Land Italia magazine 32

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N. 32 - maggio - giugno 2016 La RIVISTA DEDICATA Ai land rover enthusiast • NEWS • storia • EVENTI • TECNICA • CURIOSITà

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discovery

Anno V - Periodico Bimestrale - Euro 6,00

landmark News Project kahn

story post office works

club parade 2016



Edito

Maggio - Giugno 2016

Bollo si bollo no

M Pierluigi Ducci Presidente del Land Rover Registro Storico Italiano

a questo bollo è da pagare o no? È questa la domanda che mi rivolgono continuamente tanti soci del Registro Storico per sapere se il cosiddetto “bollo auto” sulla storica è dovuto o no. Come sicuramente saprete, il Governo Renzi, con la legge di stabilità del 2015, cancellò le agevolazioni fiscali per le auto comprese tra i venti e i trent’anni di età, certificate ASI o no poco importava. Qualcuno esclamò che finalmente anche i cosiddetti “furbetti” che usavano la storica tutti i giorni dovevano pagare il bollo, altri si misero le mani fra i capelli e cercarono di sbarazzarsi di quelle auto diventate improvvisamente troppo onerose per essere conservate. Ma a noi questo poco importa, le polemiche le lasciamo agli altri. Cerchiamo invece di offrire un guida reale di come ci si deve comportare. In Lombardia, Emilia Romagna, Basilicata, Veneto e Provincia Autonoma di Trento i veicoli in possesso del Certificato di Rilevanza Storica (CRS) sono esentati dal pagamento del bollo; in Abruzzo, Calabria, Campania, Liguria, Puglia, Valle D’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Marche, Molise e Sardegna non sono previste agevolazioni e il bollo per i veicoli 20/30 va pagato pieno, anche se in possesso del CRS. Per i residenti in Piemonte, Toscana, Lazio e Umbria è previsto uno sconto sul bollo del 10%, mentre per i residenti della Provincia Autonoma di Bolzano è prevista una riduzione del 50%. In Sicilia, altra regione altri balzelli, è prevista una tassa di circolazione forfettaria di 75 euro per i veicoli ventennali dotati di CRS e di 35 euro per quelli che superano i 30 anni. Insomma un caos all’italiana. Speriamo che con la prossima finanziaria le cose vengano riordinate e venga adottata una disciplina uniforme in nome di quell’uguaglianza sociale fra cittadini italiani, fondamentale in uno Stato di diritto. Anche se, forse, una soluzione per mettere tutti d’accordo l’anno già trovata. Ho letto che il Governo Renzi sta studiando l’abolizione del bollo auto, pensando di trasferirlo sulle accise dei carburanti… E io che amo quel fantastico e assetato V8 delle vecchie Land come farò?

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Sommario

Maggio - Giugno 2016

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rubriche 03 » Editoriale / 04 » Sommario / 100 » Nuovi iscritti LRRSI / 102 » Abbonamenti

News 06

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Land Rover Discovery Landmark Edition Fuorisalone 2016 Celebrazioni per il compleanno della Regina Premio Dealerstats 2016 Record di vendite Discovery Sport e Discovery 4 alla Festa della Polizia di Stato a Roma Sky views. Il cielo non è un optional Smartphone personalizzato Land Rover Defender Zulu2 JE Motorworks Oltre Vogue Project Kahn

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Story 36

James Taylor’s Roverphile Italy Land Rover Centaur 44 Ho disegnato Land Rover sulla sabbia Le origini 52 Tempo La Land Rover on the border

curiosilandia 58

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Post Office Works Series One 107”

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club 64

Parade 2016 Remember Defender Cup Isola d’Elba

meeting 70

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Les Comes 4x4 Festival

Land Rover Tour 72

Spring Adventure Registro Italiano Land Rover

Meeting 78

Jamboree Spring Africaland 2016

Tour 82

Trans African Tour 6a tappa

my landy

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Elaborazione Discovery 300 tdi

tecnica 94

Tecnica sul campo

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News

Land Rover Discovery

Discovery Landmark Edition 6

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testo e foto Pierluigi Ducci

Fanno il loro debutto sul mercato italiano due nuovi allestimenti a tiratura limitata della Land Rover Discovery 4, denominati Landmark e Graphite. www.landitalia.com

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a Discovery Landmark Edition è la protagonista del nostro test drive, svoltosi sulle strade della meravigliosa isola d’Elba. Lo stile squadrato e massiccio può apparentemente non sembrare moderno e piacevole come quello della sorella Range Rover Sport, ma il suo design audace ne esalta lo stile unico e inimitabile. La Discovery Landmark è semplicemente una classe a parte e piacerà sicuramente.

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Fin dalla nascita, nel 1989, l’originale 4X4 britannico ha sempre interpretato, al di là delle tendenze e mode del momento, il ruolo del veicolo più versatile, in grado di muoversi con la stessa efficacia sia sulla strada che nel fuoristrada, forte della tradizione Land Rover in materia di trazione integrale permanente, rendendo la guida del modello molto più gradevole rispetto a quella della Defender e più simile a quella della Range Rover. La nuova Discovery Landmark

Edition è personalizzata sulla base della versione HSE ed è disponibile unicamente con la motorizzazione SDV6. Elementi distintivi di questa versione sono i cerchi in lega da 20 pollici e le speciali finiture nere delle griglie e delle calotte degli specchietti. Le barre longitudinali sul tetto con la finitura lucida, il tetto panoramico “Alpine” e i vetri oscurati completano le personalizzazioni esterne. Di grande raffinatezza gli interni della Landmark, i nuovi sedili in pelle


Windsor e l’Extended Leather Pack che riveste la plancia, il cruscotto e le portiere, rendono piacevolmente lussuoso ed elegante lo spazioso e luminoso abitacolo. Le combinazioni di colore interne sono volutamente limitate a tre: Ebony, Almond e Tan. Tan è offerto per la prima volta su una Discovery, con i sedili Tan Windsor Leather abbinati alla portiere ed alla plancia Ebony e le finiture in legno Straight Grained Walnut. Bello il volante con inserti

Gloss Black regolabile elettricamente, nuovo e funzionale è anche il Box refrigerante previsto nel portaoggetti centrale anteriore. Su strada la Discovery Landmark offre una motricità invidiabile per un’auto studiata anche per il fuoristrada, qualunque sia il viaggio, il numero dei passeggeri o il carico la Discovery infonde sicurezza e tranquillità. Su strada impressiona per la formidabile elasticità, per la prontezza del suo spunto e la reattività anche ai bassi

regimi. Inutile dire che quando si schiaccia sull’acceleratore, chi sta al volante deve ricordarsi che sta guidando una Discovery e non una sportiva. Le sospensioni pneumatiche assorbono ogni minima asperità del suolo ed il valido sistema di trazione integrale permanente con il “Terrain Response”, offre una motricità invidiabile anche sul bagnato. Il motore diesel con i suoi 249 cavalli è semplicemente esuberante e ricco di coppia (600Mn), oserei dire quasi sportivo,

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‌i nuovi sedili in pelle Windsor e l’Extended Leather Pack che riveste la plancia, il cruscotto e le portiere, rendono piacevolmente lussuoso ed elegante lo spazioso e luminoso abitacolo.

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contiamo 9.3 secondi per il classico da 0 a 100. I comandi Paddle Shift sul volante permettono al guidatore di intervenire manualmente sui cambi di velocità. Ritroviamo il classico selettore rotativo, con le modalità Park, Reverse, Neutral, Drive, Sport. La manopola del selettore è a filo della consolle quando il motore è spento. La nuova trasmissione a 8 rapporti è l’abbinamento perfetto per il nuovo diesel. I nuovi rapporti e la possibilità di cambiare marcia in maniera non sequenziale permettono al motore di lavorare al regime più efficiente della sua intera gamma operativa.

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Nel fuoristrada è perfetta negli appoggi rispondendo ad uno sterzo non meno soddisfacente. Si guida ovunque in scioltezza. L’Hill Start Assist (HSA) facilita le partenze anche su forti pendenze mantenendo la pressione nell’impianto frenante per il tempo necessario a permettere una partenza dolce e sicura. Il Gradient Acceleration Control (GRC) è progettato per garantire una maggiore sicurezza su pendenze molto ripide, quando il guidatore non ha inserito l’Hill Descent Control. Certamente non saranno in molti a

sfruttare fino in fondo le incredibili potenzialità off road di questa preziosa Discovery, In conclusione pur mantenendo la specificità della Discovery 4 di poter andare ovunque e di fare qualsiasi cosa, la nuova Discovery Landmark Edition raggiunge livelli di confort di primissimo livello. L’alto livello degli allestimenti, la ricchezza delle finiture esterne, combinate alla grande efficienza e alle elevate prestazioni, rendono la Landmark un’auto unica e inconfondibile con tanta sostanza e punte di eccellenza indiscutibili.

La nuova trasmissione a 8 rapporti è l’abbinamento perfetto per il nuovo diesel. I nuovi rapporti e la possibilità di cambiare marcia in maniera non sequenziale permettono al motore di lavorare al regime più efficiente della sua intera gamma operativa.

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Freeride

Fuori salone 2016

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foto Colin Buckley


Il progetto ispirato alla filosofia della nuova Evoque Convertible nato dalla collaborazione con Odo Fioravanti Design Studio celebra la fusione tra il mondo del product design e del design automobilistico

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n folto pubblico di stampa e ospiti hanno partecipato all’esclusivo evento organizzato da Land Rover in occasione del FuoriSalone per presentare “Freeride”, un progetto ispirato alle caratteristiche della nuova Range Rover Evoque Convertible, in esposizione fino al 17 aprile presso lo Spazio Click di via Forcella, all’interno del circuito Tortona Design Week. L’installazione, progettata e realizzata appositamente per la Design Week

2016 da Odo Fioravanti Design Studio, propone tre prototipi legati al mondo dello sport freeride che interpretano lo stile della Convertible ispirandosi alla libertà, al movimento e all’azione, contestualizzati all’interno dei tre rispettivi ambienti di utilizzo: la strada, la montagna e il mare in un allestimento che vuole riproporre la modalità “a cielo aperto”, open air. A sottolineare la versatilità dell’Evoque Convertible, l’auto per tutte le stagioni, l’allestimento prevede che l’auto sia dinamicamente disposta su un prisma di fronte al quale i 3 concept sono disposti su stecche inclinate con videoproiezioni che evocano i rispettivi mondi di appartenenza: l’acqua, la strada e la neve. L’Evoque Convertible, insieme ai tre prototipi, risulta quindi parte integrante dell’installazione, in un connubio unico che ne esalta contemporaneamente il design delle forme e le caratteristiche che hanno ispirato Gerry McGovern, Design Director e Chief Design Officer di Land Rover. Oltre all’installazione, durante la settimana del FuoriSalone, sono in esposizione – all’interno del circuito Tortona Design Week – anche due wireframe. Le sculture, realizzate in alluminio, in scala 1:1 della Range Rover Evoque Convertible, sono state create dai designer Land Rover grazie ad avanzate riproduzioni al computer, che hanno consentito una fedele riproduzione delle forme dell’auto, incluse le ruote in 3D ed entrambe le file dei sedili. I wireframe, apparsi per la prima volta nel mese di novembre, a Londra, in alcune tra le più esclusive e prestigiose location della città, inclusi i famosi Grandi Magazzini Harrods a Brompton Road, a Knightsbridge e nella prestigiosa Mayfair, saranno esposti a Milano in occasione del FuoriSalone 2016.

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Jaguar Land Rover

celebrazioni per il compleanno

della Regina

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foto Media Land Rover

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aguar Land Rover si è unita a milioni di persone di tutto il mondo nella celebrazione del 90° compleanno della Regina, in occasione dello spettacolare evento tenutosi nella splendida cornice del Castello di Windsor. Ai festeggiamenti, che si sono svolti all’interno dei terreni privati del Castello, hanno preso parte artisti del

calibro di Kylie Minogue OBE, Dame Shirley Bassey, Gary Barlow, Alfie Boe, Jess Glynne, Beverley Knight MBE e Katherine Jenkins. 900 cavalli e più di 1500 partecipanti sono giunti da tutto il mondo per unirsi ai festeggiamenti e celebrare la lunga vita della Regina: sin dalla sua nascita nel 1926, attraverso la Seconda Guerra Mondiale, fino

all’Incoronazione nel 1953 per arrivare ai suoi oltre 60 anni di regno. Jaguar Land Rover, marchio ufficiale della flotta dei veicoli della Famiglia Reale, ha avuto l’onore di partecipare all’evento, durante il quale una straordinaria torta di compleanno è stata trainata sul posto da una Land Rover Discovery. Una parata di stelle si è esibita sul palcoscenico intrattenendo gli

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invitati con numerose esibizioni tra cui: Oman Royal Cavalry, gli Huasos cileni, la New Zealand Army Band, la Royal Canadian Mounted Police, i cavalli e i cavalieri dell’Azerbaijan, le carrozze reali dei Royal Mews, la South Australian Police Band, la King’s Troop Royal Horse Artillery, la Fijian Army Dancers and Band e per finire 100 cornamuse dei Military and Commonwealth Pipers e dell’Household Cavalry Mounted Regiment. Una flotta di speciali Jaguar F-TYPE personalizzate con i colori dell’Union Jack ha preso parte alla cerimonia di apertura. Al termine, la Regina ha lasciato la manifestazione a bordo di una Range

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Rover Ibrida, suo Veicolo Ufficiale. Jaguar Land Rover vanta una lunga tradizione come fornitore ufficiale

della Casa Reale, iniziata con il primo Royal Warrant ricevuto nel 1951 dal padre della Regina, Re Giorgio VI.


News

Premio DealerSTAT 2016 L

and Rover, per il secondo anno consecutivo, si è aggiudicata il premio DealerSTAT 2016 per il “Mandato più desiderato” dai Concessionari italiani. I risultati dell’indagine DealerSTAT sulla soddisfazione dei concessionari nel rapporto con le Case Automobilistiche sono stati resi noti in occasione del Forum Automotive Dealer Day di Verona, uno degli eventi più importanti del settore auto in Europa, organizzato da Quintegia, Società italiana che svolge attività di ricerca e formazione per i diversi operatori del settore automobilistico. L’indagine valuta i diversi aspetti del rapporto di mandato e le singole attività gestionali tramite un questionario volto ad individuare i punti di forza e di debolezza, le aree critiche e gli spazi di miglioramento per ciascun marchio. All’interno del questionario, tra le varie domande, viene chiesto ai Concessionari, in maniera diretta, di indicare quale mandato sceglierebbero, potendo ripartire da zero nelle loro attività di business.

Dall’analisi delle risposte ottenute, emerge che nel 2016, il 51% dei concessionari rimarrebbe fedele al proprio marchio ed un ulteriore 24% sarebbe comunque intenzionato a proseguire con l’attività imprenditoriale intrapresa, anche se con altri mandati. Un 5% dei dealer uscirebbe dal business, mentre il restante 20% non prende posizione in merito. Dalla somma di tutte le preferenze espresse dai concessionari italiani,

Land Rover si conferma, così come accaduto nel 2015, il mandato più desiderato. Daniele Maver, Presidente di Jaguar Land Rover Italia, nel ritirare il premio, ha commentato: «Siamo molto soddisfatti di questo risultato che premia un Marchio affascinante e credibile, che vanta una gamma di prodotti straordinari, sostenuti da una politica commerciale seria ed innovativa».

record di vendite J

aguar Land Rover ha registrato un risultato senza precedenti per il mese di aprile, con 41.341 vendite, pari ad un incremento dell’11% su aprile 2015. Si tratta del quarto mese record consecutivo. Nei primi quattro mesi del 2016, il Gruppo ha venduto 200.154 unità con un incremento del 24% sul primo quadrimestre dell’anno precedente. L’incremento di vendite di aprile 2016 rispetto ad aprile 2015 ha interessato tutte le aree geografiche: 25% nel Regno Unito, 11% in Cina, 10% in Europa e 2% in Nord America. In altri

mercati oltremare le vendite sono cresciute del 5% sul precedente anno. Andy Goss, Group Sales Operations Director di Jaguar Land Rover ha dichiarato: «Questo è un buon inizio per le vendite del secondo quadrimestre che conferma il trend in crescita dei primi tre mesi dell’anno. Le vendite della Jaguar XE, che sarà commercializzata in America a partire dal mese prossimo, si mantengono sostenute in molti mercati chiave. Inoltre la risposta del mercato alla Jaguar FPACE al suo primo mese di vendite, è stata estremamente positiva. Stiamo

anche assistendo al graduale impatto della nuova Discovery Sport, che si avvicina alle 44.000 unità vendute nel primo quadrimestre». Il nuovo record di vendite Land Rover del mese di aprile è stato di 33.348 veicoli, un incremento del 4% sull’anno precedente. I best-seller del mese sono state la Discovery Sport, con 9.422 unità vendute e la Range Rover Evoque con 8.293. Le vendite Land Rover dell’anno hanno raggiunto i 162.307 veicoli, con un incremento del 19% sull’anno precedente.

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Tecnologie

foto Media Land Rover

smartphone personalizzato

Land Rover

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ullitt Group, uno dei maggiori produttori privati del settore nel Regno Unito, svilupperà con Land Rover un’innovativa linea di dispositivi e periferiche mobili che segneranno l’ingresso del Brand in un nuovo settore commerciale. Caratterizzata da eleganza e durata, la nuova gamma sarà progettata per uno stile di vita attivo, per chi vuole affrontare nuove sfide e spingersi “above & beyond”, oltre il consueto. Il lancio è previsto per gli inizi del 2017 ed i prodotti, che presenteranno

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alcune funzioni e tecnologie davvero innovative, saranno una fedele espressione dei valori Land Rover. Lindsay Weaver, Director of Licensing and Branded Goods di Jaguar Land Rover, ha dichiarato: «Trasferire il design iconico e la tecnologia innovativa Land Rover nel settore della telefonia mobile insieme a Bullitt, rappresenta una nuova sfida e la straordinaria opportunità per il Brand di spingersi verso una nuova dimensione. Un team di progettisti del reparto Jaguar Land Rover Special Operations sarà assegnato alla partnership, per

produrre dei dispositivi a misura del Brand Land Rover e dei valori dei suoi prodotti». Peter Stephens, CEO del Bullitt Group aggiunge: «Siamo lieti della partnership con Land Rover e di poter contribuire a trasferire, nel settore della telefonia mobile, valori del Brand quali il design all’avanguardia e la durata nel tempo. Siamo certi che la nuova gamma di prodotti rispecchierà perfettamente tutto ciò che Land Rover rappresenta, interessando sia chi già ama il Brand, sia chi deve ancora scoprirlo».



News

Range Rover Evoque

foto Media Land Rover

Sky view Il cielo non è un optional

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n attesa della commercializzazione della Range Rover Evoque Convertibile, prevista nel nostro mercato nel mese di giugno, Land Rover presenta l’iniziativa Range Rover Evoque “Sky

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View” offrendo il tetto panoramico integrale a contrasto incluso nel prezzo (ad esclusione della versione Pure); una versione in cui viene esaltato un elemento estremamente innovativo e distintivo delle vetture del marchio

che propone una diversa quanto coinvolgente prospettiva, tridimensionale, interattiva, stimolante. Un nuovo punto di vista. Oltre a garantire una visuale completa, il tetto panoramico diventa l’elemento


peculiare della Range Rover Evoque “Sky View”, conferendo alla vettura una caratterizzazione ulteriore ed unica. Nel puro spirito Land Rover, il tetto panoramico è l’elemento che permette ai clienti di vivere l’esperienza di guida in modo più completo ed assoluto, di arricchire la piacevolezza e la percezione di vivere l’ambiente naturale esterno, senza filtri e barriere anche grazie all’illuminazione dell’abitacolo tramite un vetro rinforzato che garantisce la protezione dai raggi solari ed il mantenimento di una temperatura interna ottimale. Oltre all’incremento del coinvolgimento esperienziale, la versione “Sky View”, amplificando l’illuminazione interna, arreca sostanziali benefici in relazione al comfort e alla fruizione dell’abitacolo della vettura. Se invece si desidera maggiore privacy, vi è la possibilità di sfruttare la tendina elettrica in dotazione. Un’opzione giusta per ogni occasione, segno della grande versatilità caratterizzante i prodotti Land Rover. “Il Cielo non è un optional”: il messaggio di Land Rover è chiaro, trasparente così come il vantaggio offerto

Range Rover Evoque nella nuova versione Ember, Limited Edition.

da questo optional esclusivo – il cui valore di listino al pubblico è di circa 2.000 Euro – e che sarà in omaggio acquistando una Range Rover Evoque (ad esclusione della versione Pure) nel solo mese di maggio 2016. L’offerta comprenderà tetto panoramico fisso con tendina elettrica, tetto e spoiler a contrasto. Un optional che non sarà più un optional, ma un extra

di cui non si potrà più fare a meno. La versione Sky View diventa un inno alla natura ed agli spazi aperti in cui si fonde, amplificando il piacere della guida e della percezione di avventura e libertà in tutti i possibili ambienti. Renderà unici paesaggi, panorami ed orizzonti regalando una nuova prospettiva completa, a cielo aperto, a cui non si potrà più rinunciare.

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Runnerbull Lo stile biker

Runnerbull, marchio italiano specializzato nella produzione di stivali casual, con particolare ispirazione allo stile da motociclista, nasce quattro anni fa da una ricerca di mercato che ha individuato una nicchia, in piccola ma costante crescita, nel settore della calzature per tutti i giorni, con una richiesta di prodotti sullo stile biker, rudi e avventurosi nell’aspetto, ma confortevoli per l’uso quotidiano anche una volta scesi dalle due ruote. Una sorta di anticipazione di quella che è stata poi la moda che è andata affermandosi di un look vintage, che ha visto la diffusione a macchia d’olio delle moto naked o café racer, pure e dure, che ricalcano gli stilemi degli anni sessanta, settanta e ottanta, pur disponendo di fatto di una tecnologia modernissima. Gli stivali Runnerbull propongono nuovo look per chi è alla ricerca di qualcosa di insolito ma fashion, elegante ma sportivo allo stesso tempo, attento ad un nuovo trend che va affermandosi e del quale è molto difficile trovare novità e proposte accattivanti. Riservati solo a coloro che cercano un look molto personalizzato e fuori dai soliti schemi, gli stivali Runnerbull sono completamente realizzati in Italia,

costruiti da esperti artigiani. Il profumo della pelle pregiata, esclusivamente di concia italiana, testimonia la estrema qualità del prodotto. Si tratta di fatto di calzature da indossare tutto il giorno, in ufficio come durante una passeggiata, sulla moto o sullo scooter per i biker urbani, o sui jeans per le centaure metropolitane. La qualità della pelle rende gli stivali Runnerbull particolarmente comodi per l’uso quotidiano, con uno stile casual che dalla moto trae l’ispirazione e il look ma senza il peso e la rigidità di stivali nati come prodotto tecnico motociclistico. Come plus di prodotto, reso possibile dalla manifattura artigianale, la possibilità di ordinare stivali personalizzati, non solo per una migliore vestibilità, ma anche su specifica richiesta di misure, colore, pellami anche con piccolissime serie personalizzate o addirittura per pezzi singoli creati sul disegno del cliente, ricalcando magari prodotti ormai scomparsi dal mercato ma che possono essere sfoggiati oggi con le attualissime moto vintage. La gamma Runnerbull non prevede solo stivali di stile motociclistico ma anche altri modelli che spaziano dagli stivali stile buttero a quello sportivo da equitazione, dal look classico cittadino elegante alle sneakers urbane che sono tanto di moda, passando per realizzazioni inconsuete destinate particolarmente al mercato estero di Nord Europa e Nord America come gli stivali di stile moschettiere o rinascimentale. Gli stivali Runnerbull sono in vendita on-line.

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News

Land Rover Italia

DISCOVERY SPORT E DISCOVERY 4 ALLA FESTA DELLA POLIZIA DI STATO A ROMA

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n occasione della Celebrazione del 163° Anniversario della Fondazione della Polizia di Stato, svolta a Roma mercoledì 25 maggio, sono state esposte le prime Discovery Sport entrate a far parte dei Reparti Mobili del Corpo. Significativa la presenza nel loro parco di Discovery Sport e Discovery 4; presenza che, nel corso dell’anno dovrebbe arrivare a toccare il numero delle 100 unità (più o meno equamente distribuite tra i due modelli). Tale importante risultato e riconoscimento riflette l’alta specializzazione, la qualità e la versatilità dei veicoli Land Rover che hanno permesso al marchio inglese di eccellere in gare internazionali di fornitura particolarmente complesse e competitive. Per la Land Rover Discovery Sport, la vettura caratterizzata da un perfetto mix di design accattivante, eccezionale versatilità e tecnica avanzatissima, è quindi il debutto all’interno della flotta della Polizia di Stato. Una suite di avanzate e recenti tecnologie potenziano la sicurezza, il comfort e la praticità della vettura. Il sistema di trazione Active Driveline migliora l’efficienza e la dinamica del veicolo passando automaticamente alla trazione

4x2 e disinnestando la trasmissione posteriore, quando si viaggia ad una velocità costante superiore ai 35 km/h. Se poi il sistema avverte una perdita di

trazione o una brusca accelerazione da parte del pilota, torna in 300 millisecondi alla trazione integrale, con un passaggio così dolce da essere inavvertibile.

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JE Motorworks

testo Colin Buckley - foto JE Motorworks

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Nasce la primissima Defender Zulu² con il dna Jaguar Land Rover, una super Defender da 475 cavalli

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a primissima produzione di serie del Defender Zulu² di JE Motor Works è uscita dalle officine dell’azienda a Coventry in Gran Bretagna, per iniziare il tour dei potenziali clienti. JE basati in Coventry costruiranno non oltre 25 Zulu², ciascuna con il motore JE Motorworks Jaguar Land Rover V8 sovralimentato, sposato a un cambio automatico a 6 marce Tiptronic e relativo telaio integrato, più un pacchetto di sospensioni e impianto frenante speciali. «Non c’è fine alle Defender elaborate, ma nessuna ha il vero DNA Jaguar Land Rover come nel caso della nostra Zulu²» dice Jonathan Douglas di JE Motorworks. «Potrebbe apparire semplice montare un semplice JLR V8 nel telaio di un Defender, ma Il Defender è un’infrastruttura antica e il motore è di questa era tecnologica in cui le auto sono come dei computer: è come cercare di fare suonare la musica da un iPhone tramite un mangia nastri, ma ci siamo riusciti, e abbiamo eseguito una lavorazione sartoriale grazie agli ingegneri incredibili della squadra di JE Motorworks. La conoscenza di questo tipo di ingegneria elettronica fa sì che veniamo incaricati per risolvere i problemi che incontrano i nostri produttori di motori e clienti tuning esterni. Siamo in primis meccanici e ingegneri, questo si vede nei dettagli, nel design e nella costruzione dello Zulu². Chiunque che sa qualcosa di Defender si infilerà sotto per cercare le modifiche alquanto discrete, i rinforzi e le modifiche alla trasmissione, le sospensioni e naturalmente i freni che compensano per l’aumento di potenza e performance generati da un ECU prodotto da persone con un alto livello di conoscenza di

software dal mondo automobilistico. Insomma, se ruota o se si muove, allora l’abbiamo modificato, o l’abbiamo migliorato… e vi assicuro che il tutto funziona in perfetta armonia». La prima Defender sarà il 110 station wagon nel colore Sonic Grey metallic – una tinta esclusiva della palette di colori JE. Una qualsiasi Defender può essere la base per

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una Zulu², nella versione guida destra o guida sinistra, e si possono eseguire upgrade massicci a tutti i gruppi di componenti, più una revisione accuratissima dell’estetica, della sicurezza e del confort comfort del veicolo. I prezzi partono da £149,500, o £125,000 più tasse locali per clienti al di fuori del Regno Unito. Il cliente può anche proporci il suo disegno o “Zulu-isation”, con prezzi in base alle specifiche e condizioni del veicolo, e alle altre richieste particolari.

JE MotorWorks 6-speed tiptronic fitted.

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«Da 40 anni ridisegniamo e rivediamo l’ingegneria delle Land Rover, fino al punto che la Land Rover stessa ha acquistato i diritti per alcune soluzioni di performance e tecnologia che abbiamo sviluppato sulle nostre auto», dice Jonathan Douglas. «Sappiamo come fare andare le Defender, sappiamo come farle frenare, sterzare e correre oltre l’immaginazione della maggior parte dei possessori di Defender attuali, ma è il cliente che dà la specifica del veicolo secondo i suoi


gusti, sia dentro che fuori dall’abitacolo, ed è con lui che lavoriamo per ottenere il miglior risultato. Sì, ci sono alcuni interventi importanti che sono stati fatti allo Zulu, ma ci sono anche dei piccoli particolari con cui solo il proprietario può sintonizzarsi, come per esempio il nostro freno a mano elettronico». JE Motorworks ha svolto un ruolo importante nell’aiutare il mondo dell’automobile a comprendere che la Range Rover

potesse essere anche una Performance Car – veicolo ad alte prestazioni e ha costruito le primissime Defender high performance. Ora, JE, modifica, migliora, e offre tutti i livelli di tuning e progettazione di estetica sia per la gamma Land Rover e Range Rover con motorizzazione diesel che benzina. Produce la Defender più veloce al mondo nello stabilimento in Siskin Drive, vicino all’aeroporto di Coventry.

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News

Project Kahn

Oltre Vogue

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testo Paolo Pysa - foto Kahn Design

Una già lussuosa Range Rover Vogue incontra l’inconfondibile tocco by Project Kahn.

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ogue: già si parla di Range Rover extra lusso, ma la Land Rover Range Rover Vogue 3.0TDV6 RS Edition by Project Kahn è cosa sicura che si mostrerà come un luxury SUV a trazione integrale tra i più riconoscibili a livello mondiale. Il kit up grade è composto da 17 componenti come quelli dedicati al corpo auto con l’elaborazione di esclusive sezioni dei parafanghi e arcate passaruota, dall’esclusivo design, capaci di donare alla Project Kahn Range Rover Vogue RS Edition una presenza ancor più possente ma comunque di straordinaria eleganza. Project Kahn progetta sia i passaruota anteriori sia posteriori con nuove prese d’aria finemente integrate e verniciate a contrasto (così come gli specchietti laterali) con il colore della carrozzeria; eleganti convogliatori addizionano ulteriore raffreddamento verso l’intero impianto frenante.

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Lo stile esclusivo dei wheel arches porta alla visione di cerchioni RS Silver Platinum, ideati dalla Project Kahn, dalle dimensioni di 9.5 pollici x 22”, capaci di portare gommatura della misura di 275/40x22”; le pinze freno vengono verniciate allineandosi alla nuova combinazione di colori degli esterni. Questo esclusivo Project Kahn’s up grade package include anche una nuova griglia anteriore RS con ai lati bocchette contornate da una corposa ma elegante cornice; sotto la calandra uno spoiler RS, oltre a donare un look unico, durante la marcia “spinge” il mento della Range Rover verso il basso a favore di un ancor migliore assetto. All’apice del cofano troneggia il lettering firmato Kahn. Il bumper posteriore rende al corpo vettura un aspetto elegante ma a suo tempo sportivo.

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Saliti all’interno di questa RR Project Kahn, “solcando” le piastre battitacco in acciaio inox griffate Vogue/Khan, si è colpiti dalla fattura modulare con particolare enfatizzazione delle linee 3D look. La consolle centrale è rivestita in black leather così come l’esclusivo volante. Comodità ed esclusività delle sedute sia anteriori che posteriori rivestite in pregiata pelle nera traforata e lavorate a scacchiera composta da mini pillows con cuciture a contrasto. La pedaliera disegnata e firmata dal preparatore inglese è composta da alluminio finemente lavorato. Come diktat dell’automotive stylist inglese anche la Project Kahn Range Rover 3.0 TDV6 Vogue RS Edition può essere personalizzata a seconda delle esigenze del cliente. Questa Range Rover dalla indiscutibile unicità è proposta, in terra inglese, dalla cifra base di 89.975 Sterline.

…all’interno si è colpiti dalla fattura modulare con particolare enfatizzazione delle linee 3D look…

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Story

Roverphile

di James Taylor

James Taylor si occupa di storia e scrive di Land Rover sin dagli Anni 70; la sua pagina Roverphile è conosciuta in tutto il mondo per informazioni particolari che svelano i dettagli che sono stati trascurati in altri libri o articoli riguardanti le Land Rover. James ci racconterà tutto quello che ha scoperto sulle nostre amate old Landy’s e spera che anche voi abbiate storie o informazioni da condividere con lui, in modo da poter formare un vero e proprio archivio internazionale sulla Casa di Solihull per poi metterlo a disposizione di tutti coloro che seguono questo stile di vita. Potete scrivergli via mail tramite Land Italia Magazine (landitalia@landitalia.eu).

land rover

centaur James Taylor ci illustra un’altra rarissima Land Rover, CENTAUR, un mezzo destinato in origine all’uso esclusivo dei militari.

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mezzi cingolati non erano un’idea nuova quando Laird’s of Anglesey (azienda di ingegneria a contratto per il ministero della Difesa) presentò nel 1978 la Land Rover Centaur. Erano stati impiegati anche dalle forze Alleate durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale. I primi cingolati furono costruiti nel 1920 dalla Citroën, utilizzando il brevetto Kègresse. Ma prima di allora non c’era mai stata una Land Rover cingolato! L’idea della Centaur arrivò dalla mente di Major Bill Wiggett, direttore delle vendite alla Laird’s nell’estate del 1977. Laird’s stava cercando nuovi prodotti in quel periodo e l’idea di Wiggett fu rapidamente trasformata in un vero design concept. Quando Laird’s lo mostrò al Ministero della Difesa (M.o.D.), i rappresentanti diedero una risposta incorraggiante. Il M.o.D. suggerì che il concept avrebbe potuto avere degli sviluppi con alcune varianti di carrozzeria, e non solo ad uso militare. Quindi Laird’s decise di mettere insieme un’intera famiglia di progetti per questi nuovi veicoli, e le chiamarono semplicemente Centaurs (Centauri)! Erano metà Land Rover e metà cingolato, proprio come la storia del mitico Centauro, metà uomo e metà cavallo. Nel mese di Ottobre, il M.o.D. diede il suo ok al progetto e suggerì che la Laird’s doveva utilizzare i cingoli montati sulla CVR (T) Scorpion light tank (carro armato leggero) invece dei cingoli della Carden-Lloyd come mostrato nei loro disegni. Questa notizia era un risultato eccellente e il giorno 21

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Novembre 1977 il management della Laird’s concesse l’ok per costruire un prototipo. Il progettista di design George Stowell fu messo a capo del team e la costruzione del primo concept vehicle iniziò nel Gennaio del 1978. La primissima Centaur fu convertita da una Land Rover Series III diesel, alla quale Laird’s abbinò un carrello di uno Scorpion, accorciato da 5 ruote a sole 3 per lato, dando così un piano di carico da ben 129 pollici. Comunque, assemblare il carrello più stretto dello Scorpion per essere alla pari della larghezza di una Land Rover non era un’opzione, perché la parte posteriore della carrozzeria era più larga di ben 18 cm su entrambi i lati. Laird’s risolse questo problema montando le porte anteriori ad angolo, in modo da evitare un gradino o un’evidente sporgenza della carrozzeria posteriore. La Centaur in teoria aveva una portata di ben 3 tonnellate, e il motore a gasolio con i suoi pochi cavalli di potenza non riusciva a muovere tutto quel peso con efficienza, ma questo primissimo concept vehicle dimostrava che il progetto era realizzabile, e così il motore diesel fu sostituito con un propulsore V8 di una Range Rover. Il British Army utilizzò questo primo esemplare per valutarlo sul campo di prove tra l’Aprile e il Giugno del 1978. I primi problemi che riscontrarono erano legati all’albero di trasmissione posteriore e alla necessità di rinforzare la carrozzeria nella parte posteriore. Tutto molto semplice da sistemare.


Quando in estate la Centaur fu esposta al British Army Equipment Exhibition a Bovington, suscitò l’interesse dei clienti stranieri. Anche Land Rover dimostrò gran interesse. Fu promessa una disponibilità (ancora segreta) di telai Stage One V8 e fu nominato Norman Busby come liason con la Laird’s. Poco dopo, la Defence Sales Organisation prese in prestito il prototipo per un tour dimostrativo nel Mediterraneo, Africa e Sud America. Laird’s ora iniziò a costruire cinque prototipi, Land Rover diede cinque primissimi telai Stage One con motore V8. Questi motori, a quanto pare, avevano una potenza di 156cv, ovvero erano una versione elaborata del V8 della Range Rover che di serie aveva solo 91cv. Non si conoscono tutti i numeri dei telaio, ma due, il 100057 e il 100061, suggeriscono che Land Rover aveva fornito sei telai da una produzione inziale. I cinque veicoli dimostrativi furono costruiti tra il 1978 e il 1979, e così la Laird’s iniziò a promuovere la Centaur. Nonostante l’interesse mostrato dagli altri Paesi stranieri nessun ordine definitivo comunque fu mai confermato. Solo un veicolo venne venduto al Sultano dell’Oman che insisteva nell’avere il prototipo mostratogli. Il tempo passava, e la Land Rover era sempre più vicino all’introduzione della sua nuova Coil-Sprung One Ten, (sospensioni nuove a molle elicoidali invece delle balestre) come successore alle Series III. Solihull inviò alla Laird’s una One Ten col motore V8, e il settimo prototipo fu costruito da questo veicolo, così tenendo più aggiornata possibile la Centaur. Ma purtroppo gli ordini per il nuovo mezzo continuarono a non arrivare. Un ottavo prototipo fu costruito, con molle elicoidali, ma non venne completata, e nonostante la Centaur continuò ad essere menzionata alla BAEE fino al 1986, il progetto venne abbandonato già durante il 1985.

I PROTOTIPI

Notare che alcune immagini delle Centaur non sono come sembrano. Ad alcune furono date dei numeri di serie militari falsi (19 LA 78 e 65 FL 73 sono alcuni esempi), e il numero di serie 06 SP 17 è stato visto su almeno due diversi veicoli.

Si pensa che questo sia il veicolo del concept engineering prototype P1, fotografato nelle miniere del rame a Parys Mountain vicino a Amlwch, nell’Anglesey, durante le prove.

P1

Engineering concept, RHD, 12volt costruita nel Gennaio 1978. 1978 (aprile) Testata a Anglesey e a MIRA 1978 (primavera) M.o.D trials, temporaneamente assemblata come trasporto personale con carrozzeria blindata. 1978 (Giugno) Presente alla (BAEE) British Army Equipment Exhibition, con il numero di serie 48 BT 07 1978 (Settembre) Presente alla Joint Airborne Trials

Establishment per effettuare le prove di carico con aereo da trasporto Hercules C130 1978-1979 Winterised e Convertita alla versione FFR (Fit For Radio) per le prove di tre mesi nell’Artico assieme al British Army in Norvegia 1979-1980 Ulteriore valutazione in UK 1980 (Giugno) Mobility Display alla BAEE Data non certa Inviato in Libia come veicolo dimostrativo, mai tornato.

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Vista durante una dimostrazione, P1 con il numero di serie falso 19 LA 78 (Laird’s, 1978).

Prototipo P1 portava il numero di serie 06 SP 17 per le prove Artiche con il British Army in Norvegia.

Land Rover inzia ad avere interesse… Questo prototipo è stato visto durante un’esibizione di Special Vehicles nei pressi di Eastnor Castle, dove tutt’ora la Land Rover svolge le prove dei suoi veicoli, nell’Herefordshire durante il 1980. Sembra che porti il numero 06 SP 17, ed è probabilmente P1.

P2

RHD, 12/24-Volt. Costruita fine 1978 . 1979 circa Assemblata con un cannone Oerlikon A41, ha visitato la Nigeria e il Kenya come veicolo dimostrativo. Data non certa Ritorna in UK; successivamente venduta al Military Vehicle Dealer Peter Blanchard per la sua collezione privata.

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P3

RHD, 12/24-Volt. Costruita fine 1978. 1979 circa Convertita ad una Hardtop commando post communications vehicle dalla RACAL, ed equipaggiata con radio HF e UHF, telefoni da campo, teleprinter e sniper detection radar. Inoltre verniciata come ambulanza per le fotografie. Data non certa Riconvertita a telonata (soft top) e ora fa parte della collezione privata di Peter Blanchard.


Questa è P2, dopo essere stata equipaggiata con il cannone Oerlikon. Qui vediamo un tailgate del tutto standard per il Centaur.

Il prototipo P3 fu equipaggiato con carrozzeria blindata come Command and Control Vehicle della RACAL.

Di nuovo il prototipo P3 verniciato per sembrare un’ambulanza.

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P4

LHD, 12-Volt. Costruita fine 1978, inzio 1979. 1979 (Agosto) Inviata in Oman per trials, equipaggiata con due mitragliatrici 1979 (Novembre) Ritornata in UK per aggiornamenti Data non certa Re-inviata in Oman

P4 durante le valutazioni in Oman…

P5

LHD, 12/24 Volt. Costruita estate 1979. 1979-1980 Sei mesi in UK, poi inviata in Germania, provata con un Ranger anti-personnel mine discharger (mine anti uomo) E un Bar posamine trainato dietro. 1980 (Primavera) re-configurazione con cannone da 20mm sul pianale posteriore 1980 (Giugno) Presente sullo stand della Land Rover al BAEE Data non certa Veicolo dimostrativo nella regione del Golfo Data non certa Tank Museum, Bovington

P4 ora nel museo delle Forze Armate del Sultano di Oman.

P6

LHD, 12/24 Volt. Probabilmente costruita fine 1979. (Telaio numero 100061) 1980 Circa In Iraq come veicolo dimostrativo 1980 (Giugno) Presente sullo stand della ROF al BAEE, trainando un cannone leggero da 105mm 1980 Circa Re-inviata in Iraq

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P5 esposta come parte di un’esibizione dell’Artic Operations al Tank Museum durante l’estate del 1992. Non è chiaro se ha servito veramente nell’Artico o no.


Il prototipo P6 come è stato trovato in Iraq. Ha sofferto ancora un po’ di più prima di arrivare in UK.

2005 (Febbraio) Scoperta dal United States Army e in condizioni danneggiate a Taji, nel nord di Baghdad; restituita al REME in UK e depositata nella collezione del REME al Museo di Bordon 2016 (Febbraio) Venduta a un privato in Francia

P7

LHD, Basata sul One ten Coil Spring. Costruzione probabilmente inizio 1980. Data non certa Prove da parte del British Army con numero di serie 06 SP 17 Data non certa Inviata al Tank Museum Bovington

Prototipo P6 aveva subito parecchi attacchi dopo la sua scoperta da parte delle truppe statunitensi in Iraq. Un proiettile perforò proprio la targa del telaio, ma è ancora possibile individuare il numero VIN che sarebbe LBCAV2AA100061

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Solo un prototipo fu completato con il muso della One Ten a molle elicoidali. Eccolo qui, fotografato al Tank Museum a Bovington e stranamente porta il numero di serie 06 SP 17, che apparteneva in origine al P1!

P8

Non è stata mai completata: era destinata ad essere assemblata sul telaio One Ten coil spring.

Nell’immagine a lato, dentro Centaur: ecco qui P7 con le molle elicoidali nel magazzino del Tank Museum nel 2016.

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Le origini

a cura di Paolo Ferrini


Ho disegnato

Land Rover

sulla sabbia… Estate 1946: 70 anni fa l’origine del mito. Acciaio razionato per l’industria automobilistica britannica. I fratelli Wilks “inventano” la Land Rover con la carrozzeria in alluminio.

L’

atmosfera che si respira nel Regno Unito dopo la vittoria nella Seconda Guerra Mondiale è molto diversa da quella che un quarto di secolo prima accompagnava il Primo Dopoguerra. Nel Paese non c’è un illimitato ottimismo, ma quantomeno la consapevolezza di vivere comunque in una delle nazioni più importanti del mondo. Nel 1946 Londra ospita la prima riunione dell’assemblea delle Nazioni Unite, Alan Turing propone la costruzione dell’Automatic Computing Engine (il primo computer programmabile sviluppato nel Regno Unito), Winston Churchill tiene il famoso discorso della “cortina di ferro”.

Le elezioni politiche riconsegnano la guida della Gran Bretagna ai Laburisti che avviano un severo programma di

austerità per rientrare dalle enormi spese sostenute durante il conflitto. La Purchase Tax, introdotta come

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misura temporanea nel 1940 per contribuire a sostenere lo sforzo bellico, non solo viene confermata, ma viene addirittura aumentata, secondo una prassi che purtroppo abbiamo visto spesso ripetersi anche altrove ed in altre situazioni.

Esportare o morire In questo contesto all’industria automobilistica sono assegnate quantità di acciaio proporzionate alle rispettive esportazioni ed i costruttori sono incoraggiati a sostituire le ampie gamme di prodotti dell’Anteguerra con modelli singoli, possibilmente del segmento medio, che a torto od a ragione sono ritenuti i più adatti all’esportazione. In pratica all’industria automobilistica nazionale viene chiesto senza mezzi termini di concentrarsi sull’esportazione e di farsi pagare possibilmente

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… ritroviamo pertanto Maurice Wilks a disegnare sulla sabbia un insolito veicolo a passo corto ed a mostrarlo al fratello Spencer,


in preziosi Dollari americani. Per contro viene finalmente abolita la tassazione in base alla potenza dei motori che è sostituita da una tassa forfetaria in modo da spingere i progettisti a sviluppare motori più grandi e potenti. Superfluo aggiungere che fino al 1954 le importazioni di autoveicoli sono virtualmente proibite. La parola d’ordine è insomma “esportare o morire”. Il risultato è che, fatta eccezione per pochi fortunati, la maggior parte dei clienti britannici finisce per attendere anche cinque anni la consegna di una nuova automobile e tutti devono impegnarsi a non rivenderla prima di un certo lasso di tempo. Come se tutto questo non bastasse, chi riesce alla fine ad entrare in possesso di una nuova auto rischia poi di non poterla utilizzare più di tanto perché la benzina è ancora razionata e quella disponibile ha solo 72 ottani. Nasce così un florido commercio di automobili seminuove vendute a prezzi leggermente superiori a quelli

di listino e di vecchi modelli d’anteguerra acquistabili a prezzi irrisori, così come di residuati bellici che l’esercito britannico e quello statunitense cercano di smaltire nel più breve tempo possibile. Particolare successo incontrano le Jeep Willys che, progettate per assicurare ai soldati americani la massima mobilità possibile anche sui terreni più impervi, trovano molte possibilità di applicazione anche nella vita civile in virtù del loro leggero telaio e soprattutto delle quattro ruote motrici.

La Willys ispirò la Land Attraverso una serie di prestiti e di successivi passaggi di proprietà uno di questi veicoli finisce ad Anglesey, nella fattoria gallese di Maurice Wilks, all’epoca direttore tecnico della Rover Company, azienda specializzata nella costruzione di automobili che oggi definiremmo di classe premium, che ne apprezza le qualità e ne intuisce le potenzialità.

Quando pertanto il veicolo, che ha ormai molta strada sulle spalle, comincia ad evidenziare qualche problema tecnico, Wilks concepisce l’idea di realizzare un analogo prodotto britannico che, a suo parere, potrebbe incontrare i favori degli agricoltori nazionali ed avere un suo spazio in quelli che oggi definiremmo i “mercati del terzo mondo”. Una Domenica pomeriggio dell’Estate del 1946, sulla spiaggia di Red Wharf Bay, nell’isola di Anglesey, nel Mare d’Irlanda, ritroviamo pertanto Maurice Wilks a disegnare sulla sabbia un insolito veicolo a passo corto ed a mostrarlo al fratello Spencer, all’epoca amministratore delegato di Rover Company. Le linee squadrate e la spartana capote di tela gli conferiscono un aspetto piuttosto rozzo, sgraziato, tutto sommato poco attraente. Non ha niente a che vedere con le eleganti berline della Casa inglese, ma sul telaio in acciaio è montata una carrozzeria in alluminio, cosa che permette di aggirare il contingentamento

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dell’acciaio e quindi di produrre un numero pressoché illimitato di veicoli. L’idea piace a Spencer Wilks che la sottopone a sua volta al consiglio di amministrazione della Rover che dà subito luce verde alla produzione di una 4x4 a basso costo nella quale intravede in quel particolare momento storico la soluzione per sostenere le traballanti vendite delle eleganti berline che sono storicamente il fulcro della produzione dell’azienda. Potrebbe essere la carta vincente per rilancio economico dell’azienda nel Secondo Dopoguerra. Viene creato così un gruppo di lavoro formato da sei ingegneri sotto la direzione del progettista Robert Boyle che per prima cosa si procurano un paio di Jeep da studiare a fondo prima di realizzare il prototipo di uno speciale veicolo destinato principalmente al mondo dell’agricoltura che dovrebbe abbinare le funzioni di un furgone e di un trattore e, per espressa richiesta di Maurice Wilks, avere una presa di forza cui collegare eventuali attrezzi da lavoro. Ed ovviamente essere maneggevole, economico da acquistare e di facile manutenzione. Maurice ha già il nome in mente: Land Rover, come dire “Rover da terra”, per sottolinearne una volta di più la destinazione rurale. Le settimane passano, ma il progetto stenta a decollare, come in fondo è abbastanza naturale che sia in

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un’azienda che finora ha prodotto tutt’altro genere di veicoli. In particolare, il telaio scatolato, realizzato con lamiere d’acciaio piegate e saldate, non trova una sua definizione finale.

Un prototipo per cominciare Nell’Estate del 1947 si decide pertanto di montare su un telaio Jeep la carrozzeria in alluminio ed una meccanica provvisoria: il 4 cilindri in linea di 1.389 cc da 48 CV (35 kW), il cambio e lo sterzo provengono, ad esempio, dalla berlina Rover 10. Le novità sono rappresentate invece dalla presenza di un riduttore che permette di affrontare salite e discese particolarmente ripide e delle ruote

anteriori libere che evitano strisciamenti tra i due assi nella marcia su asfalto. Nasce così il primo prototipo della Land Rover, uno spartano veicolo a 3 posti affiancati dietro ai quali, separato da una paratia di alluminio, c’è un semplice vano di carico. Il volante è posto in corrispondenza del sedile centrale (da cui le denominazione “centre steer”) per non doverlo spostare da un lato all’altro a seconda delle esigenza dei diversi mercati, ma anche per assimilare la Land Rover ad un trattore, esonerandola così dal pagamento della tassa di proprietà e permettendo ai suoi utenti di rifornirla con il più conveniente carburante per uso agricolo.


Il prototipo centre steer.

Una volta definito finalmente il telaio, nel Settembre del 1947 di avvia una pre-serie di 25 esemplari (cui se ne aggiungono successivamente altri 23) che conservano l’altezza da terra ed il passo (80 pollici) della Jeep Willys.

La presentazione alla Fiera di Amsterdam.

Debutta ad Amsterdam la prima Land La vettura che il 30 Aprile 1948 viene presentata ufficialmente al Salone di Amsterdam in due esemplari – uno statico con guida a sinistra ed uno marciante con guida a destra

– riscuote immediati consensi tra il pubblico e la stampa, ma è abbastanza differente dai prototipo realizzato meno di un anno prima. Tanto per cominciare il motore è il 4 cilindri di 1.595 cc da 50 CV (37 kW) della più recente berlina Rover P3

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60 e poi i parafanghi non sono più arrotondati bensì squadrati in quanto più facili e quindi più economici da realizzare. Anche la soluzione dello sterzo in posizione centrale viene abbandonata. Restano invece il telaio in acciaio

zincato e la carrozzeria in alluminio Birmabright: due soluzione che qualche anno più tardi ritroveremo anche sulla Range Rover. Il successo della Land Rover è immediato.

L’azienda è sommersa di ordini e l’obiettivo di 1.200 unità prodotte all’anno (di più non sarebbe stato possibile costruirne) viene largamente superato e bisogna correre ai ripari. Poco importa: è nato un mito.

L’azienda è sommersa di ordini e bisogna correre ai ripari. Poco importa: è nato un mito.

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Land Rover Tempo

TEMPO

a cura di Paolo Turinetti

la Land Rover “on THE BORDER” 52

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Siamo nei prima Anni 50, in piena guerra fredda. Il teatro principale della contrapposizione dei blocchi ovest ed est è la Germania, precisamente Berlino e i suoi territori.

L

a BGS (Bundesgrenzschutz), le guardie federali preposte al controllo dei confini con la Germania est, hanno bisogno di veicoli leggeri per il controllo e il pattugliamento della linea di demarcazione fra le due fazioni. Viene indetto un concorso per testare diversi veicoli ma alla fine sono solo due ad essere sottoposti a valutazione con sette unità ciascuno: l’Unimog 410 e la Land Rover 80 pollici Series One. Sebbene la Land Rover apparentemente avesse dimostrato migliori qualità, i tedeschi preferivano avere in dotazione mezzi prodotti in Germania; in ogni caso, a Solihull in quel tempo non avevano una capacità produttiva tale da far fronte alla nuova fornitura, né nelle quantità e soprattutto nei tempi richiesti, essendo già impegnati a soddisfare le commesse di altri mercati. Una terza soluzione fu rappresentata dalla ditta Vidal & Sohn, proprietaria del marchio Tempo-Werke ad Amburgo. Il titolare Oscar Vidal aveva in mente di domandare alla Land Rover la licenza per costruire in Germania un piccolo fuoristrada, esattamente come successo per la Minerva in Belgio, partendo da una base di fornitura tecnica per poi completare il mezzo con parti costruite nelle officine della sua fabbrica. La Vidal & Sohn era già conosciuta per essere produttore camion leggeri e da tempo collaborava con la BGS essendo la sua sede diventata la base di stoccaggio dei pezzi di ricambio per i mezzi militari. Inoltre Vidal aveva un passato da commerciante di carbone e questo lo aveva portato ad avere contatti in Inghilterra e con la Land Rover stessa.

Tutto giocava a suo favore e questo fece sì che nel gennaio del 1953 si arrivasse all’accordo con la Land Rover e con la BGS per l’ottenimento della commessa per circa 200 mezzi che sarebbero serviti al controllo dei borders. Fra l’aprile e l’agosto di quell’anno furono assemblati dalla Tempo-Werke di Bostelbek tra i 100 e i 180 veicoli (ma il dato è incerto). Telaio LHD, bulkhead, ponti, cambio e motore 2L siamese bore furono forniti da Solihull. Le parti

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Tempo 80 pollici.

della carrozzeria, eccezion fatta per la parte frontale con la griglia e il cofano motore, furono prodotti nelle officine tedesche con specifiche alquanto differenti dal modello originale inglese e soprattutto non in alluminio ma in lamierati d’acciaio. Il modello di fuoristrada leggero sei posti, denominato Tempo, fu subito evidentemente diverso dalla Series One da cui derivava, ancora più “militare” e ancora più “teutonico” nel suo design rigoroso. La linea di cintura alta era l’elemento di distinzione che subito si notava. Le robuste maniglie sono incassate nelle porte laterali, costituite da un pezzo unico fino al livello del parabrezza e con la parte superiore staccabile e riponibile in un grande contenitore posto sopra al cofano motore; sopra questo contenitore si trovava a sua volta, curiosamente, un alloggiamento per le cartine del territorio. Il serbatoio del carburante è stato spostato nella parte posteriore sinistra, posizione intuibile data la presenza del bocchettone per il rifornimento proprio in quella zona. La ruota di scorta è posizionata in coda, centralmente, con a fianco sul lato destro una tanica supplementare per la benzina. Quasi sullo spigolo basso sono presenti due maniglie, una per lato, che potevano servire per sollevare la macchina ma anche come scalino per l’accesso ai posti dietro, sebbene i sedili davanti si ribaltassero per permettere ai soldati di salire con la capottina chiusa. L’elemento caratteristico della parte frontale è la presenza di due “ripostigli” ricavati sotto i parafanghi, chiusi da una piccola porticina sagomata che segue le linee del parafango e tenuta chiusa da una semplice bandella metallica; sembra servissero da tool box per riporre gli attrezzi, ma anche per stivare le catene necessarie per muoversi nei boschi e nelle colline in caso di neve. Sempre sui parafanghi trovavano posto attrezzi vari come piccone, pala, accetta e un faro da ricerca brandeggiante. Sul paraurti gli alloggiamenti per le due sirene. Al centro della griglia campeggiava il badge Tempo/Land Rover.

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La pala e il grande contenitore sul cofano.

Il bocchettone per il rifornimento.

Nella vista posteriore si notano la ruota di scorta, la tanica supplemetare del carburante e una delle due maniglie per il sollevamento o per salire a bordo del veicolo.


La tool box disposta sotto i parafanghi anteriori.

Indicatore di direzione incassato nella carrozzeria.

Si notano le centine ripiegabili.

Particolare del cassoncino posteriore.

Ai lati dei parafanghi, in posizione arretrata quasi all’altezza delle cerniere porta, i curiosi indicatori di direzione incassati con un funzionamento a sbalzo tipo “trafficator”. La capottina di tela aveva la possibilità di essere facilmente ripiegata grazie ad un sistema di centine chiudibili a compasso; all’interno si trovano due soli posti anteriori costituiti da due sedili spartani a struttura tubolare, mentre posteriormente due panchette laterali potevano ospitare quattro soldati. Davvero spartani i sedili anteriori. Il quadro strumenti, oltre al classico cruscotto centrale Land Rover, aveva anche un’extra dotazione costituita dalle leve di azionamento indicatori di direzione, sirena e luce lampeggiante. Era prevista l’installazione di una radio e questa trovava posto tra i sedili anteriori e, dato il clima delle zone in cui operavano, tutti i veicoli erano equipaggiati con un riscaldamento optional. Per supportare l’uso delle radio era installato un generatore potenziato della Bosh tipo LJ/GKM 300/12/1400 R3, mentre l’impianto elettrico era con negativo a massa, al contrario di quello inglese con la massa sul positivo.

Apparato radio tra i sedili anteriori.

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Tempo 86 pollici.

Tempo 86 pollici.

Il posto guida di un’86 pollici.

Una 86 pollici in restauro.

Nel 1954 seguendo l’evoluzione della Casa madre con i telai passati a 86 pollici anche la Tempo ebbe un nuovo allestimento. Non ci furono grandi cambiamenti, ma ad esempio la ruota di scorta fu posizionata sul cofano al posto del contenitore dei sovraporte/cartina stradale, gli indicatori di direzione diventarono i più convenzionali fanalini posti sul davanti dei parafanghi, fu raddoppiata la capacità della scorta carburante con un serbatoio posto sotto il sedile passeggero per un totale di quasi 100 litri di benzina. Il motore era ovviamente il nuovo 2L spread bore. Secondo alcune fonti pare che siano state prodotte tra le 80 e le 150 unità in questa configurazione, altre si fermano addirittura a 58. Negli Anni Sessanta furono quasi tutte passate in dotazione al ricostituito esercito tedesco.

C’è ancora da citare un antefatto. Pare che nel 1952, come capita spesso, prima di iniziare la produzione ci sia stata una piccola “preserie” di sette pezzi. Molto curiosamente le sembianze di queste macchine, non si sa bene se tutte o solo alcune, erano degli ibridi tra la

…prima di iniziare la produzione ci sia stata una piccola “preserie” di sette pezzi. Tempo prototipo.

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Tempo prototipo, si notano gli attacchi per le sirene.

Nel prototipo il classico bocchettone Tempo.

classica Series One e la Minerva, con l’aggiunta di elementi che sarebbero poi diventati distintivi della Tempo. Conosco il proprietario di uno di questi prototipi ed è davvero curioso il modello che mi ha mostrato, purtroppo (per ora) solo in foto. Un mezzo rarissimo, forse ne è sopravvissuto solo un altro oltre a questo.

Nel prototipo si nota l’assenza del terzo posto anteriore.

Con la Land Rover Series II entrata in produzione la Vidal & Sohn cessò inevitabilmente la produzione della Tempo

Con la nuova Land Rover Series II entrata in produzione alla fine degli Anni Cinquanta, la Vidal & Sohn cessò inevitabilmente la produzione della Tempo; provò ad allestirne un paio con il nuovo telaio ma senza grande successo, visto che da quel periodo tutte le Land Rover per l’esercito tedesco furono costruite e consegnate direttamente dalla Casa madre inglese. Data l’esiguità degli esemplari prodotti, trovare oggi una Tempo in vendita è cosa rara. Non si trovano neanche dei rottami da restaurare, ammesso che sia facile completare un restauro di mezzi incompleti e con pezzi di ricambio introvabili. Vero che la Tempo è un modello molto di nicchia, sconosciuta ai più e dall’aspetto non proprio attraente, diciamo pure un pezzo da “addetti ai lavori”; in ogni caso in Europa ci sono alcuni begli esemplari restaurati in modo più che degno dai soliti “noti”, come i fratelli Houben in Olanda o Mike Rivett in Inghilterra, il quale ha recentemente riportato ad una ottima forma una Tempo proveniente proprio dall’Olanda. Un altro esemplare più vissuto, ma pur sempre affascinante, è in Belgio e di proprietà dell’appassionato Hendrik Vander Hoeven, il quale ha creato anche il sito Minervatempoland, in quanto possessore di tutte e tre le specifiche. Nel frattempo i confini tra Germania est e Ovest non esistono più, la BGS non ha più motivo di esistere, ma i giorni che stiamo vivendo hanno purtroppo riportato l’attenzione su confini che credevamo consolidati da “tempo” senza il bisogno di essere presidiati da guardie e filo spinato.

Una Series II al museo dell’esercito in Baviera.

Una volta dismesse alcune Tempo hanno subito pesanti modifiche.

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CuriosiLandia

Series One 107�

testo Paolo Turinetti - foto Turinetti, Mike Rivett, britishtelephones.com

POST OFFICE WORKS La 107 degli ingegneri 58

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Dal lato destro una sola porta.

C

uriosa questa storia lo è di sicuro. Ce ne racconta gli inizi Mike Rivet, il super enthusiast inglese di cui abbiamo già visto la Minerva Recce alcuni numeri fa. Era all’incirca la fine del 1990 quando Mike ha trovato una particolare Series One semisepolta in un giardino, come capita spesso. Pesantemente devastata, la carrozzeria era stata trasformata in pick up (era capitato anche a Sandy la mia SW 107) e poi usata per trainare barche fuori dall’acqua dando la possibilità alla salsedine di fare un ottimo lavoro sullo chassis diventato a questo punto un ammasso di ferro arrugginito. Ma l’occhio esperto di Mike, oggi forse il

più importante collezionista inglese di Series One (e non solo) non si lasciò trarre in inganno e si rese subito conto di avere davanti qualcosa di particolare… e raro. Dunque, pur senza avere un’idea precisa di cosa in realtà fosse, la comprò. Niente targa, niente documenti, niente numero di telaio: Mike non si diede per vinto e si mise alla ricerca di qualche traccia che potesse far chiarezza sul mistero di quella strana Series One. Durante le indagini, pian piano emerse la possibilità che fosse una delle due 107 consegnate nel 1955 al Post Office Engineering Department! Molto importante fu la scoperta della foto di una delle due su un sito di enthusiast della storia

della post office, www.britishtelephones.com, che è tuttora possibile consultare scoprendo tutto il mondo dei veicoli che hanno fatto parte delle telecomunicazioni inglesi. Questa scoperta fece capire a Mike che quella “salvata” da lui era l’altra, certezza data dalle differenti scritte sulle porte che nel frattempo lui aveva ritrovato sotto molte mani di vernice. A causa della mancanza della più piccola targhetta capace di identificare il costruttore che avesse carrozzato il mezzo si ipotizzò che potesse essere stata fatta addirittura dalle stesse officine di manutenzione della Post Office, dotate delle attrezzature necessarie per eseguire lavori di ogni tipo.

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L’altra107”.

La cosa diventava sempre più interessante, e forte del fatto che la “sua” avesse solo circa 8000 miglia decise che bisognava provare a riportarla in vita. Il restauro partì dalla sostituzione del telaio, che per fortuna fu trovato facilmente: si trattava ovviamente della versione pick up, la sola 107 pollici esistente all’epoca. A questo punto entrò in azione il sig. David, il papà di Mike, che avendo lavorato come carrozziere specializzato si dichiarò disposto ad accettare la sfida e, basandosi sulla foto trovata,

Prototipo esercito, si nota il rialzo sul tetto e la pedana sottoporte.

ma avendo pur sempre le dimensioni di massima per l’altezza e larghezza date dal tettuccio e dai fianchi ancora presenti, tirò fuori qualcosa di assolutamente verosimile per non dire

Si trattava ovviamente della versione pick up, la sola 107 pollici esistente all’epoca.

che fece un capolavoro. Una delle particolarità di questa 107 è che dal lato sinistro ha due porte, una per la cabina e una per l’accesso posteriore, mentre dal lato destro ce n’è solo una per lasciar spazio all’interno ad una cassapanca longitudinale. L’interno fu ricostruito tutto con del compensato, verniciato in colore beige come quello di alcuni pezzi trovati integri. Molto strano il supporto per i fanalini di coda dalla curiosa forma a punta simile a quelli dell’Haflinger. Una fortunata svolta, racconta Mike si ebbe quando nel 2004, appena

Tergicristalli infulcrati in alto e vetro lato guida apribile.

Vetro a compasso.

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I particolari supporti dei fanalini di coda.

Le robuste ancore.

Sul lato destro una cassapanca addossata alla parete lunga e piatta.

tornata in uno stato presentabile, la 107 fu portata ad una fiera, dove un signore si fece avanti dicendo di aver guidato nella sua carriera lavorativa un’auto come quella! Era un ex ingegnere della Post Office il quale raccontò un sacco di cose, come ad esempio chiamassero la macchina “ugly” cioè brutta, perché lo era, e di come arrivassero sempre in ritardo sui cantieri data la lentezza del mezzo considerando anche la poca confidenza che dava nel viaggiare a causa dei sinistri rumori provenienti

da ogni giuntura della carrozzeria. Spiegò anche come l’auto fosse impiegata da ufficio mobile per effettuare test nei cantieri, che era dotata di verricello per tirare cavi nelle condotte o per spostare pali e di come il curioso vetro apribile anteriore lato guida servisse per meglio controllare lo svolgimento delle operazioni. Le due auto furono targate originariamente OYF 218 e OYF 219, targhe che fanno risalire la loro messa su strada nei primi mesi del 1954. Tramite la foto trovata e le scritte comparse sotto

la vernice della macchina di Mike si è potuto stabilire che una fu inviata al Post Office Engineering Department at Alder House, London EC1, mentre l’altra fu messa in servizio al Department’s Research Station at Dollis Hill, London NW2. A questo punto quasi tutto pareva conosciuto, invece in seguito a ricerche fatte all’archivio dell’Heritage a Gaydon, saltò fuori una nuova informazione circa due 107 inviati al carrozziere londinese Jones Bros, che aveva già trasformato un’altro

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Posto guida con… lavori in corso.

La struttura mista del tetto.

Una doppia porta posteriore.

Lavori in corso per ripristinare il rear body.

mezzo qualche tempo prima su richiesta militare. Il prototipo differiva dalla “nostra” solo per un rialzo sul tetto e una pedana sotto porta e probabilmente era destinata ad essere un posto comando. Dopo alcuni test l’esercito scartò l’idea e, a questo punto, il Post Office ritenendo il mezzo invece valido per i loro scopi ordinò a Bros un paio di esemplari, e qui il cerchio si chiude. Uno non si sa che fine abbia fatto, l’altro è ritornato all’antica gloria grazie all’intuizione, alla perseveranza e alla grande passione di Mike. Nella storia della Post Office Telephone numerose Land Rover sono state ovviamente impiegate,

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1958 S2 Diesel, auto destinata ai manager.

1967 Series IIA con tira cavi e ancore.


Bollard winch, usato per tirare i cavi, dotata di interuttori di sicurezza posti vicino ai fanalini anteriori.

principalmente come tira cavi, dotate di potenti verricelli supportati da robuste ancore che impedivano lo slittamento delle macchine durante il

Series III SW 88 con areopart winch.

tiro, ma anche come Manager car e per trasportare i materiali nei cantieri più impervi. Dunque ancora una volta come in tutta la storia della casa di

Solihull, ovunque ci fosse bisogno di un inarrestabile supporto meccanico all’opera dell’uomo, là doveva esserci una Land Rover!!!

Series IIA Manager Vehicle

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Club

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Parade 2016


REGISTRO STORICO

PARADE 2016 REMEMBER “DEFENDER CUP” ISOLA D’ELBA

14-15 MAGGIO 2016 landitalia.com

Parade 2016

Remember ” p u C r e d n e f “De www.landitalia.com

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I

l Registro Storico Land Rover quest’anno ha scelto l’isola d’Elba per il suo “rassemblement” annuale. Più di 80 enthusiast si sono dati appuntamento il 14 e 15 maggio scorso sulla più grande isola dell’arcipelago toscano, per ritrovarsi, discutere e divertirsi sotto la bandiera della Land Rover. Fra le auto presenti al raduno da segnalare una bellissima Land Rover Minerva del 1953 e una Series IIA del 1967 restaurata con la livrea della Royal Mail.

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Il raduno è stato dedicato al ricordo della “Defender Cup”, una serie di gare off road tenutasi sull’isola negli Anni 80 aperta a tutti i costruttori di veicoli 4X4. «Organizzare un raduno su un’isola non è facile» dice il presidente del Registro Storico Land Rover, Pierluigi Ducci, «è necessario curare con attenzione sia l’aspetto ricettivo, sia quello prettamente tecnico, attraverso la scelta attenta dei percorsi sterrati dove la carovana di Land Rover passerà. Quest’anno ci siamo avvalsi del supporto della drivEvent Adventure che ha curato ottimamente l’aspetto tecnico del raduno. Temevamo di non raggiungere un alto numero di partecipanti, complice anche il costo d’iscrizione che inevitabilmente per raduni di questo tipo è elevato, ma la particolare location scelta, l’alto numero di soci iscritti al Registro e la perfetta organizzazione, hanno permesso, contro ogni previsione, una partecipazione numerosa degli iscritti. Tra i numerosi ospiti intervenuti hanno ricevuto un caldo benvenuto Jayne e David, una coppia di inglesi che hanno deciso nel 2009 di lasciare tutto e partire con una Land Rover 110 in giro per il mondo. Ne avevamo parlato sul numero 24 di LIM, Jayne e David con la loro “LizzyBus” in viaggio alla volta della Cina, hanno deciso di fermarsi all’Elba per partecipare al raduno del Registro Storico. È

inutile dire che Lizzybus ha subito attirato l’attenzione di tutti i partecipanti ed è sicuramente stata la beniamina del raduno. Da segnalare anche la presenza di Russ Brown, clubs editor and freelance writer presso la rivista inglese Land Rover Owner, amante della buona cucina italiana e grande amico del Registro Storico, che non si è voluto perdere un week end unico ed indimenticabile sotto il motto “above and beyond”. È stato, sicuramente, un week end unico ed indimenticabile».

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Meeting

Spagna

LES COMEs

4 X 4

FESTIVAL 70

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Les Comes 4x4 Festival si consolida come uno dei più grandi eventi europei del 4x4

P

artecipazione record alla 5° edizione di Les Comes 4x4 Festival che ha raggiunto la presenza di 900 veicoli fuoristrada durante il sabato e la domenica. Oltre 10.000 persone non hanno voluto mancare a questo grande appuntamento che è diventato un punto di riferimento per tutti gli appassionati di 4x4 provenienti da tutta Europa. Il sole e il bel tempo durante tutto il fine settimana hanno contribuito al successo

della manifestazione. I veicoli 4x4 presenti a Les Comes (Súria, Catalogna, Spagna) questo fine settimana hanno avuto a disposizione oltre 70 km di piste con diversi livelli di difficoltà e una fitta agenda di attività legate alle diverse discipline 4x4. È importante sottolineare il forte incremento di partecipanti provenienti da tutto il paese e il resto d’Europa, che è stato triplicato dalle altre edizioni. Alla Dakar exhibition – una delle attività più seguite – il camion IVECO, vincitore nella sua categoria nella Dakar 2016 guidato da Gerard De Rooy e Moi Torrallardona ha stupito il pubblico durante le sue esibizioni. Pep Vila e Jordi Juvanteny con i loro camion e Xavi Foj e Rubén Gracia con le loro auto hanno completato la mostra Dakar e deliziato tutti i visitatori. I piloti hanno condiviso le loro esperienze alla Dakar in una conferenza pubblica. Le altre attività di successo durante il weekend sono state: RC-Crawler exhibition, il 4x4 classic cars expo, il BFGoodrich tires course e il Tour 4X4 alla scoperta dei diversi luoghi e piste di Les Comes. Oltre 50 espositori hanno partecipato all’evento. Il numero di aziende, presenti quest’anno è cresciuto notevolmente rispetto alle ultime edizioni, obbligando l’organizzazione ad estendere la zona commerciale. Les Comes 4x4 Festival è diventato uno degli appuntamenti riservati al 4X4 più importanti d’Europa, sia per numero di attività sia come numero di partecipanti, e quest’anno ha infranto tutti i record delle precedenti edizioni.

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Land Rover Tour

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testo e foto Registro Italiano Land Rover

Spring Adventure www.landitalia.com

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L’

impossibilità di organizzare il consueto tour di Pasqua in Africa, ha portato alla realizzazione della prima edizione della Spring Adventure, un mini tour di tre giorni all’insegna dell’off road e alla scoperta dei colori e sapori del centro Italia. Partita da Rieti, il centro geografico d’Italia, la Spring Adventure ha avuto come protagonista la neve, di solito assente a fine marzo. Sullo stupendo tracciato che s’inerpica sui monti Reatini, fino a raggiungere i 1.200 metri del monte Nure, il convoglio ha incontrato la prima neve in una stupenda giornata di sole che faceva da cornice ad un bellissimo panorama. Sceso nella valle di Castel di Corno e risalito sulle Piane di Cinno, il gruppo si divideva: i più agguerriti Defender continuavano la loro arrampicata sino a raggiungere quota 1.470 metri, cimentandosi in passaggi tecnici,

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buche di fango e neve alta 40 cm all’interno del bosco di Borbona; il resto dei convoglio, invece, si godeva il panorama scendendo nella piana di Cagnano Amiterno, non sapendo che a breve anche a loro sarebbe toccata una buona dose di divertimento. Infatti, la risalita per raggiungere il gruppo dei Defender portava a rincontrare

la neve, mettendo a dura prova mezzi e conducenti. Con l’aiuto degli esperti istruttori del Land Rover Experience, i due gruppi riuscivano a riunirsi e raggiungere il lago di Campotosto, dove avrebbero trovato l’ottima cucina di Mauro dell’agricampeggio Cardito, che avrebbe reso più duro riprendere il cammino. Grazie alla collaborazione


del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga che ne ha autorizzato il transito, il convoglio si divideva nuovamente: i Defender a cimentarsi in 8 km di canaloni e fango, mentre tutte le altre auto su un bellissimo tracciato all’interno del Parco che avrebbe portato alla meta finale della giornata, Amatrice, Cinque tra hotel e agriturismi accoglievano i partecipanti per la notte, un modo simbolico per partecipare all’economia locale, una filosofia adottata da sempre dal RILR. Cena al ristorante Da Benny, che si è adoperato in questi anni a divulgare nel mondo l’arte della amatriciana. Il briefing di Salvo chiudeva la prima lunga giornata. Il secondo giorno iniziava con il sole che splendeva sui Monti del Parco della Laga innevati, meta finale della giornata. Mentre Range Rover,

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Evoque, Freelander e Range Rover Sport affrontavano la prima variante della giornata, le Defender si cimentavano su 7 km di fango subito chiamato “l’inferno”, che solo in pochi avrebbero superato senza problemi. Il convoglio riunito attraversava, poi, un vasto bosco di castagni, popolato da centinaia di piante secolari ormai secche a causa di un parassita, il cinipide galligeno, arrivato in Italia qualche anno fa.
Giunti al santuario della Madonna della Neve, vicino Arquata del Tronto, il convoglio percorreva le gole di Acqua Santa fino a Castel di Luco, un particolare castello di forma circolare dove Francesco e la sua famiglia, proprietari del borgo, gestiscono il ristorante ricavato all’interno nella loro abitazione. Dopo il pranzo, partenza alla volta dei Monti della Laga. L’itinerario si inerpicava fino ai 1.430 metri di Sette Cerri, da dove

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si apre la vista su tutta la catena del Gran Sasso, dando la sensazione di essere sul tetto del mondo. Raggiunto il rifugio San Giacomo iniziava la discesa verso Ascoli Piceno. Ancora una variante divideva il gruppo: i Defender su un tracciato all’interno di un bosco che scende molto ripidamente su Ascoli; il resto del gruppo attraverso uno sterrato più soft da cui godere una splendida vista sull’Adriatico. Ultima variante, l’entrata ad Ascoli Piceno. Grazie all’ottimo lavoro organizzativo ed alla collaborazione con il comune di Ascoli, tutte le vetture venivano parcheggiate in pizza Arrigo, in pieno centro storico, nonostante il fango. Unica condizione, quella di posizionare sotto ogni auto un tappetino, fornito dal RILR, per non sporcare la pavimentazione. Ad accogliere per la notte i partecipanti, le stupende dimore storiche nel centro di Ascoli.
Dopo

la visita alla Pinacoteca Civica per la mostra “Francesco nell’Arte: da Cimabue a Caravaggio”, allestita in occasione dell’ottavo centenario della venuta del Santo nel Piceno, tappa obbligata allo storico caffè Meletti per un aperitivo arricchito dalle tradizionali olive ascolane, la cui delizia ha compromesso la cena di qualche partecipante. Cena che si è tenuta al ristorante Il Desco, dove il consueto briefing di Salvo Scarfò concludeva la lunga giornata, dando l’appuntamento per l’indomani con la sua ormai storica frase: “Svegliatevi quando volete, ma la partenza è alle 9!” Il programma della terza giornata prevedeva un percorso di soli 50 km. Dopo un breve passaggio sulle colline ascolane per ammirare la zona dei calanchi, il convoglio è disceso sino al fondovalle del Tesino. Qui, grazie


alla collaborazione del club locale No Limits 4x4, si è potuto percorrere un tratto del letto del fiume, alternando i passaggi nell’acqua a lunghi ghiaioni per quasi 5 km. Usciti dal fiume il gruppo tornava a dividersi dando ai defenderisti le ultime opportunitĂ di cimentarsi in altre due varianti. Ricompattato il convoglio alla Rocca

di Acquaviva Picena, dopo una breve visita, si riprendeva il viaggio alla volta di San Benedetto del Tronto, attraverso un sentiero molto stretto ma altrettanto suggestivo per la sua vista sull’Adriatico, che ha portato il gruppo a scendere direttamente sul lungomare dove, nonostante fosse Pasquetta, il comune aveva riservato

al convoglio un parcheggio dedicato. Il pranzo immancabilmente di pesce presso il ristorante Da Federico, e le consuete premiazioni concludevano la prima edizione della Spring Adventure che, dato il suo successo, promette di divenire uno dei tradizionali appuntamenti della stagione del Registro Italiano.

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Meeting

Africaland

Jamboree Spring Africaland 2016 78

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testo e foto Sonja Vietto Ramus

L

o scenario non poteva che essere quello dei boschi e dei calanchi della tenuta Monte Capuccio di Varano de’ Melegari, in provincia di Parma. Qui, nella “motor valley italiana”, sterrate e varianti estreme, complice anche il fango, hanno reso questa edizione primaverile del raduno riservato agli iscritti al forum Africaland a dir poco emozionante. Settanta le fuoristrada, rigorosamente del marchio Land Rover, al via di questo Jamboree Spring che organizzato nel week end del 14 e 15 Maggio ha visto oltre 150 persone divertirsi su percorsi off road in questo angolo d’Emilia Romagna. Patrocinato da Mosquito Royale di Marcello Medici,

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l’evento a trazione integrale ha riunito appassionati del brand britannico e di viaggi e “balade” avventurose: chi per passione, per diletto o anche per agonismo, ma tutti con lo spirito più autentico che da sempre caratterizza Africaland. Sin da quando, nel 1997, Roberto Del Rosso, romano ex paracadutista della Folgore, divenne il fondatore, assieme ad alcuni amici, di quello che è oggi il forum di riferimento del mondo Land Rover. E proprio da Roma, da dove è giunto anche l’equipaggio proveniente da più lontano (Simone Galli della Multi Car 4x4), Del Rosso si è messo alla guida di una Defender 90 per raggiungere gli sterrati della provincia di Parma e salutare parte dei tanti iscritti al “suo” forum. Defender, Discovery e Range Rover – di serie, equipaggiate da off road ma anche in versione proto – si sono destreggiate alla perfezione lungo i tracciati della tenuta che per oltre 30 chilometri ha offerto panorami a misura di fuoristrada. Se il week end soleggiato, a parte la leggera pioggia del sabato pomeriggio, ha reso questa due giorni anche un’ottima occasione per stare all’aria aperta, off road e gastronomia ne

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sono stati gli altri eccellenti ingredienti. I tipici piatti della gastronomia parmense, cucinati dalle cuoche della tenuta Monte Capuccio, hanno entusiasmato i partecipanti al raduno che tra sabato e domenica hanno assaporato le specialità di questa zona d’Italia. Grazie alla preziosa collaborazione di Aylmer Motors, Tagom Tires e OXA Antinfortunistica di San Lazzaro di Savena (Bologna), il raduno degli appassionati LR ha dimostrato ancora

una volta che fuoristrada e solidarietà s’intrecciano in un perfetto connubio: il ricavato dell’estrazione a premi (cerchi, pneumatici e kit di soccorso) è stato infatti devoluto in beneficenza a favore di un’associazione italiana per la ricerca contro la leucemia infantile. Un ringraziamento doveroso va all’azienda vitivinicola Giuseppe Tarroni di Castel Bolognese (Ravenna) per le bottiglie di ottimo Sangiovese offerte ai partecipanti al raduno; alla tipografia

Errepi di Riese Pio X° (Treviso) per gli adesivi porta numero; al club 4x4 Cinghiali del Santerno per l’organizzazione e la gestione dei percorsi. E, ovviamente, a tutti gli equipaggi, giunti da ogni dove d’Italia, che hanno contribuito alla perfetta riuscita di questo Jamboree 4x4. In attesa dell’edizione autunnale, in programma a Settembre/Ottobre, a tutti una buona estate con le ridotte inserite…

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Tour

Africa

TRANS AFRICAN TOUR 6 tappa a

Addis Abeba - Djibouti Durata viaggio: dal 13/01 al 03/02/2016 - 22 giorni Km 2430

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a cura di Dario Basile

È

arrivato il 3 del mese di Tir 2009… No, no, scusate, ho sbagliato, ho calcolato la data con il calendario Giuliano. Magari fosse così, saremo tutti più giovani di ben sette anni. Gli etiopi, usano per le loro festività ancora questo antico datario. Ricomincio allora! È arrivata la mattina del 3 febbraio, siamo nel 2016 e, a malincuore, portiamo la nostra “lady di ferro” al porto di Djbuti; il container che la riporterà nel “bel paese” è pronto. Un viaggio di tre settimane di navigazione e potrà rivedere il mare nostrum, la grande Aziza. Si conclude, con questa tappa, nella bella Etiopia il Trans African Tour. Si sapeva già, dalla partenza che l’itinerario attraverso l’Egitto per raggiungere il Marocco sarebbe stato impossibile. Le note vicende politiche che hanno devastato il nord Africa negli ultimi anni ci hanno costretto a modificare il primitivo itinerario percorso da Nino Cirani nel 1964. Cala il sipario su questa avventura, iniziata tre anni or sono che ha visto protagonisti, una verde Land 109 del 1979, con il nome di Aziza 7, detta anche amorevolmente e simpaticamente “lady di ferro”, e un pugno di amici. È stato un omaggio al grande Cirani, all’Africa, oltre che a noi, e noi include anche la nostra tosta Land Rover. Oggi con tre anni e oltre 37.000 km africani in più sul contachilometri, non la metteremo certo a riposo, ha solo bisogno di un restyling per buttarsi poi nella prossima impresa. Perché una cosa è certa, non finisce qui! Il mondo è grande e la bella Land come una grande signora cambierà d’abito e sarà pronta per un nuovo “giro di valzer”. Chiudere questo memorabile viaggio in Etiopia non ha fatto che accrescere la consapevolezza di aver fatto la scelta giusta.

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L’Etiopia è un paese poverissimo, è vero, ma ricco, come pochi al mondo, per la varietà culturale e paesaggistica. In questa ultima “fatica” oltre a percorrere la famosa “rotta storica”, avevamo un obiettivo ben preciso: il Timkat, ovvero l’epifania copta. Le date erano state studiate in modo che il 19 gennaio fossimo lì dove dovevamo essere, a Gondar, l’antica capitale, fondata dal Re Faselide nel 1635, viene definita anche la “Camelot d’Africa” per la sua Cittadella Reale. È proprio nella grande vasca adiacente al castello del re che avviene ogni anno il rito del “battesimo”. I festeggiamenti hanno inizio il giorno della Keterà, la vigilia. I fedeli, preceduti dai sacerdoti riccamente vestiti con sgargianti paramenti, portano in processione i Tabot, le tavole dei comandamenti, o meglio le copie, perché quelle autentiche i copti giurano che sono custodite nella mitica Arca dell’Alleanza. Lungi da noi avere dubbi su questa “verità”, ci limitiamo a guardare stupiti la lunga e colorata scia di persone che con canti, danze e preghiere accompagnate dal suono metallico dei sistri e quello cupo dei kebrero, portano per le vie del villaggio il simulacro sacro. L’Etiopia, culla della civiltà, è anche un paese profondamente religioso,

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di una fede assoluta che noi europei abbiamo dimenticato da tempo. Per 17 secoli il cristianesimo ha forgiato la storia di questo paese, facendone l’unica nazione in preminenza cristiana del continente africano. Assistere ad una cerimonia liturgica qui è un’esperienza profonda, per credenti e non. Ci siamo alzati nel cuore della notte e abbiamo partecipato rapiti ai riti, uniti ai pellegrini, che si avvolgono nello sciamma bianco, il loro abito tradizionale. Le uniche luci, le tremule fiammelle delle candele che ognuno porta con sé, rendono l’atmosfera carica di misticismo. L’acqua della grande piscina viene benedetta dai prelati prima del giungere dell’alba, da quel momento è diventata sacra al pari del grande fiume biblico, l’aspersione coinvolge anche a tutti i presenti. Al sorgere del sole decine di giovani uomini seminudi si gettano nelle acque in un “abluzione purificatrice”. È la rievocazione del grande evento cristiano, quando Gesù si immerse nelle acque del Giordano, per ricevere il sacramento del battesimo da San Giovanni. La sensazione è che per alcune ore siamo stati risucchiati in un altro mondo, un mondo ancestrale, che la luce del giorno a fatica piano piano dissolve e ci restituisce la realtà.

Le strade tortuose, che percorrono questo territorio, raggiungono anche passi a 3000 mt. di altitudine e permettono solo una bassa velocità; continui saliscendi, superbi scenari, piccoli villaggi, accompagnano il lento procedere, lasciandoci il tempo di catturare immagini di vita quotidiana. Facendo il confronto con altri paesi africani visitati ci sembra che qui la povertà sia anche superiore. La siccità è una calamità ciclica da queste parti e negli ultimi anni si è accanita catastroficamente, portando con sé, ogni volta, morte e disperazione, basti pensare che quella del 1984 fece circa tre milioni di morti, e quella in atto non preannuncia nulla di meglio. L’agricoltura, la principale occupazione, è in balia degli eventi atmosferici e per di più è allo stato medievale: nessun attrezzo meccanico che possa alleviare le fatiche di coltivazione o di trasporto dei prodotti ottenuti. L’aratura è ancora fatta con piccoli aratri in legno tirati da buoi, zappe e falci rudimentali, neppure una misera carriola o carretto per caricare, solo gli asinelli, per quanto possono, in parte assolvono a questo compito. Costeggiando i dorati campi coltivati a graminacee, si incontrano spesso contadini, uomini e donne, con voluminosi carichi sulle spalle, le schiene piegate dal peso, senza scarpe, coperti da miseri cenci, il viso segnato dallo sforzo e l’immancabile bolo di foglie di chat nella guancia, l’unico piccolo piacere. I fasci color oro, che trasportano come animali da soma è il cereale più diffuso qui: è il Teff, il più piccolo chicco del mondo, in un pugno si riesce a tenere la quantità per seminare un appezzamento di terreno, basti pensare che per farne un grammo necessitano 2500 chicchi. Dalle straordinarie proprietà nutrizionali è l’ingrediente per la preparazione dell’njera, una sorta di piadina spugnosa, che è alla base dell’alimentazione per più di 90.000.000 di persone.


Non c’è luogo in Etiopia, turisticamente parlando, dove non si dovrebbe andare, non basta però certo un viaggio! Si riempie il bagaglio della conoscenza ad ogni passo, nei vecchi monasteri del lago Tana, dove fede e competenze artistiche si sposano negli affreschi e nelle pagine degli antichi e preziosi manoscritti, custoditi così gelosamente in polverose teche, nelle preghiere sussurrate dai sacerdoti, nei muri e nelle pietre della città santa di Axum che raccontano le gesta lontane del saggio Re Salomone e del favoloso regno della regina di Saba. Forse quello che più identifica questo paese nell’intero pianeta è sicuramente Lalibela, già solo il nome ci costringe a una dizione attenta per non rovinarne la musicalità. Lalibela prende il nome da uno dei sovrani più famosi, è lui che fondò la città, a seguito della caduta dei Gerusalemme in mani non cristiane. «Mi viene difficile raccontare ciò che ho visto, perché certamente non sarò creduto…». Queste le parole scritte dal cappellano dell’ambasciata

portoghese, un certo Frate Alvarez, il primo europeo a visitare Lalibela. Giurava di dire la verità, ma il suo racconto, pubblicato nel lontano 1540, non venne ritenuto attendibile. Parole adeguate quelle di Alvarez, perché anche se di tempo ne è passato sotto i ponti da quel dì, Lalibela rimane quel luogo magico di allora. Come raccontare un luogo magico senza destare incredulità? Bisogna vederla Lalibela. Bisogna percorrere la lunga strada che dal bivio della strada per Addis Abeba, conduce a quello che è uno dei luoghi più affascinanti del mondo. I 50 chilometri che separarono dalla mistica visione sembrano infiniti, ma nello stesso tempo essenziali e quasi necessari, un percorso iniziatico che servirà per bearsi poi di tanta bellezza. Bisogna respirare la polvere, lasciarsi abbracciare dai paesaggi brulli avvolti nella nebbia attraversare le gole profonde, alzare lo sguardo sulle montagne circostanti, costeggiare i campi coltivati nelle valli, scambiare sguardi con gli abitanti che si incontrano e poi

rimanere in silenzio al cospetto della perfezione costruttiva delle chiese ipogee. Dal tufo rosso scolpito, da mani sapienti le cui tecniche si sono perse nel tempo, si sono materializzati 12 imponenti edifici, sottratti alla terra. Per visitarle bisogna scendere nelle trincee che li separano, infilarsi nei cunicoli che le uniscono, calpestare i lordi tappeti, abituare gli occhi al buio e aprire le centenarie porte. Quando poi si risale a “riveder la luce” lo sguardo viene catturato dalla croce sul tetto della chiesa di San Giorgio. Un dono fra i doni. La più bella, la più maestosa. È proprio così che il re la fece per San Giorgio, patrono della nazione. Il re fu accusato dal santo, per non aver previsto, alla fine del progetto, una chiesa anche per lui.Ma Lalibela si fece perdonare e regalò un’opera superba diventata ora simbolo mondiale. E se nessuno ti spiegasse che questo miracolo, miracolo non è, si potrebbe pensare, come una narra la leggenda, che è stata opera degli angeli, che in una sola notte crearono tutto.

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Diario giornaliero 13/01/2016 Volo arrivato ad Addis Abeba, siamo in aeroporto in coda per il visto. Comincia domani la sesta tappa del Trans African Tour. 14/01/2016 In mattinata ci siamo diretti all’Ambasciata di Djibouti per effettuare il visto e già nel pomeriggio ritirati i passaporti. Abbiamo ritrovato anche le nostre tre auto, due Land Rover e una Toyota: tutto ok, ma domani è necessario un lavaggio. Ora siamo al bed & breakfast e stasera ci attende una cena nell’ottimo ristorante Castelli di Addis Abeba. 15/01/2016 Giornata ad Addis Abeba, nel pomeriggio visita con acquisti ad alcuni negozi di antiquariato e arte africana, soprattutto etiope. Stasera cena da Linda al Juventus Club.

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16/01/2016 Splendida giornata di sole, comincia oggi la sesta tappa. Direzione nord verso Debre Libanos. Siamo al monastero di Debre Libanos. Giornata di guida tra le montagne con ripidi pendii, paesaggio molto bello con attraversamento di alcuni villaggi. Sosta a Denjen per la notte. 17/01/2016 Percorso tra coltivazioni di tef, in direzione nord per Bahir Dar ma ora siamo a Bichena, un piccolo villaggio. Breve sosta per acquisti alimentari. Pranzo ai margini della pista con il solito pubblico di bambini curiosi. In regalo per loro un bel pallone da calcio. Giornata di guida su una pista con bei panorami. Oltre 200 chilometri per arrivare a Bahir Dar, ora siamo in un hotel sul lago con belle camere. 18/01/2016 Mattinata alle isole del lago Tana per visitare antichi monasteri copti. Interessante anche il villaggio Weyto.

Superato il ponte sul Nilo Azzurro, ci dirigiamo verso la residenza che fu di Haile Selassié. Da qui la vista sul lago è magnifica. Rientro in hotel. 19/01/2016 Pausa pranzo tra le montagne lungo il percorso per Gondar. 180 chilometri tra Bahir Dar e Gondar, siamo arrivati da poco e stasera apriremo i nostri Air-camping in un luogo tranquillo con vista sulla città. 19/01/2016 Pomeriggio alla Fasilidas pool per vivere da vicino l’intensa atmosfera della vigilia del Timkat con le processioni seguite da canti e danze. 20/01/2016 Sveglia alle 4.30 per dirigerci alla cerimonia notturna del Timkat che termina all’alba con il festeggiamento del Battesimo di Cristo. Numerosi scatti fotografici interessanti… Giornata trascorsa tra le processioni del Timkat e la visita dei castelli imperiali


risalenti al 17° secolo. Stasera ceniamo al Goha hotel situato in posizione panoramica. 21/01/2016 Cento chilometri attraverso villaggi ancora in festa per il Timkat per arrivare a Debark, cittadina ai piedi dei monti Siemen. 22/01/2016 Partenza per i monti Simien attraversando il parco, patrimonio mondiale dell’Unesco. Splendida giornata di sole con aria fresca, siamo a 2750 m. 22/01/2016 Raggiunto Chennek nei monti Simien, dopo 60 chilometri di pista a 3500 m di media. Trek piacevole con scorci panoramici molto interessanti. Giornata tra i Monti Simien con straordinari incontri di comunità di babbuini Gelada, pacifici e sociali tra di loro. 23/01/2016 Pista tra le montagne verso nord-est in direzione di Axum. Lungo trasferimento stradale nel pomeriggio con attraversamento di tanti villaggi per arrivare ad Axum. Stasera riposo, domattina la visitiamo. 24/01/2016 Mattinata di visite cominciando dalla piazza degli Steli e obelischi. Molto interessante l’antica chiesa con dipinti di oltre 400 anni. A pochi metri la cappella con l’Arca dell’Alleanza. 25/01/2016 In mattinata visita alla missione salesiana di Adwa, poi proseguimento verso Mekele. Percorso tra le montagne con soste per vedute panoramiche entusiasmanti. Arrivati a Mekele, dopo quasi sette ore di guida tra piste e strade ma ora siamo in un hotel che domina la città. Stasera cena in un ristorante di cucina etiope.

26/01/2016 Proseguiamo il trasferimento verso Lalibela attraverso altopiani coltivati e villaggi di montagna. Giornata lunga oggi, con molte ore di guida tra asfalto e pista ma ora siamo arrivati a Lalibela. 27/01/2016 Festeggiamenti oggi con processioni per celebrare S. George. Cerimonia entusiasmante, forse meglio del Timkat stesso. Visita in mattinata alle undici chiese copte di Lalibela. 28/01/2016 Dopo 70 chilometri di pista tra le montagne abbiamo raggiunto Weldiya, ora proseguiamo verso est su strada asfaltata per Mille. Clima fresco e qualche goccia d’acqua dopo 15 giorni di sole. Percorso a tratti piacevole con attraversamento di montagne di lava vulcanica e alcuni villaggi Afar. Siamo a Semera, sosta per la notte in un nuovo hotel poco fuori la città. 29/01/2016 Da Semera centoventi chilometri di strada con traffico di molti camion

diretti a Djibouti, ora siamo in frontiera già usciti dall’Etiopia. Djibouti raggiunta nel tardo pomeriggio! Siamo in un hotel vicino al centro storico coloniale francese, stasera cena in un ristorante di pesce. 31/01/2016 Lasciata Djibouti nelle prime ore della mattina ci stiamo dirigendo al lago Assal a 153 m sotto il livello del mare. Lago Assal, luogo incredibile e suggestivo con formazioni saline differenti che inducono a numerose soste per fotografarle. 31/01/2016 Rientrati a Djibouti, stasera a cena in un ristorante del centro storico. 03/02/2016 Termina oggi la sesta tappa del Trans African Tour. Abbiamo percorso 2.340 chilometri in 21 giorni di viaggio seguendo la “rotta storica” dell’Etiopia e vivendo l’intensa e coinvolgente atmosfera delle cerimonie copte a Gondar e Lalibela in occasione del Timkat. Grazie come sempre a chi ci ha seguito su You Position.

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My Landy

Elaborazione

Discovery 300 Tdi 88

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testo e foto Sonja Vietto Ramus

L

a passione per i motori Gianpiero Ascheri l’ha sempre avuta: prima per le due ruote con Harley e Triumph, poi, con l’iscrizione al club 4x4 Alpi Marittime, anche per le quattro ruote motrici, soprattutto del marchio Land Rover. Non poteva così passare inosservata, anche per lo sgargiante color arancio KTM, la sua Discovery 300 Tdi. «Il primo progetto di preparazione è nato parecchi anni fa partendo dall’esperienza di una Defender di cui però non mi è mai piaciuta molto l’impostazione di guida. – spiega Ascheri – All’inizio l’obiettivo era quello di avere un fuoristrada performante e affidabile per un uso famigliare che mi consentisse di fare percorsi off road semplici e poco impegnativi. Questa Discovery invece l’ho concepita da subito con una preparazione estrema, un assetto da trial e un’escursione notevole». Il tutto, aggiungiamo noi, senza rinunciare a estetica e rifiniture. Ecco i dettagli della preparazione di “Orange Rover”, 4x4 british style.

Motore performante e scarico artigianale Su questo 2.5 Tdi serie 300 il preparatore è intervenuto sostituendo sia la turbina (che ora arriva a lavorare sino a 1,5 bar) che la testata utilizzando al posto dell’originale quella di un motore International 2.5 con passaggi acqua e olio maggiorati. Si è provveduto inoltre a effettuare anche il necessario incremento della mandata della pompa di iniezione. Nel vano motore, al posto del radiatore del condizionatore eliminato assieme al resto dell’impianto di climatizzazione, si è optato per l’installazione di un intercooler maggiorato costruito su misura e dotato di una linea di manicotti realizzati

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in acciaio inox, accorgimento quest’ultimo necessario ad aumentare l’affidabilità del circuito di sovralimentazione rispetto alle tradizionali tubazioni in gomma siliconica telonata. Si è poi alleggerito e bilanciato il volano e ricostruito l’impianto di scarico, anch’esso in inox, dal collettore in poi mantenendone sì il diametro originale ma dotandolo di un solo silenziatore finale che termina a fianco della ruota posteriore sinistra. L’elaborazione apportata al motore ha permesso di guadagnare alcuni cavalli in più rendendo il propulsore decisamente più reattivo, performante e al tempo stesso affidabile. Sono stati inoltre adottati un alternatore maggiorato da 120 Ah, una batteria della Mattouno in sostituzione dell’originale e due ventole supplementari per ottimizzare lo smaltimento del maggior calore a carico del circuito di raffreddamento che si sviluppa a causa di modifiche e nuove tarature apportate al reparto motore.

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L’impianto di aria compressa, alloggiato nel vano motore, è stato dotato di un compressore elettrico Viair installato sul lato destro; il circuito è integrato da due serbatoi di accumulo, il primo da 5 litri, il secondo più piccolo da 0,5 litri posizionato sulla sinistra vicino alle valvole per permettere l’azionamento dei blocchi dei differenziali pneumatici. Sul musetto del 300 trova spazio anche un attacco rapido per l’aria compressa.

Sospensioni da trial e pneumatici Maxxis Sul 300 Ascheri ha scelto di adottare parte del kit Trial Competition by Herero che comprende molle e ammortizzatori a gas con serbatoio separato e doppia regolazione con estensione massima in lunghezza di 90 cm all’anteriore e 98 al posteriore, quasi il doppio rispetto a quella permessa


da ammortizzatori di serie. Con l’adozione di questo sistema sospensivo si è ottenuto un rialzo di circa 12 cm. Il preparatore ha inoltre optato per alcune modifiche tecniche fra cui quelle alle torrette degli ammortizzatori anteriori e al trapezio posteriore adattato alle nuove geometrie dettate dai puntoni posteriori Long-Arm costruiti in acciaio su uniball per i quali si sono anche realizzati ex novo gli attacchi al telaio. A completare l’assetto di questo Tdi ci sono tamponi di fine corsa maggiorati dell’Equipe e puntoni anteriori 6°QT che provvedono a ripristinare l’angolo di incidenza dello sterzo. Le carreggiate sono state allargate montando sui mozzi dei distanziali in alluminio da 3 cm della Mattouno con cerchi Lerma modello LG1 in lega con sistema antistallonamento beadlock integrato e poi modificato per il montaggio degli “Staun” nella misura 7.5x16 ET 0 che permettono di allargare ulteriormente la carreggiata per ogni lato di ulteriori 3 cm. Il 300 monta coperture Maxxis nella misura 35/12.50 R 16 distribuiti da Mattouno. Sulla Discovery sono stati infine utilizzati tubi freno aeronautici prodotti dall’Equipe.

Trasmissione rinforzata e differenziali ARB Per questa Discovery si è scelto un disco frizione rinforzata con placche in rame, più resistente rispetto a quella di serie

alle sollecitazioni prodotte in off road. Al cambio originale è stato applicato l’underdrive che, in abbinamento alla sostituzione delle coppie coniche, ha permesso di accorciare i rapporti visto che quelli della Discovery sono troppo lunghi per sfruttare a pieno gli pneumatici maggiorati e la coppia del propulsore. Il sottoscocca è stato equipaggiato con nuovi alberi di trasmissione: quello anteriore della Scorpion Racing e quello posteriore realizzato dalla Trasmec. Entrambi rinforzati, sono a doppia crociera in uscita dal ripartitore per eliminare le vibrazioni permettendo alle crociere stesse di lavorare con angoli più favorevoli compensando tutti i problemi meccanici dovuti all’assetto rialzato. I differenziali anteriore e posteriore sono stati sostituiti con degli ARB pneumatici bloccabili manualmente con una ripartizione al 100%. Si è poi provveduto a sostituire tutti i semiassi, e le relative flange, con altri rinforzati a 24 cave

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prodotti dall’Equipe così come i giunti omocinetici più robusti, sempre della stessa marca. Per i dischi anteriori e posteriori il preparatore ha scelto quelli forati e baffati abbinati a pinze anteriori di un Defender 300 più adatte, secondo Ascheri, all’impiego fuoristradistico poiché il blocco freni risulta in grado di smaltire meglio le sollecitazioni termiche nell’impiego estremo.

Equipaggiamento esterno e interno Due le modifiche esterne più evidenti realizzate su questa 4x4 di casa Land Rover: la prima al telaio che è stato accorciato tagliandolo di 10 cm al posteriore, la seconda al paraurti anteriore rialzato di altrettanti centimetri rispetto all’originale. A colpire l’attenzione è però il solido roll cage realizzato in tubi di acciaio da 40 mm di diametro e 5 mm di spessore che garantisce al 300 un’eccellente protezione

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sul tetto e appoggi laterali sicuri anche nell’off road più impegnativo. Home made i sottoporta in acciaio tubolare da 40 mm imbullonati al telaio: robusti e sporgenti quanto basta proteggono al meglio le fiancate del Land Rover oltre a fungere da comode pedane. Di fabbricazione artigianale anche il paraurti posteriore, in acciaio 6 mm, mentre quello anteriore è di produzione Bearmach, sempre in acciaio dello stesso spessore e con porta verricello, opportunamente modificato per adattarsi alla perfezione su questo mezzo. Fra gli accessori scelti per equipaggiare il 300 non manca neppure il verricello, un Come-Up 9.5i da 39 kg con cavo in fibra di 35 metri e bocca guida in alluminio. Si è poi optato per delle piastre protettive anteriori, quelle di protezione per il serbatoio originale e quelle per il differenziale anteriore e posteriore: in duralluminio con spessore 8 mm by Equipe le prime e in acciaio le altre. Sulla carrozzeria del 300 sono stati infine applicati dei parafanghini Scorpion Racing e lo


Snorkel Safari imbullonato al montante con apposita piastra in acciaio. Faretti supplementari Hella trovano posto sul tetto e sopra il portellone posteriore del 300. Costruito ex novo, il cruscotto della Discovery ospita sulla plancia supplementare tutta la strumentazione tecnologica di bordo: comandi per verricello, elettroventole dei radiatori, azionamento del compressore e fari supplementari; voltmetro, manometro di temperatura, pressione olio, turbina e aria compressa; Trip Master, CB e luce supplementare

snodabile. A completare l’equipaggiamento sono la pedaliera Sparco e la piastra poggiapiedi in alluminio zigrinato lato passeggero, i sedili sportivi D Gear con cinghie a 4 punti, il volante e i pomelli del cambio versione racing. Nel vano bagagli trovano spazio invece una pratica cassettiera costruita in multistrato nautico dello spessore di 1 cm, rivestita con moquette adesiva, e un faretto supplementare, posizionato sul portellone posteriore, per far luce all’interno del veicolo.

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Tecnica

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testo - foto Roberto Croci


Tecnica sul campo Prima o poi capita anche alle Land Rover! È normale, non è un disonore! E poi chi lo dice che sia colpa degli ingegneri di Solihull? L’esperienza ci insegna che il 95% delle volte è colpa del piede, non sempre collegato al cervello, e il cervello non collegato… alla dinamica del veicolo! E anche se fosse tutto collegato e perfetto, c’è sempre la Legge di Murphy, ovvero la sfiga! Dunque, tanto vale prepararsi prima, come dice saggiamente l’azzeccato slogan del leader dei verricelli Warn: «Go Prepared»! Ecco alcuni suggerimenti per non rimanere a… Land, dalle cose elementari da avere a bordo al mitico verricello! OLIO DI GOMITO Pala, picco e segaccio, ecco i primi strumenti per togliersi dal “pantano”, sia di neve, di fango, di roccia! Eppure non sono così diffusi a bordo. Anche quando ci sono, sono pochi a saperli usare in modo efficace. Occorre sapere dove e come “scavare”! Per le nostre zone, le pale “ex esercito”, quelle dei residuati dei magazzini militari, si sono dimostrate le più robuste. Per la neve fresca invece è meglio usare quelle specifiche leggere, utili pure su sabbia (anche se qui abbiamo scoperto che le mani guantate sono le più “veloci”). Infine, per i nostri boschi il segaccio o la motosega sono assolutamente indispensabili. Per tutti questi strumenti è necessario il famoso “olio di gomito”, non così diffuso tra i fuoristradisti italiani!

DATEMI UN PUNTO D’ATTACCO E VI SOLLEVERò IL… LAND! I “punti” di traino sono i “punti” deboli della “cultura di un mondo senza asfalto” italiana! Tutti sottovalutano gli sforzi di traino (si veda in foto il grillo “certificato” come si è ridotto su un tiro “semplice” sulla sabbia!) e si vedono in giro soluzioni pericolose, pur su elaborazioni costose! Anche nei modelli “duri e puri” come il Defender, i punti di traino che ci offre la casa produttrice sono progettati solo per il recupero su asfalto e la messa in sicurezza sulla bisarca di trasporto. Nell’uso gravoso continuativo si piegano e si spezzano. Nell’after market troviamo tutto quello che occorre, ma scegliamo bene. Quello illustrato è il migliore: ruota per autoallinearsi alla linea di tiro, riducendo le tensioni parassite e ha un grillo a omega (non quello a U poco adatto). I punti d’attacco saranno due, sia anteriori che posteriori, e ancorati direttamente sui longheroni longitudinali del telaio. Al posteriore è accettabile un solo punto d’attacco, ancorato sulle travi a V del telaio, progettate per il gancio traino, che però non è adatto al recupero dei fuoristrada, nella sua forma classica a sfera.

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CON-TATTO ANTICO A questo punto siamo pronti per entrare in contatto con il soccorritore o fare da soccorritore. Ma occorre “creare” il “legame”! Di solito si usano le strop, ovvero nastri tessili in poliestere, ma non sono il meglio! 50 anni fa, all’inizio dell’era “civile” del 4x4 erano la soluzione più leggera, compatta ed economica. Sono infatti progettate per “sollevare” carichi e non per trainare. Ultra resistenti, con un rapporto fra rottura e carico di lavoro normale di 7:1, per i nostri 4x4, anche da 3 t, sono sufficienti quelle color verde e due fili neri interni (è il codice di carico, significa 2 t di carico di lavoro, ovvero di WLL, Working Load Limit). Essendo di poliestere inestensibile, non sono adatte al tiro a “strappo”, come invece fanno tutti, creando danni anche notevoli. Si abbinano ai “grilli”, che devono essere di tipo certificato e a forma di lira, o detti a omega (hanno un rapporto alla rottura di 5:1). Oggi però ci sono soluzioni più moderne ed adatte ai nostri impieghi specifici.

CON-TATTO MODERNO Questo è l’ultimo kit per recovery apparso sul mercato, distribuito in Italia da Mattouno. Molto efficace e pensato proprio per noi fuoristradisti. È dell’americana Bubba Rope e impiega corde tessili sintetiche. La Buppa è moderatamente elastica, quindi “incassa il colpo” e lo restituisce in energia di recupero. I grilli, qui in versione verde, sono “soft” (Gator Jaw, mascella di alligatore) e non immaginate quanto siano utili! Non creano alcun punto “resistente” sulla linea di tiro, quindi non sono nemmeno pericolosi quando salta un elemento della catena di recupero. Se si usa il kit completo, sono praticamente superflue le regole di tenersi a distanza dai veicoli in tiro! Altre corde elastiche (ma più ingombranti) sono le Marlow inglesi, commercializzate in Italia anche da Top Gear. Una buona soluzione moderna è quella di usare le corde tessili dei verricelli, super leggere, che consentono anche linee di tiro deviate con una carrucola, detta in gergo taglia, ma non vanno usate a strappo perché sono inestensibili. Come tutti i prodotti tessili sintetici, vanno tenute lontano dalla luce (raggi UV). Praticamente obbligatoria a bordo è la barra rigida di traino, acquistabile in tutti gli auto accessori. Non la useremo off road, ma su asfalto, dove la strop è assolutamente sconsigliata (e proibita).

HAND MADE Fatto a mano è meglio? Si e no! L’argano manuale a ganasce, in gergo “tirfor” (che in realtà è il marchio di un modello della francese Tractel, l’unico che davvero funziona sempre) è un mito per il fuoristradista “duro e puro, che non deve chiedere mai”! In molti ci cascano (io compreso), scoprendo poi che si mettono a bordo un peso uguale ad un verricello elettrico, poco maneggevole e difficile da usare, men che meno da soli, come si vede nella foto! Se è vero che è indipendente dall’energia elettrica e ci “tira” in qualsiasi direzione, è vero anche che richiede uno sforzo enorme, talvolta impossibile, e in pratica non può essere usata una carrucola per moltiplicarne lo sforzo. Il cavo, lungo e pesante, non deve essere danneggiato, pena l’inutilizzo totale! Obbligatorio invece a bordo è l’argano manuale a cricchetto, che con la sua carrucola arriva ad un tiro di circa 1,4 t, sufficiente per riposizionare il 4x4 e rimetterlo in aderenza. Solo quelli dell’australiana Bushranger (4Technique) hanno dimostrato di superare le 4 volte di utilizzo senza danneggiarsi! Anche la classica binda da sollevamento fa lo stesso lavoro, ma con notevole complicazione.

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SE LO CONOSCI LO EVITI È il verricello elettrico, che vi siete decisi ad installare (con regolare trascrizione sulla carta di circolazione, vero?) pensando che vi tolga dai guai! Niente di più falso! Li abbiamo usati tutti, dal primo prezzo ai più cari: tutti ci hanno lasciato proprio sul più… brutto! Qui la classica installazione su Defender, che purtroppo crea un sensibile sbalzo (cantilever) riducendo l’angolo d’attacco e l’handling di guida. Utilizziamo solo “bocche guida cavo” in ghisa per cavi d’acciaio e di alluminio per quelli tessili. La scatola dei solenoidi (sono interruttori a relè perché passa molta corrente, ca. 500 A) che devono essere di tipo rinforzato, per sperare che durino più di un anno, se usati veramente. Il tiro di targa deve essere il doppio del pieno carico. In pratica 4 t (9.000 libbre circa) sono sufficienti e non conviene andare oltre sui modelli Land Rover.

VINTAGE WINCH, FORZA BRUTA! Affascinati, romantici sono i verricelli meccanici collegati alla presa di forza (quando esisteva!) sui veri fuoristrada, come il Defender e le Landies. Ancora oggi la Land Rover è la sola che può montare il romantico “cabestano”, in puro stile navale! Richiede un “marinaio” esterno al veicolo che tenda il cavo e lo recuperi, mentre l’attrito sul tamburo fa la sua azione! Più pratico è il verricello meccanico, pesante, ma sincronizzabile con la velocità di recupero (caratteristica inestimabile per gli esperti). È collegato con un vero e proprio asse di trasmissione alla presa di forza in uscita dal riduttore e si regola la velocità con l’acceleratore. Se siete tirati da un verricello meccanico, o dai più rari idraulici, come da un trattore, questi sono “inesorabili” e abbiamo visto strappare un ponte di un Discovery come ridere! Assicuratevi che non ci siano ostacoli insormontabili!

LA CARRUCOLA CHE TAGLIA! Anche senza verricello, consigliamo di avere a bordo due carrucole e 30 metri di cavo tessile per verricelli! Provare per credere! La carrucola è detta anche in gergo “taglia” perché riduce lo sforzo di tiro, in date condizioni. Diventa cioè una leva meccanicamente vantaggiosa e si “taglia” l’amperaggio richiesto dal verricello

all’alternatore (cosa preziosissima!). Andrebbe usata praticamente sempre, non per aumentare lo sforzo di tiro, ma per dimezzare l’assorbimento elettrico, ma pochi lo sanno! Come si vede in foto, è

spessissimo usata per deviare la linea di tiro, come carrucola semplice, senza vantaggio meccanico. Meglio se di tipo ingrassabile, perché sul suo perno possono passare fino a 8 t di sforzo in pochi secondi!

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VIA RADIO È MEGLIO! Tutti i verricelli hanno un comando via filo. Fra le poche diavolerie elettroniche utili da installare sui nostri fuoristrada c’è senz’altro il “radio-comando”! Molti verricelli l’hanno giù in dotazione (soluzione consigliabile) o si può aggiungere come accessorio. Rende le operazioni più sicure, più facili, più comode. Assicuratevi solo di avere batterie di ricambio, e comunque tenete a bordo sempre il cavo elettrico. Il comando deve essere eseguito solo dal driver, che deve essere al posto guida, cosa che non si vede spesso fare, neanche dai così detti “espertoni”!

CURARE È MEGLIO Lo stato dei cavi d’acciaio è spesso disastrosa, anche se non arriva ai livelli di questo appassionato “genovese”, che non vuole spendere per la sicurezza! State sempre alla larga dalle linee di tiro, dai ganci, dai grilli, veri proiettili innescati da questi sconsiderati! Anche i cavi tessili richiedono manutenzione e accortezze, come il lavaggio con

acqua dolce, la protezione del sole e lo srotolamento totale prima di ogni tiro, pena il “pizzicamento” e la rottura. Un eccesso di protezione, come in foto, è altrettanto dannoso, a causa della

condensa che si crea. Ogni due anni circa occorre smontare e revisionare il verricello. Anche per questo è bene che il montaggio iniziale ne preveda l’operazione con pochi “bulloni”!

LA LINGUA DEL RECUPERO Avere tutte queste “cose” a bordo e poi non sapere cosa fare e come comunicare con gli “assistenti a terra” lo vediamo spesso, con risultati a volte pericolosi! La Grip Academy del Nordovest4x4.com è l’unica scuola tecnica che ha approfondito un programma di guida a terra, di tipo anglosassone e militare, che assicura la massima sicurezza e professionalità degli operatori al recupero. Insomma, oltre l’hardware, relativamente facile da “comperare”, ci vuole il software, più difficile d’acquisire con l’esperienza. Un’“aula” nei boschi aiuta ad accelerare il risultato!

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Mai più a piedi per colpa della batteria: ci pensa JUMPR JUMPR è una ultra-compatta, elegante e leggera batteria esterna con uscita a 12V e corrente di spunto sino a 300A reali, capace di riavviare la batteria di un autoveicolo completamente scarica in pochi secondi. Adatta all’avviamento della maggior parte dei veicoli a motore da 1 a 6 cilindri sino a 3,5 cc. È inoltre un power-bank adatto alla ricarica di apparecchi quali smartphone, tablet, fotocamere, gps, etc. JUMPR pesa solo 198 grammi e grazie alle sue ridotte dimensioni può essere tenuto comodamente in tasca. Compra on-line: www.emerenergy.com

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Il kit può essere montato anche su mezzi con guida destra. Si consiglia il montaggio di una cinghia servizi più lunga, senza dover montare la doppia puleggia. Essendo un componente che va direttamente a influenzare lo sterzo, il montaggio deve essere effettuato da un meccanico esperto.

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