempi. Nei primi Anni Cinquanta gli italiani hanno una gran voglia di rinascita dopo la Seconda Guerra Mondiale.
a cura di: Paolo Ferrini
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L’Italia aderisce alla Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio. È il primo passo verso la futura Unione Europea. Nel frattempo in piazza San Babila, a Milano, compare la prima cabina telefonica e la RAI inizia, sia pure in fase sperimentale, le trasmissioni televisive. A Napoli si svolge il primo Festival della Canzone: vince “Desiderio ‘e sole” interpretata da Nilla Pizzi e da Franco Ricci. Ai Giochi Olimpici Invernali, Zeno Colò conquista la medaglia d’oro nella discesa libera ed è il primo campione olimpico italiano dello sci alpino, alle Olimpiadi di Helsinki invece Giuseppe Dordoni vince la 50 chilometri di marcia e stabilisce il nuovo record olimpico, Umberto Masetti su Gilera è campione del mondo di motociclismo nella classe 500 cc. Altri tempi, insomma! Al gruppo di intraprendenti che costituiscono l’UNRAE si aggiunge ben presto Bepi Koelliker che, nato cento anni fa, il 18 Maggio 1916, a Milano e poi vissuto tra la metropoli lombarda e Torino, è un’amante delle automobili di lusso e delle fuoriserie, come si era soliti definire allora quelle che oggi
chiameremmo “edizioni limitate”, ma anche imprenditore con un grande fiuto commerciale che certe pubblicità degli Anni Sessanta-Settanta ci mostrano come una sorta di ammiccante “lord inglese”. A Torino dove si è trasferito con la famiglia dopo Caporetto, Bepi il cui vero nome è Wolfran perché il padre era un fan di Wagner (i fratelli si chiamano Brunilde e Sigfrido), conosce un Gianni Agnelli che ha cinque anni meno di lui, ma con il quale condivide la passione delle donne e delle automobili, tanto che si racconta che abbia fatto innamorare l’“Avvocato” di una Jaguar, l’unica auto “non di famiglia” che, si dice, abbia mai guidato. In seguito, poco più che ventenne, nel Maggio 1937, disattendendo gli interessi di famiglia (tessuti pregiati), si lancia insieme all’amico Alessandro Lombardi nella sua prima avventura automobilistica ed a apre la Lombardi & Koelliker Agenzia di Automobili che propone auto di lusso realizzate da specialisti come Giovanni Battista “Pinin” Farina su telai Alfa Romeo, Lancia, Fiat. Un successo da… 10 autovetture all’anno. Due anni dopo, siamo nel 1939, apre a Milano un autosalone nell’allora piazza Fiume (oggi piazza della Repubblica) ed uno in corso di Porta Vittoria, vicino al tribunale che diventa subito un mito per i ragazzini dell’epoca che fanno la fila per ammirare estasiati con il naso attaccato alle vetrine le Jaguar e le Rolls Royce esposte. Automobili “english style” come lo stesso Bepi Koelliker il cui “look”, i vestiti, il portamento e gli occhialini portati sulla punta del naso valgono presto il soprannome de “l’ingles”. La Seconda Guerra Mondiale interrompe l’incantesimo, ma alla fine delle ostilità Koelliker riesce a far ripartire presto la sua attività grazie ad alcune auto che ha nascosto in una stalla e quindi all’assemblaggio di vetture di lusso con la collaborazione di carrozzieri come Bertone e Vignale. Gli affari insomma vanno bene e, dopo aver aperto altri autosaloni, nel
1947, Bepi Koelliker crea la società di importazione Compagnia Generale Auto SpA. Nel 1955 diventa concessionario a Milano e Torino di Jaguar, MG, Morris, Jaguar (l’irresistibile fascino delle auto inglesi!) e due anni dopo, nel 1957, fonda la Bepi Koelliker Automobili attraverso la quale vende anche Aston Martin e le auto del gruppo Rootes (Hillman. Humber, Sunbeam, Talbot). La sua società è ormai un punto di riferimento per tutti gli appassionati di automobili “made in Britain” ed in particolare per quelli dell’Italia Settentrionale. E lo diventa ancora di più quando, nel 1964, diventa anche concessionaria di Innocenti (che monta le Mini nel suo stabilimento di Lambrate) e di Land Rover. Nel 1969 sbarca nel mondo delle due ruote e per tre anni distribuisce il marchio, inglese ovviamente, Triumph. Ancora Inghilterra nel suo destino quando nel 1972 la British Leyland compra la Innocenti e Koelliker diventa il principale interlocutore della filiale italiana. In questo periodo apre l’invidiatissimo salone di piazza San Babila, a due passi dal Duomo, che è una fantastica vetrina per le auto inglesi in pieno centro di Milano, e la modernissima sede in via Giovanni da Udine, una laterale di viale Certosa. Sono forse le ultime grandi iniziative di Bepi Koelliker che, fiaccato dal troppo fumo, nel 1977 si fa operare alle corde vocali, non prima, di aver fatto entrare in azienda, il giovanissimo figlio Luigi che nel 1981, alla morte di Bepi ne prende in mano le redini con la «credibilità e fantasia commerciali che papà ci ha lasciato».
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I trucchi della
Jaguar
testo di Mario Gomboli, direttore della casa editrice Astorina per le immagini di questo articolo DiabolikŠAstorina srl
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a Jaguar E-type di Diabolik è indubbiamente l’auto più “truccata” del mondo. Il motore ibrido, la carrozzeria blindata, i vetri antiproiettile, le gomme piene a prova di chiodi a quattro punte sono quisquiglie rispetto a ben altre performances di cui è capace. Negli oltre ottocento episodi in cui l’abbiamo vista fedele compagna di Diabolik ci ha sorpreso allargandosi o accorciandosi; alzandosi sulle ruote o abbassandosi facendole rientrare; trasformarsi in mezzo anfibio o elicottero; dividersi in due in senso laterale o longitudinale; persino ribaltarsi e diventare motoscafo. Roba da far vergognare l’Aston Martin di James Bond. Ma la logika (con la K) che accomuna tutti questi trucchi è la loro comprensibilità per qualsiasi lettore, anche il più impreparato. Niente elettronica sofisticata ma solo geniali accessori “meccanici”, complicatissimi - e talvolta, ammettiamolo, impossibili - da costruire ma sempre accettabili all’interno della “sospensione di critica” su cui si basa la complicità tra chi scrive le storie del Re del Terrore e il suo pubblico. Certo, si dirà che è più facile disegnare una Jaguar che rimbalza sull’acqua come un sasso piatto lanciato da
Niente elettronica sofisticata ma solo geniali accessori “meccanici”…
un ragazzino che non filmarla con dovizia di effetti speciali in postproduzione. Giusto. E allora perché non approfittarne, visto che stiamo parlando di un fumetto. Ma per dimostrare la fattibilità dei suddetti trucchi nel 2012, in occasione del cinquantennale della testata, al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano vennero esposti dei modellini riproducenti, in scala 1:18, alcuni degli stessi. Li aveva realizzati un abile modellista, Franco Nodo, che aveva riprodotto pazientemente in tre dimensioni quanto, sino a quel momento, si era visto solo nei disegni delle pagine del fumetto. Da allora, ovviamente, molte nuove invenzioni sono state applicate alla Jaguar (Diabolik cerca di non ripetersi mai) e alcune di esse sono diventate nuovi modelli che hanno arricchito la prima collezione. Sempre in divenire, coerentemente con il personaggio.
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da: “Un’isola maledetta” n. 8 del 2007 di T. Faraci e M. Gomboli disegni di Sergio e Paolo Zaniboni
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da: “Sangue per un quadro” n. 9 del 1984 di A. e L. Giussani disegni di S. Zaniboni, B. Fiumali e F. Paludetti
da: “Strategia di un delitto” n. 3 del 1982 di A. e L. Giussani disegni di S. Zaniboni, B. Fiumali e F. Paludetti
da: “La vendetta ha la memoria lunga” il Grande Diabolik n. 2 del 1998 di M. Gomboli e P. Martinelli disegni di S. e P. Zaniboni
da: “La maschera dell’assassino” n. 15 del 1967 di A. e L. Giussani disegni di E. Facciolo e A. Bonato
da: “Esecuzione sommaria” n. 23 del 1973 di A. e L. Giussani disegni di F. Bozzoli e E. Facciolo
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Per decenni la Grappa è stata poco più che una forma tascabile di riscaldamento per i contadini del Nord Italia… Gli italiani più ‘in’ e la maggior parte degli stranieri la disdegnavano. Ma tutto questo accadeva prima che i Nonino di Percoto salissero alla ribalta… R.W. Apple Jr
foto: Nonino Distillatori
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December 31st, 1997
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a famiglia Nonino vanta oltre Cent’anni di distillazione 100% con metodo artigianale. Qualità, innovazione, ricerca, professionalità e amore per il proprio lavoro sono il segno di distinzione. Ad Orazio Nonino (capostipite) seguiranno Luigi, Antonio, Benito con Giannola, Cristina, Antonella ed Elisabetta. La famiglia Nonino si dedica all’arte della distillazione fin dal 1897, anno in cui Orazio Nonino stabilisce ai Ronchi di Percoto la sede della propria distilleria, esistita fino ad allora solamente sotto forma di un alambicco itinerante, montato su ruote. Solo nel 1928 si trasferiranno stabilmente a Percoto. Ma è nel 1973 che a Percoto inizia la nuova era della Grappa. Benito (figlio di Antonio) e sua moglie Giannola, nel rispetto della tradizione, rivoluzionano il sistema di produrre e presentare la Grappa in Italia e nel mondo: creano la grappa di singolo vitigno, il Monovitigno® Nonino, distillando separatamente le vinacce dell’uva Picolit. Il successo è tale da indurre i distillatori italiani e stranieri a seguire il modello Nonino. Nel 1984 viene segnata una nuova svolta, con la distillazione dell’uva intera e la creazione dell’Acquavite d’Uva ÙE®. Nel 1989 i Nonino impiantano in Friuli 40 ettari di vigneto sperimentale con uve Picolit, Ribolla Gialla, Fragolino, Schioppettino e Sauvignon.
Benito e Giannola Nonino Queste uve saranno utilizzate per produrre Grappa e Acquavite d’Uva ÙE® di qualità e caratteristiche senza uguali. Nel 2000, dopo anni di ricerche, dal miele, che nell’antichità veniva considerato un miracolo della natura, Cristina, Antonella ed Elisabetta (le figlie di Benito e Giannola), presentano GIOIELLO®, il distillato della ‘Purezza’, l’Acquavite ottenuta dalla distillazione del solo miele in tutte le sue varietà di gusti, dal miele di acacia al castagno, da quello di girasole a quello di millefiori ognuno con il suo spirito delicato, inebriante e suadente, giusto sinonimo del distillato della ‘Purezza’. Nel 2004 si vive un “ritorno alle origini” nella distilleria del trisnonno. I Nonino ristabiliscono i loro alambicchi artigianali discontinui a vapore, dodici per ogni
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componente della famiglia più uno per ogni nipote in segno di continuità dell’arte distillatoria, a Ronchi di Percoto per la produzione delle Acqueviti Nonino nel rispetto della tradizione e dei ritmi dell’Artigianalità Le Distillerie Nonino, uniche al mondo, sono composte da Cinque Distillerie Artigianali con alambicchi discontinui a vapore, per la produzione delle inimitabili Acqueviti Nonino, nel rispetto della Tradizione e dei ritmi dell’Artigianalità. Le vinacce e le uve vengono diraspate e fermentate sottovuoto a temperatura controllata in tini in acciaio inossidabile
La mia è una testimonianza di vita vissuta con rabbia e passione, determinazione e gioia di vivere. È un susseguirsi di momenti consequenziali, strettamente dipendenti uno dall’altro, che alla fine ci hanno consentito di realizzare quello che, nei primi anni sessanta, sembrava impossibile: trasformare la Grappa da Cenerentola a Regina delle Acqueviti! Giannola Bulfoni Nonino
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e sono distillate immediatamente dopo la fermentazione in concomitanza alla vendemmia. La famiglia Nonino si occupa in prima persona dell’acquisto della materia prima e segue le varie fasi della distillazione per garantire la massima qualità del distillato. Dal 1952 le Cantine Invecchiamento delle Distillerie Nonino ospitano piccole botti di legni diversi. Oggi ne vantano 1930 in quercia Nevers, Limousin, Grésigne, ex-Sherry e in Acacia e Ciliegio selvatico che custodiscono le preziose Acqueviti Nonino: Grappa e ÙE®.
Premio Nonino L’invecchiamento avviene in modo naturale sotto sigillo e controllo permanente dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, 0% coloranti. Oggi la famiglia Nonino produce svariate tipologie di distillati: Grappa, ÙE® l’Acquavite d’Uva, Gioiello® distillato di miele, Frut® distillati di frutta, Amaro Nonino e Liquori. Dal 2016 l’azienda propone con entusiasmo una sua inebriante creazione: l’Aperitivo Nonino, che mostra la versatilità dell’Amaro Nonino Quintessentia® perfetto in tutte le sue modalità di consumo. Basato sull’antica ricetta di Antonio Nonino, con infuso di erbe e nobilitato da ÙE® Acquavite d’Uva invecchiata in barriques, unito a ghiaccio e fetta di arancia bionda, è un bitter unico nel mondo degli Aperitivi italiani di qualità. Vengono inoltre suggerite numerose ricette di cocktail basati sui prodotti della famiglia Nonino, nonché abbinamenti con ricette culinarie, che si possono trovare anche sul sito web www.grappanonino.it alla voce “Degustazione”.
Ricercando vinacce degli antichi vitigni autoctoni friulani i Nonino scoprono che i più rappresentativi, Ribolla, Schioppettino, Tazzelenghe e Pignolo, sono in via di estinzione, essendone vietata la coltivazione. Con lo scopo di farli ufficialmente riconoscere dagli organi nazionali e comunitari il 29 novembre 1975 istituiscono il Premio Nonino “Risit d’Aur” (barbatella d’oro) da assegnare annualmente al vignaiolo che abbia posto a dimora il miglior impianto di uno o più di questi vitigni e una borsa di studio da assegnare al miglior studio, di carattere sia tecnico sia storico relativo ai vitigni Ribolla gialla, Schioppettino, Pignolo e Tazzelenghe. Nel 1977 al Premio Nonino “Risit d’Aur” affiancano il Premio Nonino di Letteratura che dal 1984 si completerà con la Sezione Internazionale. Il Premio Nonino ha anticipato i Nobel ben 5 volte. www.premio.grappanonino.it
La Grappa è un distillato dal carattere ben distinto, ha lo stesso entusiasmo scoppiettante della famiglia Nonino, e la stessa romantica passione. Mo Yan (29 gennaio 2005) Premio Nonino 2005 Premio Nobel per la Letteratura 2012
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