Jag mag n. 06

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numero

06

Anno II - Periodico Trimestrale - Euro 8,00

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News

People

Story

XF Sportbrake

Gianni Orlandini

Frua

XE SV Project 8

Big John

Formula 1 Challenge



la foto La Jaguar I-Pace Concept scende in strada per la prima volta.

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edito

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he bello sarebbe salire in auto, impostare la destinazione su un touch screen e lasciarsi trasportare comodi fino alla meta. Il crescente interesse degli automobilisti verso i sistemi di assistenza alla guida evoluti, in grado di prendere i comandi della vettura in maniera autonoma e, in alcuni casi, mantenendo velocità e distanza di sicurezza, leggendo i segnali stradali, intervenendo sui freni in caso di emergenza ecc., sta spingendo le Case automobilistiche ad investire denaro ed energie in questa direzione, per arrivare alle tanto annunciate auto a guida autonoma, in grado cioè di arrivare a destinazione da sole, senza che l’uomo tocchi i comandi. L’obiettivo per le Case automobilistiche è quello di offrire un sistema autonomo di livello 4, in cui la vettura può guidare in totale autonomia in specifiche condizioni. Ma nonostante i proclami delle aziende automotive, passerà ancora molto tempo prima di vedere sulle nostre strade un’auto che permetterà di leggersi un libro mentre si è seduti alla “guida”. Questo periodo temporale, oltre allo sviluppo tecnologico, è legato a problemi normativi, ma soprattutto ad una rete stradale e di infrastrutture non propriamente aggiornata. Mentre aspettiamo questi modelli, che ne dite se iniziassimo a sistemare le strade in modo civile e decoroso, magari dando anche un’occhiata allo stato di qualche ponte o viadotto prima che venga giù? Dato che le future auto “intelligenti” non saranno mai capaci di prendere decisioni di fronte ad uno scenario non previsto dai programmatori.

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sommario News 8 14 16 18 22 28 32 34

Nuova XF Sportbrake Andy Murray presenta la nuova XF Sportbrake E-Pace XE SV Project 8 4 cilindri per la F-Type I-Pace on the road! F-Pace Best and most beautiful car in the world Amatrice: il Giardino degli Alberi

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design 36

Hundreds of Sketches

people 40 90

Gianni Orlandini 1953 Jaguar XK120 FHC Big John

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Auctions 46 49

Grandad’s Jag comes home MK IV Saloon 1948 Spirito Jaguar

Cultura 44

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Star Wars Identities

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Aprile - Maggio - Giugno 2017

events 50 62 64 68

Jaguar Classic International Meeting Jaguar Day nella Repubblica di S. Marino JAG-Lovers in Umbria e sul Lago Maggiore Trieste, Regina di Motori

place 52

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Terme di Saturnia Spa & Golf Resort

Story 72 78 84

Un paio di esemplari unici I ruggenti Anni 50 della Jaguar Seconda parte Formula 1 Challenge

ICONS 56

La Primavera nel vestire Voglia di fiori e colori nella moda del ’900

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excellence 94

90 anni di Mille Miglia The Exibition

03 04 17 71 77

La foto: Jaguar I-Pace Concept Edito La foto: Mitch Evans in Jaguar I-Type La foto: Jaguar Mark 2 1959 La foto: C-X75 Concept 11MY

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NEWS

nuova xf sportbrake

La nuova Jaguar XF Sportbrake: grazia, spazio e velocità per il 21° secolo.

foto: Media Jaguar

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L

a nuova XF Sportbrake reintroduce Jaguar nel segmento premium delle station wagon grazie ad una coinvolgente combinazione di design, dinamicità nella guida e tecnologie avanzate che la rendono una protagonista assoluta. Definisce dei nuovi standard in termini di praticità e comodità con funzionalità e tecnologie che rendono ogni viaggio più sicuro e più rilassato. La combinazione di spazio ed efficienza rendono la Sportbrake la compagna perfetta di conducenti con uno stile di vita dinamico. Con un design che conserva nella parte frontale le linee distintive della berlina, la nuova XF Sportbrake

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incarna il DNA dello stile Jaguar, con una linea del tetto che attira gli sguardi e la distingue dalla concorrenza. La sua silhouette elegante rende il profilo dinamico e deciso, in grado di modificare completamente la quantità di spazio a disposizione. L’interno offre un abitacolo comodo e accogliente, con la luce naturale che filtra dal tetto panoramico di 1,6 m2. I passeggeri posteriori beneficiano di un maggiore spazio per le ginocchia e per la testa, mentre il pratico bagagliaio può contenere 565 litri. La nuova XF Sportbrake si basa sul successo della berlina e dispone di avanzate tecnologie come la trazione integrale (AWD) e la struttura in alluminio


che hanno consentito alla XF di vincere numerosi premi. La Sportbrake è equipaggiata inoltre con i recenti propulsori della famiglia Ingenium di Jaguar Land Rover. La configurazione della sospensione è stata appositamente tarata per conformarsi agli standard previsti nel segmento delle premium wagon. L’assetto rigido e confortevole conferisce alla spaziosa station wagon la firma Jaguar: un’auto di ispirazione sportiva, facile da guidare e reattiva nella risposta. La sospensione pneumatica posteriore autolivellante è disponibile di serie e consente alla XF Sportbrake di mantenere il suo equilibrio anche a pieno carico. Il sistema opzionale Jaguar Configurable Dynamics permette al guidatore di ottimizzare le impostazioni dello sterzo, della trasmissione e dell’acceleratore. Grazie all’Adaptive Dynamics, si potranno regolare le impostazioni della sospensione per un’esperienza di guida ancora più personalizzata. Gli avanzati sistemi sviluppati da Jaguar Land Rover, come l’ASPC (All Surface Progress Control), l’Adaptive Surface Response (ASR) e l’Intelligent Driveline Dynamics (IDD), consentono alla Sportbrake il medesimo comportamento della berlina in caso di scarsa aderenza o nelle curve più impegnative. Coloro che cercano la massima affidabilità possono usufruire della trazione AWD e del sistema che elimina gli evidenti interventi elettronici e il sottosterzo tipici delle vetture a trazione integrale. Di conseguenza, la XF Sportbrake AWD manterrà inalterata la reattività dello sterzo e soprattutto l’impostazione di guida a trazione posteriore caratteristica del marchio Jaguar. La XF Sportbrake dà continuità alla leadership di Jaguar nelle strutture in alluminio, offrendo una struttura più rigida e più leggera della versione precedente. Dotata di un innovativo portellone posteriore monoblocco in polimero, offre una distribuzione 50:50 quasi perfetta del peso anteriore e posteriore,

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che rappresenta la base della sua eccezionale maneggevolezza e efficienza. Con i suoi 4.955 mm, la nuova Sportbrake è 6 mm più corta del modello precedente, ma il suo interasse è stato allungato di 51 mm arrivando a 2.960 mm. Questo ottimizza lo spazio posteriore per le gambe e per il vano di carico, contribuendo a migliorare la qualità di viaggio. Il coefficiente di resistenza aerodinamica di 0,29 contribuisce a ridurre le emissioni di CO2. Le motorizzazioni Jaguar Land Rover benzina e diesel di ultima generazione, a quattro e sei cilindri, offrono prestazioni, efficienza e capacità di traino. «La XF Sportbrake è l’incarnazione di tutto ciò che rappresenta il nostro marchio, portando il design e la dinamicità di guida Jaguar a creare veicoli che stimolano i sensi e sostengono stili di vita attivi. Le sue performance, il suo stile elegante e le sue tecnologie all’avanguardia consentiranno ad una nuova generazione di clienti di guidare e di appassionarsi al marchio Jaguar». Steven de Ploey Jaguar Global Marketing Strategy and Planning Director La nuova XF Sportbrake è la scelta perfetta per chi ha stili di vita dinamici e dispone di una serie di nuove funzionalità che aumentano la praticità della premium wagon Jaguar. Queste includono la tecnologia Tow Assist e l’Activity Key, che consente agli utenti di praticare sport o di godere di attività all’aperto senza il timore di perdere la chiave. I conducenti possono anche impostare la massima apertura del portellone per evitare danni in aree ad altezza ridotta, come i parcheggi e le autorimesse a più piani. La filtrazione e la ionizzazione dell’aria nell’abitacolo rimuovono le sostanze inquinanti che entrano nel veicolo, a favore della salute e del benessere, mentre i comandi a modalità gestuale per il portellone e il parasole del tetto panoramico sottolineano l’impegno di XF Sportbrake verso la massima comodità. A bordo è disponibile una suite completa di sistemi

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di assistenza e di sicurezza per il conducente, come ad esempio il Jaguar Driver Condition Monitor, che esamina una serie di input per rilevare i segni di sonnolenza e avvisare il guidatore quando si rende necessaria una pausa. La nuova XF Sportbrake viene costruita nello stabilimento Jaguar Land Rover di Castle Bromwich. Al momento del lancio nel mercato italiano saranno commercializzate solamente le versioni abbinate alla trazione integrale AWD.


Nuova gamma XF Sportbrake • XF Sportbrake Pure • XF Sportbrake Prestige • XF Sportbrake Portfolio • XF Sportbrake R-Sport • XF Sportbrake S

Le motorizzazioni Diesel 163 CV 2,0 litri manuale e automatico; trazione posteriore. 180 CV 2,0 litri automatico; trazione posteriore e AWD. 240 CV 2,0 litri automatico; AWD 300 CV 3,0 litri V6 automatico; trazione posteriore. Benzina 250 CV 2,0 litri automatico; trazione posteriore e *AWD. **380 CV 3,0 litri V6 automatico; trazione integrale. * Disponibile solamente in Cina; ** Non disponibile nel Regno Unito e nella Comunità Europea

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Andy

Murray

presenta la nuova XF Sportbrake 14

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Jaguar festeggia i primi dieci anni di XF presentando la nuova versione wagon. foto: Media Jaguar

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ndy Murray, iI numero uno del tennis mondiale, ha presentato la nuova station wagon Jaguar. Il due volte campione di Wimbledon ha svelato la nuova Jaguar XF Sportbrake prima di posizionare il suo prezioso trofeo di Wimbledon all’interno dell’auto e farlo partire per un tour in tutto il Regno Unito per ispirare la prossima generazione di tennisti. Jaguar è Official Car Partner dei Campionati di Wimbledon e, per celebrare questa partnership, il reveal dell’auto si è svolto su una riproduzione del celebre Centre Court ed è stato trasmesso live su Facebook (www.facebook.com/Jaguar/).

«Vincere il mio primo titolo importante dieci anni fa è stato un momento fantastico, la ricompensa per tutto il duro lavoro fatto nella mia vita. Mi sento molto fortunato ad essere arrivato dove sono oggi e spero che tutti gli appassionati di tennis possano avere l’opportunità di giocare e di migliorare.Lasciare il trofeo sarà difficile, ma non c’è vettura migliore della XF Sportbrake per portarlo in tour nel Regno Unito. Quando arriverà nelle scuole o nei club di tennis sono felice che la gente abbia l’opportunità di vederlo da vicino e spero possa incoraggiare le persone a prendere una racchetta in mano questa estate». Andy Murray Numero uno del tennis mondiale

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E-Pace

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aguar presenta la E-PACE, il suo nuovo SUV compatto ad alte prestazioni. Entrando a far parte della famiglia dei SUV prestazionali Jaguar, la E-PACE segue le orme della F-PACE, che nel precedente Fiscal Year ha contribuito ad aumentare le vendite Jaguar dell’83%, e della Concept elettrica I-PACE che entrerà in produzione nel 2018. La E-PACE adotta la trazione integrale AWD Jaguar ed è equipaggiata con i prestazionali motori Ingenium, sia diesel che benzina, e con una vasta gamma

foto: Media Jaguar

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di tecnologie per la sicurezza e la massima interazione con la vettura. Il SUV compatto ad alte prestazioni sarà presentato al mondo il 13 luglio.

«La combinazione tra un design sportivo e le tipiche prestazioni Jaguar garantirà alla E-PACE di primeggiare nel suo segmento. Ogni Jaguar viene progettata per eccitare i sensi e riteniamo che la E-PACE riesca in questo intento pur mantenendo la propria spiccata personalità». Ian Callum Jaguar Director of Design


la foto Mitch Evans in the Jaguar I-TYPE Berlin ePrix - Day 1 - 10 June 2017

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XE SV Project 8 Svelata la Jaguar dalle prestazioni piĂš estreme di sempre.

foto: Media Jaguar JAG mag www.jagmag.it

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aguar Land Rover Special Vehicle Operations (SVO) presenta oggi la Jaguar più potente, più agile e più estrema di sempre: la nuova XE SV Project8. Una versione prototipo con una speciale livrea camo SVO Design di questa berlina sportiva da 600 CV, in grado di offrire prestazioni da supercar, si trova attualmente per un ciclo di test sull’estenuante circuito del Nürburgring Nordschleife. Con questa versione elaborata del 5,0 litri V8 sovralimentato di Jaguar Land Rover, la Project 8 diventerà la seconda Auto Collector’s Edition del reparto SVO, dopo il lancio nel 2014 della Jaguar F-TYPE Project 7. Saranno realizzate non oltre 300 unità, tutte assemblate a mano presso il centro tecnico di SVO a Coventry che saranno vendute in tutto il mondo.

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John Edwards, Managing Director Jaguar Land Rover Special Operations ha dichiarato: «È giunto il momento per l’SVO di produrre la più estrema vettura stradale nella storia di Jaguar. Il team SVO è alimentato dallo spirito delle alte prestazioni ed è impegnato continuamente nell’offrire l’esperienza di guida più emozionante possibile. In tutto il mondo i nostri clienti sono stati entusiasti della F-TYPE Project 7. La nuova XE SV Project8 porta l’aerodinamica e l’ingegneria delle prestazioni ad un livello ancora più elevato: è concepita per gli

appassionati e per i collezionisti più esigenti. Il suo prezzo rifletterà il concetto di essere una vettura sportiva dalle prestazioni così estreme e disponibile in numero limitato di esemplari». Le specifiche complete sulla Jaguar XE SV Project8 saranno disponibili dal 28 giugno sul sito www.jaguar. com, prima del suo debutto mondiale il 30 giugno al Goodwood Festival of Speed in West Sussex, nel Regno Unito.

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4 cilindri per la

f-type La Jaguar F-Type dotata di un motore benzina Ingenium sovralimentato a quattro cilindri è una vera sportiva ancora più agile ed efficiente. foto: Media Jaguar

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on l’introduzione dei nuovissimi motori a benzina quattro cilindri Ingenium, Jaguar si appresta ad aumentare il fascino della nuova F-TYPE. Si allarga in questo modo la pluripremiata famiglia della sportiva Jaguar, che ora parte dal modello entry-level a quattro cilindri fino ad arrivare alla F-TYPE SVR, la supercar per tutte le stagioni da oltre 320 km/h di velocità massima. L’abbinamento tra la due posti Jaguar interamente in alluminio con l’avanzato propulsore 2,0 litri sovralimentato da 300 CV conferisce a questa vettura dal DNA sportivo una maggiore agilità oltre a una maggiore efficienza ed affidabilità. Il suo temperamento unico la rende una F-TYPE a tutti gli effetti.

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Con una velocità massima di 249 km/h e un’accelerazione da 0 a 100 km/h di soli 5,7 secondi, questa versione mantiene inalterate le aspettative prestazionali della F-TYPE. L’elevata coppia massima di 400 Nm del motore sovralimentato, generata a partire da 1.500 giri/min., insieme al cambio Quickshift a otto velocità, offre una risposta eccezionale a tutti i regimi. Questo motore Ingenium da 300 CV non è solo il più potente quattro cilindri mai prodotto da Jaguar, ma è anche il propulsore con la più elevata potenza specifica di qualsiasi altra unità presente sulla F-TYPE: 150 CV per litro. Questa versione è anche la più efficiente di tutta la gamma F-TYPE, grazie ad un risparmio di carburante del 16% rispetto al V6 da 340 CV e alle emissioni di CO2 di soli 163 g/km nel ciclo combinato europeo.

«L’introduzione del nostro avanzato motore a quattro cilindri nella F-TYPE ha dato vita ad una vettura dal carattere molto distintivo. Le prestazioni di un motore di queste dimensioni sono davvero notevoli e sono state bilanciate grazie ad un maggiore rendimento e minori consumi di carburante, rendendo l’esperienza F-TYPE più accessibile che mai». Ian Hoban Jaguar F-TYPE Vehicle Line Director

Una serie di avanzate tecnologie consente al motore Ingenium di offrire un perfetto mix tra elevate prestazioni e ridotti consumi. Nella testata è stato accuratamente inserito un attuatore elettroidraulico allo stato dell’arte dotato di algoritmi di controllo brevettati sviluppati direttamente da Jaguar. Questa tecnologia consente una gestione totalmente variabile dell’alzata della valvola di aspirazione per avere efficienza, potenza e in tutto il range di azione del motore. Il collettore di scarico è stato integrato nella testata del motore. Il liquido di raffreddamento, che fluisce

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nel collettore attraverso i condotti riduce i tempi di riscaldamento e di conseguenza sia il consumo di carburante che le emissioni. Il collettore è stato attentamente abbinato a un turbocompressore twin-scroll. Questa geometria previene le interferenze generate dalla pulsazione dei gas di scarico, in modo che la girante della turbina risponda molto più rapidamente: la pressione di sovralimentazione viene erogata quasi istantaneamente, rendendo il ritardo del turbo quasi inesistente e offrendo la rinomata reattività nella risposta della F-TYPE. Per garantire le migliori prestazioni in partenza e la migliore risposta transiente possibile, pur consentendo al tempo stesso al motore di sviluppare il suo picco di potenza, il turbocompressore è stato equipaggiato di cuscinetti a sfera ceramici. Questi offrono un ridotto attrito, specialmente nelle partenze a freddo. Il sistema di iniezione diretta a 200 bar dispone di iniettori montati in posizione centrale. Insieme con gli ottimizzati schemi di nebulizzazione, questa tecnologia aiuta a minimizzare l’impatto del carburante sulle pareti del cilindro e sulle teste dei pistoni, migliorando l’efficienza e riducendo le emissioni. Come tutti i membri della famiglia Ingenium, il propulsore da 300 CV della F-TYPE è stato progettato e sviluppato in-house e viene prodotto nel Regno Unito presso l’Engine Manufacturing Center di Jaguar Land Rover costato 1 miliardo di sterline, insieme ai motori a benzina quattro cilindri da 200 e 250 CV e ai motori diesel quattro cilindri da 150, 163, 180 e 240 CV. Il motore Ingenium contribuisce a una riduzione del peso complessivo del veicolo di 52 kg, di cui la maggior parte sull’asse anteriore, un elemento fondamentale per la maggiore agilità della F-TYPE a quattro cilindri. La meticolosa messa a punto del telaio consente di offrire una maggiore risposta dello sterzo, del corpo vettura e un maggior comfort di marcia.

L’introduzione del quattro cilindri non comporta per i guidatori una perdita in termini di guidabilità o feedback sonoro, da sempre una parte essenziale del fascino della F-TYPE. I modelli entry-level sono equipaggiati di serie con uno scarico attivo scrupolosamente calibrato, mentre le varianti R-Dynamic dispongono di uno scarico attivo commutabile per un’esperienza di guida ancora più coinvolgente.

«La maggior parte della riduzione del peso è stata apportata sull’asse anteriore, rendendo la vettura ben bilanciata e molto agile da guidare, pienamente a suo agio soprattutto sui percorsi più tortuosi. Grazie all’abbinamento tra le rinnovate prestazioni e una sonorità dello scarico da quattro cilindri, questa F-TYPE ha una personalità molto spiccata. Mi piace pensare a questo modello come ad un grintoso fratello minore del V6 e del V8». Erol Mustafa Jaguar Sports Cars Chief Product Engineer

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Nuova gamma F-TYPE • F-TYPE Coupé e Cabrio 2,0 litri quattro cilindri da 300 CV, cambio Quickshift e trazione posteriore; 3,0 litri V6 da 340 CV, cambio Quickshift e trazione posteriore / cambio manuale e trazione posteriore; 3,0 litri V6 da 380 CV, cambio Quickshift con trazione posteriore o integrale / cambio manuale e trazione posteriore.

• F-TYPE R-Dynamic Coupé e Cabrio 2,0 litri quattro cilindri da 300 CV, cambio Quickshift e trazione posteriore; 3,0 litri V6 da 340 CV, cambio Quickshift e trazione posteriore / cambio manuale e trazione posteriore; 3,0 litri V6 da 380 CV, cambio Quickshift con trazione posteriore o integrale / cambio manuale e trazione posteriore.

• F-TYPE 400 SPORT Coupé e Cabrio 3,0 litri V6 da 400 CV, cambio Quickshift con trazione posteriore o integrale.

• F-TYPE R Coupé e Cabrio 5,0 litri V8 da 550 CV, cambio Quickshift e trazione integrale.

• F-TYPE SVR Coupé e Cabrio 5,0 litri V8 da 575 CV, cambio Quickshift e trazione integrale.

La Jaguar F-TYPE Model Year 2018 presenta dei miglioramenti visivi che conferiscono alla sportiva una possente prestanza stradale. I paraurti ridisegnati, insieme con i fari interamente a LED migliorano il design della F-TYPE e consentono una maggiore diversificazione tra i vari modelli della gamma. Nella parte posteriore, la versione quattro cilindri presenta un terminale di scarico singolo che lo distingue dal doppio scarico centrale dei modelli V6 e dai quadrupli scarichi esterni dei modelli V8. Anche i cerchi in lega leggera da 18 pollici sono un segno distintivo della neoarrivata nella gamma F-TYPE e contribuiscono a ridurre al minimo la massa non sospesa, migliorando la guidabilità e la maneggevolezza. I cambiamenti apportati agli interni della F-TYPE, tra cui i leggeri sedili slimline, il sistema d’infotainment Touch Pro e le nuove finiture cromate e in alluminio, aumentano la sensazione di massima focalizzazione sul guidatore. Un elegante specchio retrovisore senza cornice aggiunge un altro tocco contemporaneo.

«Mantenere inalterata la silhouette della F-TYPE in tutta la gamma di modelli è veramente importante per noi, sia che si tratti della nuova SVR da oltre 320 km/h o del nuovo a quattro cilindri da 2,0 litri. Questa è una vera sportiva Jaguar e un’autentica F-TYPE e non volevamo diluire il suo DNA stilistico. Anche in questa versione, il suo carattere resta unico e il terminale di scarico singolo esemplifica tutto ciò». Ian Callum Jaguar Director of Design

La nuova gamma F-TYPE offre anche una vasta suite di avanzati sistemi di assistenza alla guida, supportati dall’integrazione di una sofisticata telecamera anteriore e comprendono l’Autonomous Emergency Braking, il Lane Departure Warning e il Lane Keep Assist, il Traffic Sign Recognition, l’Adaptive Speed Limiter e il Driver Condition Monitor.

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i-pace

on the road! 28

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I-PACE Concept, la prima vettura elettrica di Jaguar che sarà lanciata nel 2018, per le strade di Londra. foto: Media Jaguar

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-PACE, il primo veicolo elettrico di Jaguar, è sceso in strada per la prima volta. Girando per il famoso Olympic Park di Londra, il performante concept SUV rappresenta l’anteprima di Jaguar I-PACE che sarà presentata alla fine del 2017 e sarà su strada nella seconda metà del 2018.

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«Il feedback ricevuto sulla Jaguar I-PACE Concept è stato fantastico. Abbiamo infranto tutte le regole per creare un veicolo con un look da supercar, prestazioni sportive e la versatilità di un SUV. Ha sorpreso molte persone e l’entusiasmo generato dal nostro primo veicolo elettrico ha superato le mie aspettative. Guidare la concept in strada e vederla nel mondo reale è molto importante per i progettisti. In questo modo è possibile cogliere il vero valore della spettacolare silhouette e delle possenti proporzioni della vettura rispetto alle altre. I-PACE Concept incarna il design della futura generazione di veicoli elettrici. Per me, il futuro dell’automobilismo è già arrivato». Ian Callum, Jaguar Director of Design Grazie alla sua batteria agli ioni di litio da 90 kWh, I-PACE sarà uno sprinter sulla lunga distanza in grado di accelerare da 0 a 100 km/h in circa 4 secondi

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e con un’autonomia di oltre 500 km (nel nuovo ciclo di guida europeo NEDC). La ricarica è facile e veloce, con l’80% disponibile in appena 90 minuti utilizzando una ricarica da 50 kW a corrente continua. I compatti e leggeri motori elettrici negli assali anteriori e posteriori generano una potenza combinata di 400 CV e 700 Nm di coppia e offrono tutti i vantaggi della trazione integrale in ogni condizione climatica. I-PACE offrirà anche quell’agilità, quel comfort di guida e quella raffinatezza che le consentiranno di distinguersi dagli altri veicoli elettrici: sarà un’autentica Jaguar ed una vettura per veri appassionati di auto. Per essere uno tra i primi proprietari della Jaguar I-Pace, è possibile visitare il sito www.jaguar.it e registrare il proprio interesse attraverso la compilazione del form “Ne voglio una”.


STELI MILANO

stelimilano.com


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F-Pace “Best and most beautiful car in the World” foto: Media Jaguar

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opo il successo ottenuto ai World Car Awards 2017 vincendo i prestigiosi titoli di World Car of Year e World Car Design of the Year 2017, la Jaguar F-PACE è ufficialmente la “best and most beautiful car in the world”. Il performante SUV è il modello venduto più velocemente che Jaguar abbia mai prodotto e, in 13 anni di storia dei World Car Awards, è il secondo veicolo a realizzare questa storica doppietta. Per vincere entrambi i titoli, la F-PACE ha battuto la concorrenza nella votazione effettuata da 75 importanti giornalisti del settore automotive provenienti da 24 paesi.


Questi premi rappresentano il primo successo per Jaguar ai World Car Awards. La berlina sportiva XE è stata una delle finaliste per il titolo di World Car Design of the Year 2016. La F-PACE ha trionfato su finaliste del calibro di Audi Q5 e Volkswagen Tiguan per aggiudicarsi il premio come World Car of the Year 2017. La giuria dei World Car Awards è composta da influenti giornalisti del settore automotive e per vincere il premio di World Car Design of the Year 2017 la F-PACE ha dovuto battere in finale la concorrenza di Mercedes-Benz con la sua S-Class Cabriolet e di Toyota con la C-HR. La F-PACE è il primo SUV Jaguar ad alte prestazioni e il suo debutto ha fatto registrare una crescita delle vendite attraendo nuovi clienti verso il marchio. La F-PACE è disponibile con diverse motorizzazioni,

che partono dall’efficiente e innovativo 2,0 litri quattro cilindri diesel Ingenium, con emissioni di CO2 di 126g/km fino ad arrivare alla versione V6 benzina sovralimentata da 380 CV, che arriva a 100 km/h in appena 5,5 secondi. Gli ultimi 12 mesi hanno visto il lancio di tre nuove linee di prodotto e la crescita in termini di successo di molti degli attuali modelli. Le vendite sono in costante aumento e attualmente Jaguar è il marchio automobilistico in più rapida ascesa. In Italia, con 4.942 Jaguar vendute nell’anno 2016, di cui ben 2.296 unità erano F-Pace, il brand ha registrato un incremento del 204% sul risultato di vendita raggiunto nel 2015. Le 1.724 vendite Jaguar registrate nel 1° trimestre 2017, di cui 1.195 F-Pace, fanno registrare un incremento del 105% rispetto al risultato ottenuto nel 1° trimestre 2016.

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amatrice: Il giardino degli alberi

È

stato inaugurato oggi ad Amatrice il nuovo “Giardino degli Alberi” alla presenza della Vice Sindaco di Amatrice, Patrizia Catenacci e di Daniele Maver, Presidente Jaguar Land Rover Italia. Nel centro di Amatrice, in piena zona rossa, proprio davanti alla Chiesa di Sant’Agostino, c’è un’area verde di circa 1500 mq che era conosciuta come il Giardino degli Alberi. Il devastante terremoto di agosto e l’incessante susseguirsi delle scosse successive hanno fortemente danneggiato questo spazio, così come hanno distrutto tutto il resto intorno.

foto: Jaguar Italia

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Jaguar Land Rover Italia, su suggerimento del Sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, si è impegnata nel rifacimento di questo spazio verde con l’obiettivo e la salda speranza che questo luogo possa rappresentare un segnale di rinascita e divenire un punto di incontro ed aggregazione per chi è rimasto e per chi, ci auguriamo, tornerà presto a vivere Amatrice. L’idea di riqualificare il “Giardino degli Alberi” è nata proprio da queste premesse: restituire alla città uno spazio piacevole di condivisione in cui ritrovarsi e riprovare, insieme, a pensare al futuro; uno spazio che, al di là degli indispensabili lavori effettuati per gestire


le tantissime emergenze, resti ad Amatrice così come è stato realizzato oggi, senza che debbano intervenire successive modifiche. Il progetto, infatti, è il primo realizzato ad Amatrice che lasci un segno definitivo e che non abbia carattere di provvisorietà. L’opera di rifacimento è stata guidata dalle più moderne tecnologie di filosofia costruttiva “dell’ingegneria naturalistica”, per cui nulla è stato realizzato con prodotti artificiali o cementizi. Tutti i materiali utilizzati provengono da zone limitrofe ad Amatrice nel pieno rispetto di questo territorio e delle sue risorse e peculiarità, così come dei valori di grande attenzione per l’eco sostenibilità e l’ambiente da sempre espressi dal brand Land Rover. Con l’occasione, è stata consegnata alla Vice Sindaco Patrizia Catenacci una pubblicazione fatta realizzare da Jaguar Land Rover proprio per rendere ulteriore omaggio alla memoria della città di Amatrice. Si tratta di una graphic novel intitolata “Il Canto degli Alberi”, sulle cui tavole viene celebrato un passato glorioso fatto di quotidianità, ma che lascia presagire la speranza per un futuro positivo che giunga presto a rendere giustizia a questa provata terra ed ai suoi fieri abitanti. Abbiamo raggiunto Amatrice a bordo della nuova Discovery, perché è la vettura che, nel corso della sua storia, è sempre stata utilizzata per missioni umanitarie, testimoniare solidarietà e portare aiuto alle persone in difficoltà, anche nei luoghi più impervi della terra, ovunque ce ne fosse bisogno. Daniele Maver, Presidente Jaguar Land Rover Italia, ha dichiarato: «Sono davvero onorato di poter essere qui oggi, insieme alle istituzioni di Amatrice per inaugurare il nuovo “Giardino degli Alberi”. Accogliendo con piacere il sentito suggerimento del Sindaco Sergio Pirozzi, abbiamo pensato che questo progetto potesse concretamente esprimere un segnale di rinascita per Amatrice e se, almeno in minima parte, abbiamo contribuito alla ripresa di questa città, l’obiettivo è stato pienamente raggiunto e ci

rende molto orgogliosi. Sicuramente, è stato un privilegio aver potuto dare il nostro sostegno ad Amatrice ed ai suoi cittadini. Voglio anche ringraziare i Concessionari ed i dipendenti dell’Azienda che hanno voluto contribuire alla realizzazione di questo progetto che, in assoluto, riflette al meglio l’essenza dei valori di solidarietà e responsabilità sociale del brand Land Rover». Sergio Pirozzi, Sindaco di Amatrice, ha dichiarato: «In questo giardino sono cresciute generazioni e generazioni di Amatriciani, e tanti turisti ne hanno, nel tempo, apprezzato le bellezze. Per la Città e per la gente di Amatrice è un luogo importante, tanti ricordi di ciascuno di noi sono legati a questo giardino e vederlo oggi di nuovo pronto ad accogliere le persone, così bello e così curato, mi riempie di gioia. Ringrazio il Presidente Daniele Maver, i dipendenti Jaguar Land Rover che sono venuti qui le scorse settimane, i Concessionari, tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione del progetto e tutti quelli che hanno lavorato incessantemente per restituirci questo luogo di incontro, questo spazio verde che per tutti noi è un simbolo di rinascita. È la prima cosa che rinasce così com’era e, anzi, più bella di prima. Questo gesto è straordinario, anche perché per restituircelo sono stati impiegati i modernissimi sistemi dell’ingegneria naturalistica, e per noi che siamo gente di montagna la natura è qualcosa di irrinunciabile e di prezioso. Con tutto il cuore grazie a chi ci è vicino».

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Hundreds of sketches a cura di: Cesar Pieri

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entinaia di schizzi, numerosi progettisti coinvolti, anni di sviluppo, modelli 3D, presentazioni, modelli in argilla a dimensione naturale, innumerevoli meeting con ingegneri e dipendenti del marketing, prototipi e… finalmente è arrivato il gran giorno! È l’ora dello show e il mondo finalmente conoscerà la creazione dei progettisti a qualche motorshow in Europa o negli Stati Uniti. La creazione di un’automobile può essere facilmente considerato uno dei compiti più difficili di sempre. Gli investimenti sono enormi e gli OEM devono trovare il prodotto giusto, le tempistiche e la nicchia idonee per fornire una visione innovativa del brand che durerà per molti anni. Restare in strada per rappresentare una generazione di automobile e il concetto di design che sta dietro l’intero brand.

Quando la gente vede un nuovo modello di automobile a un motorshow, non ha idea di quanto lavoro e quante persone siano state necessarie per la creazione di quel prodotto. Pensando solo alla progettazione, possiamo ad esempio menzionare: aerodinamica, BIW, propulsione, project managers, catena di fornitura, produzione e costruzione della vettura, tecnici di studio, crash test e così via… È davvero qualcosa di cui si fa fatica a pensare come possa accadere. Una sinfonia che richiede solitamente dai 3 ai 4 anni per essere composta da un team perfettamente sincronizzato di progettisti qualificati e dall’azienda nel suo complesso che punta sempre al meglio. Quando si tratta di design accade la vera magia. Dovete pensare a ogni singola linea, i materiali utilizzati per costruire quel pezzo e come poter conservare

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ed esprimere decenni di DNA aziendali su una lamiera di metallo, cercando la giusta tensione su ogni superficie, rispettando le esigenze del produttore e le varie normative globali del mercato, rispettando i materiali usati per ottenere un risultato di pura espressione e di creazione di un prodotto davvero visionario, che porti gioia ed entusiasmo quando l’auto è ferma e sappia emozionare ancora di più mettendosi al volante. Il design degli esterni deve comunicare l’intera filosofia e il DNA del brand, così da rendere una coupé sportiva o un SUV subito riconoscibili, quali parte dello stesso patrimonio e categoria di prodotti. Oltre a questo, deve mostrare forza e bellezza nello stesso momento, lasciando che le linee semplici lancino le sue forme e proporzioni in 2 o 3 linee di carattere principale. Celebrare l’eredità e il futuro in perfetta armonia non è un gioco da ragazzi. Gli interni devono comunicare la raffinatezza e

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il lusso del brand grazie a materiali e forme utilizzati, HMI, gruppi e altre caratteristiche che devono fornire il massimo della tecnologia e dell’ergonomia, per un’esperienza indimenticabile e un vero effetto sbalorditivo.


È al volante che un’automobile può rubare il cuore delle persone ed esprimere emozioni che non si dimenticheranno mai, creando componenti di design senza tempo che rimarranno per sempre icone straordinarie della suprema arte della creazione di automobili. Essere un designer di automobile significa avere la professione più appagante per un creativo. È il non plus ultra del design industrial, un campo per pochissime persone qualificate. Poi, quando arriva il momento, i direttori progettisti subentreranno nelle creazioni dei loro team e mostreranno al pubblico bramoso come abbiamo realizzato tutto questo, cercando di descrivere in pochi minuti come accade la vera “magia”. Quindi, la conferma che il trucco ha funzionato si vedrà dall’andamento delle vendite… per definire se abbiamo fatto o no un buon lavoro.

Nel frattempo, ritorniamo alle nostre scrivanie, tra i nostri schizzi, creando nuovamente quel futuro che stupirà le persone fra alcuni anni ad un altro motorshow in giro per il mondo. Perché per noi è sempre l’ora dello show!

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people

gianni orlandini 1953 JAGUAR XK120 FHC

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testo e foto: Marco Annunziata

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a Jaguar XK120 prodotta in circa 12.000 esemplari dal 1948 al 1954 è la prima vettura sportiva prodotta da Jaguar dopo la SS100 prodotta fino al 1940. Il “120” nel nome del modello si riferiva ai 120 mph (193 km/h) di velocità massima ottenuta con parabrezza installato (senza vetro anteriore la velocità era superiore), facendo diventare la XK120, al tempo del suo lancio, la vettura di produzione standard più veloce al mondo. Siamo andati a fare un giro per le Crete Senesi con Gianni Orlandini, docente universitario e appassionato di automobili da una vita. Innamorato della sua XK120 FHC la considera l’erede naturale delle gloriose automobili degli anni ‘30 come Delage, Delahaye, Aston Martin, Bentley, la Mercedes 540K e la Bugatti 57SC Atlantic (sogno proibito di Gianni).

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La XK120 FHC (fixed head coupé) ha avuto 3 proprietari, fu acquistata nel Regno Unito dall’industriale del ferro Luigi Lucchini di Brescia che la fece targare LUK117, fu poi rivenduta da lui al famoso armaiolo fiorentino Gianni Benvenuti che l’ha poi venduta a Orlandini nel 1982 su segnalazione di un amico in comune. Ai tempi l’auto era originale e marciante, Orlandini ne ha fatto revisionare completamente la meccanica e negli anni si è occupato di guidarla costantemente e del restauro progressivo conservativo del body senza quindi intervenire sui segni naturali del tempo.

Al volante della sua Jaguar per le strade polverose di questa desertica parte di Toscana ne parla come un’automobile dalla guida elementare ma con alcuni aspetti da tenere sempre presenti: la XK120 ha la sterzata pesante e in frenata bisogna stare molto attenti, scalda facilmente in coda, è un veicolo eccezionale sui fondi a bassa aderenza per esempio sulla neve o su strade sterrate per il momento lungo della torsione in curva e la sezione stretta delle gomme. Queste caratteristiche hanno consentito a Gianni Orlandini e alla sua XK120 di partecipare a gare molto impegnative come la Coppa delle Alpi nel 1986 (terzo posto di classe) e nel 1988 (decimo posto assoluto), il rally Neige et Glace nel 1987, la White Cup di Cortina, la Coppa d’Oro delle Dolomiti, il Gran Premio Nuvolari e molte altre. Nel garage di Gianni anche una Jaguar XJS 5,3 coupé, una Mini Cooper Clubman 4 porte, una Hummer H3 e una Porsche Carrera 3,2 Speedster Slim.

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Cultura

Star Wars

Identities Se siete dei veri appassionati di Star Wars non potete assolutamente perdervi la mostra dedicata alla celebre saga in corso fino al 3 settembre 2017 all’Arena O2 di Londra.

a cura di: Pierluigi Ducci

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L’

esibizione “Star Wars Identities” offre chiavi di lettura alternative al racconto e alle storie ufficiali, permettendo al pubblico di conoscere gli eroi della storia in maniera totalmente differente. I personaggi, i modelli, e gli oggetti in mostra sono tutti fedelmente tratti dagli episodi della saga cinematografica Star Wars creata da George Lucas negli anni Settanta. I primi tre film furono prodotti dal 1977 al 1983 e formarono la Trilogia Originale: essa divenne subito un fenomeno di successo, tant’è che dal 1999 al 2005 George Lucas produsse la cosiddetta Trilogia Prequel. Il primo capitolo della Trilogia Sequel, “Star Wars: Il risveglio della Forza”, è uscito nelle sale cinematografiche nel dicembre 2015. Il Presidente della X3 Productions – creatore dello show – Jacques-Andres Dupont ha detto: «Questa mostra offre una nuova prospettiva sui personaggi

più amati di Star Wars offrendo una più profonda comprensione delle loro identità e, allo stesso tempo, ottenendo una comprensione più profonda della nostra». “Star Wars Identities” segue l’allestimento realizzato da Madame Tussauds. Un nuovo percorso espositivo sorprendente, suddiviso in differenti sezioni con grandi pannelli informativi che offrono una panoramica dettagliata su ciascuna delle parti in cui è suddivisa. L’esposizione raccoglie una ricca collezione di circa 200 oggetti di scena originali provenienti dai film di Star Wars: modelli, costumi, scenografie, disegni, schizzi, copioni ma anche vere e proprie opere d’arte. Una ricerca attenta e approfondita che porta a una precisa identità interattiva dei personaggi, cucita sulle loro storie e sui drammatici viaggi interstellari compiuti. Un modo alternativo per i visitatori di osservare gli eroi della saga e di crearsi una personale ed esclusiva identità scoprendo quale eroe di Star Wars si nasconde dentro ciascuno di essi!

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auctions

GRANDAD’S JAG COMES HOME Una preziosa Jaguar anno di nascita 1948 che come primo proprietario ebbe Arthur Whittaker, il Deputy Chairman della Jaguar Cars di allora, è stata riscattata all’asta 67 anni dopo dalle sue nipoti. testo: Paolo Pysa - foto: Historics at Brooklands

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a protagonista: una classica Jaguar MK IV Saloon da 3,5 litri born in 1948, che s’è così ricongiunta dopo ben 67 anni con Arthur Whittaker, il suo primo “amante”. Questo riunirsi in famiglia è avvenuto il 4 marzo scorso a Weybridge, località sita nella Contea di Surrey (dove agli inizi del 1900 sorse il motor racing and aviation circuit di Brooklands, ora anche sede dell’omonimo museo), durante una delle classic car auction organizzate dalla Historics at Brooklands; questa realtà, oltre a possedere il Brooklands Museum Trust Ltd, è dedita a indire aste sempre ricche di pezzi pregiati di Classic & Sports Cars. La fiaba ebbe inizio quando le quattro nipoti di Mr. Whittaker, Lucy, Sally, Sarah e Charlotte, vennero a

sapere quasi per caso che all’asta del 4 marzo 2017 della Brooklands veniva proposta la macchina posseduta del nonno negli Anni Cinquanta, una Jaguar MK IV Saloon da 3,5L di cilindrata del 1948. Il sapere di quell’auto all’asta scatenò in esse la voglia di riportare il gioiellino in famiglia, quindi si presentarono all’evento combattive, pronte e convinte… Così il desiderio s’è avverato: questo affiatato gruppo di donne ha fatto fermare il martello del battitore dell’asta aggiudicandosi la Grandad’s Jag per 70.000 Sterline. E come per magia l’automobile è tornata a casa, precisamente presso la città di Kenilworth, dove dimora la nipote Lucy, a pochi chilometri da Coventry dove sorgeva la fabbrica Jaguar di Brown’s Lane che, 69 anni fa, diede i natali alla MK IV in questione.

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La carta di circolazione dell’auto dichiara diversi proprietari dopo che nel 1950 Mr. Whittaker si separò da essa, fino ad arrivare all’anno 1982 dove la Saloon venne coccolata con un completo e meticoloso restauro. Passano altri venticinque anni e la 48 passa tra le sapienti mani dello Jaguar specialist David Davenport, che ha saputo restituire alla signora a motore inglese condizioni spettacolari, così come la si può vedere oggi. Una supreme tourer come poche fu a suo tempo la Jaguar MK IV Saloon da 3,5 litri e quella del signor

Whittaker è stata una delle ultime prodotte. Ancor oggi si può godere dei suoi pregiati rivestimenti degli interni che mostrano preziosa pelle e radica di noce, comprese altre finezze ed accessori, oltre che aver varcato le soglie della linea di produzione di Brown’s Lane completa di un raro accessorio: il tetto apribile. Tuttora il motore a sei cilindri da 3,5 Litri della Jag tornata da nonno Arthur gira preciso e silenzioso. Serve a poco rimarcare il mito che è la Jaguar MK IV: venerata per le sue linee graziose e una presenza magnifica, con il suo andare illuminato da enormi proiettori accompagnati da preziose luci di posizione cromate, così come è abbagliante il brillare della imponente calandra che mostra orgogliosa il Jaguar hood ornament! Chiudiamo questa bellissima fiaba con le nipoti di Arthur Whittaker che ci tengono a precisare: «È troppo bella per adagiarla in un museo. Vogliamo condividere il piacere di riavere questa auto con tutti i componenti delle nostre famiglie. Siamo sicure che sia quello che avrebbe voluto il nonno!».

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auctions

SPIRITO

JAGUAR

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d eccoci oggi qui a presentare la casa d’aste Whisky Auction, realtà dedita (come la sua terra natia vuole, la splendida Scozia) a proporre sui suoi exhibition tables profumati e pregiati “spiriti”. Ed è così che con il lotto n°14788, il giorno 7 marzo del corrente anno, la auction house from Scotland ha saputo ingolosire gli estimatori dei profumati elisir d’alambicco battendo all’asta, tra i vari pezzi, una preziosa bottiglia di Single Malt Scotch whisky 12 Year Old griffato Jaguar. Questo distillato che porta le

certificazioni di una maturazione in botte per 12 anni, dopo il raggiungimento della agreeable gradation di 43 gradi è stato imbottigliato nel 1980 in un elegante decanter da 75cl in ceramica ornato con scritte dorate dedicate al mito Jaguar. The winner: l’amante dei torbati scozzesi e sicuramente appassionato delle automobili dello storico giaguaro, s’è aggiudicato questo Single Malt Scotch whisky per la modica cifra di 80 Sterline! E come usanza scozzese quando si alza un dram di whisky diciamo “Slàinte Mhath”!

testo: Paolo Pysa - foto: Whisky Auction JAG mag www.jagmag.it

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events

Jaguar Classic International Meeting

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ono ufficialmente aperte le iscrizioni per il primo “Jaguar Classic International Meeting”, il primo raduno internazionale per autovetture con marchio del giaguaro, che si terrà in Toscana dal 22 al 24 Settembre prossimi. L’evento è aperto a tutte le vetture del marchio costruite dagli anni 30 ad oggi ed è riservato a un massimo di 50 equipaggi che verranno scrupolosamente selezionati. La manifestazione, di natura turistica, si svolgerà nelle

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zone del Chianti Classico e del Senese, il cui fascino unico è da sempre motivo di grande attrazione turistica per gli appassionati di tutto il mondo. La Toscana si riconferma ogni anno tra le prime zone d’Italia per appeal turistico e ricettivo, e per questo sono attese diverse vetture di prestigio provenienti dall’Italia e dall’estero. Il programma di massima prevede l’arrivo venerdì 22 settembre, con la registrazione e la sistemazione presso lo splendido Resort Fonte Bussi, dove si terrà


anche la cena tipica a base di specialità locali e degli immancabili vini rossi che da quelle parti sono un’autentica istituzione. Sabato 23 settembre si partirà per un itinerario di circa 150/200km, alla volta di Bagno Vignoni, borgo medioevale tra i più conservati in Toscana, singolare per il suo assetto urbanistico che si sviluppa intorno alla vasca in cui sgorgano le acque della sorgente termale originale, e l’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore per poi procedere verso Pienza, piccolo gioiello nel cuore della Val d’Orcia, incantevole borgo conosciuto come la “città ideale” del Rinascimento, ma altrettanto famosa per il suo Pecorino, e a seguire Montalcino col suo celebre “Rosso”. Dopo il pranzo degustazione si proseguirà verso Siena per l’atteso passaggio nella suggestiva Piazza del Campo, unica per la sua forma a conchiglia, l’integrità architettonica e… perché rievoca le atmosfere della Mille Miglia! Un momento impagabile che vale i chilometri percorsi, circa 230. Dopo Siena la carovana rientrerà verso Cavriglia, attraversando i fantastici scenari chiantigiani per arrivare al Resort Fonte Bussi in tempo per la cena di Gala. Domenica 24 si punterà verso la suggestiva

Monteriggioni per una sosta all’interno dello splendido castello del XIII secolo, prima di proseguire verso Radda in Chianti e Greve in Chianti, dove è prevista una visita degustativa in una tipica cantina di Chianti Classico prima del rientro per la cerimonia di premiazione. Tanti i premi messi in palio dall’organizzazione, curata dallo staff di Adrenaline24h, tra cui un’iscrizione gratuita al Giro di Sicilia 2018 per auto storiche, un sistema di cronometraggio per gare di regolarità Digitech BorinoS, una vettura Jaguar nuova in uso gratuito per 15 giorni, messa in palio da Jaguar Italia e, per finire, i sempre apprezzati premi creati appositamente da Farecantine Architettura del Vino (www.farecantine.it), sponsor principale dell’evento, che realizzerà bottiglie di vino esclusive, ampolle di liquore ed un premio speciale appositamente per Jaguar Classic International Meeting. Tra gli ospiti Lorenzo Montagner, responsabile del Museo Tazio Nuvolari di Mantova e biografo ufficiale del “Nivola”, che svelerà legami poco conosciuti tra il mantovano volante e la casa del Giaguaro e, ultimo ma non ultimo, un’autentica leggenda dell’automobilismo: il campione di Le Mans Hurgen Barth.

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place

terme di saturnia Spa & Golf Resort

Uno dei piĂš prestigiosi e noti golf e wellness resort del mondo. a cura di: Stefano Pegli

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el cuore della Maremma toscana, ai piedi del Borgo medievale di Saturnia si trova uno dei più prestigiosi e noti golf e wellness resort del mondo. Il Golf Club è il fiore all’occhiello del Resort, certificato GEO, ed è a soli 100 metri di distanza dall’Hotel. Si estende per 70 ettari, con un percorso da campionato 18 buche, par 72, di 6316 metri. Eletto “Miglior nuovo campo italiano” nel 2008, è stato progettato dall’architetto Ronald Fream, del noto studio californiano Golfplan, che dal 1972 è autore di molti tra i più prestigiosi campi da golf del mondo. Ondulato, tra ostacoli d’acqua e molti bunker, il Campo da Golf si sviluppa nel verde della valle di Saturnia con i suoi paesaggi mozzafiato: i piccoli torrenti e la vegetazione naturale rendono l’intera struttura scenograficamente suggestiva, dando risalto agli aspetti tecnici. Il Campo da Golf di Terme di Saturnia offre un percorso di alta qualità, divertente per ogni giocatore.

Grazie ai numerosi tee di partenza, è adatto per il golfista neofita e nel contempo particolarmente tecnico e stimolante per quello più bravo che desidera cimentarsi dalle partenze arretrate; il campo diventa così una perfetta location per gare amateurs, campionati di alto livello e golf clinics. Le prerogative tecniche non hanno comunque trascurato l’obiettivo di ecosostenibilità del sistema. Infatti, solo grazie al rigoroso rispetto delle norme per la salvaguardia della natura locale è stato possibile costruire un percorso così spettacolare, dove è facile incontrare nelle prime ore del mattino caprioli, istrici, lepri, fagiani e tante specie di uccelli che popolano la Maremma e che ha ottenuto a metà aprile 2014 la certificazione della Federazione Italiana Golf “Impegnati nel verde”, categoria Paesaggio”. Con questo premio la Federazione Italiana Golf vuole sensibilizzare i Circoli di golf ed i giocatori sulle tematiche ambientali con l’obiettivo di rendere graduale il processo di integrazione tra paesaggio e progetto

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del campo. Giocare nell’ampia valle delle Terme di Saturnia consente viste spettacolari sulla campagna circostante coltivata a frumento, girasole e avena, sugli ordinati oliveti, sulle numerose macchie boschive, e sugli splendidi abitati circostanti. Chi desidera allenarsi su un percorso meno impegnativo o prendere lezioni di Golf, può approfittare dello splendido campo pratica con scuola a pochi metri dall’hotel. Il campo pratica dispone di doppi battitori che, situati frontalmente ad una distanza di 350 metri, permettono di giocare tra due suggestivi panorami: il castello di Saturnia e le dolci colline maremmane. Le caratteristiche tecniche del campo pratica sono: la simulazione perfetta di una buca, la possibilità di praticare sul manto erboso naturale tutto l’anno e la presenza di molteplici target green. Il battitore a sud, attrezzato con 9 postazioni coperte dotate di specchi frontali e laterali, dispone anche di 14 postazioni scoperte per praticare direttamente dal prato; il battitore a nord, situato vicino alla partenza della buca n. 4, dispone di 22 postazioni scoperte su manto erboso, putting green, pitching green e ulteriore green dedicato all’uscita dal bunker. Il campo pratica è inoltre dotato di un’ area con videocamera e strumenti sofisticati per l’analisi e correzione dello swing che vengono utilizzati prevalentemente per le Golf Clinics o lezioni individuali. Il clima mite della Maremma e le calde sorgenti termali rendono Terme di Saturnia una location molto apprezzata dai migliori maestri italiani dove poter organizzare Golf Clinics e vacanze all’insegna del migliore Golf. Oltre al Golf Club il Resort ha un Hotel, SPA e piscine termali, e 2 ristoranti. L’Hotel è ricavato da un’antica costruzione in travertino ed abbraccia una delle piscine termali ricca di suggestioni, date dalla nebbiolina che in certi momenti si leva dalla superficie dell’acqua. L’Hotel è affiliato a “The Leading Hotels of the World”, la più prestigiosa organizzazione alberghiera mondiale e dispone di

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128 camere di cui 60 Deluxe, 10 Executive e 2 Grand Suite. La ristorazione di Terme di Saturnia si basa sulla migliore tradizione mediterranea toscana e sulla filosofia farm to table. L’ospite può scegliere tra le offerte gastronomiche proposte dai due Ristoranti “Aqualuce” e “All’Acquacotta” (1*Michelin). Aqualuce, affacciato sulla piscina termale, propone una cucina mediterranea mentre il Gourmet All’Acquacotta (1 Stella Michelin) propone piatti della migliore tradizione toscana, con accostamenti insoliti e raffinati. A Terme di Saturnia SPA & Golf Resort tutto è pensato per creare una sensazione di benessere diffuso. Una SPA innovativa e pluripremiata, un mix di successo fra eleganza, comfort, relax ed expertise medica al servizio del benessere totale. Qui gli ospiti ricevono consulenze personalizzate da un’equipe specializzata e possono scegliere fra i tanti trattamenti rigeneranti quello più idoneo alle proprie esigenze: relax e massaggi, medicina e trattamenti estetici, servizi specialistici, consulenze dietologiche, cure termali, per aiutare l’ospite a ritrovare il proprio benessere. Un luogo all’insegna del piacere multisensoriale che, con i suoi 50 ambienti per trattamenti, mette l’ospite nelle condizioni ideali per ascoltarsi e

ritrovarsi, contando su trattamenti rigeneranti in grado di restituire piacere e bellezza, ma anche su consulenze mediche avanzate e personalizzate per migliorare la qualità della propria vita. Terme di Saturnia SPA & Golf Resort offre una serie di programmi personalizzati di cura e rigenerazione psico-fisica, che sfruttano il prezioso patrimonio delle acque minerali termali sulfuree, integrandolo con le più aggiornate attrezzature e metodologie. Oltre a questi, tra i programmi di cura termale proposti dal resort, la fangoterapia: applicazione, sul corpo o sulle singole parti interessate, del “fango termale”, un impasto di acqua termale e argilla al quale si aggiungono, con la maturazione, sostanze organiche prodotte dallo sviluppo di alghe particolari. Il trattamento di Fangoterapia è ideale per la cura e la prevenzione delle patologie osteo-articolari, ma è anche un grande protagonista della bellezza in grado di combattere i segni del tempo grazie ai suoi effetti rilassanti e detossinanti. Con le sue piscine termali, all’aperto, gli idromassaggi e i percorsi vascolari di acqua fredda e calda, il Parco piscine delle Terme di Saturnia è sicuramente uno dei più grandi della Toscana e si presenta come un’oasi di vero relax. T. +390564600111 - www.termedisaturnia.it

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la primavera nel vestire Voglia di fiori e colori nella moda del ‘900

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fiori nella moda seguono, prima di tutto, una ciclicità stagionale. Con l’arrivo del bel tempo viene voglia di freschezza, colore e natura in tutte le sue forme. Si rispecchia il desiderio di rinascita attraverso l’uso di tessuti leggeri, stampati o lavorati con motivi floreali. Sovrapposta a questa ‘stagionalità’ troviamo poi l’elemento effimero che è il gusto del momento nella moda, ad ogni epoca il suo fiore quindi. Ad inizio secolo lo stile liberty domina l’estetica floreale. I couturiers francesi seguono il gusto belle époque fatto di grandi fiori come le ortensie,ondulanti e carnosi cosi come rappresentati nei mitici poster disegnati da Alfonse Mucha per l’attrice imprenditrice Sarah Bernhardt, ed addirittura in tessuti disegnati dallo stesso Mucha.

a cura di: Virginia Hill

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A. Mucha, La dame aux camelias, 1896.

A. Mucha, tessuto, 1898-1900 (Alentown, USA).


Corsetto, 1891 (Metropolitan museum NY).

Illustrazione di Paul Iribe, abiti Paul Poiret, 1908.

Perfino i corsetti saranno realizzati in fantasiose e sensuali sete a fiori

P.Poiret, abito ‘sorbetto’, 1912 (Victoria & Albert museum).

Con il primo decennio del 1900 si entra in una nuova epoca in termini di stile, il couturier Paul Poiret ruba la scena con i suoi abiti a linea dritta, fluida, colorati e spesso operati. Raul Dufy sarà il suo fedele textile designer attraverso una carriera di enorme successo internazionale. Gli anni 20 saranno dominate dall’esotismo per la sera, fiori tropicali riprodotti in ricami, paillette ed appliqué. Mentre per il giorno linee pulite e bando ai fiori nel vestire, se non su qualche accessorio estivo.

R.Dufy, textile design ‘eucaliptus’.

George Barbier, abiti ‘scialle’ da sera, 1922.

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Pochette da sera in pietre semipreziose, 1925c (Victoria & Albert Museum London).

Cloche in paglia con decorazione applicata, 1925c (Victoria & Albert Museum London).

Con la fine del decennio si intuisce il desiderio di nuovo attraverso un rinnovato interesse per le stampe a fiori a tutto campo. Il nuovo gusto predilige piccoli fiori e soprattutto tessuti trasparenti e fluttuanti, questi mettono ben in risalto il nuovo modo

di tagliare l’abito ‘in sbieco’, nuova moda lanciata A Parigi da Maddalene Vionnet. Gli anni ’30 vedono il gran ritorno del fiore nella moda, piccolo o grande che sia diventa l’indiscusso protagonista di una moda molto delicata e femminile.

Illustrazione Edna Altara, pubblicità tessuti Bemberg, 1932c, rivista Grazia.

Illustrazione John Guida, 1937c (collezione Ratti, Como).

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Dopo la seconda guerra mondiale la moda riparte da Parigi con la celeberrima sfilata del 1947 di Christian Dior. Dior nomina la sua nuova linea di gonne ‘corolle’, proprio pensando ai fiori. Gonne ampie, più di 12 metri di tessuto fittamente pieghettato in vita, come un esplosione di petali attorno alla vita sottile della nuova donna post bellica. Da via cosi al ‘new look’, come lo definirono gli americani, un nuovo modo di vestire dedito ad una femminilità formosa ed altamente idealizzata. Il fiore ritrova vita nei tessuti degli abiti anni ’50 attraverso preziosi ricami su abiti da sera in strati di tulle o dipinti a mano su raso luminoso La fine degli anni ’50 porterà una nuova dimensione sperimentale, dedita alla ricerca dell’innovazione nel taglio ed oltre, che marcherà anche il decennio successivo.

Moda primavera-estate Anni 30, Italia.

C. Dior, gonna corolle, sfilata 1947, Parigi.

C. Dior, abito da ballo con ricami a fiori, 1953 (Met NY).

Foto Arturo Ghero, La principessa Strongoli in abito da ballo Anni 50.

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Roberto Capucci, abito da cocktail 1956c (collezione Tirelli, Roma).

Piero Ghilardi, vestito natura, anguria, 1967 (col. artista). Brioni, camicia da smoking in pizzo sintetico, 1968.

Dalla sperimentazione al ‘flower power’ degli anni 70, la moda si esprime attraverso i fiori per parlare di temi importanti come la pace e l’ambiente. I fiori vengono usati in modo insolito, ad esempio per pantaloni da uomo per mandare un chiaro messaggio di rottura - ma di non violenza appunto rappresentata della dolcezza del fiore. Tutto sembra possibile nella moda degli anni 70. Donne vestiti da uomini, il completo maschile tre pezzi (ma rigorosamente a fiori) di Biba of London coglie il desiderio di uguaglianza e di diritti delle nuove femministe.

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Biba, completo in cotone stampa fiori, 1974, (Victoria & Albert museum).

Pubblicità Laura Ashley, Anni 70.

Gli anni 80 ancora una volta rappresentano una rottura con il passato, il romanticismo ed ottimismo rappresentato dai fiorellini vittoriani di Laura Ashley passerà in secondo piano lasciando spazio al power dressing di un epoca fatta di soldi e successo. Ma anche qui il fiore non sparisce, rimane piuttosto in modo concettuale nelle camicie bianche di Gianfranco Ferré e più tardi nelle poetiche creazione di Romeo Gigli, dove la natura e l’arte si fondono in forme organiche, tessuti pregiati e ricami preziosi che riportano ad epoche passate ed un romanticismo rimpianto.

G.Ferré, camicia di seta bianca, 1986-87.

Romeo Gigli, 1988c.

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Jaguar Day

nella Repubblica di San Marino

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a cura di: Pierluigi Ducci

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i è chiuso con successo il primo Jaguar Day svoltosi l’11 giugno nella Repubblica di San Marino. La manifestazione promossa da Eccellenze Sammarinesi in collaborazione con lo SMRO è stata anche un momento di riflessione sul tema della eco-mobilità dovuta all’utilizzo di JAGUAR nelle nuove vetture di leghe di alluminio e di magnesio per le sue innovative componentistiche e quindi un forte legame territoriale con la manifestazione in calendario a settembre E-RALLY ed ECO-RALLY, dedicate rispettivamente a vetture a propulsione totalmente elettrica e ad auto alimentate con GPL e Metano od auto Ibride. I partecipanti hanno percorso le strade di San Marino raggiungendo le bellissime località di alcuni Castelli nella Repubblica di San Marino tra i quali: Faetano, Montegiardino, Acquaviva, Chiesanuova, Serravalle, Borgo Maggiore, Domagnano. Presente la Scuderia Jaguar Storiche. In mostra nella piazza di Faetano due Jaguar eccezionali: una Xk120 e una black E-Type, resa celebre dal fumetto Diabolik della casa editrice Astorina. Durante la manifestazione sono state esposte alcune opere d’arte appositamente realizzate dal famoso illustratore Nicola Russo. Al termine della giornata, dopo aver pranzato presso il Podere Lesignano di Fiorina di Domagnano, è stato donato un oggetto realizzato da AB – Altagamma Balestri (divisione Cav, Leo Balestri SpA). L’evento ha avuto il patrocinio di Mg12 – Magnesium European Network (metallo ultra-leggero ampiamente utilizzato dalla JAGUAR per le competizioni storiche e per modelli molto performanti).

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Sull’erto pendio di un monte

Il Jag-lovers Italia tra città antiche e laghi Gubbio – Umbertide – Lago Trasimeno - Lago Maggiore e il Verbano. testo: Danilo Verticelli - foto: Paolo Ippoliti

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«Di Gubbio avevo sentito raccontare che era una splendida città, costruita sull’erto pendio di un monte, con favolosi palazzi e torri ardite, un miracolo di perizia architettonica. Quel giorno, dunque, mi trovavo a Gubbio per trarre coraggio e fiducia alla vista delle grandi opere dell’uomo... mi ero inerpicato per una ripida stradina e dopo aver imboccato una via laterale quasi pianeggiante mi ritrovai inaspettatamente davanti alla costruzione più imponente della città, il medioevale Palazzo dei Consoli. Quella vista pose fine a ogni pensiero. Salii sulla grande terrazza, ridiscesi, osservai e ammirai». Hermann Hesse

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on basta avere gli occhi di Hesse per provare l’emozione di condurre una Jaguar per strade e vicoli di una città nobile come Gubbio. Infilare stretti varchi carrabili tra muri in pietra, intonaci centenari e spigoli curiosi, controllando gli specchietti perché non bacino la pietra, innamorati fuggiaschi. Il Jag-lovers Italia è riuscito anche in questo. Il 24 e 25 Marzo, nel raduno di primavera, lo stesso che l’anno passato ci vide protagonisti nella Piazza del Quirinale a Roma, anticipando il percorso della Mille Miglia di quest’anno, abbiamo imboccato in nobile corteo anche noi “ripide stradine”, vie laterali e corsi principali per ritrovarci, meno sorpresi, ma altrettanto affascinati, ed anche attesi, in quella Piazza un po’ Grande e un po’ della Signoria che giace ai piedi del Palazzo dei Consoli. Parcheggiando in fila, rispettosi e ordinati come soldati di eleganza e stile, abbiamo posto fine ad ogni pensiero. Ebbene, eravamo lì. In un luogo straordinario, di caratura mondiale. E-type OTS e FHC, XK120, XK140, ben tre MKII, ben quattro XJS, le tre serie XJ ben rappresentate, le più giovani 300 e 308 e l’ultima sportiva F-Type, sempre eleganti compendi di decenni di progettazione da radiche e pelli pregiate e forme arrotondate a

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materiali futuristici e massima tecnologia ma sempre uniche nel panorama di design dell’auto. Non vi sono parole adatte, neanche le troverebbe Hesse, per descrivere la sensazione di “esserci”, l’orgoglio, sano, del Jag-lovers Italia di aver ancora una volta infilato una perla nella collana degli eventi. Quella piazza così antica ma così conosciuta anche per le veloci partite a scacchi di Don Matteo e il Maresciallo Cecchini, nella fiction televisiva omonima, ci ha abbracciato nel sabato della prima giornata di raduno, articolato in due giorni con pernottamento in una perfetta struttura pluristellata della città. La sosta ha arricchito i numerosi passanti e turisti della vista della formazione di sedici modelli. Il corteo si è poi inerpicato, non prima di aver salutato la città lungo le antiche strade del centro, verso il Monte Ingino dalle cui terrazze adiacenti la Basilica di Sant’Ubaldo si gode di uno dei migliori panorami di tutta la zona. La cena ufficiale del club ha permesso di premiare Fabio Berardi, collezionista, storico, scrittore e personaggio principe del mondo Jaguar non solo italiano, come Socio Onorario del club e soprattutto di consegnare il primo trofeo Hi.Fi. al socio che ha partecipato a più

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raduni nel corso del 2016. Praticamente tutti: Andrea “Banjoman” Salina, con la sua XJS 4.0 conv. Complimenti a entrambi.

Da Gubbio al Trasimeno Se il “sabato italiano” ci aveva lasciato qualche goccia di commozione e di pioggia notturna, la “domenica del villaggio” prevedeva lo spostamento in gruppo verso la preziosa cittadina di Umbertide, dove la splendida Rocca ha fatto da richiamo, in una mattinata tersa e soleggiata, al folto pubblico di appassionati che hanno potuto ammirare le auto parcheggiate, aumentate di numero nel frattempo grazie all’arrivo di un’altra XJS, di una X308 e di una X300, nello scenografico spazio sottostante la struttura secolare. Ma ancora nulla era concluso, l’ultima tappa era sul Lago Trasimeno, passando per il Valico Gosparini e gustando i riflessi lampeggianti del sole sullo specchio d’acqua fin dai primi tornanti in discesa. Il pranzo sull’Isola Maggiore, organizzato con spostamento su traghetti personali e parcheggio custodito sulla terraferma, ha concluso la due giorni stilistica in terra eugubina.


La passione per i laghi sulle strade del Verbano Il Jag-lovers Italia ha scoperto di avere una passione per i laghi, forse perché nella patria del marchio storico, un po’ più a Nord, essi abbondano, di silenzio e leggende, ma abbiamo lasciato con qualche rimpianto il Lago Trasimeno, promettendoci fedeltà e partecipazione su un altro lago, di calibro assoluto, come il Maggiore o, per la parte visitata, Verbano. Dopo neanche un mese e mezzo di pausa, giusto il tempo di organizzarsi, lavare le auto, fare il pieno e ripartire, il 7 maggio ci siamo ritrovati su altre strade, quelle del Verbano, che videro Hemingway innamorarsi di una delle zone più eleganti e affascinanti d’Europa: la riva di Stresa e le Isole Borromee. Hemingway scriveva dalle finestre del Grand Hotel Des Iles Borromees. Il Jag-lovers Italia si ritrovava invece poco più su: sulla terrazza del borgo di Fosseno, nel comune di Nebbiuno, dove altrettanto panorama meritava la visita di venticinque belle signore e signorine pronte a farsi ammirare. Tra esse una perfetta MKII brg, una XJ S3, due bellissime XJC, due XJ40 Daimler Six e le più giovani XK8, XJS, X308, nonché alcune

illustri ospiti come una Rover P6 del 1975 o una Ferrari 456GT. Il corteo si è disteso per i luoghi del benessere e della classe che ha fatto del Maggiore uno dei luoghi più ricchi e ben rappresentati dal jet set internazionale. Stresa, Meina, Baveno e poi ancora su verso Nebbiuno, facendo pausa pranzo, saluti e premiazioni goliardiche. L’esposizione nella piazza centrale di Nebbiuno, dove siamo stati raggiunti da una outsider S-Type del 1965 ha concluso l’esperienza in terra piemontese. I ritorni sono sempre mesti. Pezzi di noi che lasciamo nei luoghi visitati insieme ai sorrisi, alle battute, agli odori di fumo e benzina, che poi, in fondo, è proprio il succo dell’essere Jag-lovers: ritrovarsi con orgoglio e amicizia primi inter pares. Si arriva sapendo di trovare amici e si va via avendo fatto ancora più amici. Non importa il modello, certo: onore e merito a chi investe risorse e impegno nella conservazione di auto assolutamente preziose, ma vedere affiancati modelli di ogni età, quasi tutti almeno ventennali, a modelli di prestigio e storia, è ciò che ogni socio Jag-lovers adora provare. Oltre ogni difficoltà tecnica. Oltre ogni contingenza improvvisa. Anche questo è stato e sarà il Jag-lovers Italia.

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events

trieste

regina di motori testo e foto: Eleonora Felisatti

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La Trieste-Opicina raddoppia: la storica gara porta gli organizzatori a volere ben due eventi dedicati alla sotrica gara, la Trieste-Opicina Historic e la 1a Salita dei Campioni.

A

cavallo fra marzo e aprile, Trieste si è trasformata nella patria dei motori, costellando la città di esposizioni ed eventi che come fulcro avevano automobili e motociclette. Quello che a noi interessava maggiormente era la Trieste Opicina Historic (che ormai seguiamo da qualche anno) e la prima edizione de “La Salita dei Campioni”, che prende in eredità lo storico tracciato in salita che ha reso famosa la Trieste-Opicina dal 1911 al 1971. Due eventi di punta che hanno avuto il compito e l’onore di chiudere la Settimana dei Motori. Durante la Trieste Opicina Historic le gare si sono svolte dal sabato alla domenica, partendo dall’esposizione delle vetture in Piazza Unità d’Italia a Trieste per concludere, con premiazioni e passerella, a Opicina la domenica. Si tratta di una gara di auto storiche, suddivisa in categorie, con una grande rappresentanza di veicoli inglesi, dove a farla da padrona sono le MG, ma anche Jaguar e Triumph hanno voluto far bella mostra di sè. Molti sono partecipanti affezionati ormai, appartenenti a scuderie in gran parte italiane, ma provenienti anche dall’estero, principalmente da Austria e Slovenia. Il percorso ha portato le auto a gareggiare da Trieste a Opicina costeggiando il Carso, con qualche parte del tracciato in Slovenia. La Salita dei Campioni, prima edizione, è la salita d’onore pensata per celebrare il tracciato originale della Trieste-Opicina, una delle gare in salita più

Esposizione in Piazza Unità d’Italia.

Alfa Romeo schierate.

ammirate in Europa. Durante La Salita dei Campioni, organizzata dal Motoclub Trieste e dal Comune di Trieste, automobili e motociclette fabbricate dal 1911 al 1971 hanno dato spettacolo sullo storico percorso,

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tutto in salita ovviamente, partendo da Foro Uliano a Trieste e arrivando all’Obelisco di Opicina. L’evento ha previsto l’esposizione dei veicoli iscritti per tutto il sabato in centro a Trieste, in Foro Uliano, per permettere di osservare e ammirare mezzi che molto spesso stanno coccolati nei garage o nei saloni. Fra auto e moto si sono potuti ammirare veicoli di raro valore, con una carrellata di splendide Alfa Romeo d’altri tempi, una Bugatti T35B del 1926, una FIAT Siata 508C, una OSCA 1100 Sport del 1954, OSCA F.lli Maserati187 S Barchetta del 1957, il tutto circondato dalle più famose auto e moto d’epoca, italiane e non, che hanno fatto la storia del motorismo mondiale. Fra gli ospiti voluti per questa prima edizione della Salita dei Campioni hanno presenziato i piloti moticiclistici Phil Read, Eugenio Lazzarini, Pierpaolo Bianchi, Sandro Baumann e il pilota automobilistico Erich Glavitza. Durante la domenica si è svolta la gara, portando i partecipanti a testare i loro mezzi sul percorso tutto in salita e entusiasmando il pubblico accorso per l’occasione. Trieste continua a esprimere alla grande la sua passione per i motori, quindi non resta attendere news dagli organizzatori e prendere la penna, o lo smartphone, per appuntare questi storici eventi sul calendario.

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Bugatti T35B.

Fiat Siata 508C.


la foto Gennaio 2001: Jaguar Mark 2 1959.

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story

UN PAIO DI ESEMPLARI

UNICI

Pochissimi design della carrozzeria per Jaguar hanno eguagliato gli originali e alcuni si sono rilevati solamente dei tentativi per essere diversi. Vedrete cosa pensare dei design che esaminiamo questo mese, afferma James Talor, entrambi sono stati visti allo show di Ginevra nel 1966.

N

egli ultimi 3 numeri di JAGmag, abbiamo dato uno sguardo alle Jaguar la cui carrozzeria è stata progettata in Italia da Bertone, Boano e Stabilimenti Farina. In questo punto, procedendo in ordine alfabetico, è il momento di Frua, un altro designer torinese.

Frua Lo Studio Tecnico Pietro Frua è stato al massimo della sua fama durante gli Anni Sessanta, progettando

a cura di: James Taylor

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automobili per la Maserati in Italia, per Borgward e Glas in Germania, per AC in UK ed eseguendo interventi di progettazione a contratto per il costruttore di carrozzerie ginevrino Italsuisse. Ciononostante, la compagnia ha realizzato solo due carrozzerie speciali per le Jaguar. La prima riguarda un ordine speciale per il fornitore britannico di Jaguar John Coombs, che mirava ad essere il prototipo di una speciale conversione Coombs. L’altra era una “show special” che purtroppo non ha potuto ispirare copie o imitazioni.


Lo stesso Frua aveva trascorso i suoi primi anni negli Stabilimenti Farina, diventando Direttore dello Styling dell’azienda nel 1935. Dopo aver litigato con un membro della famiglia Farina, nel 1937 lascia l’azienda per fondare il suo studio di consulenza di design a Torino, tuttavia il business non prese piede fino alla fine della guerra nel 1945. Sebbene Frua guadagnasse decentemente, nel 1957 Ghia gli fece un’offerta per assumerlo e renderlo Capo del Design: l’offerta era troppo allentante per essere rifiutata. Tuttavia, non passò molto tempo prima che Frua litigasse nuovamente con i suoi dipendenti, mettendosi ancora una volta in gioco come designer indipendente a Torino.

Pietro Frua si fece conoscere nel settore del commercio di carrozzeria presso gli Stabilimenti Farina intorno al 1930, vendette la sua prima compagnia a Ghia (dove diventò Capo del design) per poi lasciare e fondare una sua azienda.

La Coombs Special Il rivenditore britannico Jaguar John Coombs si era fatto una certa reputazione nel settore motorsport e grazie alle sue berline Mk 2 modificate. Nel 1965, chiese a Frua di inventarsi ciò che in realtà erano modifiche aggiuntive alla carrozzeria per il modello E-type. Il piano prevedeva che la stessa compagnia di Coombs si sarebbe occupata delle migliorie relative alle prestazioni e che la versione Coombs E-type sarebbe diventata un nuovo modello esclusivo oltre alle rinomate Coombs Mk 2. Coombs quindi consegnò una coupé E-type rossa (1E21041) agli stabilimenti Frua dopo che la sua officina ne aveva migliorato le prestazioni. L’idea era di preparare l’automobile in tempo per il Motor Show di Ginevra del marzo 1966. Tuttavia, il progetto, dotato del numero di commissione 343 per Frua, non andò secondo i piani. Frua delegò a Italsuisse la realizzazione del design. Al posteriore, concepì un’innovativa unità paraurti a pezzo unico che poteva essere fissata alla carrozzeria

Il modello Frua E-type non fu esposto allo stand del progettista quando fu introdotto allo Show di Ginevra del 1966, ma allo stand di Italsuisse, che aveva trasformato il design in metallo.

esistente in base alle istruzioni di Coombs. Tuttavia, l’estremità frontale riprogettata soffrì di ciò che si potrebbe definire “sviluppo inatteso”. Invece di produrre una semplice conversione aggiuntiva che poteva essere montata nelle officine Coombs in un giorno o due, Frua intraprese una totale riprogettazione del cofano. Accorciò il muso dell’automobile

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L’auto ora sembrava davvero italiana e non più una Jaguar osservandola dall’anteriore…

di circa 20 cm, ampliando la sporgenza del cofano in un convogliatore d’aria, aggiungendo griglie ed estendendo i passaruota. La trasformazione richiese la pressatura di un cofano completamente nuovo, oltre a una nuova griglia, un pesante paraurti cromato e nuove coperture Perspex. Coombs rimane indifferente. L’auto ora sembrava davvero italiana e non più una Jaguar osservandola dall’anteriore, e per mitigare il look italiano chiese a Frua di riverniciarla, passando dal rosso originale a un grigio-argento metallico. L’auto ritornò presso lo stabilimento Italsuisse a Ginevra per la verniciatura, tuttavia la nuova vernice doveva ancora arrivare due giorni prima dell’apertura dello show. Coombs pensò che non si facesse in tempo, ma la mattina stessa dell’apertura dello show l’auto arrivò dalle officine Italsuisse. Ci fu giusto il tempo di posizionarla nello stand Italsuisse. La versione Frua E-type ricevette giudizi sia buoni sia

La nuova coda combaciava con i parafanghi laterali e creava un effetto davvero piacevole.

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L’idea di John Coombs era di creare una “special” con una meccanica modificata e componenti aggiuntivi da fissare alla carrozzeria. Il design di Frua per la coda della E-type era in linea con le sue richieste.

La E-type era in origine rossa, e quel look era simile alla vernice originale che si può intravedere sul cofano modificato in questa immagine quando fu venduta all’asta alcuni anni fa.

meno buoni, sebbene sembrasse aver fruttato un paio di ordini. La vettura fu nuovamente vista in pubblico al motor show di Earls Court nel 1966 e da lì passò al suo primo proprietario. Tuttavia, Coombs decise che il costo elevato della conversione sarebbe stato un deterrente per le vendite, quindi annullò il progetto. Non furono costruiti altri esemplari. Il modello Frua E-type, conosciuto anche come Coombs Special e Italsuisse E-type, esiste ancora. Ha cambiato proprietario l’ultima volta all’asta nel 2009.


La versione S-type coupé Forse ispirato dal suo lavoro sulla Coombs E-type, Frua decise di basare la sua “show special” per lo Salone di Ginevra del 1966 su un’altra Jaguar. Scelse una berlina S-type. Non era mai stata la più bella fra le Jaguar con il suo stile ibrido tra MK 2 e MK X, tuttavia la S-type era pur sempre un’auto dal grande potenziale alla ricerca di una carrozzeria più accattivante e la scelta di Frua quindi si rivelò per certi aspetti ovvia. La vettura era realizzata su un telaio per guida a sinistra da 3,8 litri e includeva ruote a raggi. Come Bertone (cfr. JAGmag n. 02), Frua pensò che l’automobile avrebbe sortito un buon effetto come fastback coupé a tre porte, ma diversamente da Bertone credette che una griglia Jaguar sul frontale sarebbe stata un ostacolo. Quindi, l’auto fu costruita con un’ampia griglia orizzontale che incorporava le luci

antinebbia e ricordava distintamente la Bristol 408 del 1964. Tuttavia, l’auto blu chiaro finì con l’apparire distintamente (e attrattivamente) Frua e non molto Jaguar, mentre Browns Lane sembra non aver dimostrato alcun interesse nel modello. Un contratto con Jaguar per una carrozzeria speciale sarebbe stato un valore aggiunto per il portfolio di Frua, ma non fu così. Se mai l’auto catturò l’attenzione di una qualche richiesta allo Show di Ginevra, non venne realizzata alcuna copia. Quindi la Frua S-type passò nelle mani del rivenditore Jaguar di Roma, Fattori-Montani, che la presentò al circuito dello show internazionale nel 1967. Fu quindi venduta a un gentiluomo italiano di nome Francesco Respino, e molto tempo dopo raggiunse il Regno Unito dove fu registrata con il numero FNN 714C. Oggi è ancora esistente ed è stata il soggetto di un interessante confronto con una S-type standard nel maggio del 2001 all’interno del magazine Classic Cars.

Sembra che non via certezza assoluta, ma questo telaio S-type era destinato a un carrozziere italiano e la fortuna ha voluto che diventasse la Frua coupé.

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È difficile trovare fotografie della Frua S-type coupé da nuova. Questa sembra essere stata scattata al Geneva Show nel marzo 1966, mostra come il profilo laterale abbia mantenuto molti degli elementi originali Jaguar pur assorbendo il nuovo design della Frua coupé a due porte.

Questa immagine a colori, quasi sicuramente proveniente dallo Show di Ginevra del 1966, indica come il design del “naso” risalga ai design di Vignale sullo chassis Ferrari dei primi anni Cinquanta – sebbene questa Jaguar non abbia nulla dell’appariscenza di quelle vetture. Solamente la mascotte Jaguar sul frontale rivela l’identità dello “chassis”.

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la foto C-X75 Concept 11MY Paris Technology in cobbled square Paris.

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story

I ruggenti Anni 50 della

Jaguar

2a parte - Testo tratto liberamente dal libro “Il balzo del Giaguaro”.

I

n quel lontano 1953 le Jaguar si classificarono prima, seconda (con Stirling Moss artefice di un’epica rimonta) e quarta con l’equipaggio Whitehead Stewart. Ogni record venne polverizzato, incluso quello della Mercedes 300 SL Gullwing dell’anno precedente, di cui la casa tedesca si era oltremodo vantata. Fu il canto del cigno di questa purosangue che l’anno seguente, se fosse rimasta da sola a difendere i colori della Jaguar, avrebbe dovuto fare i conti con i potenti dodici cilindri Ferrari ulteriormente sviluppati. Sarebbe stato praticamente impossibile batterli ancora. La Jaguar, consapevole di questo rischio, aveva già l’asso nella manica, una nuova auto progettata appositamente per trionfare ancora a Le Mans: la D Type! La D Type, forse più della C Type, rappresenta per la Jaguar la chiave di volta di una marca di automobili

a cura di Fabio Berardi

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L’impressionante sequenza del trionfo di Le Mans del 1957

che si accingeva a diventare protagonista nella storia delle competizioni, avvolta da un alone quasi leggendario. Le curve sinuose e sensuali, contrassegnate da centinaia di rivetti com’era abituale nella tecnica costruttiva delle carlinghe degli aerei dell’epoca,


simboleggiano buona parte della storia e della gloria della marca del Giaguaro. Presto dal ristretto mondo delle corse automobilistiche, attraverso la cassa di risonanza della stampa internazionale, in ogni parte

Una delle prime immagini ufficiali del nuovo progetto della D type diffuso nel 1954

Manifesto pubbliciratio celebrativo della vittoria del 1956 con il classico sfondo del ponte Dunlop

del mondo arrivò la notizia di quest’auto, diversa da tutte le altre, caratterizzata della sua pinna di deriva posteriore posta alle spalle del pilota, che avrebbe poi sbancato Le Mans negli anni 1955, 1956 e 1957. In quest’ultimo anno si piazzò al 1°, 2°, 3°, 4° e 6° posto lasciando annichiliti avversari del calibro di Ferrari ed Aston Martin che si dovettero accontentare delle briciole. Tutte le auto da corsa progettate dopo le sue vittorie, le furono debitrici in quanto ne ripresero la filosofia aerodinamica, nonché varie e importanti soluzioni tecniche di cui la D Type per prima era stata dotata. Il progetto aveva preso avvio nel 1953 quando, in previsione dell’imminente tramonto della C Type, William Lyons chiese al suo reparto corse di costruire un’auto per battere a Le Mans le velocissime Ferrari 4.9 litri e le Mercedes SLR. Di quest’ultima si favoleggiava si stessero progettando a Stoccarda soluzioni rivoluzionarie per quanto riguardava il motore a distribuzione desmodromica e l’impianto frenante. Le Mans all’inizio degli anni ‘50 era, come oggi, un circuito velocissimo, il cui rettilineo Hunaudiéres, non ancora spezzato dalle due chicane, misurava ben 6400 metri e consentiva di raggiungere velocità di punta di oltre 270 chilometri orari. Serviva un’aerodinamica perfetta che non tralasciasse il men che minimo dettaglio, anche quello apparentemente più insignificante. E in effetti, nel progetto della D Type nulla venne lasciato al caso: il mago dell’aerodinamica Malcolm Sayer disegnò una linea in grado di penetrare il vento, ma anche di donare all’auto una silhouette, ancor oggi, mozzafiato, unica e bellissima. Si racconta della cura maniacale riservata a quest’auto, avvalendosi perfino della collaborazione nella galleria del vento dei tecnici della Royal Air Force. Da test effettuati era emerso che il disco portanumero situato sul cofano anteriore abbassasse la velocità massima di quattro chilometri orari per cui, prima delle gare, le D Type venivano trattate con una cera speciale e

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perfettamente lucidate, affinché l’aria si limitasse ad accarezzare quelle linee sinuose senza incontrare alcuna resistenza. Ponendosi alla guida della Jaguar D Type, si ha la netta impressione di essere più a bordo di un caccia che nell’abitacolo di un’automobile. Adottando la soluzione del carter secco si poté abbassare la posizione del motore, e di conseguenza di tutta l’auto, di settanta millimetri. Per quello che riguarda lo chassis, venne adottata, per assicurare una maggiore rigidità, la soluzione della monoscocca con una cellula centrale, chiamata scherzosamente all’epoca “vasca da bagno”, completamente realizzata in alluminio e magnesio. Era dotata di due separate strutture tubolari per alloggiare il motore e le sospensioni nella parte anteriore e a tergo il retrotreno con le sospensioni, il ponte rigido e il serbatoio flessibile Marston di derivazione aeronautica, dalla capienza di oltre centosessanta litri di carburante. Impressionante rimane la somiglianza tra lo chassis della Jaguar D Type e la fusoliera della macchina volante progettata oltre 500 anni fa da Leonardo Da Vinci, che si basò sull’approfondito studio del movimento armonico degli uccelli in volo: la sua ambizione, ancora troppo avanti sui tempi, era permettere anche all’uomo di solcare i cieli. L’impianto frenante della D Type, con l’esperienza acquisita negli anni precedenti, venne ancora

migliorato con l’adozione di pinze a sei pistoncini e dischi di maggior diametro. Il motore XK da 3442 cc subì una forte elaborazione con l’adozione dell’angolo di inclinazione delle valvole a 40°, carburatori Weber da 45 in luogo di quelli da 40, un regime di rotazione che saliva da 5200 a 5760 giri al minuto, sviluppando una potenza di duecentoquaranta cavalli contro i duecentoquattro della C Type. Nell’edizione del 1954 la D Type fece il suo debutto a Le Mans ma non fu, purtroppo, un esordio vincente e conquistò solo la piazza d’onore. Le avverse condizioni atmosferiche non favorirono le sue doti, così che a tagliare per prima il traguardo fu la Ferrari 375 Plus 4.9 condotta da Gonzales Trintignant, anche a causa dei minuti preziosi persi dai meccanici Jaguar a ribattere la lamiera del cofano anteriore dopo un piccolo tamponamento avvenuto ai box. Forse fu la prima ed ultima volta che un’auto partì ed arrivò al comando nella storia di questa gara. Dal punto di vista di William Mungo Heynes, la Ferrari guadagnava molto in accelerazione in virtù dei suoi novanta cavalli in più ma, superata la soglia di cento miglia orarie, la Jaguar riguadagnava il terreno perduto grazie alla sua migliore profilatura aerodinamica. L’equipaggio Rolt Hamilton della D Type con numero di gara 14 (chassis XKC 402) si classificò alle spalle della Ferrari con soli due minuti di ritardo, mentre tagliò

Singolare somiglianza tra la macchina volante di Leonardo Da Vinci e lo chassis della Jaguar D type.

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il traguardo al quarto posto, nella sua ultima apparizione a Le Mans, la C Type con numero di gara 16 dell’equipaggio Laurent Swaters. Le altre due D Type ufficiali si ritirarono: per noie al cambio la numero 15 di Whitehead Wharton e per un’avaria ai freni la numero 12 condotta da Stirling Moss e Peter Walker. Quest’ultima fece comunque segnare il record della velocità sul rettilineo Hunaudiéres raggiungendo i 270 chilometri orari. Era un chiaro segnale di quello che sarebbe successo negli anni a venire... La morale di questo risultato fu che la potenza raggiunta non si era dimostrata sufficiente per tener testa a quella smisurata prodotta dai motori a dodici cilindri della Ferrari. Bisognava ancora intervenire sul motore per spremere un maggior numero di cavalli riducendo, per quanto possibile, il gap di potenza evidenziatosi quell’anno.

Passaggio di Mike Hawthorn con la D type numero 1 alla 24 ore di Le Mans del 1956.

Una rarissima immagine della battaglia di Le Mans del 1955 tra Fangio e Hawthorn, scattata poco prima della tragedia.

Correndo ai ripari, a cavallo tra il ‘54 ed il ‘55 il mago Harry Weslake modificò completamente la testata della D Type portando l’angolatura delle valvole a 45° per aumentarne il diametro e dotandola di alberi a camme con una profilatura ancor più pronunciata. I carburatori rimasero gli stessi Weber 45 DCOE dell’anno prima, mentre la carrozzeria, per opera di Malcolm Sayer, venne allungata di centonovanta millimetri ottenendo una maggiore penetrazione aerodinamica. Questa versione venne chiamata long nose in luogo della short nose costruita sino ad allora e, osservandola, si nota la strettissima parentela con l’anteriore della futura Jaguar E Type presentata sei anni dopo. Fu in un grande clima di attesa che nel 1955 la Mercedes, disertata la precedente edizione, si presentò con la nuovissima SLR, condotta dagli assi Juan Manuel Fangio e Stirling Moss. A incuriosire erano le molte soluzioni avveniristiche adottate, come la distribuzione desmodromica, un aerofreno integrato all’impianto frenante che si compendiava nel cofano posteriore basculante in grado di posizionarsi verticalmente nelle violente staccate, e infine l’adozione delle sospensioni anteriori e posteriori a ruote indipendenti. I numeri di questo progetto provenienti da Stoccarda, denominato W 196, erano impressionanti: potenza di oltre trecento cavalli, peso di poco superiore ai millecento chilogrammi e una velocità di punta vicina al muro dei 300 chilometri orari. Nelle prime due ore di corsa di quel tragico 11 giugno 1955, un pubblico in delirio assistette a una furibonda battaglia senza esclusione di colpi, condita con continui sorpassi tra gli alfieri Jaguar e Mercedes, Mike Hawthorn e Juan Manuel Fangio. Ma allo scoccare delle diciotto e ventisei minuti un destino crudele dipinse con i colori della tragedia quello che viene ricordato da tutti come il più grave incidente di tutti i tempi accaduto in una gara automobilistica. Mike Hawthorn, sfrecciando sul rettilineo prima del ponte Dunlop, si accorse con un attimo di ritardo della necessaria sosta ai box, ai quali doveva rientrare per il rifornimento e il cambio di guida. Sembra

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che decise di frenare bruscamente, cambiando nel contempo la traiettoria con il risultato di tagliare la strada alla più lenta Austin Healey 100 S di Lance Macklin targata NOJ 393, che aveva appena sorpassato. Macklin, ovviamente sorpreso dalla manovra azzardata di Hawthorn non poté far altro che frenare altrettanto bruscamente per evitare il tamponamento, mentre sopraggiungeva alle sue spalle in piena velocità la Mercedes SLR di Pierre Levegh. La velocità in quel punto del circuito era per le potentissime Jaguar e Mercedes sul filo dei 230 chilometri orari mentre l’Austin Healey non poteva superare i 150. L’impatto fu inevitabile e in una frazione di secondo si consumò un’immane tragedia con la Mercedes impazzita che piombava sulla tribuna centrale seminando fuoco e morte tra il pubblico presente. Il pilota dell’Austin Healey rimase miracolosamente illeso ma fu una tragedia in cui persero la vita ottanta spettatori oltre allo stesso pilota Mercedes. Le scene visibili dai filmati dell’epoca fanno letteralmente accapponare la pelle alla vista di quella strage con decine di corpi esanimi ai lati della pista. Secondo l’autorevole parere dell’ingegner Mauro Forghieri, direttore sportivo della scuderia Ferrari di Formula 1 negli anni ‘70, buona parte della responsabilità di questo evento sarebbe da attribuire al famoso freno aerodinamico della 300 SLR che avrebbe causato

Finita la tragica 24 ore del 1955, Jaguar festeggia la vittoria assoluta e Porsche quella di categoria.

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il tragico volo della Mercedes, facendo sollevare il muso della stessa dopo il tamponamento e favorendo così il decollo verso la tribuna. Anche Juan Manuel Fangio, che era alle spalle di Levegh in procinto di doppiarlo, riuscì con grande prontezza di riflessi a evitare l’Austin Healey che impazzita sbatteva da una parte all’altra della pista, passando al comando alla gara. Confidò al suo direttore sportivo Alfred Neubauer che Levegh, un attimo prima di schiantarsi, gli aveva fatto un segno con la mano per avvisarlo del pericolo rappresentato da quell’Austin Healey che era in procinto di tamponare. Ammise di essere riuscito ad evitare la stessa fine del suo sfortunato compagno di squadra solo grazie a quel suo segno. In seguito, con una freddezza davvero disarmante, il grande campione argentino avrebbe affermato che nelle corse, come in guerra, la colpa è sempre di chi muore. La gara non fu comunque interrotta per questioni d’ordine pubblico; il deflusso del numerosi spettatori avrebbe sicuramente ostacolato i soccorsi ai tanti feriti nella tribuna centrale. A tarda notte, dopo febbrili contatti tra i box a Le Mans e la casa madre a Stoccarda, Neubauer decise di ritirare in segno di lutto le sue due auto superstiti. Fu sicuramente una decisione tardiva, dettata da altre motivazioni come, forse, da una vittoria che sentiva sfuggirgli di mano giro dopo giro. Astraendo dall’incidente, William Mungo Heynes, da accorto osservatore, notò che le Jaguar erano più veloci in rettilineo ma le Mercedes sgusciavano con maggior rapidità all’uscita delle curve grazie alle loro sospensioni posteriori a ruote indipendenti. Notò anche che, nelle ultime ore prima del ritiro, i piloti Mercedes facevano sempre più ricorso al freno aerodinamico: era l’inequivocabile segnale che i freni a tamburo stavano dando segni di cedimento. La Jaguar si aggiudicò la gara con l’equipaggio Mike Hawthorn e Ivor Bueb con la D Type ufficiale con numero di gara 6 e piazzò la numero 10 della scuderia belga condotta da Swaters Claes al terzo posto ma, alla luce dell’immane tragedia in cui avevano perso la vita tante persone, fu una mesta vittoria.


Il Balzo del Giaguaro L’intera storia della Casa di Coventry, 200 modelli analizzati, consigli per acquistare gli esemplari migliori: l’opera sulla Jaguar più ampia e completa mai apparsa in Italia.

Autore: Fabio Berardi; Editore: “Alter Ego”; Pagine: 336 Formato: 21×29 cm; Prezzo di copertina: Euro 59,90


story

FORMULA 1 CHALLENGE Il logo Jaguar Racing.

N

el campionato di Formula 1 del 2000 un nuovo team fa il suo debutto lanciando la sfida ai top team del momento come Ferrari, Benetton, Mc Laren, Jordan, Williams: la Jaguar Racing.

Foto presentazione Jaguar R1.

a cura di: Stefano Bendandi

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Al via con il modello R-1 due piloti già noti del circus: Eddie Irvine reduce da quattro stagioni in Ferrari e Johnny Herbert proveniente dalla Stewart. Bisogna tornare indietro di qualche anno, e più precisamente al 1997, quando fece la sua prima apparizione la Stewart GP, team fondato dall’ex pilota


Jackie Stewart e suo figlio Paul, i quali forti della collaborazione avuta negli anni precedenti ed in formule minori, siglano un contratto con la Ford, già in ottica di acquisizione dell’azienda preparatrice di motori speciali Cosworth ufficializzata poi nel luglio del 1998. La Cosworth era di fatto la produttrice del maggior numero di motori destinati alla F1 ed anche del propulsore più longevo della massima categoria benché di grosse dimensioni, essendo un 3,5 litri di cilindrata, fino al 1994, con disposizione 8 cilindri a V, riusciva a contenerne il peso attraverso soluzioni innovative riguardanti i materiali di fusione utilizzati per il basamento. Malgrado lo sforzo di Stewart, assieme a Ford che aveva sviluppato per loro, nel 1997, un nuovo motore V10 a 72° e 3 litri, e dei piloti impiegati nel Team, tra i quali ricordiamo Rubens Barrichello, Jos Werstappen, Jan Magnussen o Johnny Herbert, la Stewart GP non si mise in luce, ottenendo solamente qualche punto nei tre campionati disputati. Furono: 6 nel 1997, 5 nel 1998 ed infine 36 nel 1999, conquistando così il 4° posto nel campionato costruttori davanti alle più note Williams e Benetton, grazie ai 3 terzi posti di Barrichello ed una vittoria di Herbert al GP d’Europa; per questa stagione 1999 equipaggiata di una nuova versione (la CR-1) del V10 alleggerito più di 15 kg rispetto al precedente. A fine stagione Stewart decise di vendere il team alla Ford. Quest’ultima si trovò quindi in possesso di un team, e cioè di ingegneri e telaisti, di un produttore di motori e la proprietà di un marchio automobilistico come la Jaguar, acquisito nel 1990, pluri-vittoriosa in pista in formule diverse dalla F1 e bisognoso di visibilità per il rilancio del marchio. Per promuovere il marchio Jaguar la Ford decise di usare questo nome per il team, proponendo nella classica livrea verde le vetture che prenderanno la sigla R-1, ed a seguire R-2, R-3, R-4, R-5 per le stagioni che andranno dal 2000 al 2004. Contemporaneamente i propulsori persero la denominazione Ford-Cosworth

Il posto guida della R-1.

Il propulsore della R-1.

Eddie Irvine.

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per chiamarsi esclusivamente Cosworth. I Cosworth usati per il team Jaguar erano delle rivisitazioni dell’ultimo V10 utilizzato dalla Stewart, ma senza innovazioni tecniche rilevanti. Avendo già ottenuto dei buoni risultati in termini di peso, ciò che rimaneva da ricercare era l’aumento della potenza massima sia per le prestazioni in qualifica che nella versione gara. Tra il CR-2 (2000) ed il CR-4 (2003) la differenza passava da 790cv a 805cv; è con la versione CR-5 del 2004 che la potenza passa a 900cv ed il motore viene ridisegnato riportando le bancate con un angolo di 90° come i vecchi e classici Ford Cosworth di un tempo, il famoso DFV. L’ultimo propulsore utilizzato per la stagione 2004 sarà il CR-6, pressoché identico al precedente che consentirà al team di conquistare, come miglior piazzamento due 6° posto, rispettivamente in Germania ed in Belgio. Numerosi anche i piloti che entrarono nel team che ufficialmente erano: • Irvine / Herbert: 2000 • Irvine / De la Rosa: 2001 e 2002 • Webber / Pizzonia : 2003 • Webber / Klien: 2004

Johnny Herbert all’interno dell’abitacolo della R-1.

Il motore CR2 che equipaggiava la R-1.

La versione R-2.

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…il team non riuscì mai a salire oltre il 7° posto nella classifica costruttori, ciò dovuto anche dall’alto numero di ritiri… Versione R-2.

Herbert.

Alcune gare furono anche disputate, in sostituzione dei piloti ufficiali anche da Burti, che era il collaudatore e da Wilson, pilota emergente proveniente dalla Minardi che dovette cedere il sedile, a causa dei problemi finanziari che gravavano sul team e la Ford stessa, a Klien, in possesso di una buona dote finanziaria che prese il via a sole 5 gare nel 2003 raccogliendo 3 ritiri e due piazzamenti.

Nei cinque anni di partecipazione al massimo campionato il team non riuscì mai a salire oltre il 7° posto nella classifica costruttori, ciò dovuto anche dall’alto numero di ritiri; disastroso fu l’anno 2002 che a fronte di 34 partenze (2 vetture per 17 GP) i ritiri furono 18. È alla fine della stagione 2004 che, a fronte dei risultati, della crisi aziendale e l’utilizzo del motore solo da parte di un altro team oltre il Jaguar (quale Jordan),

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Museo Jaguar di Gaydon: la versione 2002 in livrea 2003.

Webber in un leggero fuoripista (foto Will Koffel).

Webber e Wilson, scomparso nel 2015 in una gara Indy.

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Webber sconsolato al GP del Brasile del 2004 con la R-5.

La R-5 vista dall’alto.


…rimane il ricordo di una delle più belle livree del periodo, della crescita di piloti e dell’esperienza che riportò il marchio Jaguar a calcare le piste, questa volta nella formula del futuro: la Formula-E. Musetto della R-5.

Ford matura la decisione di vendere sia il team che la Cosworth. Il team Jaguar racing passerà di mano per il valore di 1 Dollaro e si presenterà nella stagione 2005 con il nome Red Bull, sempre motorizzata Cosworth, per via di un vincolo contrattuale conseguente all’atto di compravendita. Di queste vetture Jaguar F1 rimane tuttavia il ricordo di una delle più belle livree del periodo, della crescita di piloti, che successivamente divennero primattori nel circus, e dell’esperienza che riportò il marchio Jaguar a calcare le piste, questa volta nella formula del futuro: la Formula-E.

Webber e Klien al lancio della R-5.

2004, inquietante il cartello alle spalle del gruppo.

Webber.

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people

Big John

In sella alla MV nel 1956.

a cura di: Stefano Bendandi

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R

endere omaggio al grande Big John è doveroso per un vero appassionato di sport motoristici; nessuno più di lui è stato protagonista e campione nelle massime categorie e non solo. John Norman Surtees, classe 1934 britannico, ci ha salutato definitivamente nei primi giorni di Marzo 2017; se ne è andato per sempre o forse fa più piacere pensare che sia partito per il gran premio più importante della sua carriera, dove incontrerà tutti coloro che in passato si sono confrontati con lui… e sono stati in tanti. E sì; tanti, o meglio tantissimi, visto che tra i suoi avversari non ci furono solo assi delle quattro ruote, ma anche altrettanti delle due ruote. Pochi ricordano infatti che John Surtees si affacciò al mondo delle competizioni con le due ruote per passare in un secondo tempo alle quattro ruote e per finire come costruttore e team manager. Questa una estrema sintesi, ma entrando nel dettaglio, la sua carriera ha un fascino incredibile ed una storia unica all’interno del motorismo sportivo. L’avventura inizia nel 1952 in sella ad una Norton 500 e da quell’anno in poi sarà sempre presente nel motomondiale, partecipando anche nella stessa giornata ad entrambe le classi; 350 e 500, opzione esercitata anche da altri piloti negli Anni 50 e 60. La svolta importante nel 1956, quando la casa italiana MV gli affida le proprie motociclette e John contraccambia con la conquista del campionato del mondo classe 500. Il meglio di sé lo da nel 1958, 1959 e 1960, quando centra il doppio risultato: Campione del Mondo sia nelle 350 che nelle 500. Era in assoluto l’avversario da battere! Complessivamente vinse 3 mondiali nella 350 e 4 nella 500. Non contento e consapevole del suo talento, nel 1960 si cimentò contemporaneamente sia alle gare di motociclette che a quelle di Formula 1. Quattro partenze con tre ritiri, ma uno splendido secondo posto al GP d’Inghilterra.

Surtees e la MV.

In gara.

Prova di partenza a spinta.

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Quel risultato e, forse, alla ricerca di nuovi stimoli fecero sì che abbandonò la tuta in pelle per quella in tessuto, tipica dei piloti di auto di quel periodo. Un 1961 di studio e assestamento per approdare alla stagione ’62, che lo vedrà chiudere al 4° posto assoluto. Il risultato suscitò l’interesse direttamente di Enzo Ferrari, che gli affidò una vettura per la stagione 1963. In realtà la proposta di Ferrari si sarebbe potuta concretizzare già nel 1962, ma un Surtees, modesto e prudente, rifiutò, preferendo fare un altro anno di esperienza; ed ebbe ragione. Il 1963 chiuse con un 4° posto finale, ma il 1964 fu l’anno che consegnò John Surtees alla storia: a bordo della Ferrari 158 vinse il campionato di Formula 1. Fu il primo, ed ad oggi ancora l’unico, a vincere sia il campionato Moto che quello Auto nelle massime categorie. Partecipò al mondiale fino alla stagione 1972 come pilota, ma con un altro colpo da maestro nel 1970 si presentò al via con un’auto e scuderia tutta sua: la Team Surtees. Gli ultimi 3 anni furono alquanto sofferenti, al punto che decise di ritirarsi e dedicarsi esclusivamente alla gestione del Team. La scuderia rimase in attivo, per quanto riguarda la Formula 1, fino al 1978, compreso anche le vetture

Surtees su Ferrari.

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Con la MV della stagione 1960.

Surtees “clienti” che venivano affidate ad altri team; proseguì poi per un altro paio di anni in formule minori. Tanti piloti, divenuti successivamente famosi, occuparono il sedile e strinsero tra le mani il volante della Surtees; fa piacere ricordare tra loro gli italiani Vittorio Brambilla con 29 GP e Andrea De Adamich con 13, ma senza dimenticare Carlos Pace ed un altro grande pilota di motociclismo Mike “Mike theBike” Hailwood, 9 volte titolato di cui 4 (dal 62 al 65)in 500 su MV Agusta, ereditata proprio da John Surtees. Non vanno inoltre dimenticati Bell, Jones, Pescarolo ed un giovane Arnoux.

In compagnia di Enzo Ferrari.

1969, una curiosa foto con Ferrari che lo imbocca.


In posa con la Ferrari di un tempo.

John e suo figlio Herry deceduto nel 2009 in una gara di Formula 2.

Non era difficile incontrarlo, in tempi recenti, alle manifestazioni storiche, in special modo a quelle motociclistiche ove fosse presente la MV Agusta: Agostini, Hailwood e Surtees erano sempre ospiti fissi. Sempre disponibile per una foto o un dialogo, con quella disponibilità di chi campione lo era sia sulla pista che fuori. Ebbi modo di conoscerlo durante una delle tante Motostoriche in grand prix qui in Italia, ci univa la passione per le Norton, perché un inglese porta sempre nel cuore i prodotti dell’amata patria. Gli mostrai le mie e ci soffermammo in particolare sulla 500 appartenuta a Nello Pagani, anch’egli campione del mondo 125 negli Anni Cinquanta e pilota MV 500 a fine Anni 50.

Ritratto ai giorni d’oggi.

Parlammo come due appassionati e la grandezza di John fu quella di non far pesare per nulla il suo status di pluri campione o personaggio illustre, tuta abbassata fino alla cintola ed una canottiera bianca a coste, ed io un perfetto sconosciuto: Chapeau! John! Buona vita nel mondo eterno dove avrai l’opportunità di riabbracciare tuo figlio Henry.

Vittorioso e pronto per la gara.

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excellence

90 anni di mille miglia

The exibition

a cura di: Equipe International

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Su questo numero abbiamo voluto dedicare la rubrica delle Eccellenze Italiane alla Mille Miglia, la gara che meglio rappresenta la storia motoristica italiana. In occasione dei festeggiamenti per i 90 anni di questa storica gara è stata allestita un’esposizione di veicoli che vi hanno partecipato nel corso degli anni.

L

a mostra “90 Anni 1000 Miglia” occuperà le sale del Museo Mille Miglia fino al 7 gennaio 2018 ed è promossa da Automotive Masterpieces e dal Museo Mille Miglia con il patrocinio dell’Automobile Club di Brescia. Innovativa e 2.0, “90 Anni. 1000 Miglia” sarà la prima esposizione in assoluto delle vetture che presero parte alla Mille Miglia di velocità e che, ad oggi, continuano a gareggiare. Gli spettatori saranno trasportati indietro nel tempo grazie a macchine storiche e talvolta eccentriche, gioielli della meccanica tra cui spiccano eccellenze del Made in Italy. Un racconto reale e interattivo, che, alle automobili in esposizione, affianca totem touch screen, siti web dedicati, foto, video, rassegna stampa e molto altro ancora, portando il visitatore attraverso un percorso fatto di storia ed emozioni autentiche, raccolte con pazienza certosina da Automotive Masterpieces in collaborazione con il Museo Mille Miglia. Le oltre 30 vetture presenti saranno esposte in ordine cronologico, i visitatori potranno approfondire la storia e le caratteristiche di ogni automobile esposta

visitando il sito web della stessa attraverso i diversi tool che danno accesso ai contenuti extra di ogni vettura: per esempio utilizzando i totem dislocati lungo il percorso di mostra o attraverso i feed ricevuti dai beacons posizionati sulle vetture e alla tecnologia BLE (Bluetooth Low Energy). Un vero e proprio viaggio esperienziale attraverso le automobili che diventano storie da raccontare, una modalità che in gergo viene comunemente definita “Internet delle Cose”: è il passato che incontra il futuro.

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Raccontare cosa sia la Mille Miglia sembra addirittura superfluo, ma celebrare i 90 anni della corsa che dal 1927 al 1957 è stata la più famosa d’Italia e tra le corse più affascinanti al mondo, è quantomeno doveroso. Una gara tanto importante che nemmeno le vetture esposte potranno esimersi dal rievocarla anche in questa edizione. Alcune macchine, infatti, lasceranno le stanze del Museo per andare a correre la mitica competizione, per poi fare ritorno una volta finita; durante il periodo espositivo, nuove vetture si avvicenderanno rinnovando dunque l'esposizione per offrire ai visitatori emozioni sempre nuove. «La vera sfida è il censimento globale delle auto che negli anni hanno corso la Mille Miglia, un lavoro immenso che ad oggi è ancora in corso. Abbiamo cercato di mettere in comunicazione passato e futuro, la tecnologia che sarà parte integrante della mostra ci aiuterà a coinvolgere un pubblico più ampio e a promuovere la storia della corsa più bella del mondo - ha dichiarato Sandro Binelli, coordinatore generale Automotive Masterpieces, ex segretario generale della Mille Miglia dal 2008 al

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2012 e curatore della mostra – La mission di Automotive Masterpieces exibitions lab è quella di rendere accessibile il patrimonio motoristico in modalità digitale, sia al fine di promuovere lo scambio di idee e conoscenza, sia per approfondire le ricerche storiche». «È per noi un privilegio vedere tanti capolavori riuniti tutti insieme nei nostri spazi museali - ha commentato Vittorio Palazzani, Presidente del Museo Mille Miglia – Speriamo che la mostra sia l’occasione per avvicinare anche il pubblico più giovane, che potrà così conoscere la storia della freccia rossa. Con questa esposizione stiamo tessendo nuovi rapporti con i collezionisti internazionali, grazie alla loro fiducia e alle loro vetture, la visita al museo sarà sempre nuova e interessante». L’organizzazione dell’esposizione è stata possibile grazie agli special partner Chopard e Zagato, al main sponsor OMR Automotive e agli sponsor AGI, Ambrosi, Camozzi Group, Finarte, Ivar, Streparava, Zurich. Il progetto nel suo insieme, prevede anche l'uscita di un libro ed una 3D virtual exhibition.


Tra le auto esposte si potranno trovare veri e propri modelli iconici e di assoluto pregio:. Alfa Romeo 6C 1500 Gran Sport Testa Fissa (Zagato) del 1933 telaio 10814406. Questa vettura corse la Mille Miglia nel 1934 condotta da Anna Maria Peduzzi detta “Marocchina” piazzandosi al 13° posto e prima di classe. Tornò alla Mille Miglia due anni dopo, nel 1936, con un equipaggio svizzero non classificandosi. La vettura è ora di proprietà di un collezionista americano ed è tra le favorite della Mille Miglia 2017, dove sarà condotta dal noto regolarista Giordano Mozzi. Passò invece le verifiche tecniche ma non partì alla Mille Miglia del 1940 per un incidente al grande pilota Luigi Villoresi la Lancia Astura Mille Miglia Sport (Colli) del 1938 telaio 413207, icona del Museo Nicolis di Verona. La Astura poi corse nel 1948 con Gordon e Macklin dalla Gran Bretagna. Ritornò alla Mille Miglia un anno più tardi, nel 1949, con Gordon e Lewis (non classificandosi). La Lancia Aurelia B20 GT (Pinin Farina) del 1951 telaio B201246 è stata battuta recentemente all’asta 2000 Ruote a Milano senza alcuna indicazione sul suo passato sportivo. L’acquirente ha subito aderito al progetto di ricerca, scoprendo che la macchina corse

la Mille Miglia dal 1952 al 1955 guidata da Antonio Pozzato (1952 33ma; 1953 non classificandosi; 1954 39ma; 1955 non classificandosi) nonché molte altre gare. La vettura sarà esposta durante un restauro conservativo ancora in corso. Un’altra vettura che nella Mille Miglia del 1953 guidata da Luigi Villoresi, ebbe un incidente e non si classificò, è la meravigliosa Ferrari 340 MM del 1953 telaio 0294AM nata Touring e in seguito ri- carrozzata Scaglietti. Certamente un pezzo d’eccezione da non perdere! Il gentleman driver Guido Maria Terzi era il cognato del pilota ufficiale Lancia Umberto Castiglioni, noto con lo pseudonimo di “Ippocampo,” e corse su una Lancia Aurelia B24 Spider del 1955 telaio 1021. Corsero insieme anche nel 1956 non classificandosi. Terzi ci riprovò da solo nel 1957 giungendo al 19° posto assoluto. Solo questo esemplare di Aurelia B24 (conosciuta da tutti per il film “Il Sorpasso”) corse due Mille Miglia! Tra le curiosità vi sarà l’Autobleu 750 Mille Miles del 1954 telaio 1954475 proveniente dall’Olanda e fresca di restauro che l’ha riportata nella sua tonalità blu, il colore con cui corse la Mille Miglia del 1955.

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