Jag mag n.05

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numero

05 jagmag.it

News Model Year 2018 Nuova gamma F-Type

Anno III - Periodico Trimestrale - Euro 8,00

Una E-Type Lightweight da 7 milioni di $

Story XK 150 I ruggenti Anni 50 della Jaguar



la foto Jaguar F-Type 400 Sport CoupĂŠ

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edito Il futuro del Racing Dopo la breve e neanche molto gloriosa parentesi in Formula 1, finalmente ritroviamo una monoposto Jaguar a competere sui campi di gara. Jaguar ha ripreso la sua avventura nel motorsport nella nuova Formula E, la nuova serie automobilistica ideata dalla Federazione Internazionale dell’Automobile (FIA), dedicata a veicoli spinti da motori elettrici. E se pensate che la Formula E sia la formula delle “lavatrici”, vi sbagliate, perchè rappresenta per le Case Automobilistiche un ottimo banco di prova per il futuro della mobilità elettrica. È notizia di questi giorni che anche BMW è entrata nel Circus della Formula E. La Casa bavarese sta già collaborando con il team Andretti ma, a partire dal 2018, schiererà in pista le nuove monoposto con il proprio marchio. Oltre alla già citata BMW, i team che hanno ricevuto l’omologazione per partecipare ai campionati della Formula E dal 2018 al 2021 sono Nextev, Renault, Venturi, DS, Mahindra, Penske Autosport, Abt che nella stagione passata correva con il logo di Audi e naturalmente Jaguar. La Mercedes, che aveva mostrato un forte interesse per la categoria, potrebbe unirsi alla compagnia andando a stringere un accordo con quelle squadre private che non hanno ancora legami di ufficialità con altre Case. È ormai indubbio che il futuro della mobilità passi per il plugin, ma il passaggio dal motore termico al motore elettrico non potrà risolversi in poco tempo, nonostante la tecnologia dei motori a combustione interna venga avvertita come vecchia e obsoleta, il problema legato all’efficienza della batteria rende le auto elettriche ancora poco comuni. Fortunatamente abbiamo ancora qualche anno di tempo per godere della musica della velocità e ascoltare con piacere il borbottio sfarfallante di un V8 o l’urlo di un V12.

Pierluigi Ducci

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sommario News 8 15 30 32 34 36 38

Jaguar M.Y.2018 Nuova gamma F-Type Connected Car Program JLR Training Academy In nome della E-Type Orologio MKII Bremont Concours of Elegance a Hampton Court Palace Una E-Type Lightweight da 7 milioni di $

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Story 70 76 82

XK150 I ruggenti Anni 50 della Jaguar Prima parte La 3a maledetta ora

people 66

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Paolo Talini e la sua E-Type

cars 44

The Eagle Speedster Eterna devozione alla Jaguar E-Type

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JAG mag n. 05

Gennaio - Febbraio - Marzo 2017

Cultura 52

Pink Floyd Exibition Their Mortal Remains

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place 56

Borgo Egnazia In Puglia, come da nessun’altra parte al mondo.

excellence 96

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Frida sbarca a Londra

rubriche 03 04 35

La foto: Jaguar F-Type 400 Sport CoupĂŠ Edito La foto: Jaguar Classic Challenge durante Le Mans Classic

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NEWS

Jaguar m.y.2018

foto: Media Jaguar

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aguar ha annunciato tutta una serie di miglioramenti per il performante SUV F-PACE e per le berline sportive XF e XE. Gli aggiornamenti per i Model Year 2018 prevedono il debutto dei nuovi motori Ingenium di Jaguar Land Rover e di nuove funzionalità in termini di sicurezza e praticità, per offrire una maggiore possibilità di scelta e di personalizzazione rispetto al passato.

I NUOVI MOTORI I cambiamenti incrementano il fascino dei tre modelli, grazie all’introduzione di due nuovissimi motori Ingenium quattro cilindri benzina e del potente propulsore diesel da 240 CV. Inoltre, la F-PACE beneficia della nuova unità diesel E-Performance, che garantisce emissioni di CO2 pari a 126 g/km. La gamma diesel viene rafforzata dall’introduzione di un propulsore diesel Ingenium 2,0 litri quattro cilindri twin turbo da 240 CV. Questa unità dall’elevata potenza di erogazione di 500 Nm offre le rinomate prestazioni Jaguar senza compromettere i costi d’esercizio. I modelli Jaguar F-PACE, XF e XE equipaggiati con questo nuovo motore sono contraddistinti da un badge con la dicitura 25d. La famiglia dei motori Ingenium di Jaguar Land Rover adotta tutte le tecnologie necessarie per offrire eccezionali livelli in termini di efficienza, raffinatezza e prestazioni, nel rispetto delle più stringenti normative mondiali sulle emissioni. La tecnologia Continuously Variable Valve Lift migliora la mandata dell’aria su entrambi i motori. I nuovi propulsori da 200 e 250 CV sono dotati di un comando elettroidraulico delle valvole per un’elasticità senza pari. Questa tecnologia brevettata, offre una gestione totalmente variabile dell’alzata della valvola di aspirazione in modo da avere la massima efficienza, potenza e coppia a tutti i regimi. Inoltre, il nuovo sistema d’iniezione a 200 bar assicura una combustione più pulita. Il collettore di scarico è stato integrato con la testata pressofusa del motore. Il passaggio del refrigerante attraverso il collettore riduce i tempi di riscaldamento, migliorando il consumo e riducendo le emissioni.

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Jaguar F-PACE Fin dal suo straordinario debutto al Frankfurt Motor Show 2015 con la performance del Guinness World Record in cui la F-PACE ha completato il giro della morte più lungo al mondo, questo performante SUV è diventato la Jaguar venduta più velocemente di sempre. Gli aggiornamenti presenti sul Model Year 2018 riguardano l’introduzione di motori più potenti, efficienti e raffinati e il miglioramento dei sedili anteriori. Dal punto di vista estetico, i cambiamenti comprendono una gamma colori totalmente rivista e l’introduzione nella lista degli optional dei cerchi in lega a 15 razze da 22 pollici, originariamente disponibili solo sulla versione First Edition.

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Motori Ingenium I principali miglioramenti del Model Year 2018 hanno riguardato l’ampliamento della famiglia dei motori Ingenium di Jaguar Land Rover, con tre nuove unità propulsive per la gamma F-PACE. Con emissioni di CO2 di 126 g/km, il nuovo 2,0 litri quattro cilindri diesel Ingenium da 163 CV consente anche di ottimizzare i consumi di carburante. L’arrivo di una versione con trazione posteriore, cambio manuale, 380 Nm di coppia e un incredibile consumo fino a 4,8 l/100 km lo rendono il motore più efficiente della gamma. Queste credenziali gli consentono di ottenere il badge E-Performance, riservato a quei modelli che combinano le rinomate prestazioni


Jaguar con costi di proprietà più convenienti e con un’ottimizzata efficienza. Inoltre nel Model Year 2018, l’attuale quattro cilindri diesel Ingenium da 180 CV è disponibile per la prima volta con la trazione posteriore abbinata ad un cambio automatico, in grado di offrire emissioni di CO2 di 134 g/km e un consumo di carburante nel ciclo combinato di 5,1l/100 km. I clienti in cerca di maggiori prestazioni potranno optare per un nuovo motore diesel Ingenium da 240 CV. Il 2,0 litri quattro cilindri twin turbo garantisce maggiori prestazioni ai regimi più elevati senza compromettere le risposte ai bassi regimi. La versione AWD, contraddistinta dal badge con dicitura 25d, è

disponibile con il rinomato cambio automatico Jaguar a otto rapporti, in grado di offrire emissioni di CO2 di 153 g/km, un consumo di carburante di 5,8 l/100km e un’accelerazione da 0 a 100 km/h di 7,2 secondi. Il nuovo propulsore 2,0 litri quattro cilindri benzina Ingenium da 250 CV è disponibile con una trasmissione automatica abbinata sia alla trazione posteriore e sia a quella integrale. Dotato di un singolo turbocompressore twin-scroll, produce una coppia di 365 Nm a soli 1.200 giri al minuto. Questo raffinato e reattivo motore benzina consente alla F-PACE di andare da 0 a 100 km/h in soli 6,8 secondi, di produrre delle emissioni di CO2 di 163 g/km nella versione con trazione posteriore e avere un parsimonioso consumo di carburante di 7,1 l/100 km. Scelta, comfort e praticità I cambiamenti apportati all’interno della vettura enfatizzano la maggiore praticità, il maggior comfort e la maggiore possibilità di scelta per il cliente. I nuovi rivestimenti opzionali Light Oyster/ Ebony donano all’abitacolo un aspetto più deciso, mentre tutti i modelli Prestige e Portfolio sono equipaggiati di serie con il volante Sport. I clienti che opteranno per la trasmissione automatica beneficeranno anche di una doppia cover per i porta bicchieri nella console centrale, che dona all’interno dell’auto un aspetto più pulito dagli ingombri ridotti. Le versioni Portfolio dispongono di migliorati sedili anteriori con poggiatesta regolabili elettricamente in altezza e supporti laterali per i poggiatesta a regolazione manuale, in grado di offrire il massimo del comfort. Inoltre, la tecnologia Jaguar Dual View offre una maggiore fruibilità al guidatore e al passeggero. Come le berline sportive XF e XE, la F-PACE Model Year 2018 adotta le più recenti tecnologie disponibili per quanto concerne la sicurezza grazie alla dotazione dei sistemi Forward Traffic Detection e Forward Vehicle Guidance.

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Jaguar XF La berlina sportiva XF Model Year 2018 presenta tre nuovi propulsori, comprese le versioni da 200 e 250 CV del nuovo 2,0 litri quattro cilindri benzina Ingenium. La variante da 200 CV è disponibile con la trazione posteriore abbinata ad una trasmissione automatica, che unisce le rinomate prestazioni Jaguar con una eccellente efficienza. Il nuovo motore spinge la XF da 0 a 100 km/h in 7,5 secondi con un consumo di carburante di 6,8 l/100 km ed emissioni di CO2 di 154 g/ km. Il potente motore da 250 CV è disponibile con una trasmissione automatica abbinabile ad entrambe le trazioni, sia quella posteriore e sia quella integrale. La versione con trazione posteriore presenta lo stesso rendimento del motore da 200 CV, ma consente alla XF di accelerare da 0 a 100 km/h in soli 6,6 secondi. Le varianti a trazione integrale si allineano a queste prestazioni, facendo registrare emissioni di CO2 di 159 g/km. Accanto alle attuali versioni da 163 e 180 CV degli avanzati motori diesel quattro cilindri Ingenium di Jaguar Land Rover, i clienti avranno anche la possibilità di scegliere il nuovo propulsore da 240 CV. Questa nuova e potente unità è disponibile sia con la trazione posteriore e sia integrale, con consumi di carburante di 5,3 l/100 km e di 5,5 l/100 km ed emissioni di CO2 di 139 g/km e 144 g/km. La presenza del Twin Turbo offre nuovi livelli di prestazioni, con un’accelerazione da 0 a 100 km/h di soli 6,5 secondi. ​​ Art of Performance Oltre alle nuove motorizzazioni, Jaguar XF presenta per la prima volta il Configurable Dynamics come un sistema indipendente. Montato sui modelli con cambio automatico specificatamente senza le Adaptive Suspension, il Configurable Dynamics adotta una configurazione di base più le due modalità Normal o Dynamic per lo sterzo, il motore e il cambio. L’Adaptive Dynamics è disponibile sulle vetture equipaggiate con le Adaptive Suspension. Il sistema consente al guidatore di regolare l’assetto della vettura per conformarlo alle condizioni di guida o alle

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preferenze personali. Inoltre, in presenza del sistema d’infotainment Touch Pro, i clienti possono beneficiare del Dynamic-i, che permette di visualizzare un cronometro, un g-meter e i grafici relativi all’accelerazione e alla frenata sul display touchscreen centrale, consentendo al guidatore e al passeggero anteriore di monitorare ogni aspetto delle prestazioni del veicolo. Comfort e praticità Con il suo generoso bagagliaio da 540 litri, la XF è una berlina molto funzionale e l’aggiunta del Gesture Boot Lid per il Model Year 2018 rende le operazioni di carico e scarico ancora più pratiche.


Questa comoda funzione è disponibile sulle vetture con accesso keyless e sensori di parcheggio posteriori. Il semplice movimento del piede sotto uno dei lati del paraurti posteriore consente ai clienti di aprire e chiudere, in modo molto pratico, il bagagliaio. I sensori rilevano il movimento e attivano l’apertura, semplificando le operazioni di carico quando si trasportano oggetti con entrambe le mani. Al termine, il guidatore potrà chiudere il bagagliaio nello stesso modo. Il comfort a bordo è stato implementato grazie alla migliorata forma delle sedute del guidatore e del passeggero anteriore, che ora possono disporre di 20

nuovi sedili Luxury dotati di poggiatesta motorizzati con supporti sagomati laterali. Inoltre, la tecnologia Dual View apporta nuove funzionalità al sistema d’infotainment. Il livello di sicurezza, certificato dalle cinque stelle Euro NCAP, è stata ulteriormente incrementato grazie a tre nuove funzioni di assistenza alla guida come il Blind Spot Assist, il Forward Traffic Detection e il Forward Vehicle Guidance. Le supplementari tecnologie di sicurezza consentono alla XF di confermarsi come una delle vetture più sicure su strada.

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Jaguar XE Anche la pluripremiata Jaguar XE beneficia di una serie di miglioramenti, tra cui l’ampliamento della famiglia di motori a benzina Ingenium con la versione da 200 CV, con trazione posteriore e cambio automatico, e con la variante da 250 CV, disponibile con cambio automatico abbinato sia alla trazione posteriore che integrale. Il motore da 200 CV produce 320 Nm di coppia e consente alla XE di andare da 0 a 100 km/h in 7,1 secondi, con un consumo di carburante di 6,3 l/100 km ed emissioni di CO2 di 144 g/km. Il modello più potente da 250 CV con trazione posteriore offre gli stessi consumi e le medesime emissioni, ma raggiunge i 100 km/h in soli 6,3 secondi. La miglior trazione fornita dal sistema Jaguar AWD taglia di un decimo di secondo l’accelerazione (scendendo fino a 6,2 secondi), con emissioni di CO2 di 154 g/km. Per prestazioni ancora più dinamiche si potrà sfruttare al massimo la potenza della XE S. La potenza del coinvolgente motore 3,0 litri V6, derivato dalla sportiva F-TYPE, è stata portata da 340 a 380 CV per migliorarne le prestazioni e la raffinatezza. Il nuovo motore diesel Ingenium twin-turbo offre livelli prestazionali da motore V6 pur essendo un’unità a quattro cilindri. Il propulsore da 240 CV produce un’impressionante coppia di 500 Nm a partire da 1.500 giri al minuto, sufficienti per far accelerare questa berlina sportiva a trazione integrale da 0 a 100 km/h in 6,1 secondi, con emissioni di CO2 di soli 137 g/km e con un consumo di carburante nel ciclo combinato di 5,2 l/100 km. Come la berlina sportiva XF, la XE è ora disponibile con il Configurable Dynamics come sistema indipendente, offrendo al guidatore una maggiore possibilità di personalizzazione. L’Adaptive Dynamics che permette anche di personalizzare i settaggi delle sospensioni, ora è disponibile sui modelli con cambio automatico da 180 CV e 340 CV, ma sarà disponibile anche sulle vetture alimentate dai nuovi motori 2,0 litri benzina Ingenium da 200 CV e 250 CV. L’Adaptive Dynamics, in combinazione

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con il sistema d’infotainment Touch Pro, consente ai guidatori di poter usufruire del Dynamic-i, che visualizza un cronometro, un g-meter e i grafici relativi all’accelerazione e alla frenata sul display touchscreen centrale. Praticità e sicurezza Il Gesture Boot Lid consente ai clienti di aprire il bagagliaio con un semplice movimento del piede sotto il paraurti posteriore, eliminando lo stress dalle operazioni di carico e scarico dei bagagli. Con il sistema d’infotainment Touch Pro il guidatore può beneficiare del quadro strumenti virtuale TFT da


12,3 pollici. Con quattro distinti temi visivi tra cui scegliere, l’ampio display permette di visualizzare la mappa di navigazione a tutto schermo, riducendo lo stress della guida. Inoltre, la tecnologia Dual View apporta maggiore versatilità al display Touchscreen da 10 pollici nella consolle centrale, consentendo al guidatore e al passeggero anteriore di visualizzare informazioni diverse sullo stesso display. Grazie alla sua eccellente tecnologia per la protezione degli occupanti e dei pedoni, nel 2016 la berlina sportiva XE è stata giudicata l’auto per famiglie più sicura nei test Euro NCAP. Jaguar ha migliorato ulteriormente la sua gamma di sistemi per la sicurezza con

l’aggiunta di tecnologie come il Blind Spot Assist, il Forward Traffic Detection e il Forward Vehicle Guidance. Sulla XE, Il livello di sicurezza per i pedoni è stato ulteriormente incrementato attraverso l’Autonomous Emergency Braking (AEB), che offre una maggiore funzionalità grazie al Pedestrian Detection. Il sistema opera dai 5 ai 60 km/h e utilizza una fotocamera anteriore per rilevare i pericoli, attivando automaticamente i freni quando viene rilevato il rischio di una collisione. Questo supporto di sicurezza all’avanguardia è in grado di individuare pedoni alti più di 1 metro nella traiettoria del veicolo.

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NEWS

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nuova gamma f-type foto: Media Jaguar JAG mag www.jagmag.it

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a sempre considerata la Jaguar più dinamica e maggiormente focalizzata sulle prestazioni, la sportiva F-TYPE continua il suo percorso evolutivo, grazie ad un nuovo look, ad un sistema di infotainment all’avanguardia e all’esclusiva app ReRun, in grado di combinare i dati relativi alla vettura con i video GoPro per migliorare l’esperienza di guida. Sin dal lancio, avvenuto nel 2012, la due posti Jaguar interamente in alluminio si è affermata nel mercato UK come la sportiva

più venduta del suo segmento ed ha vinto quasi 160 premi in tutto il mondo. L’insuperabile equilibrio tra un design seducente, prestazioni sbalorditive e un’eccezionale dinamicità di guida, ha sempre reso unica la F-TYPE che, nella sua evoluzione, ha visto l’introduzione della versione Coupé, del cambio manuale e della trazione integrale intelligente. La nuova gamma F-TYPE offre una tecnologia ancora più focalizzata sul guidatore ed una gamma di modelli più ampia che mai, con 28 differenti versioni, che vanno dai 340 CV della F-TYPE a trazione

F-TYPE 400 SPORT Coupé.

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posteriore fino agli oltre 320 km/h della F-TYPE SVR, la supercar Jaguar per tutte le stagioni. Ogni F-TYPE è ora equipaggiata con il sistema d’infotainment Touch Pro. I tempi di risposta ultra veloci, il funzionamento intuitivo in stile tablet, le funzioni di navigazione intelligenti come lo Share ETA (che consente di condividere il tempo stimato di arrivo a destinazione) ed i servizi online come il traffico e le previsioni meteo in tempo reale, rendono ogni viaggio più gratificante e mettono a disposizione del guidatore una grande quantità di informazioni.

I veri appassionati potranno catturare e condividere le loro esperienze di guida grazie alla nuova applicazione ReRun sviluppata in collaborazione con GoPro. Per la prima volta al mondo, ReRun consentirà di combinare insieme e in tempo reale i video effettuati dal guidatore con la GoPro con i principali dati della vettura, tra cui la velocità, la posizione dell’acceleratore, la marcia inserita, la forza frenante e la forza g. Il video ad alta risoluzione, che comprenderà un’esclusiva sezione con gli “highlights”, potrà essere scaricato sullo smartphone del guidatore e condiviso sui social media. Il premiato design della F-TYPE è ora più possente e più mirato, con evidenti diversificazioni nella gamma grazie ai paraurti anteriori specifici per ogni modello. I fari a LED incrementano ulteriormente l’impatto visivo e contribuiscono a migliorare la sicurezza e il comfort del guidatore.

«Il design di una grande sportiva riguarda proporzioni e purezza nello stile. Per i designer, l’elemento più impegnativo dell’intero processo stilistico è quello di preservare linee emozionanti che lasciano intuire grandi prestazioni. Per la F-TYPE model year 2018, abbiamo messo a punto alcuni dettagli fondamentali per offrire una maggiore definizione del design complessivo della vettura, sia per il guidatore che per i passeggeri e per chiunque osservi la vettura». Ian Callum, Jaguar Director of Design

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F-TYPE 400 SPORT ed F-Type M-Y.2018 Coupé.

F-TYPE SVR.

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L’aggiunta di sedili “slimline” e più leggeri, insieme alle nuove finiture cromate e in alluminio, focalizzano il design degli interni sul guidatore e risultano perfettamente complementari con le combinazioni cromatiche interne, come l’opzionale pelle Siena Tan, ora disponibile su tutta la gamma. Per il debutto della nuova gamma F-TYPE, Jaguar ha sviluppato l’esclusiva versione di lancio 400 SPORT, che sarà in vendita in tutto il mondo, ma solo per questo model year. La potenza della nuova versione del motore 3,0 litri V6 sovralimentato da 400 CV è stata abbinata a un aggiornato telaio che comprende il sistema di frenata Super Performance, il Configurable Dynamics e i cerchi da 20 pollici con un’esclusiva finitura Dark Satin Grey. I badge 400 SPORT in giallo e grigio scuro satinato posizionati nel posteriore dell’auto e sullo splitter anteriore, mettono in evidenza la potenza supplementare che si nasconde sotto il cofano a conchiglia e si abbinano perfettamente alle vernici metallizzate Indus Silver, Santorini Black e Yulong White. Gli elementi stilistici per gli interni includono la dicitura 400 SPORT sulla console centrale, sul volante, sui battitacco e sui poggiatesta ricamati. Cuciture a contrasto di colore giallo caratterizzano l’intero abitacolo della vettura. Una new entry nella gamma è il modello R-Dynamic. Questa versione, disponibile per entrambe le motorizzazioni, sia da 340 CV che da 380 CV, del motore V6 sovralimentato, estende la possibilità di scelta per il cliente e si distingue grazie al disegno dei cerchi in lega da 19 e 20 pollici ed i profili delle prese d’aria anteriori Gloss Black. Questa caratteristica finitura è stata applicata anche allo splitter anteriore, alle prese d’aria sul cofano, alle minigonne laterali e al diffusore posteriore. Alla già completa suite dei sistemi di assistenza per il guidatore della F-TYPE, si aggiunge una funzione semi-automatizzata del park-assist, progettata per rendere il parcheggio in parallelo più semplice e

veloce anche negli spazi più ristretti. In presenza di un potenziale spazio, i sensori di parcheggio ad ultrasuoni della vettura ne misurano la lunghezza e, se risulta idoneo, il sistema agisce sullo sterzo: tutto ciò che il guidatore deve fare è premere il pulsante, inserire la retromarcia e gestire acceleratore e freni. Il sistema guiderà la vettura anche nelle manovre di uscita dal parcheggio.

Nuova gamma F-TYPE • F-TYPE Coupé e Convertibile: 3,0 litri V6 da 340 CV, trazione posteriore con cambio Quickshift / trazione posteriore con cambio manuale 3,0 litri V6 da 380 CV, trazione posteriore e integrale con cambio Quickshift / trazione posteriore con cambio manuale • F-TYPE R-Dynamic Coupé e Convertibile: 3,0 litri V6 da 340 CV, trazione posteriore con cambio Quickshift / trazione posteriore con cambio manuale 3,0 litri V6 da 380 CV, trazione posteriore e integrale con cambio Quickshift/trazione posteriore con cambio manuale • F-TYPE 400 SPORT Coupé e Convertibile: 3,0 litri V6 da 400 CV, trazione posteriore e integrale con cambio Quickshift • F-TYPE R Coupé e Convertibile: 5,0 litri V8 da 550 CV, trazione integrale con cambio Quickshift • F-TYPE SVR Coupé e Convertibile: 5,0 litri V8 da 575 CV, trazione integrale con cambio Quickshift

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Design Nel model year 2018 uno degli obiettivi principali del processo stilistico è stato quello di stabilire una forma anteriore più definita e più possente della F-TYPE, fornendo al tempo stesso una più evidente diversificazione tra i vari modelli. L’aggiunta dei fari a LED e dei sedili dalla forma più snella rendono l’estetica dell’auto ancora più accattivante e migliorano in modo significativo l’esperienza di guida. La forma e il disegno della griglia della F-TYPE sono rimaste invariate, risultando, come sempre, degli elementi chiave nel DNA stilistico della sportiva Jaguar. Tuttavia, per il model year 2018 i designer hanno prestato particolare attenzione ai paraurti e alle prese d’aria, inserendo superfici più audaci e forme più semplici che, con discrezione, migliorano l’estetica dell’anteriore, offrendo una maggiore differenziazione tra i vari modelli della gamma, dalla F-TYPE fino alla F-TYPE SVR.

Al posto delle doppie prese d’aria “a branchia di squalo” del modello precedente, la nuova F-TYPE dispone di grandi e possenti aperture singole, con un disegno della griglia a losanghe. Basandosi su questo tema stilistico, la versione R-Dynamic della F-TYPE dispone di profili in Gloss Black.

F-TYPE R-Dynamic Convertible.

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Quando la F-TYPE accelera oltre i 48 km/h, si attiva la modalità Country, che offre un fascio di luce più stretto e più lungo per migliorare la visibilità a distanza.

Rispecchiando l’incremento in termini di potenza e prestazioni, la versione V8 R da 550 CV dispone di prese d’aria maggiorate con un distintivo elemento lamellare orizzontale, per accentuare ulteriormente la prestanza stradale della vettura. Il potenziale di oltre 320 km/h di velocità massima della versione V8 SVR da 575 CV si esplicita chiaramente attraverso le esclusive prese d’aria progettate per offrire la massima efficienza aerodinamica e il massimo flusso d’aria possibile. I nuovi fari a LED contribuiscono ad evidenziare la maggior purezza del linguaggio stilistico della F-TYPE. Sono state mantenute le caratteristiche luci diurne Jaguar J-Blade, che per l’occasione sono state raddoppiate così come gli indicatori di direzione, con la “palpebra” del faro che mette in evidenza la linea di taglio del cofano, al fine di accentuare ulteriormente il disegno multistrato delle luci. Il miglioramento estetico va di pari passo con quello delle prestazioni e della funzionalità: la luce dei LED ha una temperatura di colore di 5.500-6.000K, che la rende simile alla luce naturale. Illuminare la strada con una luce di qualità superiore migliora la visibilità, aiuta ad alleviare la fatica durante i lunghi viaggi e rende più facile per il guidatore individuare in anticipo i pericoli.

Il sistema Adaptive Front Lighting rende i nuovi fari a LED ancora più efficaci. Collegato in rete alla suite dei sensori dell’auto, questo sistema consente ai fari di passare in modo intelligente da una modalità di guida all’altra tra le quattro disponibili: City, Country, Motorway e Bad Weather. In condizioni normali, fino a 48 km/h, la modalità City presenta un’impostazione grandangolare degli anabbaglianti che aiuta e facilita il guidatore nella visualizzazione di pedoni e di strade laterali all’interno dei centri abitati. Per agevolare i viaggi in caso di pioggia, fino ad una velocità di 64 km/h, si attiva la modalità Bad Weather. Quando la F-TYPE accelera oltre i 48 km/h, si attiva la modalità Country, che offre un fascio di luce più stretto e più lungo per migliorare la visibilità a distanza. A velocità oltre i 90 km/h, la modalità Motorway focalizza maggiormente il fascio sulla strada per consentire al guidatore di vedere ancora più in lontananza. Anche i gruppi ottici posteriori a LED sono stati leggermente aggiornati. Il caratteristico disegno delle luci composto da una linea orizzontale che interseca un tondo (un tratto stilistico ereditato dall’iconica Jaguar E-type) è stato ora accentuato da lenti più scure per dare alla vettura un aspetto ancora più deciso.

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Interni: più comfort, più lusso, più purezza L’interno della F-TYPE model year 2018, così come l’esterno, si evolve in un’espressione più pura ed essenziale, mantenendo l’originale eleganza e sportività dell’auto. I designer Jaguar hanno focalizzato la loro attenzione sul perfezionamento di alcuni elementi fondamentali, per dare vita ad un maggior senso di armonia nelle finiture. L’incremento del senso di equilibrio tra il lusso e le prestazioni e l’introduzione di alcuni nuovi materiali opzionali, conferiscono alla vettura una maggiore esclusività. Uno dei miglioramenti più significativi è rappresentato

dai nuovi e leggeri sedili dal profilo più snello, che abbinano un comfort eccezionale ad una forma più ergonomica. I contorni fluenti del sedile e le superfici scolpite contribuiscono ad aumentare il senso di equilibrio degli interni della F-TYPE. Le strutture dei sedili sono in lega di magnesio pressofusa, un materiale caratterizzato da quell’elevato rapporto resistenza-peso e quella eccellente lavorabilità richiesti dalla forma ergonomica dell’innovativo disegno dei sedili Jaguar. Il risparmio in termini di peso rispetto a quelli precedenti è di oltre 8 kg. Il maggior sostegno dell’imbottitura dello schienale e la curvatura della parte superiore del sedile, offrono

I nuovi sedili “slimline” nella variante Performance sulla F-Type SVR

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un supporto laterale eccezionale, aumentando il senso di connessione tra il guidatore e l’auto, per un’esperienza di guida ancora più gratificante. Rispetto alla versione precedente, il nuovo disegno permette di spostare all’indietro lo schienale di ulteriori 50 mm, consentendo di avere una posizione di guida ribassata e maggiore spazio per le gambe. Oltre all’opzionale funzione di riscaldamento, il comfort di seduta può essere ulteriormente migliorato grazie ad un sistema di elementi refrigeranti e ventilanti, che forniscono aria climatizzata in modo uniforme alle superfici dei sedili. I nuovi sedili “slimline” sono disponibili in due varianti: Sport e Performance. La F-TYPE e la F-TYPE R-Dynamic prevedono di serie la versione Sport. La variante Performance, che vanta maggiori dettagli e delle ali più pronunciate all’altezza delle spalle, è disponibile di serie sulle versioni 400 SPORT, R e SVR, ognuna con il rispettivo logo nei poggiatesta. Riservati esclusivamente alla F-TYPE SVR, ora gli interni in pelle Siena Tan sono disponibili su tutta la gamma. Insieme ai sedili Performance, il rivestimento Siena Tan crea un ambiente più sportivo, che rispecchia la personalità dinamica della vettura ed un perfetto contrasto cromatico con le colorazioni esterne, come nel caso del Carpathian Grey. I designer Jaguar hanno perfezionato l’interno in modo accurato per dare vita a forme più mirate rispetto allo stile originale della F-TYPE. Tutti i modelli dispongono ora di una finitura Satin Chrome sul pulsante di accensione del motore e nelle levette del cambio. Come un gioiello, i pulsanti delle portiere, le ghiere delle bocchette d’aerazione e il volante, sono stati incastonati con una finitura Noble Chrome, fornendo una più incisiva armonia al design degli interni. Per differenziare ulteriormente i vari modelli della gamma, la console centrale presenta tre nuove finiture: la F-TYPE adotta una semplice finitura in alluminio zigrinato, nei modelli R-Dynamic la nuova finitura Delta in alluminio aggiunge un tocco di sportività,

F-Type 400

F-Type Dynamic

F-Type SVR

mentre i modelli R sono stati diversificati attraverso la finitura in alluminio Linear Vee, con l’iconica «R» incisa ben visibile in superficie. Una finitura in fibra di carbonio della console è ora disponibile come optional su tutta la gamma.

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Impareggiabile piacere di guida: la F-TYPE 400 SPORT Launch Edition Per il debutto della nuova gamma F-TYPE, Jaguar ha sviluppato la 400 SPORT, un’esclusiva versione di lancio. Disponibile in tutto il mondo, ma solo per questo model year, la 400 SPORT dispone di una versione aggiornata del 3,0 litri V6 sovralimentato, con una potenza massima che è stata portata da 380 a 400 CV. Per soddisfare al meglio il proprio stile di guida, i clienti potranno scegliere se disporre della trazione posteriore o di quella integrale. Tutti i modelli beneficeranno della trasmissione Quickshift a otto marce e del differenziale autobloccante meccanico. I badge 400 SPORT in giallo e grigio scuro satinato posizionati anteriormente e posteriormente, lasciano intuire la potenza dei 400 CV nascosti sotto il cofano a conchiglia e si abbinano perfettamente con le varianti cromatiche della carrozzeria come l’Indus Silver, il Santorini Black o lo Yulong White. Le perfette proporzioni della vettura sono state ulteriormente affinate grazie allo Sport Design Pack che comprende uno splitter frontale più sporgente, estese minigonne laterali e diffusore posteriore rifinito in Dark Satin Grey. La potenza supplementare è stata affinata grazie ad un telaio potenziato che comprende un sistema frenante Super Performance con dischi da 380 mm all’anteriore e da 376 mm al posteriore, pinze nere, logo 400 SPORT, cerchi da 20 pollici con l’esclusiva finitura Dark Grey Satin e sistema Configurable Dynamics, che consente al guidatore di personalizzare i settaggi dell’acceleratore, del cambio, dello sterzo e degli ammortizzatori. Anche l’abitacolo beneficia di un’elevata attenzione per i dettagli. All’interno, cuciture a contrasto di colore giallo sono state utilizzate per i rivestimenti in pelle, mentre il logo 400 SPORT è stato ricamato nei poggiatesta dei sedili Performance, che sono regolabili in 12 diverse posizioni. La dicitura 400 SPORT è stata posizionata anche sul volante a fondo piatto,

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L’applicazione ReRun combina diverse funzioni esclusive dei nostri Developer Toolkit per aiutare i guidatori della F-TYPE a creare video di altissima qualità delle loro esperienze di guida e facili da condividere. Adam Silver, GoPro Senior Director of Accessories and Developer Solutions

sulle finiture della console centrale in alluminio nero spazzolato e sui battitacco. Le levette del cambio in alluminio anodizzato sono un altro esempio della focalizzazione verso il guidatore.

INfotainment inCONTROL e connettività Per la prima volta l’innovativo sistema Touch Pro arriva sulla F-TYPE con i suoi inediti livelli tecnologici, caratterizzati da un sistema di navigazione che consente di comunicare agli amici l’ora del proprio arrivo, da un’app Spotify con cui si può scegliere tra le varie playlist e dall’app ReRun sviluppata in collaborazione con GoPro


L’inedita app ReRun I veri appassionati del settore potranno catturare e condividere le loro esperienze di guida attraverso la nuova applicazione ReRun, sviluppata in collaborazione con GoPro. Inedita applicazione, ReRun consente di sovrapporre in tempo reale i video della telecamera GoPro con i principali dati della nuova F-TYPE, come la velocità, la posizione dell’acceleratore, la marcia inserita, la forza frenante, la forza g e l’angolazione dello sterzo. I dati vengono visualizzati attraverso misuratori animati.

Collegando lo smartphone in wireless alla GoPro e tramite USB al sistema d’infotainment della nuova F-TYPE, i guidatori possono avviare la registrazione. I dati relativi alle prestazioni per l’applicazione ReRun, provengono direttamente dai sistemi di gestione della vettura, permettendo in questo modo di poter sovrapporre in tempo reale le riprese effettuate con la GoPro. Una funzione esclusiva analizza i dati per catturare i momenti salienti, come l’aumento di velocità in curva e le forze frenanti. L’app ReRun consente al guidatore di scaricare l’intero video, momenti salienti inclusi, oppure solamente questi ultimi. Inoltre, è presente anche una funzione

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di editing. I video ad alta risoluzione possono essere facilmente condivisi tramite i social media, rendendo possibile per il guidatore l’invio delle proprie esperienze di guida tramite Internet. ReRun è compatibile con tutti i nuovi modelli

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F-TYPE equipaggiati con l’InControl Apps, con i dispositivi iOS e le telecamere GoPro HERO5 Black, HERO5 Session, HERO4 Black e HERO4 Silver. Rerun è disponibile in inglese, francese, tedesco, italiano, portoghese e spagnolo.


Touch Pro: tecnologia d’infotainment di livello mondiale Progettato e sviluppato grazie ad alcune tecnologie all’avanguardia come un potente processore quadcore, un disco solido SSD ad alta velocità da 60 GB e una rete Ethernet ultra-veloce, Touch Pro offre prestazioni e funzionalità di livello assoluto e una fantastica esperienza per l’utente. Il touchscreen capacitivo da otto pollici del sistema è dotato di una grafica di qualità superiore, con l’homepage che può essere personalizzata anche con l’aggiunta di widget per poter usufruire di comandi rapidi e specifiche funzioni. I dati memorizzati sull’SSD sono accessibili in modo molto più rapido rispetto alla tecnologia con disco rigido tradizionale, rendendo la grafica incredibilmente reattiva. Una connessione dati 4G consente l’accesso a tutta una serie di funzioni intelligenti basate sulla posizione, come il Fuel Finder che controllerà se c’è abbastanza carburante nel serbatoio per arrivare a destinazione e, in caso contrario, avvertirà il guidatore e segnalerà sulla mappa le stazioni di rifornimento lungo il percorso. La modalità Commute memorizza i tragitti quotidiani in modo da poter offrire percorsi alternativi ed evitare le strade più congestionate. In caso di ingorgo, la funzione Share ETA è in grado di inviare informazioni sulla destinazione, la posizione corrente e il tempo stimato di arrivo (ETA) ai contatti selezionati tramite e-mail o sms. Se l’ETA cambia, la funzione è in grado di inviare un aggiornamento in modo automatico. Le funzioni di navigazione intelligente del sistema Touch Pro possono essere di aiuto anche quando il viaggio volge al termine. Quando si è a circa 200 metri dal punto di arrivo, la modalità Arrival, oltre a visualizzare la mappa, consente una vista interattiva a 360° della destinazione finale. Può anche guidare il conducente fino al parcheggio più vicino.

Un’app, disponibile sia per smathpone iOS che per Android, permette una reale pianificazione e una guida del percorso passo dopo passo, consentendo di completare la fase finale del viaggio anche a piedi. L’applicazione consente inoltre la sincronizzazione degli itinerari e delle destinazioni tra i dispositivi e il sistema Touch Pro della nuova F-TYPE, in modo che gli itinerari possano essere impostati in anticipo e caricati automaticamente una volta in auto.

Eccellenza di serie: sistema Audio Meridian L’InControl Touch Pro offre anche eccellenti prestazioni audio, consentendo di scegliere fra due sistemi sviluppati appositamente per la nuova F-TYPE dagli esperti britannici di fama mondiale della Meridian. Il sistema di base prevede 10 altoparlanti, mentre quello opzionale Surround Sound dispone di 12 altoparlanti e offre un’eccezionale purezza del suono, ottimizzato sia per il guidatore che per il passeggero. L’esperienza a bordo può essere ulteriormente migliorata grazie alle raccolte di Gracenote memorizzate sul disco SSD, di cui 10 GB riservati alla memorizzazione dei contenuti degli utenti. Touch Pro offre anche funzioni intelligenti come “Play more like this”, che compila automaticamente playlist o sequenze musicali. Jaguar Land Rover si è prefissata di trasformare radicalmente il modo di ascoltare la musica a bordo delle auto. Per questo motivo è stata sviluppata un’esclusiva applicazione in collaborazione con Spotify per la musica in streaming. Accessibile tramite l’InControl Apps, l’applicazione presenta la stessa interfaccia Spotify che gli utenti sono abituati a vedere sui propri smartphone: le funzioni “swipe” e “touch” possono essere utilizzate per navigare tra i vari contenuti, contribuendo a ridurre al minimo la distrazione. Attingendo dal «deep learning» di Spotify che riconosce le abitudini di ascolto, gli utenti possono accedere alle playlist «Just for you» contenenti i brani consigliati, risparmiando tempo prezioso nella ricerca della musica in movimento.

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NEWS

CONNECTED CAR progam

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aguar Land Rover ha stretto un accordo con CloudCar che prevede l’adozione della loro piattaforma di servizi cloud di prossima generazione con un investimento di minoranza di 15 milioni di dollari. CloudCar, con sede in Palo Alto, California, è leader mondiale nello sviluppo di esperienze di guida connessa. Grazie all’apprendimento automatico

foto: Media Jaguar

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collegato ai vari sensori presenti sull’auto, la piattaforma di servizi cloud consente ai costruttori automobilistici l’impiego di tutte le sue capacità - incluse le applicazioni e le personalizzazioni ad attivazione vocale - conservando l’identità del brand e la proprietà dei dati. Hanno Kirner, Executive Director Corporate Strategy Jaguar Land Rover, dichiara: «Questo è un


importante passo in avanti nello sviluppo delle tecnologie dei veicoli connessi. CloudCar ha collaborato con prestigiose case costruttrici in alcune delle più emozionanti sfide ed opportunità nel campo dell’apprendimento automatico e dell’infotainment. Questo investimento è parte integrante del programma di tecnologia applicata ai veicoli di Jaguar Land Rover: ma è un piano che offre anche ad altri costruttori automobilistici l’opportunità di parteciparvi. La futura necessità di integrare nei veicoli centinaia di servizi cloud globali e di contenuti incentrati sul guidatore fa di questa piattaforma un eccellente esempio di come la cooperazione fra costruttori possa migliorare il prodotto offerto alla clientela e ridurre i costi».

Philipp Popov, CEO di CloudCar, aggiunge: «Siamo felici di approfondire il nostro rapporto con Jaguar Land Rover e ci aspettiamo che altri costruttori traggano vantaggio dai nostri recenti progressi».

La collaborazione decollerà con la I-PACE, il primo modello Jaguar completamente elettrico.

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JLR TRAINING ACADEMY

foto: JLR Italia

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aguar Land Rover Italia ha inaugurato, nei pressi di Bologna, la Training Academy, una struttura di eccellenza dedicata alla formazione del personale delle proprie Concessionarie che si propone di divenire un benchmark non solo a livello nazionale, ma anche Europeo. Da sempre fermamente convinti dell’importanza di poter contare su una Rete che vanti personale appassionato ai prodotti e servizi dei Brand rappresentati, competente ed attento alle necessità di una clientela sempre più esigente ed informata, Jaguar Land Rover Italia ha investito circa due milioni di euro nella nuova Training Academy. Situata a Casalecchio di Reno, a pochi chilometri da Bologna, polo nevralgico per il settore automotive e facilmente raggiungibile da tutta Italia, la struttura, di circa 1.280 mq distribuiti su due livelli, è caratterizzata da 7 aule, 9 postazioni per vetture in officina e 3 ponti sollevatori. La Jaguar Land Rover Training Academy, già operativa, può accogliere nell’anno circa 1.300 persone tra consulenti vendite, concierge, tecnici, accettatori e altri ruoli nevralgici all’interno dello staff dei Concessionari. Sarà in grado di offrire, nel 2017, oltre 10.000 giornate di formazione assicurando il trasferimento di competenze in varie aree, rivolgendo un’attenzione particolare a temi come l’innovazione e la sostenibilità. I corsi proposti saranno ricchi ed articolati e l’offerta includerà programmi non solo legati alla fondamentale ed imprescindibile conoscenza del prodotto e dei processi, ma, appunto, anche ad argomenti che riguarderanno la digitalizzazione, la mobilità elettrica, la tecnologia, l’innovazione, l’etica ed i valori dei Brand. Proprio l’innovazione sarà un elemento caratterizzante i metodi di apprendimento: con la realtà virtuale ed i collegamenti via web verrà, infatti, facilitata e resa più emozionante l’acquisizione delle competenze da parte del personale coinvolto nei vari corsi. Oltre a prevedere percorsi formativi ben strutturati e differenziati per ruolo, la Training Academy

Daniele Maver, Presidente e Amministratore Delegato di JLR Italia, al taglio del nastro della Training Academy.

potrà essere sede di seminari universitari ed ospitare eventi con giornalisti e professionisti del settore. Tale elemento permetterà di creare dei collegamenti con le principali accademie di ricerca al fine di essere sempre in linea con l’evoluzione del mercato. Questa nuova piccola Università dimostra l’impegno di Jaguar Land Rover nel voler contare su una rete di Concessionarie sempre più formata, motivata e competente; condizioni imprescindibili per il conseguimento degli obiettivi prefissati. Daniele Maver, Presidente ed Amministratore Delegato di Jaguar Land Rover Italia, in occasione dell’inaugurazione della Training Academy, lo scorso venerdì 27 gennaio, ha dichiarato: «In questi ultimi anni, ho avuto spesso occasioni per celebrare il raggiungimento di traguardi significativi per Jaguar Land Rover in Italia ed oggi sono particolarmente orgoglioso di questo nuovo obiettivo raggiunto. Lo considero un risultato importante che testimonia il nostro impegno nel continuare ad investire in strutture, uomini e processi che pongono il Cliente al centro del nostro mondo per poterne soddisfare al meglio esigenze ed aspettative e fargli davvero vivere una Customer Excellence Experience con Jaguar Land Rover».

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NEWS

In nome della

E-Type

N

el 1963 è nata la Lightweight E-Type, una leggenda nelle gare automobilistiche degli Anni 60 e dopo decenni si continua a celebrare questo storico modello. La Bremont ha creato un orologio che vuole mantenere viva la leggenda della Lightweight E-Type: l’MKII, disegnato per riportare immediatamente chi lo indossa negli anni d’oro del motorismo sportivo. Il marchio Jaguar è posizionato sopra le 6 e le altre marcature seguono lo stile dei caratteri scelti per il quadro strumenti della E-Type. Una sottile linea rossa allo scoccare dei 60 minuti rende omaggio al contagiri della E-Type. La cassa in acciaio lucidato da 43mm, dotata di un doppio cristallo bombato per aumentare l’aspetto vintage dell’orologio, è realizzato interamente nel Regno Unito da Bremont usando la tecnologia “Trip Trick” che assicura una durezza sette volte superiore di un orologio in acciaio classico. Sul retro, attraverso un fondello in vetro zaffiro, si può ammirare il meccanismo che riprende il volante montato sulle E-Type. Anche i quadranti sul fronte dell’orologio si rifanno agli interni di questo modello, facendo riferimento al quadro comandi E-Type. Un ulteriore richiamo al mondo automobilistico è rappresentato dal “battistrada” inciso nella corona di carica.

foto: Media Jaguar

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la foto

Jaguar Classic Challenge durante Le Mans Classic.

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NEWS

Concours of elegance a Hampton Court Palace

Durante il Concorso d’Eleganza saranno riunite le D-Type che hanno gareggiato a Le Mans alla fine degli Anni 50.

testo: Paolo Pysa - foto: Concours of Elegance

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D

all’1 al 3 settembre 2017 ritorna il Concorso d’Eleganza presso Hampton Court Palace a Londra, con una selezioni delle più belle e interessanti vetture del mondo. Per la prima volta saranno riunite le Jaguar D-Type che parteciparono alle gare di Le Mans alla fine degli Anni 50. Il 2017 vedrà una grande selezione di moderne ed esclusive supercar, parte della collezione di Harry Metdalfe, esperto di motori e fondatore dell’Harry’s Garage You Tube Channel e di Evo Magazine.

Il Concorso d’Eleganza collabora con il Royal Automobile Club per creare una collezione di auto pre-1905. Arrivando ad Hampton Palace i visitatori saranno avvolti da attrazioni e suoni dei pionieri del motorismo. Il focus della manifestazione sarà rappresentato dalla “world class collection” di veicoli storici selezionati per competere nel Concorso, che vanno dai primi anni del 1900 ai giorni nostri. Dal mese di marzo gli appassionati potranno acquistare i biglietti per la manifestazione. www.concoursofelegance.co.uk

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NEWS

Una E-Type Lightweight da

7 milioni di $

S

i crede rappresenti la Lightweight più originale tra le esistenti, sì, perché questa leggendaria vettura da competizione della Jaguar parla chiaro, grazie a una ricca documentazione con storie di gara, immagini, corrispondenze dalla fabbrica al proprietario e dettagliate schede tecniche! E così la casa d’aste Bonham del mese di gennaio ha dato la possibilità a qualche appassionato di acquisire una delle 12 Lightweight più celebri mai costruite. Una Jaguar E-Type Lightweight del 1963, la decima di dodici esemplari prodotti, numero di telaio S850667, nel mese di gennaio 2017 è stata acquistata presso l’asta Bonham all’incredibile prezzo di 7,370,000 Dollari. Fino a quel momento era di proprietà di Peter Briggs, un appassionato australiano di Jaguar, che possedeva anche una D-Type, una XK120 e una SS100. Egli aveva modificato solo la verniciatura, donandole un

bel colore bianco con grandi stripe blu che scorrono centralmente lungo tutta la vettura. Non è mai più stata riverniciata. Briggs la guidava occasionalmente per brevi tragitti o per qualche manifestazione. Nel 1985 e nel 1986 è stata esposta in occasione di alcuni eventi motoristici storici e durante il Gran Premio di Formula 1 in Australia. Dopo essersela goduta per molti anni Mr. Briggs ha deciso di metterla all’asta. La vettura è praticamente tutta originale, compreso il marchio della fabbrica inserito sui sedili in pelle, il serbatoio della benzina da 45 galloni Le Mans, così com’è originale l’alluminio del corpo vettura. Il motore è un 6 cilindri in lega da 3,781 litri DOHC, capace di erogare 293hp a 5.750rpm grazie anche all’alimentazione, un’Iniezione Lucas 2MDC6 / M. Scatola del cambio con 4 marce a selettore manuale dai rapporti ravvicinati e assetto con sospensioni indipendenti e freni a disco su tutte e quattro le ruote.

testo: Paolo Pysa - foto: Bonhams (Pawel Litwinski Photography) JAG mag www.jagmag.it

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Mantenuta meticolosamente dai tre proprietari che l’hanno posseduta nel corso di 53 anni l’auto mostra 4.000 miglia originali. Tutte le timbrature e i rivetti sono intatti, l’auto non è mai stata smontata o restaurata. Considerato che le modifiche al motore e l’inserimento del serbatoio Le Mans si riferiscono al 1964, questo veicolo può essere ritenuto una capsula del tempo della configurazione pilotata da Bob Jane.

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Chi era Robert “Bob” Jane Un ex truck driver di Melbourne che gareggiava anche in motocicletta e con gli sci d’acqua. Alla fine degli Anni 50 decise di passare alle gare automobilistiche prediligendo le Jaguar, essendo già lui uno dei principali clienti della Bryson di Melbourn, importatore ufficiale del Marchio inglese. È stato uno dei piloti più vincenti del continente,


conquistando la Bathurst 500 per quattro anni consecutivi e ottenendo 38 vittorie con varie Jaguar da lui possedute. Mr. Jane entrò anche nel settore pneumatici con la catena di negozi Robert Jane T-Mart, mentre il 1961 lo vide divenire importatore ufficiale Jaguar in seguito a un accordo con Jack Bryson. Bob Jane possedeva anche una D-Type con motore

4.2L, nonché una E-Type fixed head coupe, che gli fu rivale col precedente proprietario sulle piste australiane. Ma il motore della D-Type per Jane non era sufficiente; raccontano gli archivi di Terry McGrath, esperto del marchio Jaguar, di una lettera che Jane inviò in Inghilterra nell’estate del 1963 chiedendo se fosse già disponibile la nuova E-Type Lightweight Competition. Jane poi sosterrà che l’azienda gli aveva

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consegnato l’auto direttamente “prontocorsa”, ma esiste una fattura Bryson, per conto di Jane, che includeva 1400 £ per preparazioni da gara! La fabbrica costruttrice ha fornito un documento datato 1 ottobre 1963 con cinque pagine di caratteristiche e specifiche tecniche. Tra queste una speciale testata e un blocco in fusione d’alluminio numerato RA 1353-9S. Il raro motore in lega è stato abbinato ad un cambio a 4 velocità con rapporti ravvicinati. Inoltre albero motore e volano alleggerito, carter in alluminio pressofuso, pompa dell’olio maggiorata così come la pompa dell’acqua e un sistema iniezione della Lucas. Il telaio è stato costruito dando spazio alle nuove sospensioni e a un serbatoio dell’olio più grande. Le modifiche al telaio comprendono anche l’inclusione di un differenziale Thornton Tork-Lok con un rapporto di trasmissione finale di 3.54:1, le

sospensioni più rigide del 25% di quelle standard e dischi freno da 11 pollici e ¼ con il cilindro in alluminio. La taratura delle sospensioni ha un set-up modificato e l’assetto comprende barre antirollio. La vettura completa è stata spedita in Australia il 20 ottobre 1963. L’8 dicembre la Lightweight ha debuttato sulla pista di Calder a Victoria, vincendo la gara del Campionato GT australiano con un giro record di 51,8 secondi. Successivamente le vittorie a Catalina e a Warwick Farm (con un altro record sul giro), questo solo nel primo mese di “lavoro”! Dopo due anni di carriera agonistica, durante la quale furono apportate anche piccole migliorie, alla fine del 1966 la Lightweight E-Type lascia le piste, restando inutilizzata per quasi un decennio. Nel 1980 Robert “Bob” Jane decise di metterla all’asta durante il Gran Premio d’Australia.

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cars

The Eagle Speedster

testo Paolo Pysa - foto Eagle (James Lipman, Tim Scott e Gus Gregory)

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Eterna devozione alla Jaguar E-Type Un risultato davvero notevole per una piccola azienda situata nel Sussex rurale che annovera radici datate 1982.

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E

agle, un’azienda che ha saputo elevare il proprio nome a livello mondiale grazie al suo proprietario, nonché direttore, Henry Pearman, appassionato del marchio Jaguar colpito da un profondo amore verso il modello E-Type, che ha deciso di dedicare le sue maestranze alla rinomata Casa inglese. Ma ciò che separa Henry e i suoi esperti collaboratori della Eagle da altri specialisti dalle simili attitudini è l’essere stati capaci di dar vita alla supercar Eagle E-Type. Dal 1991 la factory Eagle, facendo tesoro di sviluppi tecnici maturati sui circuiti, ha saputo ricreare questo classico della meccanica inglese come la Jaguar E-Type, imprimendole però prestazioni e cure tecniche dei giorni nostri: una reincarnazione che è stata incoronata dalle maggiori autorità del settore giornalistico automotive, tra le quali Quentin Willson del programma televisivo Top Gear, come una delle migliori auto costruite a mano di tutto il mondo!

Rally Winner Il legame di Henry con la mitica E-Type si è ulteriormente definito quando è stato invitato a partecipare alla Pirelli Classic Marathon, un impegnativo classic car rally che porta i suoi partecipanti a percorrere oltre 2.000 chilometri attraverso l’Europa in poco più di una settimana. Nonostante il poco tempo a disposizione, il team Eagle, è riuscito a preparare una originale E-Type 4.2 che è stata capace di guadagnarsi un secondo posto nella sua classe, un quinto posto assoluto, nonché uscire vincitrice ad una Coppa delle Alpi. L’anno successivo Henry operò un serio e completo set-up alla stessa auto e riuscì a vincere il Pirelli Classic Marathon assieme al suo co-pilota Gordon Cruickshank, vice direttore di Motor Sport, battendo esperti piloti come quelli del Pirelli “Famous Five”, composto da Stirling Moss, Paddy Hopkirk, Timo Makinen, Roger Clark e Ove Andersson. Ancora vittorie per Henry e la sua creatura, ora accompagnati dal copilota Paul Brace (nuovo general

manager della Eagle), capaci di conquistare un terzo posto alla Alpine Cup e di avere l’onore di guadagnarsi una Gold Cup. L’accoppiata vincente Pearman & Brace ha continuato poi prendendo parte al 40th Anniversary Race a Donington Park nel 2001, tenendo la testa della gara per gran parte dei giri. …E la loro mente era sempre più coinvolta e concentrata per dare vita alla nuova Eagle E-Type Full Lightweight.

The Eagle Legend, la nascita Era il 1989 e la fervente creatività di Henry venne appoggiata dalla superba esperienza di ingegnere di Paul Brace, con cui si accese il desiderio di andare ben oltre ad un ripristino della E-Type; poco dopo si unì all’enturage Matthew Dewhurst, che oggi riveste il ruolo di capo officina della factory Eagle. Alla fine del 1992 l’azienda si trasferì in locali più grandi e meglio attrezzati vicino Uckfield, nel Sussex. Da rimembrarere un’altra pietra miliare nello sviluppo

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della società: era il 1991, quando il finanziere nonché scrittore inglese John McLaren, raccontò a Henry quanto fosse felice di correre sulla sua E-Type originale, ma che voleva avere di più da quell’auto d’epoca dalle “vintage performance”. Nonostante John usasse quotidianamente una veloce e tecnicamente all’avanguardia Skyline GTR, non riusciva a godere del puro piacere di guida che si ha seduti sulla E-Type. Ciò che questo scrittore voleva da Henry non era un semplice restauro, ma bensì una E-Type da guidare sempre, per tragitti di piacere ma anche capace di affrontare strade e passi alpini senza esitazione: un desiderio importante che ha spronato la nascita della Eagle Number One, la progenitrice di quello che è divenuto un classico nel pianeta delle classiche!

…non era un semplice restauro, ma bensì una E-Type da guidare sempre…

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Costruzione della Eagle e cure per le vintage Una volta completata la macchina “ricreata” per Jhon McLaren, questa venne esposta in un classic car show, dove colpì profondamente il cuore degli appassionati: quattro di loro non esitarono a commissionare alla Eagle factory la costruzione di quattro di questi splendidi mezzi. Da quel momento la società prese la decisione di operare in due divisioni separate, una responsabile della costruzione della “special” Eagle E-Type e l’altra dedita alla preparazione, restauro e cura delle E-Type originali. Ben presto entrambe le sezioni conquistarono successi e clientela di livello mondiale: 30 modelli di Eagle sono stati costruiti per clienti in Australia, Stati Uniti, Germania, Grecia, Malesia, Hong Kong, Argentina e Regno Unito, con un order book sempre volto al positivo. La domanda di E-Type originali d’epoca ha continuato a crescere, tuttavia, come Henry è pronto a sottolineare, chi conosce questo modello dalle oltre 40 primavere sa che anche i migliori esemplari conservati hanno bisogno di passare tra le mani di un esperto pronto a renderle affidabili e con prestazioni ad hoc: frenata, maneggevolezza e stabilità devono essere perfette e adeguate alla guida sulle strade di oggi.


Eagle riporta a nuova vita un gioiello tra le classic: the Low Drag GT La factory del Sussex parte per un continental touring alla scoperta dei pochi esemplari prodotti di Jaguar E-Type da gara, le Low Drag Coupes, costruite nel periodo di massimo splendore vissuto da Jaguar sulle piste di tutto il mondo, che, una volta restaurate, devono assolutamente contribuire alla realizzazione di un sogno: la Low Drag GT by Eagle. Il pensiero Eagle verso nuove frontiere di sogni a quattro ruote vuole mostrare sì tratti caratteristici, ma ampiamente armonizzati: ogni linea dell’auto deve esclamare che la Low Drag GT by Eagle ha una fascino unico, c’è da ricordare la frase dal grande Enzo Ferrari che descrisse quest’auto come la più bella che avesse mai voluto costruire! Il Lightweight body: un superlativo prodotto interamente “plasmato” in alluminio, è stato costruito con specifiche di progettazione Eagle dalla RS Panels, ditta di fama mondiale per la lavorazione di questo pregiato metallo. Questa scocca peso piuma, in combinazione con il motore high torque tutto in alluminio da 4,7 litri fornito di iniezione elettronica, cambio a 5

marce accoppiato ad un touring axle ratio, garantisce prestazioni molto elevate, impressionanti, qualità da sportiva-turismo veloce. La linea vintage di questa sports classic car sa nascondere perfettamente soluzioni tecniche all’avanguardia, inclusi gli up-grade dedicati al comfort: lo shell e le portiere sono più lunghi, i pavimenti sono più bassi e quindi c’è più spazio per la testa e per le gambe del pilota e ciò favorisce anche l’accesso a eventuali passeggeri, tutto questo senza però snaturare le linee originali della E-Type. Esclusivi i cerchi in lega di magnesio dall’aspetto “period perfect”, capaci di ospitare moderni pneumatici da 16 pollici vintage style; vetri anteriore e posteriore riscaldati e trattati con flush fitting, per alto deflusso dell’acqua; sistema di aria condizionata integrato all’interno della struttura della macchina per evitare cambiamenti antiestetici; trunk in grado di ospitare una quantità ragionevole di bagagli; serbatoio/cella combustibile maggiorato; blocco motore in alluminio da 4.7 litri con Iniezione elettronica. Naturalmente queste soluzioni tecniche, i futuri aggiornamenti (inerenti al comfort e alla sicurezza) e le performance upgrades saranno sempre garantite dalla proverbiale esperienza ingegneristica di Eagle.

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“I want something a bit special”, la nascita della Eagle Speedster Number One! È partito tutto da una richiesta del Dottor Rick Velaj dal Connecticut, che ha detto: “Voglio qualcosa di speciale!”. Se vuoi una Eagle E-Type vuoi volare sicuramente in alto, vuoi che la tua classic rispecchi il mitico fascino di serie ma che sia allo stesso tempo diversa… E così eccheggiò la parola Speedster; un brillio s’accese negli occhi di Paul che tirò fuori la sua matita e disegnò una forma che a Rick piacque molto. E così ebbe inizio il progetto: la costruzione della Eagle Speedster Number 1! Nei mesi a seguire, in parallelo alle attività principali della factory Eagle, Paul ha lavorato per progettare e perfezionare i dettagli di quella che voleva diventare l’avanguardia tecnico-stilistica del mito E-Type: la Speedster, linea dai dettagli classici e di finiture sempre fedeli alla Jaguar E-Type del 1960 addizionata con l’alta ingegneria già riversata sulla Eagle E-Type, compreso il motore da 4.7 litri, cambio a 5 marce ma

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più leggera e con sospensioni ulteriormente ottimizzate. Anche se inizialmente voleva essere “one-off ”, la Speedster ha subito riscosso enorme successo a livello mondiale, l’interesse fu tale che la factory inglese decise di costruire un altro esemplare. Così facendo la Lightweight Speedster è divenuta ancor di più un sogno proibito di fama internazionale. Quest’ultima creazione, ammantata di un Black Cognac, vuol essere un omaggio alle 12 Aluminium Lightweight E-Types da gara che Jaguar costruì nel 1963 esclusivamente per i circuiti; alluminio e leggerezza imparentate con le vecchie racers Jaguar, ma rinate con motori in alluminio, cambi a 5 velocità e una moderna fuel injection. Il processo è iniziato, come prassi, da una Series 1 Jaguar E-Type, volendo conservarne dettagli come ad esempio i tubi di scarico gemelli, i classici e semplici door trim associati all’estetica originaria delle sedute, ma con un peso finale di soli 1.008 chilogrammi: prestazioni moderne con lo stesso impatto visivo regalato dalla E-Type “regina madre”.


Sequential fuel injection Fully programmed engine management: I’apparato di iniezione sequenziale ha ricevuto un importante rinnovamento utilizzando una centralina prodotta dalla Pectel Control Systems, che rende il motore XK più fluido ed efficiente che mai.

Il motore Performance e diminuzione del peso: pregi donati anche dal nuovo motore XK in alluminio da 4,7 litri, figlio legittimo del XK 6 cilindri introdotto dalla Jaguar nel 1949, sviluppato in collaborazione con specialisti come Crosthwaite e Gardner, che associato alla moderna scatola del cambio e differenziale dello stesso materiale garantisce alla Lightweight Speedster enorme potenza e un’eccezionale dinamica di guida. I 4.7 Eagle E-Type per la Speedster, offrono un sostanziale incremento di potenza e coppia grazie ad albero motore, pistoni e bielle high performance: 330 cavalli e 475 Newton metri di coppia a 3600 giri. Da sottolineare che l’assemblaggio, la lavorazione e la preparazione finale del blocco, vengono eseguite “di persona” nel reparto di alta chirurgia Eagle Engineering della Eagle factory esclusivamente dedicato alla Lightweight Speedster.

…l’assemblaggio, la lavorazione e la preparazione finale del blocco, vengono eseguite “di persona” nel reparto di alta chirurgia Eagle Engineering della Eagle factory…

L’accensione e l’alimentazione vengono regolate in base al regime di funzionamento dettato dalla mappatura programmata dal genio Julian Godfrey, della Julian Godfrey Engineering. Fasatura di accensione e richiesta di carburante si adeguano con assoluta precisione a temperatura dell’aria, temperatura dell’acqua, quantità di ossigeno, posizione di albero motore e a camme, posizione della valvola a farfalla, pressione al collettore e flussi d’aria, un compendio di dati finemente elaborati da questo eccellente apparato elettronico. L’Engine Control Unit della Pectel Control Systems, è da rimarcare, che è completamente programmabile con parametri dedicati anche ad altri motori sei cilindri simili a questo. Il suddetto sistema di alimentazione lavora pulito grazie a una pompa carburante Bosch che è ormai sinonimo di affidabilità. Ulteriori prestazioni sono addizionate dal sistema ram air che porta l’aria verso un filtro ad alto flusso con convogliatore in fibra di carbonio, grazie a questa creazione i sei corpi farfallati acquisiscono positiva sovralimentazione al crescere della velocità. È stata anche inserita una valvola by-pass dell’aria, che garantisce al motore efficienza, linearità e potenza massima nonostante variazioni di temperatura, altitudine e altri cambiamenti atmosferici. Non restano molte parole per concludere, rimane solo un forte desiderio di vivere il sogno: «I want something, I want a Speedster»… www.eaglegb.com

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cultura

The Pink Floyd Exhibition:

Their Mortal Remains

Pink Floyd 1967 © Pink Floyd Music Ltd photo by Vic Singh.

foto: Victoria and Albert Museum, London

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“Hands over eyes” © Pink Floyd Music Ltd photo by Storm Thorgerson/Aubrey ‘Po’ Powell 1971 Belsize Park.

I

l museo londinese V&A assieme a Michael Cohl’s Iconic Entertainment Studios organizzano, assieme alla reunion della band, “The Pink Floyd Exhibition: Their Mortal Remains”, una mostra dedicata all’iconico gruppo musicale inglese. Le porte di questo magnifico spettacolo verranno aperte dal 13 maggio e si chiuderanno al primo di ottobre del corrente anno. Che dire dei Pink Floyd, una delle band più all’avanguardia e che ha influenzato la tendenza musicale intrisa di psichedelia a livello mondiale, 50 anni dal primo singolo con record di vendite da 200 milioni di dischi. The Pink Floyd Exhibition: Their Mortal Remains vorrà portare il suo pubblico ad un’esperienza multisensoriale come solo i Pink Floyd hanno saputo fare sin dalla caleidoscopica scena psichedelica underground londinese degli Anni Sessanta.

Pink Floyd Rotating Mirrorball with Petals 1973 -1977, Artista: Rupert Truman © Copyright Paula Webb Stainton

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Poster per‘The Massed Gadgets of Auximines’ Artista: Designed by Hipgnosis in 1969. Given by Pink Floyd Music Publishing. © Victoria and Albert Museum, London

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L’evento vuole attraversare il loro stile di sperimentazione sonora, teatrale, i giochi di luci da essi inventati associati a straordinarie coreografie ormai “tatuate” nella cultura popolare: dai maiali volanti sopra la centrale elettrica di Battersea, il prisma ideato per “The Dark Side of the Moon”, mucche, martelli animati che marciano e giganti figure gonfiabili capaci di sfondare l’immaginario collettivo. La band mostrerà orgogliosa la propria collaborazione con personaggi creativi come il visionario surrealista e collaboratore di lunga data Storm Thorgerson e la sua Hipgnosis, l’illustratore satirico Gerald Scarfe senza farsi mancare la psychedelic lighting del pioniere Peter Wynne-Wilson. Un “trip”, quello di “The Pink Floyd Exhibition: Their Mortal Remains” assolutamente da non perdere! I biglietti per questo variopinto viaggio sono già in vendita presso il Victoria and Albert Museum e i propri ticketing partners.

Poster promozionale ‘The Piper at the Gates of Dawn’ in 1967 © Victoria and Albert Museum, London

Light Projector Original Rank Aldis Tutor (I) projector. Artist: Rupert Truman. © Pink Floyd Music Ltd.

Per ulteriori informazioni www.vam.ac.uk/PinkFloyd www.pinkfloydexhibition.com

David Gilmour playing the Black Strat in 1973/4 © Jill Furmanovsky

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place

Borgo Egnazia In Puglia, come da nessun’altra parte al mondo. foto: Borgo Egnazia

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A

Savelletri di Fasano, là dove la Valle d’Itria inizia a scendere dolcemente verso l’Adriatico, si trova Borgo Egnazia: un meraviglioso luogo di vacanza, “liberamente ispirato” nelle forme, nei materiali e nei colori a un tipico paese pugliese. Qui unicità e autenticità si fondono per creare qualcosa di inedito e speciale, introvabile altrove: un “Nowhere Else Place”, nel claim con cui Borgo Egnazia si presenta anche all’estero, che riesce a combinare le più genuine tradizioni locali a servizi di altissimo livello, un vero e proprio mondo che racchiude le colazioni casalinghe preparate con amore dalle massaie, una SPA rivoluzionaria, due bellissime spiagge private (la rocciosa Cala Masciola e la sabbiosa La Fonte) e lo scenografico San Domenico Golf Club, dove si gioca tra ulivi millenari, con lo sguardo che spazia fino al mare.

E poi ancora l’assistenza su misura, amichevole e premurosa, di un team di persone sempre a disposizione degli ospiti (i local adviser), le proposte gourmet dello chef Domenico Schingaro, ma anche l’incomparabile bellezza della campagna brindisina.

La Corte, il Borgo, le Ville: tre modi diversi per vivere la vacanza a Borgo Egnazia Nato nel 2010 da un progetto visionario di Pino Brescia, creativo fasanese che ha saputo interpretare al meglio i desideri della famiglia Melpignano, Borgo Egnazia è un omaggio all’architettura tradizionale, di cui riprende materiali (tufo tagliato a mano da maestri tufai e pietra leccese per bagni e pavimenti) e forme (finestre piccole, porticati). Questo omaggio è stato declinato in tre tipologie di soggiorno: la Corte è il tradizionale corpo centrale, con 63 camere

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suddivise in diverse tipologie; il famoso Borgo è il cuore della struttura, con i suoi archi di ingresso, le stradine dai nomi pugliesi, l’animata piazza, i pozzi, le fontane che richiamano gli abbeveratoi per i cavalli e la “torre dell’orologio”: qui si trovano 92 casette, di diverse tipologie; infine ci sono le 29 Ville che, con una metratura di 250 metri quadrati (500 mq per la “Padronale”), sono perfette per le famiglie e per chi desidera la privacy più assoluta.

Un tuffo nei sapori pugliesi Genuinamente ispirata al territorio anche l’offerta enogastronomica, articolata in sei ristoranti: proposte differenti legate dal fil rouge di “un’unica spesa” decisa dall’executive chef, il barese Domingo Schingaro, con la supervisione del coach Andrea Ribaldone, chef stellato del ristorante “I Due Buoi” di Alessandria. Protagoniste le materie prime locali, dai saporiti pomodori Regina all’ottimo olio extravergine prodotto nelle masserie di proprietà, e poi melanzane, friggitelli, peperoni verdi, cocomeri barattieri, oltre naturalmente

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al pesce freschissimo. Ingredienti semplici che si trasformano in maniera sorprendente nel menù del ristorante gourmet Due Camini: qui lo chef Schingaro riprende la lezione di Expo 2015 e recupera sapori negletti con creatività attraverso ricette come “Taralli bolliti, finanziera di pesce e cicoria” o “Ali di razza alla mugnaia con limone femminiello del Gargano”. Di altissimo livello anche la carta dei vini, curata dal sommelier Giuseppe Cupertino: 600 le etichette selezionate, di cui ben 450 pugliesi. Le stesse materie prime del territorio, d’altro canto, si ritrovano anche nei piatti più rustici e di tradizione mediterranea che sono serviti ai tavoli del ristorante La Frasca, della Pescheria Da Vito a Cala Masciola e della Trattoria Mia Cucina. Quest’ultimo spazio si fa teatro ogni settimana di lezioni di cucina pugliese e delle straordinarie “Cene di Mimina”, dove la protagonista è la massaia di casa Melpignano: il menù dipende dalla spesa e dall’ispirazione di Mimina, i piatti sono preparati live e naturalmente non mancano i “classici”, dalle orecchiette con cime di rapa alle bombette di Cisternino.


Vair Spa: il benessere, quello vero Vair significa “vero” in dialetto locale: ed è proprio il “vero benessere” quello che si può trovare alla Vair Spa, il tempio dedicato alla cura del corpo e dell’anima che occupa 2.000 metri quadrati all’interno di Borgo Egnazia. Maestra di cerimonie e autrice degli straordinari programmi cambia-vita è Patrizia Bortolin, visionaria direttrice coadiuvata nella sua impresa da Stefano Battaglia, terapista corporeo di grande sensibilità ed esperienza, soprannominato lo “sciamano”. Insieme, e con il supporto di un team attentamente selezionato, hanno messo a punto una serie di percorsi davvero magici, che puntano al raggiungimento della felicità interiore attraverso la cura del corpo e la gratificazione dei sensi. Inoltre tutte le esperienze di Vair hanno nomi dialettali, a ulteriore conferma dell’intima connessione con il territorio pugliese: come Tarant, per le donne che vogliono liberarsi dallo stress e ritrovare la loro essenza, o Na Maele, viaggio di disintossicazione psico-fisica (www.vairspa.it).

Su misura in tutto, anche quando si tratta di vacanze in famiglia Borgo Egnazia accoglie i bambini e li fa divertire: a loro disposizione c’è il kid’s club Trullalleri (0-7 anni, con nursery fino a 3 anni a pagamento), il junior club Marinai (8-12 anni) e per i più grandicelli il teen club Tarantari. Oltre ai bagni in piscina, ai giochi, alle gite di esplorazione del territorio, sono organizzati regolarmente laboratori per realizzare gioielli, preparare dolci, disegnare ceramiche e organizzate svariate attività, tra cui il nuoto, percorsi con ostacoli, caccia al tesoro, decorazioni e trucco.

Borgo Egnazia, Savelletri di Fasano – Fasano (BR) Tel. 080 225 5000, www.borgoegnazia.it

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Vecchie tradizioni dure a morire:

l’abito da sera maschile

Copertina Life Magazine 1911, USA.

a cura di: Virginia Hill

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L’

abito da sera maschile è forse l’indumento più tradizionale in esistenza. La sua storia ha radici nell’Inghilterra del lontano fine 1700. A differenza del completo tre pezzi, non si è evoluto un granché nella forma e per niente nel colore. Il nero è la chiave di questo ‘completo’ che rimane di un eleganza assoluta. Quali sono quindi queste origini? Nasce sicuramente prima come concetto che come abito. E non fu un sarto ad inventarlo come si potrebbe pensare. Fu George Brummell, colui per cui Lord Byron coniò il

Robert Dighton, caricatura di George ‘Beau’ Brummell, 1805.

termine “dandy”, giovanotto proveniente da una famiglia di alto rango poi decaduta, a cui lui stesso diede il colpo finale con il suo amore per il lusso, l’eleganza, il bel vivere (morì infatti poverissimo, auto-esiliatosi a Calais, in Francia, per scappare dai debiti di una vita vissuta al di sopra delle proprie possibilità). Ma all’apice della sua fama, ‘Beau’ – il bello – come veniva chiamato scherzosamente, si fece una reputazione da esperto di moda. Oggi useremmo il termine ‘fashion stylist’ per definire colui che conosce bene l’arte del vestire e dell’ apparire, e che ha cosi tanto buon gusto da poter fare da consigliere a coloro meno dotati in questo campo. Nella caricatura di Robert Dighton, abilissimo nel satirizzare il bel mondo londinese di epoca Regency, vediamo Brummell in abiti da giorno. Un completo composto da frac in panno di lana blu scuro, braghe in fustagno beige, camicia, gilet e cravattone in lino bianco. Gli accessori sono stivali neri (del tipo indossato dai tanto amati Ussari), cappello a cilindro, guanti di daino e frustino in bambù. Spicca la sobrietà ed un eleganza ‘understated’, ed è proprio questo il concetto alla base della nuova moda di Brummell. Cresciuto negli anni ’80 del 1700, Brummell si trovò in un epoca particolare, fatta di contrasti e di sentimenti politici rivolti ad un nuovo concetto di democrazia. In Inghilterra i giovanotti della classe abbiente vestivano in abiti pratici e comodi, molto poco eleganti. Scelta tanto pratica quanto politica, attraverso questo stile volutamente ‘casual’ mandavano un chiaro messaggio di rinnovo, se non proprio ribellione, alle generazioni precedenti. Brummell però inorridiva al pensiero di giovani lord capaci di entrare in parlamento in stivali sporchi, più simili ai propri stallieri che hai propri pari. Con gli anni ’90 si ritrova nella cerchi stretta di amici del Principe di Galles (noto per i suoi pessimi gusti in fati di sarti e di donne), dove ben presto si ritrovò a dare consigli sartoriali e di conseguenza divenne consigliere ufficiale del Principe in materia di abbigliamento. Difficile dire se questo fu per lui in

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vero e proprio ‘lavoro’, ma sicuro è che i suoi consigli venivano seguiti alla lettera non solo dal Principe ma da tutti gli uomini di rango del Regno. Eleganza, pulizia e rigore nel apparire erano le basi dello stile Brummell. Per lui un uomo doveva confondersi fra i suoi simili, non spiccare per esuberanza ed eccentricità nel vestire. Nasce così il concetto di uno stile uniforme e poco appariscente, in grado di rappresentare un modo di pensare ed una classe sociale. Ben presto Brummell dettò legge anche sull’abbigliamento per la seconda parte del giorno. Era inconcepibile per lui, particolare anche in questioni di igiene personale, che l’uomo rimanesse vestito allo stesso modo da mattina a sera. Immaginò quindi un cambio d’abito a tardo pomeriggio, che inoltre aiutasse l’uomo a calarsi in un altro importante ruolo, quello di gentleman colto, raffinato, ospite perfetto ed accompagnatore di belle donne ad eventi di intrattenimento durante la serata. Vede il nero come il colore ideale, sobrio quanto deciso, con il bianco candido di camicia e cravatta ad incorniciare il viso.

Brummell ad un ballo, fine anni 20 del 1800.

Eleganza, pulizia e rigore nel apparire erano le basi dello stile Brummell.

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Eugene Delacroix, Barone Schwiter in abito da sera, 1826-7, National Gallery London.

Bianco e nero erano inoltre in armonioso contrasto con gli abiti femminili di colori tenui o più decisi a seconda dell’età. Curioso il fatto che la distinzione tra moda giorno e moda sera in ambito femminile non avverrà fino agli anni ’20 del 1800, quando ormai l’abito da sera maschile era in uso in tutto il mondo occidentale e nelle colonie. Più la moda femminile accelerava nei suoi cambiamenti ed evoluzioni, più l’abito da sera maschile si fossilizzava durante il 1800.


I primi cambiamenti, si fa per dire, all’abito da sera maschile arriveranno dopo la prima guerra mondiale. Il mondo stava cambiando, si sente la necessità di scindere l’abito da cena da quello da ballo, più formale. Chiamato ‘tuxedo’ in America e ‘dinner jacket’ in Inghilterra, viene portato con la cravatta a farfalla nera, giacca tagliata sui fianchi, mono o doppio petto.

Pompeo Mariani, Il ballo, 1900c.

George Barbier, illustrazione per giornale di moda, 1922.

Il frac da sera invece avrà le code e continuerà ad essere indossato con il cravattino bianco. Entrambi gli stili saranno sempre e comunque confezionati in lana nera, più o meno pesante a seconda della stagione ed il clima. L’effetto opaco, nella versione più moderna verrà ravvivato dai revers in satin nero.

Max Beckmann, autoritratto 1927, BuschReisinger museum Harvard University USA.

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Frac, Giornale di moda Americano Anni 30.

Frac del Duca di Windsor, 1938-65c, Metropolitan museum of art, New York.

I giornali di moda maschili del 1900 aiutano gli uomini a districarsi tra le nuove soluzioni nella moda

da sera. Ed anche il cinema offre ispirazione attraverso personaggi iconici e star internazionali.

Fred Astaire.

Cary Grant.

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Lo scopo è lo stesso: dare un tono signorile a chi lo indossa, intramontabile eleganza… Ed oggi cosa si indossa per le serate più formali? Ecco che troviamo sempre e comunque l’abito da sera cosi come lo pensò George Brummell più di duecento anni fa. E neppure tanto ‘rivisitato’ come ci si aspetterebbe dalla moda contemporanea. Lo scopo è lo stesso: dare un tono signorile a chi lo indossa, intramontabile eleganza ed eventualmente un perfetto sfondo alla tavolozza colorata dell’abito da sera femminile.

Daniel Craig in Dinner Jacket.

Prince William in Dinner Jacket.

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people

paolo talini

e la sua E-Type testo e foto: Marco Annunziata

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aolo Talini e la sua Jaguar E-Type prima serie del 1965 colore opalescent silver blue si incontrano per caso in occasione delle punzonature della gara storica Firenze - Fiesole del 2012. La Jaguar era in vendita, Paolo se ne innamora e senza pensarci due volte decide di acquistarla. L’auto è tutta originale, l’unica parte da sostituire è il paraurti posteriore, trovato in Inghilterra dopo oltre un anno di estenuante ricerca. Il motore, il cambio e la trasmissione già in buono stato vengono comunque smontati completamente e riportati alle condizioni originali nell’officina di Duilio Barcali, a detta di Talini e molti altri appassionati un vero fenomeno e punto di riferimento per

i veicoli d’epoca in Toscana e non solo. Lavoro più lungo e costoso è sicuramente smontare e riportare tutte le parti della carrozzeria a nuovo, operazione non facile di cui si occupa Francesco Lotti, probabilmente il miglior carrozziere a Firenze.

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Enzo Ferrari nel giorno della sua presentazione al Salone di Ginevra del 1961, definì la E-Type come la macchina più bella mai stata costruita, e il museo di arte moderna di New York, una trentina di anni dopo, ha riconosciuto l’importanza della E-Type in termini di design tanto da includerla, nel 1996, nella sua collezione permanente, insieme a soli 5 altri veicoli: Cisitalia 202 GT Car del 1946, Jeep M38A1 del 1953, Volkswagen Maggiolino del 1959, Ferrari F1 641/2 del 1990 e Smart Car del 2002. Alla domanda «Cosa avresti cambiato di questa auto se avessi fatto parte del team di design di Malcolm Gilbert Sayer per qualche giorno?», Paolo risponde, citando sia Enzo Ferrari che il MoMA, che avrebbe seguito i lavori di progettazione con grande interesse ma che

non avrebbe interferito in alcun modo, e definisce la Jaguar E-Type uníautomobile perfetta. Nel 2014 la E-Type di Talini partecipa alla Firenze - Fiesole e vince come Jaguar più bella. Una curiosità: una E-Type molto simile a quella di Paolo Talini, con 80,000 miglia originali e rimasta nella stessa famiglia del primo proprietario per 45 anni, è stata venduta nel 2013 per $467,000. Grande appassionato di automobili ma non propriamente un collezionista, Talini si è lanciato in un altro ambizioso progetto: riportare alle condizioni originali una Porsche 356, per suo figlio. Secondo progetto, che Paolo “teme”, porterà molto presto ad altre entusiasmanti sfide.

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story

Jaguar XK150 Dopo la Jaguar XK120 e XK 140, nel 1957 è tempo di un nuovo modello: la Jaguar XK150, l’ultimo della rinomata serie XK.

a cura di: Stefano Bendandi

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E

rano passati soltanto pochi mesi dal devastante incendio che interessò le catene di montaggio della Jaguar e ciò significò un revisione dei piani di produzione e di lancio dei nuovi modelli, compresa la XK 150. Il progetto XB1001(codice del progetto XK 150) era già stato realizzato, così come le modifiche alle presse per la realizzazione delle tre nuove versioni della nuova 150. Come le serie che la precedettero, l’offerta avrebbe dovuto consistere in una Cabriolet, una Coupè ed una Roadster. Il 22 maggio del 1957, dopo appunto solo tre mesi dall’incendio, la Jaguar presentò al pubblico la nuova XK 150 nelle sole due versioni Cabriolet e Coupé, mentre si dovette attendere il mese di marzo 1958 per la Roadster. La prima vettura della nuova serie XK fu una coupé, costruita il 5 marzo del 57, con guida a sinistra, motore 3,4 litri e venduta in Francia. La linea molto accattivante riprendeva i tratti visti sulla 140, apportando alcuni accorgimenti tali da renderla più moderna e attuale. In effetti anche in questo caso, come accadde per la 120, la stampa non si espresse all’unanimità in favore di questa nuova sportiva; alcuni la reputavano stilisticamente antiquata, meccanicamente poco innovativa ed eccessivamente pesante, altri ne elogiavano le performances, l’innovazione tecnica dovuta ai freni a disco e lo spirito classico di vettura sport britannica. Pareri decisamente contrastanti. Ad onor di cronaca, in effetti, la soluzione proposta con telaio a travi longitudinali e ponti rigidi, nel 1957 non era proprio all’avanguardia, anche rispetto al panorama delle vetture sportive proposte nel periodo. La vista laterale e frontale metteva in evidenza i profili meno marcati e l’addolcimento delle curve, come ad esempio il padiglione ed il parabrezza molto più arrotondato ed in un solo pezzo o il cofano motore ora molto più largo del precedente della 140.

Poster realizzato negli Anni 50 per pubblicizzare la 150 Roadster.

Depliant pubblicitario per l’impiego dei freni a disco Dunlop sulle XK 150, grazie alla collaborazione diretta tra le due aziende.

Una curiosità; “Sir” (in quanto nominato “knight Bachelor” dalla HM Queen Elisabeth II nel 1956) Williams Lyons, patron della Jaguar, era una persona sempre molto attenta ai costi di realizzazione delle vetture ed anche in questo caso, per fare economia, decise di non realizzare un nuovo stampo per il cofano, ma decise di utilizzare quello vecchio della 140. Ogni pezzo veniva poi diviso a metà ed inframmezzato da una striscia centrale.

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Il telaio era identico al precedente, per misure e disegno così come la ciclistica in generale, fatto salvo appunto per l’adozione dei freni a disco sulle quattro ruote. Questa nuova soluzione ed applicazione su vetture di serie fu resa possibile grazie al lavoro congiunto tra la Dunlop e la Jaguar. Esse sperimentarono questo tipo di impianto frenante sulle vetture da corsa della Jaguar; i modelli C e D Type, che grazie a questa innovazione spopolarono in diverse edizioni della 24 ore di Le Mans. Erroneamente si tende ad attribuire alla Jaguar/ Dunlop l’invenzione e l’applicazione dei freni a disco, in effetti ciò riguardò solamente l’impiego su vetture di produzione in larga scala. Altre marche tuttavia si presentarono nello stesso periodo con freni a disco, per citarne una, la Austin Healey con la sua serie 100. La Jaguar continuò ad offrire, per i più scettici, ancora i freni a tamburo come opzionali ma dagli archivi pare che siano uscite pochissime o quasi nulla vettura con questo equipaggiamento. Era nominata versione standard.

150 DHC, Sportività ed eleganza nello stile inconfondibile del marchio Jaguar.

Clint Eastwood e la sua XK150.

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Una vista del motore con testa SP, si può infatti notare la colorazione oro e l’impiego dei 3 carburatori S.U. HD8.

Vista di profilo la 150 Roadster mette in evidenza il suo carattere sportivo grazie al perfetto dimensionamento e ingombro del parabrezza ed i suoi montanti.

La meccanica era la 3,4 litri di base, ma con l’utilizzo, per lo più, della testata di tipo “B”. In sintesi erano 3 le teste adoperate sui vari modelli Jaguar; la A, la B, e la C. Le prime due erano pressoché identiche, salvo una diversa conformazione dei condotti di aspirazione, ed avevano rispettivamente 190 e 210 Cv. Mentre la C aveva l’angolo delle valvole di scarico a 45°, sempre 210 cv ma con una coppia migliore. La testa di tipo B era la standard per le vetture Special equipment che inoltre aveva le ruote a raggi, scarico doppio ed il lavavetro.

testa B a due carburatori che sviluppa 220 cv, così come rimangono disponibili i motori da 3,4 litri in abbinamento con le diverse testate e relative potenze. All’epoca per distinguere il tipo di testata installata sulla vettura si scelse di colorarla in un colore identificativo. Sotto il cofano si poteva vedere una testa verde pallido per le 3,4 testa B, un blu metallizzato per la 3,8 testa B, oro metallizzato per la 3,8 testa SP. La 150 poteva essere richiesta con tre tipi di trasmissione; manuale a 4 marce, manuale con 4 marce più overdrive e automatica Borg Warner, così come i rapporti al ponte, ordinabili a seconda dal paese di destinazione o dalle necessità dell’acquirente. Gli interni seguirono lo stile raffinato precedente, con il vantaggio di vedere migliorato ulteriormente l’abitabilità interna.

Quasi in contemporanea con l’uscita della versione Roadster, si aggiornano anche i propulsori del giaguaro. Si passa dal tradizionale motore di 3,4 litri a quello di 3,8 litri nell’ottobre dell’anno 1959. Non si tratta solamente di un aumento di cilindrata, ma di un nuovo motore e soprattutto una nuova testata sempre progettata da Weslake, storico consulente specializzato nelle dinamiche dei flussi ,di Jaguar; la Straight Port con tre carburatori SU HD8. La potenza diventa di 265 cv. Rimane sempre disponibile la versione di 3,8 litri con

Il cruscotto riproponeva lo schema classico della strumentazione posta centralmente con un cassettino porta guanti sul lato. La parte centrale, rivestita di pelle grigia, era messa sempre in contrasto con le due parti laterali che erano sempre dello stesso colore degli interni. Ancora una volta, riproponendo uno stile classico impostato a partire dalla 120, vi era la

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possibilità di ordinare la vettura con interni bicolore o “Duo Tone” con il termine originale. Era una combinazione di colori, talvolta anche un po’ strani, che differenziava i colori delle parti centrali dello schienale e della seduta. Impressionante la disponibilità dei colori carrozzeria messi a disposizione della clientela, tanto che nel 1958 il numero di colori è pari a 24, con moltissime varianti di grigio e di verde, tipici i colori pastello dominanti nel periodo. Non contenti della gamma proposta, in fondo alle cartelle colori si poteva leggere che comunque, a fronte di una richiesta speciale, il cliente poteva scegliere il colore desiderato personalizzato. Questa ipotesi, tuttavia, non deve lasciare qualsiasi libertà, ai giorni d’oggi, nella scelta del colore in fase di restauro, in quanto tutte le specifiche delle vetture in termini di abbinamenti di colore esterno ed interno, tipo motore e cilindrata, sono reperibili con la specifica per numero di telaio presso il JDHT ( Jaguar Daimler Heritage Trust). Con circa 40 sterline sai esattamente come è stata prodotta la tua 150, con in aggiunta dove è stata venduta, ed il nome del primo proprietario Furono prodotte in 9400 esemplari, prevalentemente Coupé 4464, poi Cabriolet 2673 ed infine Roadster 2265 esemplari. Il 77,4% delle vetture nacque con la guida a sinistra. Le versioni più ricercate sul mercato sono le Roadster e in particolare la 3,8 prodotta in 42 esemplari e la 3,8 S prodotta in 37 esemplari di cui solo 14 con guida a sinistra. Acquistare una 150 oggi necessita una grande attenzione; non è difficile imbattersi in vetture trasformate, visto che molti parti tra Roadster ed altre versioni sono intercambiabili. Il numero di telaio indica, avendo una tabella di riscontro sotto mano, esattamente le caratteristiche e gli abbinamenti di motore e cambio. La data di fine produzione fu il 1961, anche se di fatto si può considerare il 1960, essendo state prodotte nel

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La Jaguar XK150 in versione FHC (Fixed Head Coupé), ora più slanciata con il padiglione ben raccordato e dimensionato rispetto alle dimensioni della vettura.

Altra angolazione per la versione coupé.

fotografia utilizzata dalla Jaguar per le sue pubblicità del periodo.


Interno e cruscotto di una 150 Roadster: la parte centrale di colore grigio mentre il rivestimento a lato è uguale al colore della selleria.

61 solo 96 vetture. Con essa si chiude la meravigliosa storia di una delle più affascinanti e desiderabili serie di vetture inglesi degli Anni 50, nata nel ’48 e sviluppata fino al 1960 con dodici anni di presenza costante sulla scena internazionale nel segmento delle vetture sportive. Lo staff tecnico della Jaguar era già impegnato nella realizzazione della vettura che l’andò a sostituire e che non fece rimpiangere la serie XK, ma che diventò una icona di stile ed un punto di paragone per gli altri costruttori, la ineguagliabile Jaguar “E-Type”. Solo gli americani, solo per questa volta romantici e legati alla tradizione più degli inglesi, la chiamarono XKE, forse per mantenere una linea di continuità tra il passato ed il presente, a mio avviso difficile da sostenere… Ma questa è un’altra storia.

Un’elegante versione di interni tutta in grigio che equipaggia una 150 coupé.

Il medaglione sul cofano posteriore riporta le vittorie della Jaguar a Le Mans, ma non tutte le 150 lo hanno uguale, sulle prime versioni il medaglione non riporta la vittoria del 1957.

…si chiude la meravigliosa storia di una delle più affascinanti e desiderabili serie di vetture inglesi degli Anni 50, nata nel ’48 e sviluppata fino al 1960 con dodici anni di presenza costante sulla scena internazionale nel segmento delle vetture sportive.

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story

I ruggenti Anni 50 della

Jaguar

Bill Heynes dà gli ultimi consigli a Tony Rolt e Duncan Hamilton prima del via della 24 Ore di Le Mans del 1953. In secondo piano un giovanissimo “Lofty” England.

1a parte - Testo tratto liberamente dal libro “Il balzo del Giaguaro” a cura di Fabio Berardi

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a passione per le corse è stata sempre presente nel DNA della Jaguar, sin dagli albori della sua Storia. Questo rispecchiava lo spirito del suo geniale fondatore che aveva sempre creduto, a ragione, che dimostrare la superiorità in pista equivaleva ad accaparrarsi importanti fette di mercato delle sue auto di grande serie. Iniziò a schierare in pista la SS Jaguar 100 nella seconda metà degli anni ’30, conquistando molti allori ma la vera apoteosi la raggiunse in quei ruggenti e favolosi anni ’50. Proprio nel 1950 William Lyons e Bill Heynes assistettero in forma semiufficiale le tre XK 120 Aluminium dei privati che partecipavano alla 24 Ore di Le Mans, una gara leggendaria dove si sfidavano i più grandi costruttori come Mercedes, Ferrari, Aston Martin e Maserati, con le auto guidate dai migliori piloti dell’epoca come Fangio, Gonzales, Musso, Villoresi, Ascari e Trintignant. Chi di loro fosse riuscito a trionfare in quella massacrante maratona avrebbe subito acquisito una notorietà di dimensioni planetarie, attirando su di sé l’attenzione di tutto il mondo automobilistico. Non esisteva all’epoca una vetrina neanche lontanamente paragonabile a questa. Lyons e Heynes apprezzarono con malcelata soddisfazione i risultati ottenuti dalle tre Jaguar XK 120 private, di cui la numero 17 dell’equipaggio Johnson Hadley (chassis 660040) fu costretta al ritiro per il cedimento della frizione dopo essere stata in terza posizione fino alla ventunesima ora mentre le altre due tagliarono il traguardo al dodicesimo e al quindicesimo posto. Ciò li convinse che su queste ottime basi andava sviluppato un progetto che sarebbe potuto diventare l’arma vincente nelle battaglie che si accingevano a combattere. Occorreva rimboccarsi le maniche e studiare una nuova auto che colmasse le evidenti lacune presenti sulla versione stradale della XK 120. Fu così che vide la luce dal tavolo da disegno del giovanissimo ingegnere telaista Bob Knight un nuovo

Fase di trasformazione della C Type nella versione Drop Snoot del 1952.

chassis a traliccio per ottenere rigidità e stabilità in corsa, mentre Harry Weslake aggiunse al motore una manciata di cavalli e la grinta di una vera auto da corsa. Il design della nuova carrozzeria è da accreditare a un personaggio destinato poi a diventare un vero mito, esperto progettista proveniente dal settore aeronautico della British Aircraft che rispondeva al nome di Malcolm Sayer. Novità di rilievo fu l’uso di un sistema di progettazione, per l’epoca rivoluzionario, basato su modelli matematici. Il risultato eclatante cui per questa via giunse Sayer fu una carrozzeria aggressiva e con elevatissima efficienza aerodinamica. Si racconta che, ancor prima di sedersi al tavolo da disegno, il fantasioso progettista abbia costruito il primo piccolo prototipo della C Type con dei fiammiferi incollati... Questi furono i presupposti da cui nacque la XK 120 C, dove “C” sta per “Competition”. Il 1950 fu anche l’anno del lancio sul mercato della Mark VII, prima Saloon designata da Lyons a disporre del nuovo motore XK. Tutti i tecnici furono indaffaratissimi sino alla sua presentazione avvenuta in ottobre all’Earl’s Court di Londra. Da quel momento tutte le energie dell’azienda furono profuse nello sviluppo della C Type con un piano di

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lavoro serrato, dodici ore al giorno, sette giorni la settimana. Ancora oggi la C Type è considerata per via del suo equilibrato ed armonico insieme di curve, una delle auto da corsa più belle che si siano mai viste, oggetto di imitazioni estetiche e tecniche, anche da parte di competitor importanti. Va ricordata la clonazione del posteriore della C Type sulla Austin Healey 100, tanto per fare un esempio. Serpeggiando nel reparto corse una certa paura che non si facesse in tempo a preparare l’auto per Le Mans, la Jaguar allestì sei XK 120 Lightweight in alluminio che, insieme alle tre LT del 1951, rimasero le sole XK 120 ufficiali della storia. Dato che, contrariamente ai timori, la C Type esordì e trionfò a Le Mans nel 1951, le XK 120 LT 1, 2 e 3 tornarono alla vita normale; mentre si è persa traccia della LT 1, alla LT 2 venne assegnato il numero di chassis 660748 e alla LT 3 il 660741. Il primo test della Jaguar C Type fu affidato all’allora giovanissimo Stirling Moss e a Jack Fairman, sei settimane prima della 24 Ore, sul circuito britannico di Silverstone. Tutto andò per il meglio: l’auto si dimostrò velocissima, stabile e molto competitiva, con grande soddisfazione di tutti quegli uomini che ne avevano favorito la nascita. Nell’edizione del 1951, tutte le marche più importanti come Ferrari, Talbot, Aston Martin, si presentarono ai nastri di partenza con le loro armi affilate al meglio ma la C Type con numero di gara 20 dell’equipaggio Walker Whitehead le mise tutte in riga, trionfando alla media di 150,466 chilometri orari. Le altre due C Type schierate si ritirarono per la rottura di un condotto dell’olio; se miglior sorte le avesse assistite, negli occhi del numeroso pubblico assiepato sulle tribune sarebbe rimasta indelebile l’immagine di un trionfale taglio del traguardo in parata. Dopo sedici anni un’auto inglese tornava a vincere la prestigiosa 24 Ore; l’ultima volta che la Union Jack aveva garrito al vento del Sarthe era stato nel 1935

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con Johnny Hindmarsh e Luis Fontés al volante della Lagonda M45R Rapide con un motore preparato da Walter Owen Bentley. A parte la grande validità progettuale della C Type, molta parte del merito lo si doveva a un capolavoro di organizzazione e di strategia da parte della squadra corse e, in particolare, di Lofty England che avrebbe, in seguito, percorso un luminoso cammino alla Jaguar Cars Ltd fino a sostituire, nel 1972, Sir William Lyons al vertice dell’azienda, anche se per soli due anni. La vittoria del 1951 diede fama planetaria alla marca del Giaguaro, sin lì poco nota al di fuori della Terra di Albione in campo agonistico, e fu l’inizio di una lunga serie di trionfi conquistati grazie ad auto contraddistinte da caratteristiche tecniche d’avanguardia. Da quel momento e per quasi tutto l’arco degli anni ‘50,


i prestigiosi racing team che rispondevano ai nomi di Ferrari, Mercedes, Aston Martin e Talbot, furono costretti fare i conti con lo squadrone ufficiale di William Lyons. Come già accennato in precedenza, quell’anno le richieste del mercato mandarono per l’ennesima volta in crisi l’apparato produttivo della Jaguar che, a causa di ferrei vincoli urbanistici, non poteva espandere il proprio opificio industriale sfruttando il terreno che circondava la sede di Coventry. Esisteva però nelle vicinanze uno stabilimento della Daimler pressoché inutilizzato da quando la stessa si era ritirata a Radford West Midlands. Il governo inglese, dopo lunghe trattative, concesse la possibilità alla Jaguar di utilizzare questi capannoni industriali a condizione, però, che avesse assemblato il motore Meteor della

La vittoria del 1951 diede fama planetaria alla marca del Giaguaro, sin lì poco nota al di fuori della Terra di Albione in campo agonistico, e fu l’inizio di una lunga serie di trionfi…

Rolls Royce destinato ai carri armati in dotazione all’esercito britannico. In due anni, questo progetto fu portato a termine e Lyons, sfruttando il nuovo sito, poté finalmente incrementare la quantità produttiva e far fronte alla sempre più prorompente richiesta delle sue automobili. Incrociando le armi alla 1000 Miglia del 1952 con la Mercedes 300 SL Gullwing di Rudolf Caracciola, la C Type condotta da Stirling Moss e Norman Dewis si dimostrò molto ben frenata in virtù del rivoluzionario impianto a dischi che permise, nelle battute iniziali, di superare nelle violente staccate, le frecce d’argento tedesche. Purtroppo non c’era storia nei rettilinei dove la Mercedes era veloce come un fulmine. Questo spinse Malcolm Sayer a disegnare una nuova linea aerodinamica per la C Type da schierare alla 24 Ore di Le Mans del 1952. Quello che tracciò la sua matita magica in quell’occasione non si dimostrò, a posteriori, all’altezza della sua fama. La carrozzeria della versione 1952, molto affusolata sul muso e soprannominata drop snoot, naso spiovente, sacrificava in nome dell’esasperata aerodinamica la superficie d’ingresso dell’aria destinata al raffreddamento di un radiatore posizionato, sempre per motivi di deportanza, con una inclinazione impossibile. Di conseguenza anche le tubazioni del liquido di raffreddamento, costrette a seguire curvature innaturali, non ne permettevano la corretta circolazione. Questi errori progettuali causarono surriscaldamenti anomali dei motori, con

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La linea filante ma purtroppo poco efficace della C Type Drop Snoot.

conseguenti ritiri già dalla terza ora di gara per i tre equipaggi Moss Walker, Rolt Hamilton e Whitehead Stewart, con i rispettivi numeri di gara 17, 18 e 19. Fu forse l’unico neo nella luminosa carriera di Malcolm Sayer. Adottando questa esasperata soluzione nel design, era palese il timore dimostrato dalla Jaguar, fortemente alimentato da Stirling Moss, di non essere abbastanza veloce sul lunghissimo rettilineo Hanaudières. La competizione vide trionfare la velocissima Mercedes 300 SL Gullwing dell’equipaggio tedesco Lang Riess, un’auto entrata di prepotenza nella storia delle competizioni. Nel 1953 la C Type si ripresentò a Le Mans in gran forma, stilisticamente uguale a quella di due anni prima ma con freni a disco ben sperimentati di ultima generazione, nuove sospensioni posteriori e con una presa d’aria sulla destra del cofano anteriore destinata a far respirare i tre carburatori Weber 40 DCOE di cui era dotata. I pur validi SU HD8, agli alti regimi, avevano chiaramente dimostrato i loro limiti strutturali per il mancato riempimento delle camere di

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combustione mentre i tre Weber, tra i quattro e i cinquemila giri, la facevano volare. Questa modifica ne aumentava la potenza di una decina di cavalli che, unita ad un alleggerimento di circa cinquanta chilogrammi, portava la C Type ad essere una delle favorite per la vittoria finale insieme a Ferrari, Alfa Romeo e Aston Martin.La stampa, alla luce della brutta figura dell’anno precedente, non la calcolava tra le papabili vittoriose e nelle battute iniziali sembrò aver ragione. Stirling Moss lamentò problemi all’alimentazione e si dovette fermare per poi ripartire dopo aver perso qualche giro. Per contro, la Jaguar C Type con numero di gara 18 pilotata da Tony Rolt e Duncan Hamilton, accompagnato dalla sua inseparabile bottiglia di whisky tenuta nel portaoggetti, inanellava giri veloci su giri veloci, superando con estrema facilità gli avversari e dimostrando che la supremazia dei freni a disco su quelli a tamburo era indiscutibile e destinata a fare scuola negli anni a venire Non riuscì a fermarla neanche un grosso uccello che ad Hamilton mandò in frantumi lo wind screen sul filo dei 200 chilometri orari!


Il Balzo del Giaguaro L’intera storia della Casa di Coventry, 200 modelli analizzati, consigli per acquistare gli esemplari migliori: l’opera sulla Jaguar più ampia e completa mai apparsa in Italia.

Autore: Fabio Berardi; Editore: “Alter Ego”; Pagine: 336 Formato: 21×29 cm; Prezzo di copertina: Euro 59,90


story

la terza ora maledetta

testo:Stefano Bendandi contributi fotografici: Porsche museum; Mike Hawthorn.org; Getty images; Mercedes Benz

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F

rancia, distretto della Sarthe a circa 200 km a sud di Parigi, casa del circuito semipermanente che prende nome proprio dal distretto “Circuit de la Sarthe”:13,6 Km di tracciato che tutti chiamano semplicemente “Le Mans”, come la città che lo ospita; da non confondere con il circuito Bugatti, all’interno dell’area principale sul quale si disputano le competizioni di motociclette.

La mitica corsa per la partenza.

Dal 1923 è stato teatro di sfide tra i maggiori produttori automobilistici ininterrottamente fino ai giorni nostri, con uno stop durato circa dieci anni in periodo bellico (dal 1939 al 1948); era il luogo dove sperimentare velocità e performance assieme a pochi altri circuiti nel mondo, come i coevi Monza, Indianapolis o Brooklands. Sia prima che venisse istituito il campionato del mondo di Formula 1 nel 1950, che dopo, era “l’evento” per eccellenza, sia per i costruttori che per gli spettatori, che attendevano il mese di giugno per raggiungere il circuito da tutte le parti del mondo.

Questo accadde anche nel 1955, l’anno che verrà ricordato sia per cosa accadde nel circuito che per la storia dell’automobilismo. A disputarsi il risultato finale le solite Jaguar, Mercedes, Ferrari, Aston Martin, affiancate da altri costruttori minori come Porsche, Austin Healey, Cunningham, MG, fino alla curiosa Nardi e tanti altri. Sì, perché una delle caratteristiche di questa gara era quella di ammettere alla corsa chiunque ne facesse richiesta, purché vi fosse la prova verificata della costruzione di un minimo di esemplari della vettura partente al via, il tutto con grande rischio per i top team che si trovavano sul circuito vetture dalle performances più disparate e magari in fase di sorpasso tra di loro a velocità decisamente inferiori. Sei le classi premiate da 750 cc a 5.000 cc. Il fascino della gara era anche questo.

Auto alla partenza.

Il fatto. 60 le vetture alla partenza, quelle di una volta dove i piloti schierati di fronte alle vetture saltavano a bordo delle stesse, schierata a spina di pesce lungo il rettilineo di partenza, correndo attraversando la pista; erano le ore 16:00 dell’11 Giugno 1955. Jaguar contro Mercedes, la sfida era tutta concentrata su questi due team, con Ferrari ed Aston Maritn comprimari. Mercedes presenta al via Fangio e Leveigh, Jaguar Hawthorn e Bueb, Ferrari Castellotti e Trintignant. Dopo circa tre ore il primo cambio guida, almeno per quanto preventivato dal team Jaguar, già segnalato dai box ad Hawthorn per due volte, ed obbligato pertanto a rientrare al termine del giro; fino a quel momento si alternava al comando della gara con Fangio.

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18:23 circa. All’uscita dall’ultima curva prima del rettilineo principale i piloti più veloci si trovano davanti a loro altri in procinto di essere doppiati, come ad esempio Pierre Leveigh, pilota ufficiale Mercedes che parrebbe avesse chiesto con un cenno di non essere doppiato proprio davanti alle tribune e box al suo compagno di scuderia Fangio, il quale stranamente accettò e probabilmente fu la sua fortuna. Hawthorn, al comando, supera sulla sinistra, doppiandolo, Maklin con la sua Austin Healey 100M, e subito dopo scarta a destra per portarsi al suo box agendo energicamente sui potenti freni a disco della sua Dtype, unico modello in corsa ad esserne dotato. Maklin, a sua volta, resosi conto dell’impossibilità di rallentare al punto di evitare il tamponamento della Dtype scarta a sinistra riportandosi oltre il centro della pista, andandosi a posizionare esattamente sulla traiettoria di Leveigh che sopraggiungeva a circa 137 Mph (circa 220Km/h). L’impatto fu inevitabile e la AH 100M fece da trampolino di lancio per la Mercedes che letteralmente decollando passò di fatto sopra la AH puntando a sinistra sulla barriera che divideva la pista dal pubblico, andandosi a schiantare contro un traliccio e praticamente esplodendo, lanciando motore e parte dell’anteriore a centinaia di metri tra il pubblico prendendo fuoco. La cronaca riportò un bilancio impressionante; 82 morti e 120 feriti. Alcuni superstiti raccontarono di un esplosione peggio di quelle che ricordavano delle bombe lanciate dagli aerei durante la Seconda Guerra Mondiale. Molti si interrogarono del motivo di tale fragore e di quell’esito, in virtù del fatto che anche le Mercedes sarebbero dovute rientrare per il cambio pilota ed i rifornimenti e per tale ragione non era con i serbatoi pieni di carburante. Si avviò un’indagine nei confronti della Mercedes, accusata di avere due serbatoi supplementari collocati nelle paratie a lato del pilota con del liquido altamente infiammabile per aumentare le prestazioni del motore, e pertanto non regolamentari, ma non si seppe mai la verità.

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La Mercedes 300SLR di Kling precede la vettura N° 20 di Levegh.

Il tipico ponte Dunlop simbolo del circuito.

La Nardi Bisiluro verso Le Mans ed in gara.


Altre domande rimasero sempre senza una risposta: perché Hawthorn, sapendo di doversi fermare ai box fece quel sorpasso per poi frenare bruscamente? Sicuramente era ben consapevole della potenzialità dei suoi freni, ma in quella manovra il risultato fu che si fermò 3 box più avanti del suo, e cioè a quello della Cunningham. Forse vedere Maklin dietro di sé impossibilitato a rallentare, lo indusse a rilasciare i freni? Non si sa e non si saprà mai: Hawthorn non lo dichiarò mai. Perché la Mercedes affidò la potente vettura ufficiale ad un pilota come Leveigh, che priva di problemi meccanici stava per essere già doppiato dopo neanche 3 ore di gara? La gara non fu interrotta malgrado l’accaduto, gli organizzatori si giustificarono che l’interruzione della gara avrebbe portato tutto il pubblico a lasciare il

circuito; va ricordato che all’evento si contavano circa 450mila persone disposte lungo i 13 km del circuito, e questo avrebbe compromesso la libertà di movimento dei mezzi di soccorso sulla viabilità ordinaria. Apparentemente sembrava un incidente normale, con una vettura andata a fuoco, dal punto di vista dei piloti, anche perché nella vettura di Maklin ferma a bordo pista non vi era il pilota a bordo e il corpo di Leveigh, deceduto nell’impatto e giacente a terra subito sotto la barriera fu rimosso rapidamente. La Mercedes stessa, in pista con Fangio che transitò quasi contemporaneamente al momento dell’impatto, proseguì fino a quando la direzione del team, resasi conto della gravità dell’evento, ritirò la coppia FangioMoss e Kling-Simon dalla gara in segno di lutto per il loro pilota e per gli spettatori deceduti. La vittoria andò alla coppia Hawthorn-Bueb che coprirono in 24 ore di gara 307 giri, seguiti dalla

Jaguar e Mercedes in corsa.

Partecipanti in corsa.

Team Porsche con le 550 Spyder.

La AH di Maklin prima del via.

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La AH dopo l’impatto.

Subito dopo l’impatto.

Aston Martin di Peter Collins-Paul Frere ma primi nella classe 3 litri. Pesanti i commenti della stampa nei confronti di Hawthorn che venne ritratto a bordo della sua vettura a brindare champagne a fine gara, ed in qualche modo ritenuto il pilota colpevole dell’innesco dell’incidente. Solo molto tempo dopo, ad indagini concluse, fu pubblicamente assolto dal fatto.

Le conseguenze.

Ciò che rimase della vettura di P. Levegh.

Un’immagine che rappresenta tutta la tragicità dell’impatto; le vittime vengono mestamente coperte da fogli di giornale.

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Nello stesso anno furono annullate alcune gare in campionato, tra le quali la Coppa Acerbo (Pescara), il Gran Premio di Germania e quello di Svizzera, proprio per i fatti rilevanti di Le Mans, al punto che da quell’anno in poi fu imposto il divieto di disputare gare automobilistiche sul territorio elvetico. La Mercedes decise di concludere la stagione agonistica 1955, anche perché era la candidata alla conquista del campionato del mondo di Formula1 che si aggiudicò con Fangio, ma interruppe da quel momento ogni sua partecipazione ufficiale fino al 1987. Questa gara rimane la più tragica manifestazione automobilistica di sempre per numero di morti e feriti ed assieme all’altra tragedia accaduta alla 1000 Miglia del 1957 e prima ancora sempre alla 1000 Miglia del 1938 a Bologna con dieci spettatori deceduti, esse decreteranno un radicale cambiamento nelle regole di svolgimento delle gare su pista e su strada.


Le Vetture e Piloti coinvolti. Team Jaguar Mike Hawthorn-Ivor Bueb , auto D-Type Team Mercedes Pierre Leveigh-John Fitch, auto MB 300SLR Team Maklin Lance Maklin-Les Leston, auto Austin Healey 100S La Jaguar portava in gara ufficialmente tre vetture Dtype, mentre una quarta era sotto gli stemmi della scuderia Belga Francorchamp, più una del team americano Cunningham. D Type Innovativa per l’adozione dei freni a disco, di 3,4 litri, era inserita nella classe 5 litri. La Mercedes con la 300slr, di 3 litri, era inserita nella classe 3 litri (2.982 cc); 8 cilindri 310 hp, derivata proprio per l’occasione di LeMans 55 dalla vettura di Formula 1, in configurazione scoperta. Mecedes Utilizzava una versione simile ma con carrozzeria chiusa, per le gare su strada, come la 1000 miglia, derivate dalla stradale 300SL Gullwing. L’innovazione per la gara prevedeva il sistema di freno aerodinamico denominato Air-Brake, azionato per mezzo di una leva dal pilota, che aumentando l’impatto frontale con l’aria procurava un rallentamento forzato; una sorta di mega alettone basculante. Ferrari: tre quelle ufficiali con il modello 121LM da 4,4 litri a 6 cilindri in linea, con una carrozzeria molto simile alle 750 Monza. Nutriti i team Porsche e Triumph. Il primo schierava le 550 Spyder motorizzate 1500cc affiancate da una versione da 1100 cc, sempre nello schema classico 4 cilindri boxer, che risulterà vincitrice di classe 1100 e tredicesima assoluta. Triumph portava in gara 3 TR2 tutte arrivate al traguardo. Ottimo risultato anche per il team Bristol Aeroplane, che con le 450C da due litri a sei cilindri piazza una di seguito a l’altra al 7° (anche prima di classe 2 litri), 8° e 9° posto della classifica generale .

Hawthorn, a sinistra e Bueb a destra al termine della gara.

La 300 SLR con air brake chiuso e aperto.

60 vetture le partenti, 21 quelle che riuscirono a concludere la gara; l’ultima classificata la Cooper T39 con motore Coventry Climax di 1100 cc che compì 207 giri nelle 24 ore confronto alla Jaguar di Hawthorn che nello stesso tempo di giri ne percorse 307.

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Mike Hawthorn: inglese, 1929-1959; il primo pilota britannico a vincere il campionato del mondo di F1. La maggior parte della sua carriera la trascorse nel Team Ferrari; ritiratosi dalle corse nel 1958 a soli 29 anni dopo la conquista del titolo mondiale. Grande antagonista di Manuel Fangio.

Ivor Leon Bueb: inglese, 1923-1959: pilota principalmente di Formula 3 e 2. Vincitore due volte a Le Mans, la prima nel 1955 e la seconda nel 1957 in coppia con Ron Flockhart. Deceduto in una gara di Formula 2 in Francia a bordo della Cooper-Borgward.

Pierre Levegh: francese, 1905-1955; due stagioni in campionato mondiale con la Talbot nel 1950 e 51 sempre ritirato. Ossessionato dalla 24h di Le Mans, con l’obiettivo di vincerla a tutti i costi, anche confrontandosi con i big Mercedes, Ferrari e Jaguar. Fu proprio questa sua ostinazione che nel 1952 quasi riuscì nell’impresa a bordo di una Talbot Lago. Vettura personale acquistata e preparata con le proprie finanze e per una sorta di fortuna ed un pizzico di incoscienza riuscì ad andare in testa alla gara. Ciò fu reso possibile dal minor numero di soste ai box e dalla sua testardaggine di non voler cedere il posto alla seconda guida, o quanto meno a ridurre i cambi rispetto a quelli previsti. Solo verso la fine gara, a poche ore dal termine, la Mercedes si rese conto del “pericolo” Levegh, impressionando il team manager Neubauer. Levegh, stremato dallo sforzo, ma incitato dal pubblico francese che ambiva ad una vittoria di un loro conterraneo, dopo un numero impressionante di ore alla guida sbagliando una cambiata mandò in frantumi il cambio della sua vettura e con essa anche il sogno di vittoria. Neubauer, al rientro ai box si lasciò andare ad una promessa, quasi per premiare tanta determinazione, offrendogli una vettura Mercedes per la 24H alla prima occasione utile; quella appunto del 1955. Oramai cinquantenne e forse non in grado di gestire quella che veniva ritenuta la migliore vettura da corsa del momento, concluse così tragicamente la sua carriera.

John Fitch: americano, 1917-2012 solo due presenze in Formula 1 nel 1953 e 1955, ma senza risultati. Specialista nelle gare endurance. Dopo la morte del suo compagno di vettura Levegh, dal 1955 si dedicò intensamente alla sicurezza delle vetture da competizione, essendo tra l’altro ingegnere e progettista delle barriere che portano il suo nome e che sono tutt’ora utilizzate.

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Lance Maklin: inglese, 1919-2002; partecipò dal 1952 al 1955 al campionato del mondo con una HWM, in un totale di 15 GP senza mai acquisire punti. Noto soprattutto per essere il figlio di Noel, fondatore della Invicta e della Railton. Altre partecipazioni sempre con vetture private.

Les Leston: inglese, 1920-2012; solo tre GP di Formula 1 disputati tra il 1956 ed il 1957, mentre vinse il campionato di Formula 3 nel 1954 come pilota ufficiale della Cooper.

Jaguar e Porsche: prima assoluta e prima di classe 1,5litri con Helmut Polensky e Richard von Frankenberg. 284 giri compiuti in 24 ore.

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j-everyway

“Altra” dalla Jaguar E-type

Testo di Mario Gomboli, direttore della casa editrice Astorina. Per le immagini di questo articolo ©Astorina srl.

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Anche nella seconda stagione, in edicola a partire da marzo 2017, DK continuerĂ a guidare il suo bolide. Qui in anteprima una delle spettacolari pagine che lo vedranno in azione.

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N

el 2015, dopo lunga gestazione (il progetto, raccolto nel volume Work in progress, data 2012) è apparso in edicola DK. Il personaggio è dichiaratamente ispirato al Re del Terrore, una sorta di Diabolik 2.0 “altro” dall’originale per mille dettagli: il taglio “americano” delle sceneggiature e del formato; il panorama avveniristico in cui sono ambientate le sue avventure; la libera impaginazione dei disegni (a colori) e il diverso ruolo dei comprimari che pure – esteticamente – ricordano quelli della serie originale. Per non parlare della ragnatela di cicatrici che marcano il corpo del personaggio principale, dal sopracciglio destro al petto attraversato dalla classica Y da autopsia.

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In questo contesto anomalo quanto innovativo non poteva, ovviamente, trovare spazio la storica E-type. Ma, trattandosi di una sorta di restyling della serie originale, coerentemente gli autori hanno deciso di mettere sin dalle prime pagine il titolare di testata

al volante della Jaguar F-type a sua volta sorta di restyling della indimenticabile “nonna”. Dotandola comunque dei trucchi più spettacolari, nel rispetto della diabolika tradizione, e della stessa, rombante voce: WROOOM!

…trattandosi di una sorta di restyling della serie originale, coerentemente gli autori hanno deciso di mettere sin dalle prime pagine il titolare di testata al volante della Jaguar F-type a sua volta sorta di restyling della indimenticabile “nonna”.

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Nel 2006, nell’episodio “Dietro il sipario”, Diabolik sostituì la sua E-type con il nuovo modello Jaguar, ovviamente superaccessoriato a modo suo. Per celebrare l’evento l’ufficio stampa di Jaguar realizzò, in tiratura limitatissima, un’edizione cartonata dell’albo destinata ai concessionari. Edizione oggi ricercatissima dai collezionisti.

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excellence

Frida sbarca a Londra

Disegnata da Odo Fioravanti e vincitrice del Compasso d’Oro, la seduta arreda il nuovo locale nella capitale inglese foto: Pedrali Spa

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edrali continua il dialogo con i migliori ristoranti di tutto il mondo: la sedia Frida, uno dei prodotti più prestigiosi dell’azienda italiana, è ora entrata a far parte degli arredi del nuovo ristorante londinese Olivo. Situato al civico 21 di Eccleston Street, a poca distanza dai giardini di Buckingham Palace, Olivo punta a diventare una meta da non perdere nella capitale del Regno Unito per gourmet di respiro internazionale. Buona cucina mediterranea e un contesto pregevole dal punto di vista architettonico sono gli “ingredienti” principali del nuovo ristorante. Su un fronte strada rigorosamente rispettoso della tradizione Vittoriana londinese si apre l’accesso al locale, i cui interni, curati dall’architetto Pierluigi Piu, sono caratterizzati da toni scuri e luce soffusa che creano un ambiente accogliente e intimo. Il piccolo atrio d’ingresso porta alla sala da pranzo principale, dominata da un “arazzo” in pietra che riprende i motivi decorativi degli antichi tessuti della tradizione sarda definiti da pibiòne, una sorta di chicchi in rilievo formati da piccoli anelli eseguiti con filato di trama. Le pareti di tutto il locale sono trattate con una resina nelle calde e scure tonalità del grigio tortora e caffè bruciato che, producendo un effetto di diffusa penombra, esaltano i bassorilievi color seppia e danno risalto al tovagliato in lino naturale. A completare l’arredo spicca la sedia Frida, disegnata da Odo Fioravanti e vincitrice del Premio Compasso d’Oro ADI nel 2011, proposta nella versione tinto wengé. Una seduta che racchiude una tecnologia raffinata e che rappresenta un punto di riferimento nella lavorazione del legno. Grazie alla sovrapposizione di una scocca in multistrato curvato tridimensionale di soli 3,5mm ad una struttura in rovere massello a sezioni variabili, la seduta risulta particolarmente leggera (pesa solo 2,7 kg) e quindi adatta a contesti lavorativi dinamici come i ristoranti.

Pedrali Pedrali è un’azienda italiana che produce elementi d’arredo dal design contemporaneo per gli spazi pubblici, l’ufficio e la casa. La collezione è il risultato di una ricerca rigorosa e attenta per creare prodotti di disegno industriale funzionali e dalle forme originali in materiale plastico, metallo, legno e imbottito, anche in combinazione tra loro. La filosofia 100% Made in Italy trova concretezza nella produzione interna effettuata negli stabilimenti di Manzano (Udine) e di Mornico al Serio (Bergamo), dotato di un nuovo magazzino automatico progettato dall’arch. Cino Zucchi. La sperimentazione di tecnologie produttive, l’utilizzo di materiali diversificati e la collaborazione con numerosi designer ha permesso di ottenere importanti riconoscimenti come il Compasso d’Oro ADI per la seduta Frida.

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Periodico trimestrale dedicato agli appassionati di Jaguar Registrato al n.4 del Registro dei Periodici del Tribunale di Pesaro

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