numero
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gennaio febbraio marzo 2016
NewS F-type SVR Prova XF
eveNtS
people
Story
Winter Marathon
Cesar Pieri
XJ220
eDito
E
xotic car, così venivano definite negli Anni 80, quelle auto speciali, costosissime, con un look mozzafiato, tanto desiderate quanto
irragiungibili. Mi sono sempre chiesto da dove venisse questo termine e chi fu il primo ad usarlo, ma non ho trovato risposte. Ma cosa intendiamo per auto esotica, non certo un’auto senza climatizzatore… caldissima d’estate, forse qualche proprietario di E-Type ne sa qualcosa! A parte gli scherzi, quali caratteristiche deve avere un’auto per definirsi esotica? Esotico, per definizione, significa fuori dal comune, sono generalmente auto prodotte in numero limitato e naturalmente sono molto costose, ricche di novità elettroniche con una carrozzeria elegante e di forte impatto emotivo rispetto alle auto comuni. La potenza del motore è sempre esuberante raggiungendo velocità massime elevatissime. Auto che solo a guardarle ti fanno sognare… E quale miglior aggettivo possiamo usare per definire la F-TYPE Project 7, se non quello di exotic car? Lasciatemelo dire, con la Project 7, Jaguar ha stupito tutti, lasciando a bocca aperta anche i tedeschi! Un progetto nato quasi per caso da qualche bozzetto di Cesar Pieri, Creative Design Manager di Jaguar Advanced Design Studio, realizzato in sole quattro settimane (l’intervista a pag. 54). È il segno che l’establishment c’è ed è pronto a scommettere anche sulle supercar preziosissime e ambite dai collezionisti di tutto il mondo. Non aspettiamo altro che vedere la prossima… Pierluigi Ducci
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sommario NewS 6 18 24 28 38 42
Jaguar XF Jaguar XE M.Y.2017 F-PACE a Milano F-type SVR Una Jaguar da oltre 320 km/h F-type British Design Edition Ritorno in pista
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Jaguar XE alla Winter Marathon Invito alla Trieste Opicina Historic
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Jag-Lovers Italia
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Cesar Pieri, Creative Design Manager di Jaguar Advanced Design Studio
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London Callin Icone globali
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Gennaio - Febbraio - marzo 2016
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Jaguar VM Prove tecniche di… Diesel XJ220 Born to run XFR La più veloce Jaguar di sempre Swallow All’inizio erano dei sidecar
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Argentario Golf Resort & Spa
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Amarelli Fabbrica di Liquirizia
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Edito News: Chiude la prima concessionaria Jaguar La Foto: Jaguar Project 7 J-Everyway: Diabolik e la sua Jaguar
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JAgUAR xF prestazioni, efficienza, sicurezza e dinamicitĂ di guida. a cura di: Pierluigi Ducci - foto: media Land rover, Pierluigi Ducci e officine Visuali JAG mag www.jagmag.it
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l successo della XF è confermato dal maggior numero di riconoscimenti mai assegnati a un’auto Jaguar. L’eccezionale unione di stile e sostanza, la combinazione seducente di design, dinamica e raffinatezza contribuiscono a fare di XF un’auto entusiasmante e insieme efficiente, il tutto con il supporto di tecnologie all’avanguardia che offrono più sicurezza, connessione e intrattenimento. Jaguar XF ha ottenuto il punteggio massimo di 5 stelle al test di sicurezza Euro NCAP 2015 e grazie agli alti livelli di protezione che garantisce ha raggiunto punteggi elevati in tutte le categorie, inclusa quella per i passeggeri e i pedoni, risultando fra i modelli con punteggio migliore del suo segmento. La nuova Jaguar XF si caratterizza a livello di design per un frontale più verticale, per lo sbalzo anteriore più corto, per il passo più lungo e per un caratteristico design a “sei luci”, che esprimono l’evoluzione del linguaggio stilistico Jaguar lanciato nel 2007 sull’originale XF. Il modello ora si colloca di diritto fra la berlina compatta di medie dimensioni XE e la berlina di lusso XJ. «Come team di progettisti, per la creazione della nuova XF, siamo stati guidati dalla disciplina, la disciplina della semplicità. Ogni linea esterna della XF ha una funzione chiara, nulla è superfluo. Il raggiungimento di tale semplicità richiede tempo e grande determinazione; è fin troppo facile aggiungere linee ad un’automobile, ma è molto più difficile aggiungere carattere non prendendo in considerazione le linee» ha dichiarato Ian Callum, Jaguar Director of Design. L’aerodinamica è stata ulteriormente migliorata, con l’utilizzo di aperture nel paraurti frontale che incanalano l’aria verso le ruote anteriori, aiutando a prevenire che la scia di turbolenza disturbi il regolare passaggio del flusso d’aria intorno alla vettura. I fari anteriori, in cui viene utilizzata per la prima volta su una Jaguar la tecnologia full-LED adattiva, sono posizionati a filo con i pannelli circostanti e migliorano non solo l’estetica ma anche l’aerodinamica e sono
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dotati delle caratteristiche luci diurne J-Blade a LED con un design “modern quad”, che fa riferimento ai quattro fari tondi anteriori delle berline Jaguar. Da qualsiasi angolazione la si guardi, la nuova XF è immediatamente riconoscibile come una Jaguar: il profilo slanciato di ispirazione coupé, il lungo cofano con il pronunciato e possente rigonfiamento e il ridotto sbalzo anteriore, contrassegnano quest’auto come una berlina sportiva che si distingue dalla massa. gli interni della XF sono sempre stati molto apprezzati, in particolare, il selettore rotante del cambio che, in fase di start up/accensione che da vita all’auto, esce dalla console centrale, così come le bocchette
d’areazione che ruotano verso la posizione di apertura. L’intento è stato non solo quello di mantenere quel senso non convenzionale, con linee semplici e forti assieme all’orizzontalità del cruscotto, ma anche di far maturare il linguaggio stilistico e l’utilizzo dei materiali adeguando lo status della nuova XF, ora che la XE si attesta come entry-level nella gamma delle berline sportive Jaguar. Il cruscotto a strati, ora con il caratteristico Jaguar “Riva Hoop” ispirato dalla XJ, prosegue verso la portiera, creando una sensazione di abitacolo unico. Tutto ciò viene evidenziato dal generoso impiego delle impiallacciature gloss Figured Ebony e
dagli inserti in alluminio spazzolato Dark Hex. Con opzionali, quali il quadro strumenti personalizzabile da 12,3 pollici full-TFT ed il touchscreen da 10,2 pollici, il climate control a quattro zone, l’illuminazione ambientale con 10 diverse colorazioni, i poggiatesta Black Suedecloth ed i sedili in pelle scanalata Windsor, la nuova XF eleva il lusso e il design interno, a nuovi livelli. L’apprezzamento degli interni della nuova XF si pregusta già dalla vista delle linee esterne, con una sequenza di avvicinamento che vi porta all’interno dell’auto e poi al centro del Riva Hoop, che prende vita e che si caratterizza anche per il l’intaglio Jaguar.
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xF r-Sport 3.0 Diesel v6 Un‘esperienza di guida coinvolgente Rinomato per la sua combinazione di potenza e coppia elevata, con un eccellente risparmio di carburante e straordinaria fluidità, il motore diesel 3,0 litri V6
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Jaguar, con cambio automatico ad 8 rapporti, nella sua ultima generazione supera ogni aspettativa. La centralina di trasmissione monitora gli stili di guida e adatta di conseguenza i suoi schemi di cambiata. L’ECU è inoltre collegato in rete con il Jaguar Drive
Una bella immagine della Jaguar XF-r nella location dell’argentario Golf resort & apa
Control, che offre cambi più rapidi e un kickdown più dinamico in modalità Dynamic, e cambi anticipati nella modalità Eco. Il leggero, rigido e compatto blocco cilindri in ghisa a grafite mantiene la stessa cilindrata di 2.993 cc del precedente, ma le modifiche
all’iniezione e al sistema di sovralimentazione elevano la resa da 275 CV e 600 Nm di coppia a 300 CV e 700 Nm di coppia. Questo eccezionale V6 è il più raffinato di sempre e porta la nuova XF da 0 a 100 km/h in soli 6,2 secondi con un consumo di 5,5 litri ogni 100 km
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ed emissioni di 144 g/km di CO2 nel ciclo combinato. Il sistema common rail con iniettori piezoelettrici, ora immette carburante nelle camere di combustione con pressioni fino a 2.000 bar tramite rinnovati ugelli a otto fori, migliorando ulteriormente la formazione della miscela per una combustione più pulita ed efficiente. Il sistema di sovralimentazione parallelosequenziale vanta turbine e giranti del compressore aerodinamicamente più efficienti. Jaguar è il primo marchio ad utilizzare la tecnologia di cuscinetti a sfere di ceramica nel turbocompressore primario. Questa tecnologia riduce l’attrito, soprattutto alle basse temperature, in modo che la coppia aumenti ancora più rapidamente rispetto a prima, fornendo una risposta immediata quando il guidatore la richiede. L’efficienza del motore è anche più elevata grazie all’adozione di una pompa dell’olio a due fasi e a una
pompa refrigerante commutabile. Un rinnovato EgR ad alta pressione e l’aggiunta di un circuito EgR a bassa pressione raffreddato riducono le perdite di pompaggio. Utilizzando una percentuale maggiore di gas di scarico in ricircolo, si riduce la temperatura di picco della camera di combustione, inibendo la formazione di NOx. Un miglior controllo comporta che la distribuzione dei gas di scarico del cilindro è più uniforme, riducendo le emissioni di particolato e rendendo la combustione più fluida e silenziosa. Lavorando in combinazione con l’EgR, un sistema SCR riduce le emissioni di NOx a livelli molto bassi e garantisce il rispetto dello standard Euro 6.
Le motorizzazioni disponibili in Italia: • 2,0 litri diesel 163 Cv trazione posteriore con cambio manuale o automatico; • 2,0 litri diesel 180 Cv trazione posteriore con cambio manuale o automatico, oppure trazione AWD con cambio automatico;
• 3,0 litri diesel da 300 Cv trazione posteriore con cambio automatico; • 3,0 litri benzina da 340 Cv trazione posteriore o AWD con cambio automatico; • 3,0 litri benzina 380 Cv trazione posteriore o AWD con cambio automatico.
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La gamma Jaguar XF M.Y. 2017 sarà composta da: xF pure, xF prestige, xF portfolio, xF r-Sport, xF S.
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ArGeNtArIo Golf resort & spa
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foto: argentario Golf resort & spa
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Argentario golf Resort & Spa si trova a Porto Ercole, nella Maremma Toscana. È un resort 5 stelle con camere di design, un campo da golf da 18 buche e un centro benessere di 2700 m2. Il resort, eco-friendly, è composto da 73 camere, tutte concepite dall’interior designer Andrea Fogli e dotate di terrazze con vista panoramica sul campo da golf, sulla laguna di Orbetello o su Monte Argentario. Le camere sono decorate individualmente a seconda della tipologia, con stili che variano dal modernocontemporaneo, al classico, allo spirito più eclettico con arredi vintage. Ad agosto 2012 il resort ha inaugurato il Locker Cottage, una villa esclusiva e indipendente di 220 m² votata al relax e al benessere, con interni caldi e accoglienti che rivoluzionano l’idea di country house toscana con un tocco glamour ed eclettico. Tra le attività organizzate dal resort su misura per gli ospiti e i gruppi: corsi di degustazione e di cucina, transfer, itinerari cicloturistici, escursioni in barca e a cavallo.
Una filosofia eco-consapevole e una meticolosa ricerca di materiali e arredi contemporanei: queste sono le idee di una nuova visione della Maremma Toscana. Simbolo di questa identità all’Argentario Resort è l’imponente atrio d’ingresso, dove i colori intensi del cielo e della vegetazione circostante vengono
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valorizzati da enormi vetrate in contrasto coi pavimenti in pietra tabarca, i banchi arcuati in plexiglass e rovere della reception e gli elementi strutturali in nero opaco. La struttura è a forma di libellula con una facciata di pietra calcarea ed all’interno l’interior designer Andrea Fogli crea uno stile contemporaneo con accenni retrò e stravaganti lontani dalla tradizione locale. Le camere esprimono una personalità individuale e dal design sofisticato e confortevole, dal minimalismo in stile galleria d’arte contemporanea allo spirito più glamour e metropolitano con cromature e vasche in pietra. Il Dama Dama Restaurant propone specialità della cucina maremmana e toscana in versione gourmet. I prodotti genuini usati per preparare i piatti provengono dalla Maremma o direttamente dall’orto biologico dell’Argentario Resort, che vanta la certificazione agroalimentare BioAgriCert. Aper Bar. Il bancone attorno alla scenografica scala è un divertente e improbabile laboratorio di uno scienziato. La lounge dai divani circolari e dai tavoli a forma di cinghiale è completamente proiettata verso la terrazza con vista sui campi, dove nei mesi più caldi è possibile godersi aperitivi e snack. Quattro sale conferenze tutte dotate di video proiezione ed audiovisivi e di ogni servizio di telecomunicazione: Master Conference Room (200 persone), Executive Conference Room (100 persone), Junior Conference Room (24 persone), Boardroom (12 persone).
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loCAtIoN Solo 1 ora e 30 minuti dall’Aeroporto internazionale di Roma, l’Argentario golf Resort & Spa a Porto Ercole è circondato da boschi di sugheri e ulivi centenari. Ha una posizione strategica per coloro che vogliono scoprire un lato esclusivo ed unico della Maremma e della Toscana. Tra le principali attrazioni a breve distanza: Siena, Firenze, i pittoreschi paesini di Pitigliano, Magliano, Sovana e Manciano, le isole di giglio e giannutri, il Parco Naturale della Maremma, gli uliveti e le vigne di Monte Argentario e Capalbio. Il GolF L’Argentario golf Club si snoda in un’oasi protetta di macchia mediterranea ed offre un panorama di unica, straordinaria bellezza. I dolci pendii, il mare e la laguna sono gli ingredienti base di questo microclima che consente di giocare a golf in qualsiasi periodo dell’anno. Le 18 buche championship disegnate e realizzate da Davide Mezzacane e Baldovino Dassù per un totale di 6.218 metri e par 71, sono state poi modellate da Brian Jorgensen. Il risultato è un tracciato sorprendentemente vario, tecnicamente molto valido e spettacolare. I green sono quasi tutti piccoli, una brezza è sempre presente per mitigare la temperatura e aggiungere un’altra variabile al gioco che, su questo campo, richiede precisione e potenza insieme. Il percorso di 77 ettari vanta la certificazione
“Agri Cert” bio eco-compatibile e tutti i prodotti usati per la manutenzione sono totalmente naturali. All’Argentario golf Club troverete un team di professionisti altamente qualificato e specializzato, con una grande esperienza nell’insegnamento a giocatori di ogni livello. Tra questi Emanuele Canonica, vincitore della Johnnie Walker Championship at gleneagles (2005). Tra gli altri servizi a disposizione degli ospiti: un driving range con 24 postazioni (12 delle quali coperte); due putting green, una chipping area e un bunker per la pratica; noleggio golf cart; noleggio attrezzatura; un pro-shop con importanti firme di abbigliamento, accessori e attrezzatura. L’Argentario golf Club ospita vari tornei di golf tra i più importanti in Toscana e in Italia, tra i quali pro-am e finali nazionali di vari circuiti. Nel 2008 ha ospitato il Ladies Italian Open.
lA SpA Concepito come capsule votate alla rigenerazione del corpo e della mente, Espace Wellness Center è una spa di 2700 m•. Presenta spazi bianchi interrotti dal nero e dai legni chiari, che creano un nuovo stile sospeso tra il retrò e il contemporaneo. Il centro benessere offre una varietà di servizi, tra i quali: bagno turco aromatico, bagno di vapore talassoterapico, biosauna con cromoterapia, sauna finlandese, docce emozionali, vasca di acqua salata, percorso kneipp, piscina interna riscaldata con acqua salina, idromassaggi e cascate cervicali. Le piscine esterne e la zona solarium con vista sul campo da golf completano le ampie dimensioni dell’area. La palestra ‘Espace gym’ con vetrata immersa nella piscina della spa, è dotata di attrezzature Technogym di ultima generazione, oltre a una sala per il corpo libero. A disposizione anche personal trainer e corsi di fitness, come bosu, pilates, yoga, aerobica, gag e risveglio muscolare. Per chi vuol fare sport all’aperto e mantenersi in forma a contatto con la natura, ci sono anche tre campi da tennis, un campo da calcetto e un percorso di jogging. espace treatment: sei cabine dedicate alla bellezza a 360°. La scelta dei massaggi e dei trattamenti è ampia: da quelli specifici anti-aging di CARITA a quelli caraibici di ST BARTH. Due brand così diversi scelti proprio per rispondere a qualsiasi esigenza degli ospiti. espace Suite: un’oasi di tranquillità e lusso. È la spa privata all’interno del centro benessere. Bagno turco aromatico con cielo stellato, idromassaggio con cromoterapia, lettino hammam in pietra riscaldata, letti ad acqua fluttuanti: sono i servizi a disposizione dei clienti della suite che possono riservare lo spazio per il tempo desiderato e concedersi i trattamenti personalizzati. Ideale per occasioni romantiche o per unici spa party da condividere con gli amici. argentario Golf resort & spa Porto Ercole, Toscana, Italia - Tel. +39 0564 810292 booking@argentarioresort.it - www.argentarioresort.it
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xe 2017 foto: media Jaguar
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a Jaguar XE, già affermata come la berlina sportiva più dinamica nel segmento delle medie, stabilisce ancora una volta nuovi standard nella gratificazione del guidatore e offre una gamma ancora più ampia di tecnologie
all’avanguardia. La XE ha ricevuto innumerevoli riconoscimenti a livello mondiale grazie al suo perfetto equilibrio tra guidabilità, maneggevolezza e raffinatezza senza pari. La leggera e rigida Advanced Aluminium Architecture, il sofisticato sistema di sospensioni ed
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i motori potenti ed efficienti, rendono la XE l’auto ideale per il guidatore nella sua classe. Con l’aggiunta dell’InControl touch pro, il sistema d’infotainment Jaguar di ultima generazione, della trazione integrale con torque on-demand, del Configurable Dynamics derivato dalla F-TYPE e una più ampia gamma di avanzati sistemi di assistenza per il conducente, la XE offre una guida ancora più avvincente. L’innovativo InControl Touch Pro è stato progettato partendo da un touchscreen da 10,2 pollici, stile tablet, altamente reattivo e con una grafica di qualità superba. Con la navigazione intelligente in grado di avvertire gli altri se siete in ritardo, un hotspot Wi-Fi che può accogliere fino a un massimo di otto dispositivi e app per la tecnologia indossabile, la XE consente di essere sempre connessi.
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La trazione integrale (AwD) è stata pensata sulla XE fin dal primo giorno. Disponibile, in Italia, esclusivamente con i motori diesel Ingenium da 180 CV, l’AWD aumenta la dinamicità della vettura e offre una maggiore trazione. La coppia viene trasferita alle ruote anteriori solo quando necessario, mantenendo l’intrinseca agilità della XE e una guidabilità da trazione posteriore. L’Adaptive response Surface (AdSr) rende il sistema AWD ancora più efficiente, modificando la mappatura del propulsore e del sistema Dynamic Stability Control in base alle condizioni di guida. L’AdSR sfrutta la competenza a livello mondiale di Jaguar Land Rover nelle tecnologie e nei sistemi di trazione AWD. Insieme alla conformazione del telaio ai vertici della categoria, la combinazione esclusiva dell’AWD, dell’AdSR e del rivoluzionario sistema All Surface progress Control, offre al guidatore una maggiore confidenza con la vettura nelle condizioni avverse. La XE è realmente la berlina sportiva per tutte le stagioni. Sviluppato per la F-TYPE, il Configurable Dynamics è ora disponibile anche sulla XE e permette al
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guidatore di personalizzare il comportamento della vettura impostando la risposta dell’acceleratore, il cambio di rapporto ed il sistema di smorzamento variabile dell’Adaptive Dynamics. La XE beneficia anche di una più vasta gamma di sistemi di assistenza tra cui il lane Keep Assist e il Driver Condition Monitor, una funzione in grado di rilevare e avvertire il guidatore in caso di eccessiva stanchezza. La XE offre anche l’Adaptive Speed limiter: una tecnologia intelligente in grado di supportare il guidatore aumentando o diminuendo la velocità del veicolo quando i limiti di velocità cambiano. La nuova gamma Jaguar XE sarà composta da: • xe pure • xe prestige • xe portfolio • xe r-Sport • xe S
Con la trazione integrale la coppia viene trasferita alle ruote anteriori solo quando necessario, mantenendo l’agilità della XE e una guidabilità da trazione posteriore. La gamma di motorizzazioni sarà composta da: • Diesel 2,0 litri 163 Cv cambio manuale/ automatico trazione posteriore • Diesel 2,0 litri 180 Cv cambio manuale/ automatico trazione posteriore, AWD cambio automatico • benzina 2,0 litri 200 Cv cambio automatico trazione posteriore • benzina 2,0 litri 240 Cv cambio automatico trazione posteriore • benzina 3,0 litri 340 Cv cambio automatico trazione posteriore.
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A MILANO testo: Pierluigi Ducci
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lario Mi Auto una serata speciale per l’ anteprima della nuova F-pace all’ east end Studios events point di Milano
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articolarmente suggestiva la location scelta per presentare in anteprima la nuova Jaguar F-Pace. Un luogo nato dal sapiente recupero architettonico di edifici un tempo adibiti alla costruzione di aeroplani ha accolto l’evento promosso dalla concessionaria esclusiva del
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marchio Jaguar per Milano, Lario Mi Auto. Una serata glamour che ha visto Jaguar protagonista insieme ai tanti ospiti presenti, fra i quali i comici Ale e Franz, Matteo Viviani, Elenoire Casalegno, Ludmilla Radchenko, Marina graziani e Federica Lodi, mentre per Jaguar Land Rover Italia ha partecipato Federico Funaro.
NeWs Chiude la prima concessionaria Jaguar La prima concessionaria Jaguar del mondo, fondata nel 1927 e responsabile della fornitura di veicoli per la famiglia reale, rinuncia alla concessione Jaguar perché non è in grado di soddisfare gli standard aziendali oggi richiesti dal marchio. RA Creamer, la storica concessionaria vicino a Kensington Palace, è stato il primo garage al mondo diventare un dealership Jaguar. Nel corso degli ultimi 40 anni ha fornito i veicoli Jaguar alla Regina e al Principe Carlo. Tuttavia, a causa della sua caratteristica posizione, il potenziamento e l’ammodernamento della sede che ha 89 anni di storia, non è possibile e per questo non è più in grado di soddisfare i requisiti richiesti da Jaguar. Il Marchio ha chiesto ai Dealer Jaguar di farsi carico anche della dealership Land Rover.
«La decisione non è stata presa alla leggera, la nostra storia è qui e noi ne siamo orgogliosi» ha dichiarato l’amministratore delegato Michael Quinn, nipote di Sir William Lyons fondatore della Jaguar.
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F-type Svr una Jaguar da oltre 320 km/h
foto: media Jaguar
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a nuova Jaguar F-TYPE SVR fa il suo debutto mondiale al Motor Show di ginevra e sarà commercializzata nell’estate 2016. Capace di raggiungere una velocità massima di oltre 320 km/h, questa nuova F-TYPE, è la prima Jaguar SVR ed è stata sviluppata per sfruttare appieno il suo potenziale da due posti sportiva in alluminio, pur mantenendo la sua fruibilità quotidiana. Più leggera, veloce e potente porta le prestazioni, le dinamiche di guida e il coinvolgimento del guidatore ad un nuovo livello, mantenendo il comfort e l’intrinseca dualità caratteriale di tutte le vetture Jaguar. «La nuova F-TYPE SVR è la prima Jaguar di serie ad essere sviluppata dalla divisione Special Vehicle Operations e beneficia di tutte le nostre conoscenze in materia di progettazione, prestazioni e design. Il risultato è una supercar per tutte le stagioni da oltre 320 km/h che si può guidare tutti i giorni; abbiamo realizzato anche una versione Convertibile, per far sì che i guidatori più appassionati possano godersi appieno la sonorità del motore proveniente dal nuovo sistema di scarico in titanio» dice John Edwards, Jaguar Land Rover Special Operations Managing Director. un v8 sovralimentato da 575 Cv La F-TYPE SVR adotta l’ultima evoluzione del 5,0 litri V8 Jaguar sovralimentato che consente di avere una potenza di 575 CV e una coppia di 700 Nm. Le prese d’aria maggiorate nel paraurti anteriore, insieme ai rinnovati sistemi di raffreddamento e alle ridisegnate prese d’aria sul cofano, offrono un consistente miglioramento del sistema di raffreddamento e dell’efficienza del motore. Il nuovo sistema di scarico in titanio e Inconel è in grado di tollerare temperature di picco più elevate, di ridurre la contropressione e di risparmiare 16 kg, una riduzione di peso che supera l’obiettivo fissato durante le fasi di sviluppo. Il nuovo sistema offre anche una sonorità più decisa, acuta e distintiva, specialmente quando si aprono le valvole attive nei
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silenziatori posteriori, che avviene ai regimi più bassi per migliorare ulteriormente il temperamento sportivo della F-TYPE SVR. Per sfruttare al massimo l’aumento della potenza, la trasmissione Quickshift a otto rapporti presenta una nuova calibrazione. Insieme con l’aderenza supplementare fornita dagli pneumatici maggiorati, con sezione 265 all’anteriore e 305 al posteriore (100 millimetri più larghi della F-TYPE R) e con l’ottimizzazione della tecnologia di gestione
IDD (Intelligent Driveline Dynamics) del sistema AWD con torque on-demand, questa trasmissione consente alla F-TYPE SVR di avere un eccellente comportamento nelle fasi di partenza e una notevole immediatezza nella risposta. Le modifiche all’IDD ed i perfezionamenti apportati al differenziale elettronico attivo posteriore (EAD), assicurano un’ottimale distribuzione della coppia tra l’assale anteriore e posteriore e in tutto il retrotreno. Abbinato ad una nuova taratura del sistema DSC
La nuova F-TYPE SVR è la prima Jaguar di serie ad essere sviluppata dalla divisione Special Vehicle Operations: il risultato è una supercar per tutte le stagioni da oltre 320 km/h che si può guidare tutti i giorni.
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(Dynamic Stability Control), tutto ciò migliora la trazione e le dinamiche di guida della vettura su tutte le superfici e in tutte le condizioni metereologiche, preservando al contempo la bilanciata maneggevolezza e il temperamento da trazione posteriore della F-TYPE SVR. Il guadagno in termini di prestazioni e guidabilità non vanno a discapito dei consumi e delle emissioni di CO2: rispetto alla F-TYPE R, i dati relativi al ciclo combinato europeo rimangono invariati: 11,3 litri ogni 100 km e 269 g/km.
leggera, rigida, precisa I miglioramenti apportati alla motorizzazione e alla trasmissione vanno ad unirsi alle modifiche apportate al telaio. La sospensione anteriore e posteriore in alluminio a doppio braccio oscillante della F-TYPE e l’innovativo sterzo servoassistito elettricamente (EPAS), hanno rappresentato per il team SVO (Special Vehicels Operations) il miglior punto di partenza possibile per sviluppare le dinamiche di guida della SVR.
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L’aerodinamica ottimizzata produce ulteriori vantaggi: l’ala posteriore consente di ridurre la portanza sia in posizione sollevata che ribassata. Questi miglioramenti sono accompagnati da una serie di modifiche hardware e software progettate per estrarre il massimo potenziale da ogni parte del telaio: la barra antirollio è più spessa, l’articolazione posteriore è completamente nuova, il diametro della barra antirollio anteriore è stato leggermente ridotto. Equipaggiata di serie con il sistema frenante Jaguar Super Performance, caratterizzato da grandi dischi all’anteriore e al posteriore, rispettivamente di 380 e 376 mm, la F-TYPE SVR può essere ulteriormente personalizzata con il sistema Jaguar CCM (Carbon Ceramic Matrix). Dotato di dischi ancora più larghi di 398 e 380 mm e pinze monoblocco a sei e quattro pistoncini, questo sistema offre eccezionali prestazioni in frenata con una eccellente resistenza al fading. gli pneumatici maggiorati, appositamente pensati per questa vettura, di 265/35/ZR20 e 305/30/ ZR20, offrono eccezionali livelli di aderenza senza compromettere la raffinatezza e la qualità di guida. La gamma di cerchi in alluminio forgiato 9J e 11J consente un ulteriore risparmio di peso fino a 13,8 kg per vettura, mentre il disegno a forma aperta, migliora il raffreddamento dell’impianto frenante. In esclusiva per la F-TYPE SVR, la gamma comprende i cerchi Coriolis in Satin Technical grey o gloss Black e, per i modelli equipaggiati con il sistema frenante CCM, i cerchi Maelstrom con una finitura lucida Satin Black. Il sistema EPAS della F-TYPE rappresenta già un punto di riferimento in termini di risposta e sensazione di guida. La messa a punto del software di controllo assicura un feedback ancora maggiore e, insieme ai giunti posteriori più rigidi, ai nuovi cerchi, agli nuovi pneumatici e alla nuova taratura degli ammortizzatori, consentono alla F-TYPE SVR una sterzata più immediata e precisa. Aerodinamica Lo sforzo compiuto nello sviluppo del telaio va ad unirsi al lavoro svolto sull’aerodinamica della
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F-TYPE SVR. Chiamato a risolvere i contrastanti conflitti finalizzati alla riduzione della resistenza e della portanza, il team SVO ha progettato una suite completa di funzionalità che lavorano insieme per migliorare l’efficienza, le prestazioni, la stabilità e le dinamiche della vettura. Per ridurre la resistenza, il paraurti anteriore è stato esteso fuori sagoma per mascherare il più possibile le ruote, aiutando anche il flusso d’aria a rimanere ancorato ai lati della vettura, riducendo ulteriormente la resistenza. Il sottoparaurti e il sottoscocca anteriori, non solo contribuiscono a ridurre la resistenza, ma anche a migliorare il raffreddamento del motore. Il nuovo disegno delle bocchette di ventilazione sul cofano consente di utilizzare il flusso d’aria per estrarre l’aria più calda dal vano motore e le feritoie nei passaruota aiutano l’aria ad alta pressione a fuoriuscire attraverso le bocchette del parafango, contribuendo a ridurre la resistenza della parte frontale. Le dotazioni aerodinamiche sono state ulteriormente
rafforzate con un venturi posteriore. La sua integrazione è stata possibile solo grazie al disegno del leggero sistema di scarico in titanio e Inconel: l’utilizzo di due singoli silenziatori posteriori invece di un singolo silenziatore trasversale, ha consentito di poter posizionare il venturi tra di essi. Ma il dispositivo singolo più efficace sviluppato per la F-TYPE SVR, è la sua ala posteriore apribile: il suo disegno altamente ottimizzato è più efficace e più aerodinamicamente efficiente sia in posizione rialzata che ribassata. L’ala si solleva una volta che la velocità supera i 95 km/h nella Convertibile, e i 110 km/h nella Coupé. L’ala si solleverà invece automaticamente quando il guidatore selezionerà la modalità Dynamic. Elementi stilistici esterni complementari all’ala posteriore in fibra di carbonio, comprendono un pannello per il tetto sempre in fibra di carbonio e uno speciale carbon fibre pack che include il sottoparaurti anteriore, le griglie del cofano, le feritoie d’aerazione del parafango e le calotte dei retrovisori esterni.
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Interni L’abitacolo prevede gli accoglienti sedili sportivi SVR Performance regolabili in 14 posizioni, rivestiti in pelle Jet nera con un caratteristico motivo Lozenge Quilt, cuciture a contrasto e micro-piping e poggiatesta con il logo SVR in rilievo. Si può optare anche per un rivestimento in pelle rossa o Siena Tan. La pelle Jet nera della SVR e l’opzionale rivestimento in pelle Jet nera e tessuto scamosciato per il volante, presentano superfici esterne verniciate di nero e cuciture a contrasto in una gamma di quattro colorazioni. Le esclusive levette del cambio in alluminio anodizzato sono più grandi di quelle degli altri modelli F-TYPE per rendere la cambiata ancora più spontanea. La tematica focalizzata sul guidatore dell’impostazione “uno-più-uno” si arricchisce di un rivestimento scamosciato per il quadro strumenti e la console centrale. I sistemi d’infotainment InControl Touch e InControl
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Touch Plus sono dotati di touchscreen capacitivi da otto pollici, interfacce utente nitide e intuitive, definite mappe 3D e offrono sistemi audio surround Meridian da 380 e 770 W. Oltre alla rinomata connettività tramite smartphone dell’InControl Apps, dell’InControl Secure che monitora la vettura e del sistema di chiamata d’emergenza InControl Protect, la F-TYPE SVR offre anche una nuova funzionalità per l’InControl Remote che ora supporta la tecnologia indossabile: è stata sviluppata un’app per l’Apple Watch. Utilizzando questo dispositivo, i guidatori sono in grado di aprire o chiudere le portiere, controllare informazioni importanti come il chilometraggio o il livello di carburante e localizzare la vettura sulla mappa. L’InControl Remote permette anche al guidatore di accendere il motore e impostare la temperatura del sistema di climatizzazione per precondizionare l’abitacolo prima che il viaggio abbia inizio.
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F-type British Design edition foto: media Jaguar
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l’esclusiva F-type british Design edition, basata sulla versione v6 S da 380 Cv, migliora il pluripremiato design della vettura e offre una vasta gamma di dotazioni aggiuntive di serie
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a Jaguar F-TYPE British Design Edition, basata sulla versione S Coupé e Convertibile, è caratterizzata da una serie di miglioramenti estetici e dotazioni supplementari. È disponibile in Ultimate Black e in una palette di colori ispirati alla Union Jack: Caldera Red, glacier White e, novità per la gamma F-TYPE, Ultra Blue. Ulteriori perfezionamenti provengono dal pacchetto Sport Design e dai discreti sticker British Design Edition anteriori e posteriori, dall’esclusiva personalizzazione sulla console centrale, dai poggiatesta e dai battitacco in acciaio.
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Dietro i cerchi Cyclone da 20 pollici con esclusiva finitura Satin grey, si trova un impianto frenante potenziato con pinze rosse (quelle in colore nero sono disponibili come optional). A completamento della nuova gamma, una finitura in pregiata pelle Jet con cuciture a contrasto in tre diverse colorazioni. La focalizzazione sul guidatore propria dell’abitacolo “uno più uno” è stata accentuata dal rivestimento in fibra di carbonio intorno alla console centrale.
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I sistemi d’infotainment Jaguar InControl touch e InControl touch plus sono disponibili in abbinamento con gli aggiornati impianti audio sviluppati dagli esperti britannici della Meridian. L’iInControl Touch e l’InControl Touch Plus supportano una vasta gamma di applicazioni che facilitano al guidatore la possibilità di essere sempre connesso. Jaguar F-TYPE British Design Edition sarà disponibile sia in versione Coupé sia Convertibile. Entrambe
La creazione della British Design Edition ci ha dato l’opportunità di migliorare il modo in cui F-TYPE appare, sia dentro che fuori.
tecnologie che avvicinano ancora di più il guidatore a F-type Le dotazioni di serie della British Design Edition includono anche un rinnovato impianto audio rispetto a F-TYPE S. Le vetture con il sistema d’infotainment InControl Touch beneficiano dell’impianto Meridian da 380w con 10 altoparlanti, mentre quelle con l’InControl Touch Plus sono caratterizzate dall’impianto Meridian Surround da 770w con 12 altoparlanti. Sia l’InControl Touch sia l’InControl Touch Plus supportano le funzioni InControl Apps e InControl remote, con l’InControl remote App compatibile anche con Apple Watch. Interagire con la vettura da qualsiasi parte del mondo non è mai stato così semplice. La funzionalità della nuova app è simile a quella dell’attuale applicazione per smartphone InControl Remote e permette ai guidatori di utilizzare i propri Apple Watch per aprire e chiudere la vettura, controllare il livello di carburante nel serbatoio ed individuarla su una mappa. È anche possibile impostare la climatizzazione da remoto e avviare il motore per portare l’abitacolo alla temperatura desiderata prima che il viaggio abbia inizio.
ian callum, Jaguar Director of Design
saranno equipaggiate con il motore benzina 3,0 litri v6 da 380 Cv e 460Nm di coppia, abbinato al cambio manuale a sei rapporti con trazione posteriore o alla trasmissione Quickshift a otto marce disponibile con trazione posteriore o integrale. Jaguar F-TYPE ha sempre ottenuto grande consenso a livello mondiale (tra cui il prestigioso riconoscimento “World Car Design of the Year”). Ora, il suo fascino cresce ancora di più grazie alla creazione dell’esclusiva British Design Edition.
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RITORNO IN pIStA foto: media Jaguar
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aguar ha annunciato il suo ritorno alle competizioni motoristiche mondiali e, nell’autunno del 2016, parteciperà come costruttore con il suo team alla terza stagione della FIA Formula E Championship (il primo campionato mondiale monoposto riservato alle auto elettriche). La Formula E FIA rappresenta un’opportunità unica per Jaguar al fine di sviluppare ulteriormente il suo futuristico sistema propulsivo EV, inclusi il motore e la tecnologia delle batterie. Oltre 8.000 ingegneri lavorano per Jaguar Land Rover che è anche il maggior investitore britannico nel campo della ricerca e sviluppo di ogni settore d’attività. I tecnici del team Jaguar per la Formula E potrà attingere direttamente a questa enorme risorsa lavorando a stretto contatto con gli ingegneri Jaguar Land Rover. gli ingegneri non solo saranno in grado di applicare le loro conoscenze nell’ambito delle competizioni, ma anche di analizzare i dati per superare i confini tecnologici della propulsione elettrica in termini di prestazioni.
La Williams Advanced Engineering sarà un Technical Partner del Jaguar Formula E Team, apportando le proprie conoscenze in ambito sportivo insieme agli affermati EV Systems ad elevate prestazioni. Jaguar Land Rover vanta una lunga partnership con la Williams, con la quale ha collaborato per lo sviluppo della concept car ibrida Jaguar C-X75. L’ingresso del team è stato concesso per la Formula E e approvato dalla Fédération Internationale de l’Automobile (FIA).
Gli ingegneri Jaguar Land Rover lavoreranno a stretto contatto con la squadra corse di Jaguar per superare i confini tecnologici della propulsione elettrica
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Jaguar VM
Prove tecniche di… Diesel testo di Stefano Bendandi - foto di Thomas Balbi
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iugno 2003, a soli due anni dal lancio della X type, che fece molto discutere, la casa di Coventry si propone sul mercato con la versione Diesel. Il progetto della X Type fu uno di quelli che andò contro corrente; il marchio Jaguar, sinonimo di lusso, eleganza, grosse cilindrate e relative alte potenze, poco si rispecchiava nella piccola vettura di Coventry che per la prima volta si rivolgeva ad una clientela di fascia intermedia. Una vettura compatta, certamente elegante ma con cilindrata accessibile, fino ad arrivare all’utilizzo di un propulsore a Gasolio; tuttavia questa automobile si rivelò un pietra miliare per il marchio Jaguar, rendendosi innovatrice per essere la prima Jaguar Station Wagon, la prima a 4 ruote motrici ed infine la prima Diesel. Quest’ultima era una 2.000 cc turbo diesel con intercooler di derivazione Ford, allora proprietaria del marchio; un Dura Torq TDCi a quattro cilindri,
130 Cv e 330 Nm prodotto da Ford e destinato ad equipaggiare la Mondeo ma sapientemente rimaneggiato dai tecnici inglesi per essere più in linea con lo stile ed il nome della Jaguar. Sigla tecnica X404. Da quella data in poi nei listini della casa l’alimentazione Diesel divenne un’opzione di scelta da parte del consumatore più attento ai consumi ed alla tecnologia senza dover rinunciare al glamour del marchio. Tuttavia l’avventura Diesel iniziò molto tempo prima e soprattutto, volutamente, tenuta in gran segreto; noi ve la raccontiamo, grazie al contributo ricevuto da chi questa avventura l’ha vissuta in prima persona; l’ing. Mario Balbi dall’84 al 2003 direttore commerciale in VM. Lo studio di fattibilità ebbe inizio in VM all’inizio degli anni 80, con l’intento di poter equipaggiare le berline XJ con un propulsore a ciclo diesel, il tutto in modo molto discreto in quanto Jaguar non gradiva le voci di
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una eccessiva attenzione ai consumi e di conseguenza ai costi da parte di un casa nota per essere identificata “di lusso”. L’attenzione riposta ad un propulsore più parco nei consumi derivava da una situazione difficile di fornitura di petrolio derivante dalla guerra AraboIsraeliana del Kippur, che ne comportò l’embargo per gli USA. Il mercato Usa rappresentava per Jaguar una grossa massa critica e poter affiancare alle unità già esistenti un alternativa a gasolio poteva sembrare una soluzione vincente pur tuttavia consapevoli della scarsa attenzione degli utenti americani alle vetture Diesel; per questo motivo, con il dubbio di un insuccesso del progetto, il tutto fu gestito con massima riservatezza. L’interesse per la giovane azienda ferrarese, approcciatasi al mondo dei propulsori automotive solo da pochi anni, è subito finalizzato al 6 cilindri.
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Era il reparto esperienze che si occupava di sviluppare il progetto con il supporto del tecnico Malcom Whittaker, assunto in VM tramite British Leyland per seguire la fornitura dei motori a 4 clindri. Il progetto di sviluppo va avanti un paio d’anni prima di essere accantonato e nel suo corso vengono allestiti, testati in prestazioni e durata, modificati e discussi 14 prototipi su vetture XJ con motori HR 692HT di 3590cc in diverse varianti. Una volta interrotto il progetto, i prototipi restano o rientrano in gB dove vengono demoliti, tranne un esemplare dimenticato in Italia nello stabilimento VM. L’auto targata JAC179V, viene utilizzata dall’Ing. Mario Brighigna, Presidente e poi Amministratore delegato di VM, con scarsa frequenza fino a quando non venne abbandonata in angolo dell’azienda
accanto ai vari materiali pubblicitari. Da qui ad uscire dal capannone e finire sotto una tettoia il passo è breve e con questo l’inizio del suo degrado. L’Ing. Balbi, già appassionato di vetture e a conoscenza di questo progetto, accarezza l’idea di entrare in possesso della vettura. Questa XJ, nasce per ospitare un propulsore V12 e destinata al mercato Usa, come testimoniano le luci laterali ed immatricolata per la prima volta nel 1979. Secondo alcuni responsabili del reparto esperienze l’ultimo motore assegnato a questa auto sarebbe di cilindrata di 4.200 cc (4164), ossia il modulo da 700cc per cilindro che già si era visto sul modello HR694 ed anche sul BMW Marine, il tutto affiancato da un cambio ZF a 3 rapporti. È nell’autunno 1989 che Balbi decide di chiedere al Presidente VM il benestare all’acquisto del veicolo, con l’idea di restaurarla e poi custodirla nella suo piccola collezione, ben conscio
dell’estrema difficoltà di poterla fare circolare nuovamente e con targhe italiane, dovuto al fatto che la situazione documentale della Jaguar è a dir poco complessa; che così si riassume: vettura di proprietà inglese ( Jaguar) con documenti inglesi, in Italia come transito, difficilmente immatricolabile a seguito di sostituzione di motore e cambio non conformi
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rispetto all’originale, tranne come esemplare unico con le ulteriori complicanze del caso. L’Ing. Brighigna non si oppose alla richiesta, diede le direttive per l’aspetto economico ma non mancò di allertare Balbi sulla totale inaffidabilità della vettura, fatto che poi ne determinò l’abbandono in fondo al capannone. Le parole di Brighigna trovarono riscontro in un documento ritrovato all’interno della XJ; come consuetudine maniacale degli inglesi ogni modifica, intervento e/o manutenzione fu annotata su un libretto conservato in auto. Nell’accordo di acquisto Balbi riuscì ad includere un service generale relativo alla parte meccanica, che comportò la sostituzione di tutte le 6 teste di nuova generazione con candelette tangenziali. Nel 1990 finalmente si riesce ad ottenere dalla Jaguar un certificato d’origine dove la casa unisce le caratteristiche tecniche del telaio alle caratteristiche tecniche del motore VM grazie all’intervento di Trevor Crisp (Ing. Capo della power train division nonché CEO di Cosworth quando Jaguar era in F1) convinto durante un cena in Uk dal Balbi. L’iter segue il suo corso ma è solo nel 1992 che la vettura ottiene i documenti italiani e la sua targa FE. Nel frattempo vengono eseguiti lavori di restauro che, come spesso accade, vengono preventivati o forse meglio auspicati di lieve entità salvo poi rivelarsi delle catastrofi, specialmente economiche. L’XJ viene smontata completamente e risanata di carrozzeria e parte degli interni, mantenendo il suo affascinante colore Regency Red. Ma si sa il punto debole di molte auto made in UK è e rimane l’impianto elettrico ed anche in questo caso, per non smentire queste dicerie che la XJ annoverò tra i suoi difetti inconvenienti pesanti che spesso determinarono vari fermi auto. Al riguardo Balbi racconta alcuni aneddoti che riporto integralmente: «Il più leggendario riguarda l’antica piaga che tormentò il pur geniale tecnico per tutti gli anni in cui utilizzò l’indomito prototipo: perdita di carica della batteria dopo
qualche ora di moto. Per ovviare a ripetuti fermi macchina, con proteste feroci dell’Ingegnere sulla loro inefficienza, gli uomini dell’Esperienza avevano messo nel baule due batterie da camion, che venivano caricate ante utilizzo del presidente e ricaricate al rientro. Ed ecco la cronaca del mio caso. Ritenendo quella storia una superstizione avevo sbarcato una batteria e proseguivo con una sola dopo aver fatto verificare tutto il circuito dall’elettrauto. Un giorno viaggiavo per Lerici e giunto al distributore in cima alla Cisa ero fermo per rifornimento circondato da uno stuolo di ammirati curiosi; tutti si dileguarono appena tentai inutilmente di rimetterla in moto: ero solo di fronte alla leggendaria morte elettrica totale. Per fortuna seguiva mio figlio con un 4x4 e prestò la sua batteria per ripartire fino a destino. Qualche giorno dopo ero nell’officina Jaguar di Bologna discorrendo col mondano capofficina Ambrosini dello strano fenomeno e, mentre lui proponeva di cambiare ancora l’alternatore, notai un vecchio meccanico che in un angolo scrollava il capo. Lo presi in disparte e non senza difficoltà, mosso a compassione, quel mago mi rivelò l’arcano che aveva taciuto al capo perché gli stava abbondantemente antipatico. C’era un collegamento di troppo nella centralina delle candelette di preriscaldo che anziché funzionare nei soli 30 sec. dell’avviamento le alimentava in permanenza con 6x 10Ah fino a esaurire nel giro di un paio d’ore qualsiasi batteria. Sarebbe da non credere che l’équipe tecnica VM non ci sia arrivata in tanti anni e verrebbe da sospettare piuttosto al sabotaggio, soprattutto se ideato ai danni di un forte capo come lo era Brighigna…» Il resto è storia moderna, l’auto resasi ormai pienamente efficiente intraprende, coadiuvata dal Club Officina Ferrarese del Motorismo Storico, l’iter di certificazione ASI che riesce ad ottenere. Da allora la bella ed unica Jaguar XJ 6 cilindri Diesel abbina al suo fascino indiscusso la preziosa targa dell ASI a testimoniare l’univocità del modello e la qualità del restauro. Ancora oggi la vettura è di proprietà dell’ing Mario Balbi e famiglia e fortunatamente rimasta in Italia.
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la poca neve ed il freddo costante hanno caratterizzato un’edizione ricca di novità a cominciare dal percorso, rinnovato per oltre il 50% e che ha ricevuto ottimi feedback dai partecipanti. di Pierluigi Ducci
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ono 118 le vetture regolarmente verificate e partite da Madonna di Campiglio venerdì 22 gennaio alle 14.30, la maggior parte delle quali hanno fatto ritorno alle prime ore della mattina. Pochi gli incidenti, a parte lo sfortunato equipaggio guggianaTorri, costretti al ritiro per un tamponamento alla loro Porsche 356 C Coupé del 1964 subìto lungo il percorso. Ad avere la meglio sono stati i bresciani Franco Spagnoli e giuseppe Parisi, con la loro barchetta Fiat 508 S del 1932. Sono stati autori di una gara senza sbavature con la quale hanno conquistato il posto più
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alto sul gradino del podio precedendo di pochissime penalità (255 contro 261) la Volvo PV544 del 1965 di Antonino Margiotta e Bruno Perno, ancora una volta secondi dopo il medesimo risultato della scorsa edizione; leggermente più distanziata la Fiat 508 C del 1938 di giuseppe e Francesco Di Pietra (309 penalità) capaci comunque di migliorare l’ottimo 5° posto del 2015. A completare la top five i coniugi
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torinesi gianmaria Aghem e Rossella Conti (368 penalità) che a bordo della loro decorata Lancia Fulvia Coupé 1.6 HF del 1972 hanno tenuto a distanza i bresciani Alberto Riboldi ed Emanuele Peli su Fiat 508 S Balilla Sport del 1933 (410 penalità). Seguire la Winter Marathon a bordo della nuova Jaguar XE è stato entusiasmante. Facile, direte voi,
ma le oltre 12 ore di guida notturna su un tracciato di 400 chilometri, con una temperatura costantemente intorno ai –10 gradi interrotti da una sola sosta e dall’insidia del ghiaccio dietro ad ogni curva, possono destabilizzare qualsiasi guidatore. Ma non è stato così! Il raffinato motore Ingenium da 180 CV della nostra berlinetta sportiva Jaguar ha espresso tutte le sue migliori capacità sulle strade più belle del Trentino
Alto Adige. grazie ad una serie di tecnologie avanzate, tra cui Adaptive Dynamics, sospensioni Integral Link al posteriore, sistema Torque Vectoring ed il sistema frenante di nuova generazione, la nostra Jaguar XE ci ha regalato emozioni di guida sportiva in tutta sicurezza. Trovare la giusta posizione di guida è stato facile e intuitivo, impossibile non trovare la posizione ottimale con tutte le regolazioni a disposizione, il sedile dalla forma avvolgente “tiene bene“ anche nei tornanti più veloci. Il cambio, su questa versione, automatico 8 rapporti, utilizzabile in modalità automatica o sequenziale tramite i due paddles dietro al volante, è fluido e senza incertezze anche se si osa qualche staccata in più… Le performance della Jaguar XE sono state sempre brillanti, con una coppia e una spinta ai bassi regimi eccellenti. Un’ultima nota è riservata all’impianto frenante che con dischi rispettivamente da 320 e 300 mm, è potente e dotato di una buona risposta: è stato impossibile metterlo in crisi! Peccato che la nottata passata dietro la Winter Marathon sia passata così in fretta…
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Creative Design Manager di Jaguar Advanced Design Studio
foto: designpieri.wordpress.com
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otto la direzione del Design, Ian Callum, Jaguar Project 7 è passata da uno schizzo sperimentale del Creative Design Cesar Pieri, alla pista in soli quattro mesi. In questa esclusiva intervista, Cesar Pieri, ripercorre la genesi sino alla presentazione ufficiale al goodwood Festival of Speed. Come è iniziata la tua carriera? «Ho cercato di diventare un designer per molti anni. Ho studiato architettura e ho lavorato come graphic designer, e per la progettazione del prodotto. Ho lavorato in Brasile, Italia, Stati Uniti e Regno Unito. Poi ho iniziato a trovare lavoro come designer automobilistico e ho lavorato per una società di consulenza di cui gMC era cliente. Infine, nel 2010, ho fatto un Master in Transportation Design presso il Politecnico di Milano. È un processo che ha richiesto del tempo, ma ho sempre disegnato automobili, anche quando stavo progettando altre cose».
Cesar, come è nato il progetto della Jaguar project 7? «Quando sono entrato in Jaguar ho iniziato a lavorare sul progetto F-Type, era un progetto molto stimolante. Un giorno stavo facendo un disegno, lavoravo su un kit aerodinamico e ho pensato, “perché
non mescolare il passato storico di Jaguar con questo?”. Avevo sulla scrivania un modellino di una D-Type, una classica vettura Jaguar che vinse tre volte Le Mans ( Jaguar vinse Le Mans 7 volte: 3 volte con la D-Type e le altre con XJR-9LM, XJR-12, XK120-C e la C-Type) e ho tratto l’ispirazione dall’appendice aerodinamica posteriore della D-Type e un paio di
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altre cose fondendole nella F-Type. Un venerdì, durante il mio tempo libero, ho disegnato un paio di bozze e le ho tenute nel cassetto, nessuno mi aveva chiesto di lavorarci sopra. Poi un giorno ho dovuto presentare il kit aerodinamico e ho pensato di presentare anche i bozzetti aereodinamici che avevo disegnato per la F-Type. Ho mostrato i disegni e quando si è conclusa la riunione, Ian Callum, il nostro direttore del design, mi ha detto: “Se ti diamo due settimane cosa fai? Riesci a sviluppare il progetto e a presentare il business plan?”. Da quando il progetto è stato approvato abbiamo avuto solo quattro mesi per completarlo e siamo riusciti a presentare la Project 7 a goodwood. È stato uno shock, nessuno lo sapeva! Il feedback che abbiamo ricevuto da tutto il mondo è stato fantastico. La F-Type Project 7 era nata come concept car ma alla fine ne sono state costruite 250».
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La F-Type Project 7 nasce come concept car ma alla fine ne sono state costruite 250…
Che differenze vi sono tra la concept e l’auto in produzione? «Nel 2013 abbiamo presentato la concept, ed è stato un grande successo. A seguito dei feedback che abbiamo ricevuto si è deciso di costruire una serie limitata. L’auto in produzione è praticamente la stessa della concept, le differenze sono minime. La produzione di sole 250 unità permette di mantenere caratteristiche simili alla concept car. Nel 2015 abbiamo iniziato a consegnare le auto, in poche settimane sono state tutte vendute». Jaguar ha celebrato gli 80 anni nel 2015. Come vedi l’evoluzione del design del brand nel corso dei decenni? «Il brand design si evolve negli anni nel rispetto dei materiali e delle nuove tecnologie presenti. Il design accompagna in modo naturale i nuovi modi di progettazione di un’auto nel corso del tempo, è l’evoluzione naturale. gli Anni 60 e 70 sono stati gli anni d’oro per Coventry. Auto come la C-Type,
D-Type, E-Type, sono tutte automobili iconiche che sono riferimenti nel mondo del design di oggi, non solo per Jaguar, ma nel contesto generale. Jaguar oggi, sta vivendo una rinascita di tutto il marchio, una nuova serie di prodotti, una nuova linea di pensiero. Il design per Jaguar è importante come la performance. giorno dopo giorno riusciamo a produrre una gamma di prodotti che ci permettono di avere sempre più clienti in tutto il mondo». Come definiresti le grandi scuole nel mondo del world Car Design? «Pensando alle quattro principali centri di progettazione delle world car: il design tedesco è molto tecnico, freddo, più focalizzato sulla tecnologia che sulle emozioni; l’italiano è più concentrato sulle emozioni e sulle prestazioni, con un design molto più caldo; gli Stati Uniti sentono ancora l’influenza delle muscle car. Jaguar (la scuola inglese) deve essere l’essenza di tutte le altre, credo che debba riuscire a mixare bene la tecnologia e l’emotività nei loro
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prodotti mantenendo grande sportività, lusso ed eleganza. La Cina deve ancora definire cosa sarà. È difficile classificare ciò che il design cinese è oggi». oltre all’universo automobilistico, da dove trai l’ispirazione e i riferimenti durante la creazione? «Tutto ci influenza. Qualunque cosa che si vede, ciò che si vive, ogni istante ci influenza in qualche modo. Ho fatto un’po di tutto nella vita - avevo un bar, un ristorante, ha lavorato con i media digitali e come graphic designer. Questi sono tutti elementi che mi influenzano nella vita e nel mio lavoro». Che rapporto c’è tra design e sostenibilità? «Il design è lo strumento più potente che si può avere per qualsiasi cosa, soprattutto per creare
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prodotti che sfruttano le nuove tecnologie. Il disegno è essenzialmente il punto di partenza. Nulla è più potente di una carta e penna. La soluzione c’è: la creatività, la possibilità di produrre è la possibilità di esprimersi. Alla Jaguar, abbiamo accesso a tutte le tecnologie più estreme, abbiamo la possibilità di poter vedere prodotti che saranno presentati fra molti anni».
the Jaguar bonnet artwork collection Come Creative Design Manager di Jaguar Advanced Design Studio, Cesar Pieri, trascorre la maggior parte del suo tempo a pensare le automobili. Così, quando ha deciso di dedicarsi alla pittura come sbocco creativo, ha trovato ispirazione dal suo lavoro. Utilizzando cofani originali di Jaguar classiche come tele, Pieri ha creato una collezione di opere d’arte esclusive ed emozionanti apprezzate dai collezionisti di tutto il mondo. «Nel mondo del car designer la precisione è fondamentale, spesso lavoriamo al millimetro, nella mia arte provo ad essere il più astratto possibile e a rappresentare le automobili in una forma molto artistica e disinvolta». La collezione è stata esposta nel 2015 al Coventry MotoFest e al British Motor Museum di gaydon. Dal 25 marzo al 21 maggio “the Jaguar bonnet artwork collection” sarà esposta a torino al Museo Nazionale dell’Automobile nel contesto della mostra “the Jaguar heritage project” organizzata in collaborazione con Jaguar Italia. Un progetto attraverso il quale il MAUTO torna a raccontare un tema centrale del suo percorso espositivo ovvero la creatività, le diverse declinazioni dell’ispirazione artistica dei designers e le tante influenze e contaminazioni dalle quali traggono ispirazione.
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La Foto Jaguar Project 7 al suo debutto al Goodwood Festival of speed nel 2013
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loNDoN a cura di Pierluigi Ducci
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egli anni Sessanta Londra diventa protagonista di quella rivoluzione sociale e culturale che presto si diffonderà nel resto del continente europeo. I rapporti tra le razze, generazioni, classi e sessi, si modificano in modo irreversibile, in direzione di una maggiore apertura, tolleranza e democrazia. Le arti, la letteratura e la musica subirono profonde innovazioni, adottando nuovi linguaggi espressivi che, rifacendosi ai miti della società dei consumi, li rielaborano dalle basi. La generazione giovanile, divenne la protagonista del cambiamento sociale, ponendosi come modello di riferimento ideale della cultura del cambiamento. I nuovi valori generazionali fecero rapidamente apparire obsoleta, rigida e iperstatica la tradizionale eleganza di classe dell’alta moda. L’abito, da segno
1966: mary Quant mostra l’onorificenza di cavaliere della corona Britannica. JAG mag www.jagmag.it
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di distinzione sociale delle classi agiate, si trasformò rapidamente in un simbolo di appartenenza e in uno strumento per soddisfare il bisogno di evasione ludica. La Londra degli Anni 60 si affermò come la città di riferimento del cambiamento, il luogo privilegiato della nuova espressività giovanile, in cui si espresse il senso di una nuova energia esplosiva. La vitalità della città divenne leggendaria e segnò un’epoca di grandi cambiamenti, che definirono, in maniera indelebile, la connotazione urbana: qui nacquero tutti i nuovi movimenti giovanili. Carnaby Street diventò la via più alla moda, richiamava da tutta l’Inghilterra gruppi di ragazzi appartenenti ai Mods, la prima band giovanile formatasi a partire dagli Anni 50, che qui erano sicuri di trovare l’abbigliamento adatto a loro e sempre al passo con i tempi. Le boutique a Londra diventarono il luogo privilegiato di incontro ed aggregazione dei giovani.
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Chi riesce ad interpretare al meglio i sogni ed i bisogni della gioventù femminile di quest’epoca è Mary Quant… Linguisticamente, gli anni Sessanta hanno visto l’aggiunta di termini inglesi come “flower child,” “peacenik,” “hippie,” “love beads,” “trippy,” “vibe,” “freak-out,” and “love-in.” Diana Vreeland, capo redattore di Vogue, nel 1965, conia il termine “Youthquake” per indicare quel movimento culturale con cui gli adolescenti dominavano la scena della moda, della musica e della cultura. Ma chi riesce ad interpretare al meglio i sogni ed i bisogni della gioventù femminile di quest’epoca è Mary Quant. Mary Quant, dal 1955 aveva aperto nella capitale anglosassone la boutique Bazaar, fondando uno stile giovane e ribelle che insieme alla Beatlesmania sarebbe stato un elemento chiave della Swinging London. Bazaar era riconoscibile per il marchio, una margherita, e per il suo stile molto semplice e colorato che contrastava nettamente con quello allora in voga. Esso si rivolgeva ad un’ideale femminile esile e molto giovane, ed ebbe tra i giovani ha un successo immediato. Nel 1963 Mary Quant vendette il primo modello di minigonna nella sua boutique Bazaar di Chelsea, a Londra, e nello stesso anno compariva per la prima volta sulle pagine di Vogue in Inghilterra una gonna sopra il ginocchio, il capo d’abbigliamento che cambierà per sempre non solo il look ma anche lo stile di vita delle donne. Dopo il 1964 l’abbigliamento femminile non sarà più lo stesso. Le gonne corte imporranno stivali alti di vernice, nuove calze dette collant e una rivoluzione della biancheria intima.
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BORN TO RUN di Walter marcelli
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egli oltre ottanta anni di storia di Jaguar, molte volte innovativi progetti ed idee rivoluzionarie sono stati portati avanti dalla determinazione e dalla visione di
un uomo. Nel caso della XJ220, l’auto che all’inizio degli anni Novanta stabilì il record di velocità per le vetture di produzione di serie, quell’uomo fu il capo ingegnere Jim Randle.
Partendo dal progetto della XJ13 del 1966, “la Jaguar che non c’è mai stata”, Randle aveva iniziato a pensare alla realizzazione di una supercar sin dal 1985. Le vittorie in pista della XJR9, poi, contribuirono a gettare le basi del progetto con l’intenzione di replicare quelle prestazioni anche su una vettura stradale. Una volta ottenuto il via libera, Randle mise insieme un team “parallelo”, non ufficiale, chiamato il Saturday Club perché dedicava il proprio tempo libero a questo affascinante progetto.
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Nel 1988, intanto, era stata costituita la JaguarSport, una joint-venture con la TWR di Tom Walkinshaw che preparava le auto da corsa del giaguaro, a cui fu demandato l’incarico di sviluppare una versione 6.2 litri del motore Jaguar V12, che avrebbe dovuto erogare oltre 500 Cv, accoppiato a un sistema di trazione integrale della FF Developments, con due differenziali a slittamento limitato. Così come il nome della XK120 suggeriva le potenzialità delle sue prestazioni, il nome con cui venne battezzata la nuova supercar, XJ220, alludeva alla sua velocità. La concept car, così incredibilmente elegante, venne presentata al British Motor Show del 1988. In questa sua prima apparizione pubblica aveva le portiere con aperture a forbice e la carrozzeria
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interamente di alluminio che la rendeva molto più leggera della XJ-S, nonostante le sue dimensioni ed il peso della sua trasmissione. L’auto riscosse immediatamente un grande successo di critica e di pubblico. Ma il progetto rimase ancora in fase di studio sino alla fine del 1989, quando venne finalmente annunciato l’inizio della produzione di uno stock iniziale di 220 unità. Le prenotazioni, in un momento in cui era esploso il fenomeno delle supercar con l’arrivo, tra l’altro, sul mercato della Porsche 919 e della Ferrari F40, esaurirono in pochissimo tempo le disponibilità. Per evitare un escalation del prezzo, Jaguar lo fissò a 220.000 Sterline (circa 360 milioni di lire dell’epoca);
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L’auto riscosse immediatamente un grande successo di critica e di pubblico. Ma il progetto rimase ancora in fase di studio sino alla fine del 1989…
e per tentare di soddisfare tutte le richieste, le vetture vennero assegnate a ciascun mercato secondo le sue percentuali di vendita. Per esempio, all’Italia vennero destinate undici vetture: sette al nord e quattro al centro-sud, esistendo a quel tempo due importatori privati (Koelliker a Milano e Fattori&Montani a Roma). L’acconto per la prenotazione veniva girato direttamente a JaguarSport, ma questo non servì ad evitare un mercato parallelo delle stesse prenotazioni, rivendute a prezzi da capogiro. Lo stesso prezzo d acquisto con il tempo lievitò, fino a raggiungere le 300.000 sterline. Purtroppo, però, la vettura numero 001 non sarebbe stata pronta che per la fine del 1990. Realizzata interamente a mano nello stabilimento JaguarSport di Bloxham, nell’Oxfordshire, aveva le stesse dimensioni della concept car presentata al Salone di Londra: una lunghezza di 485 cm, una larghezza di 201 cm e l’incredibile altezza di 114 cm. La prima vettura cliente fu completata e consegnata nel 1992, quando il fenomeno delle supercar aveva iniziato la sua fase discendente. Nel frattempo, il progetto iniziale era stato sottoposto ad alcune importanti revisioni. Era stato adottato un motore 3.5 litri V6 twin-turbo derivato dalle competizioni che erogava 542 Cv, che portò la XJ220 a superare la velocità di 349 km/h, rendendola di fatto la vettura di serie più veloce del mondo. Inoltre, le portiere adesso si aprivano ora in maniera
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convenzionale e la trazione integrale era stata sostituita da quella posteriore per ridurre ulteriormente il peso e migliorare le prestazioni. La produzione della XJ220 terminò nel 1994. La grande recessione economica mondiale che era esplosa proprio in quel periodo, non impedì a JaguarSport, nonostante anche le sue difficoltà, di produrre e vendere 275 esemplari della XJ220. La XJ220 ebbe anche una breve ma intensa attività sportiva, il cui momento più alto fu la vittoria nella classe gT della 24 Ore di Le Mans. Nel giugno del 1993 si allinearono al via tre XJ220C, forti del successo conquistato il mese prima al BRDC National Sport gT Challenge. Nonostante gli oltre 70 minuti persi ai box per un problema, la XJ220C numero 50 di Nielsen, Brabham e Coulthard riuscì a riprendere e superare le Porsche e passare per prima sotto la bandiera a scacchi. Qualche settimana dopo, però, la vittoria venne annullata perché la XJ220C era priva del convertitore catalitico. Ma, fino ad oggi, né la FIA né le autorità di Le Mans hanno mai richiesto la restituzione del trofeo che è rimasto nella bacheca di Jaguar.
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di Walter marcelli
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isurarsi con i limiti di velocità è sempre stato parte della tradizione Jaguar. A partire dal 1949 quando il record di velocità per una vettura di serie era stato ottenuto dalla leggendaria XK120 sul raccordo autostradale di Jabbeke, in Belgio. Nel 1992 era stata la XJ220 a diventare l’auto di serie più veloce del mondo superando i 349 km/h. Un primato che avrebbe resistito sino al 1994 con l’avvento della McLaren F1. Ovviamente, con il passare del tempo e l’incredibile sviluppo delle tecnologie applicate all’automobilismo, i record hanno vita sempre molto più breve, rendendo improponibile un confronto il passato. Nel 2008, però, una XFR è divenuta la più veloce Jaguar di sempre riuscendo a far registrare la straordinaria velocità massima (per una berlina) di 363,188 km/h sul Lago Salato di Bonneville, nello Utah. Per ottenere il record erano state effettuate soltanto alcune piccole modifiche aerodinamiche ed altre riguardanti la sicurezza per soddisfare i requisiti richiesti per provare a Bonneville. La centralina di gestione motore era stata rimappata, consentendo di utilizzare un maggior numero di Cv del 5.0 litri V8; l’auto inoltre presentava una modifica della presa dell’aria e del sistema di scarico. Nessun componente interno del motore era stato sostituito ed il cambio automatico a sei marce era quello montato di serie, inclusi i rapporti delle marce. Al volante, Paul gentilozzi, proprietario della Rocketsports Racing, già pilota della Jaguar XKR che aveva collezionate molte vittorie tra il 2001 ed il 2007 nelle serie Trans Am negli Stati Uniti.
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a cura di Paolo Ferrini
C’
è un “feeling” speciale tra la Jaguar ed il ponte Dunlop, due icone del motorismo britannico. Per sette volte le vetture inglesi sono passate sotto questo grande mezzo pneumatico da vincitrici di un’edizione della 24 Ore di Le Mans. È accaduto nel 1951. quando Peter Walker e Peter Whitehead portarono alla vittoria assoluta la C-type ed ancora due anni dopo quando,nel 1953, Tony Rolt e Duncan Hamilton bissarono l’affermazione con una vettura analoga. Poi venne l’epopea delle D-type con quei rivoluzionari freni a disco che facevano la differenza. Per tre anni consecutivi, dal 1955 al 1957, Mike Hawthorn, Ivor Bueb, Ron Flockhart e Ninjan Sanderson dominarono la corsa della Sarhe. La storia si è ripetuta trent’anni dopo quando le Jaguar del team TWR si imposero nel 1988 con Jan Lammers, Johnny Dumfries e Andy Wallace sulla XJR-9 e nel 1990 con Price Cobb, Martin Brundle e John Nielsen sulla XJR-12. Altri tempi! Oggi la Jaguar manca da molto tempo alla 24 Ore di Le Mans. Il ponte Dunlop però è ancora là - con le opportune modifiche dettate dal passare tempo e dalle cambiare delle esigenze pubblicitarie - dove la Casa inglese lo aveva posizionato per la prima volta nel 1932. A quell’epoca, per escludere l’attraversamento di una cittadina vicina, gli organizzatori della grande corsa francese avevano acquistato un terreno per realizzarvi un tratto di pista comprendente un’ampia curva a destra in salita, un breve rettilineo in discesa ed una esse veloce. All’uscita della prima curva (che diventava così la prima del nuovo tracciato) fu posto il ponte Dunlop, la cui immagine è ancora oggi fortemente legata a quella della 24 Ore francese. Il successo promozionale fu enorme. In seguito altri “ponti Dunlop” sono stati installati su circuiti come, ad esempio, quelli di Reims, Albi, Oulton Park,
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Montlhèry, Brands Hatch e Donington. Alcuni sono stati rimossi, ma il ponte Dunlop è diventato un “classico” delle grandi competizioni motoristiche internazionali. Il ponte Dunlop non è però l’unica icona dell’industria dei pneumatici. Ancora più famoso è probabilmente bibendum, l’omino Michelin, con il quale da oltre un secolo tutti identificano la Casa francese. Come spesso capita in questi casi, le sue origini non sono frutto di studi particolari, bensì del caso o di una serie di combinazioni. Si racconta infatti che, nel 1894, Edouard Michelin vedendo una pila di pneumatici sovrapposti, posta davanti allo stand dell’azienda francese all’Esposizione Universale e Coloniale di Lione, abbia fatto notare al fratello Andrè che “se avesse braccia e gambe, sembrerebbe un pupazzo di neve!”. Passano tre anni e, quando l’illustratore Marius Rossilon (altrimenti noto con lo pseudonimo di O’galop) mostra ai fratelli Michelin una serie di bozzetti pubblicitari fra i quali quello di una birreria che rappresenta un avventore che solleva il bicchiere, Andrè Michelin associa immediatamente lo slogan del bozzetto (“Nunc est bibendum”, espressione latina del poeta Orazio che significa letteralmente “è il momento di bere!” o più semplicemente “alla salute!”) al concetto a lui caro del pneumatico che si beve l’ostacolo e completa il messaggio pubblicitario con la scritta “Le pneu Michelin boit l’obstacle” (Il pneumatico Michelin si beve l’ostacolo). Il ricordo della pila di pneumatici fa il resto ed un pupazzo fatto di gomme sovrapposte che solleva un calice “A votre santè!” completa l’annuncio pubblicitario. Nasceva così l’omino Michelin. Nel cielo sopra a molti autodromi – e non solo ovviamente – qualcuno ha sicuramente visto almeno una volta un’altra icona dell’industria della gomma: il dirigibile Goodyear, le cui origini risalgono ad oltre un secolo fa. Dopo aver iniziato, nel 1911, a produrre
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coperture per aeronavi, nel 1917, la Casa di Akron costruì il suo primo dirigibile. È però nel 1925 che, per promuovere la sua attività in un momento di crisi, costruì e fece volare “The Pilgrim” (“il pellegrino”). In un’epoca in cui l’Uomo era ancora saldamente legato alla terra quel dirigibile che solcava silenzioso i cieli con la grande scritta “goodyear” faceva volare la fantasia della gente. Iniziò così la leggenda di questi autentici ambasciatori volanti del marchio del maggior produttore americano di pneumatici, una serie di oltre 300 dirigibili goodyear. Nel Secondo Dopoguerra i dirigibili goodyear sono stati protagonisti di molti eventi speciali. Nel 1955 in occasione della prima trasmissione televisiva transcontinentale da un dirigibile goodyear fu utilizzato dalla rete americana NBC per trasmettere il torneo Roses Parade, in California. Da allora i velivoli
goodyear hanno fornito spesso un eccellente supporto tecnico agli operatori delle emittenti televisive grazie alla loro specialissima telecamera gyrocam 360 di cui sono stati dotati alla fine del XX Secolo per trasmettere grandi avvenimenti sportivi e manifestazioni culturali dalla loro postazione privilegiata nel cielo. Alla fine del XX Secolo era frequente vedere in occasione di grandi eventi uno dei sei dirigibili goodyear galleggiare nel cielo degli Stati Uniti, dell’Europea o del Sud America per svolgere servizi per la comunità come la sorveglianza del traffico, l’analisi dell’inquinamento atmosferico, la sicurezza di importanti manifestazioni ed altri ancora nei quali sia richiesta una piattaforma volante fissa, silenziosa e priva di vibrazioni. Di tutt’altro genere è il calendario pirelli. Prodotto senza fini di lucro in tiratura limitata, “The Cal” non è venduto, bensì regalato ad un numero ristretto numero di importanti clienti e VIP. E quindi ancora più ambito come status symbol. Si tratta infatti di
un prodotto particolare, caratterizzato peraltro da immagini di fascino, compresi i nudi artistici. Nato nel 1964 sul Tamigi all’epoca della Swinging London, ma fortemente voluto dalla filiale italiana di Pirelli, “The Cal” assorbì all’epoca lo spirito di un tempo scandito da successi musicali planetari e da grandi mobilitazioni politico-sociali. Dismesse rapidamente le vesti dell’oggetto promozionale. diventò rapidamente un oggetto esclusivo e di culto con una forte vocazione estetica e culturale. Oggi a mezzo secolo dalla prima edizione “The Cal” torna ad essere pura espressione artistica senza vincoli né condizionamenti tranne quelli dello stile e del buon gusto. Quando la direzione artistica si trasferì nel quartier generale della Pirelli a Milano, fu abbandonato ogni riferimento o citazione ai pneumatici. La “P lunga” divenne a tutti gli effetti un brand internazionale che non s’identificava con una sola famiglia di prodotti, ma evocava un ampio spettro di valori e di significati, primi fra tutti l’innovazione continua e la ricerca dell’eccellenza.
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DIAbolIK
e la sua JaGUar testo di mario Gomboli, direttore della casa editrice astorina per le immagini di questo articolo DiabolikŠastorina srl
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a più celebre delle serie italiane a fumetti ha cinque interpreti fissi: Diabolik (titolare di testata), Eva Kant (la sua inseparabile compagna), l’ispettore ginko (suo irriducibile avversario), Altea duchessa di Vallenberg (eterna fidanzata dell’ispettore) e… la Jaguar E-type coupé (rigorosamente nera). Mentre ginko abbandonava la sua storica Citroën DS e i suoi poliziotti cambiavano modello di autopattuglie seguendo anno dopo anno l’evolversi delle tecnologie
Da “L’inafferrabile criminale”, n. 2 del 1963. Disegni di calissa Giacobini.
automobilistiche, mentre Eva abbandonava, con qualche rimpianto, la sua prima Mini Cooper per passare a altre utilitarie come la Lancia Y o la Twingo e approdare infine alla Range Rover Evoque, Diabolik non ha mai tradito la sua passione per la E-type, sostituendola con lo stesso modello ogni volta che – cosa tutt’altro che rara – ne distruggeva una durante i suoi rocamboleschi colpi. Così la nera coupé è diventata, continua e continuerà a essere, un’interprete delle storie tanto quanto i suoi “colleghi umani”: sfugge agli inseguimenti della
Da “Gli anni perduti nel sangue”, il Grande Diabolik 1/2008. Disegni di Giuseppe Palumbo.
Pag. 84: illustrazione di matteo Buffagni. JAG mag www.jagmag.it
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Da “il morto che ritorna”, n. 13 del 1964. Disegni di enzo Facciolo.
polizia, salva gli eroi da situazioni pericolosissime, si inventa i trucchi più improbabili per rubare la scena a quelli che, ovviamente, considera semplici comprimari delle “sue” rocambolesche avventure. Ricordiamo però che nei primi episodi del Re del Terrore la Jaguar (appare, sia pure bianca, già nel secondo albo della saga, “L’inafferrabile criminale”) era solo una “comparsa”: semplicemente la bella macchina del titolare di testata. Sia detto per inciso, soltanto nel 2008, leggendo l’episodio “gli anni perduti nel sangue”, i lettori seppero che Diabolik non aveva scelto quell’auto, ma l’aveva rubata a certo Walter Dorian, un suo sosia della cui identità si era appropriato. A sceglierla era stata in realtà Angela
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giussani, la creatrice, con la sorella Luciana, del personaggio. Una delle tante leggende che circondano le origini di Diabolik, narra che Angela fu influenzata dal marchio Jaguar, che in qualche modo sembra riferirsi, anche esteticamente, alla pantera nera cui il suo personaggio deve il suo nome. Ma almeno questa leggenda è indubbiamente falsa: Diabolik guidava la sua E-type da ben sei anni quando nel ’69 fu pubblicato l’episodio “Diabolik, chi sei?” in cui si svelava il rapporto tra il suo nome e quello della belva. È invece vero, e testimoniato da amici e collaboratori dell’epoca, che Angela si fece guidare solo dal suo – raffinato – gusto: quella macchina elegante, aggressiva, potente oltre ogni dubbio le era sembrata perfetta per la sua creatura.
Ma le Autrici si resero presto conto che in quel ruolo di comparsa una “primadonna” come la Jaguar E-type coupè era sprecata. Così già nel 13° episodio del 1964, dal titolo “Il morto che ritorna”, vediamo Diabolik sfuggire all’inseguimento delle volanti della polizia trasformando la sua auto in un mezzo anfibio. E non è che l’inizio. Dopo di allora la sua Jaguar ha subito mille trasformazioni incredibili… e talvolta improbabili: in “Sempre vincente”, del 1982, dal tettuccio fa sbucare un’elica e vola via come un elicottero! Ancora oggi, in quasi tutti gli episodi inediti che mensilmente appaiono in edicola, si esibisce in performances degne di auto ben più “giovani”. Capita che qualche lettore scriva alla diabolika redazione chiedendo – e chiedendosi – come sia possibile che un’auto datata 1961 possa competere e vincere contro modelli più recenti. La risposta è rituale: è ovvio che un genio della meccanica come Diabolik, capace di istallare sulla sua macchina ogni sorta di marchingegno, ha modificato motore, sospensioni e quant’altro così da poter battere anche le vetture più moderne. Come poi abbia potuto inserire le sua elaborazioni in una carrozzeria sempre uguale a se stessa è un altro discorso.
Luciana Giussani alla guida di una Jaguar e-type spider.
Da “sempre vincente”, n.11 del 1982. Disegni di sergio Zaniboni.
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SwAllow all’inizio erano solo dei sidecar
testo: stefano Bendandi
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l’unione di due william, assieme alla loro reciproca passione per le motociclette, fu lo spunto che diede origine a uno dei simboli dell’automobilismo britannico.
La austin 7 saloon, base poi ricarrozzata da Lyons.
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utto partì da William Walmesley, un ragazzo di grandi capacità manuali, vicino di casa dell’altro William, il Lyons, già grande appassionato di motociclette. Si deve a Walmesley la realizzazione del primo sidecar con l’inconfondibile forma a ogiva ed ottagonale, autocostruito nel giardino di casa, fissato ad un telaio Watsonian per poi essere abbinato ad una Triumph residuato bellico. L’abilità di Walmesley ed il grande senso degli affari del giovane Lyons messi insieme crearono, da lì a poco, la prima Società la Swallow Sidecar Company: era il 1922. In un periodo in cui l’automobile non era ancora un oggetto alla portata di tutte le tasche, la motocicletta rappresentava ancora l’unica vera alternativa per spostarsi più o meno comodamente e con essa la necessità di potervi abbinare o un cassone per il trasporto del materiale o un sidecar per un ulteriore passeggero. Le capacità manageriali di Lyons si fecero subito notare, tant’è che al Motorcyle Show in London, applicò un’innovativa strategia commerciale: al posto
il sidecar ottagonale.
il sidecar in versione penta.
Foto pag. 84. Una pagina della brochure con l’elegante versione del sidecar saloon. Da questa immagine si può già intravvedere le linee delle future carrozzerie austin.
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di reclamizzare attraverso un apposito stand i propri prodotti, decise di fornire una serie di sidecar ai più grossi produttori di motociclette e farli esporre già abbinati alle loro moto. La piacevolezza estetica unita alla tecnica costruttiva che, anche se abbastanza tradizionale, abbinava ad una struttura lignea pannellature di alluminio ed un rivestimento elegante. Alcune navette erano anche dotate di copertura, in tela nei primi modelli fino ad una rigida negli anni successivi. Benché la produzione fosse ben avviata e gli ordinativi non mancassero, il passaggio dalle piccole strutture per motociclette alle auto fu del tutto casuale, ma fece accendere la scintilla nel cuore e nella mente dei due William, che da lì a poco tempo gli fece fare il passo definitivo. Fu la ricostruzione della carrozzeria di una Austro Daimler andata a fuoco la famosa miccia innescatrice; di fatto quasi tutte le vetture del periodo avevano una struttura simile ai sidecar, con intelaiatura di legno e pannellature metalliche. Nel vedere il risultato finale Lyons capì che l’evoluzione della loro azienda si sarebbe dovuta orientare proprio nella realizzazione di carrozzerie e per fare ciò l’unica sicura possibilità era
Lo stabilimento di cocker street a Blackpool.
Una pagina della brochure con l’elegante versione saloon: si può già intravvedere le linee delle future carrozzerie austin.
Linea assemblaggio sidecar.
reparto montaggio.
reparto pannellatura.
reparto saldatura.
montaggio.
reparto verniciatura.
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Nelle due immagini la versione spider.
quella di basarsi su una struttura meccanica affidabile, abbastanza economica e di prezzo contenuto. La scelta ricadde sulle piccole Austin Seven. Acquistata usata, Lyons ne capì subito le migliorie estetiche da apportare per renderla più gradevole alla vista e confortevole al suo interno. Nacque così la prima Austin Swallow. Piacque subito la piccola Austin, che con quella carrozzeria dalle forme arrotondate con spiccata personalità, al contrario di quelle squadrate di serie,
impressionò positivamente un grosso commerciante londinese, Bertie Henly, che subito ne commissionò 500 esemplari alla Swallow, la metà con carrozzeria berlina e l’altra spider. Da questo episodio nacque uno degli aneddoti famosi legati al marchio SS Jaguar. La produttrice dei telai Austin, ricevuto l’ordinativo da parte di Lyons, decise di inviare tutti i 500 telai (rolling chassis completi) con un treno diretto alla piccola stazione di Blackpool, poco lontano dalla sede della Swallow.
reparto finitura.
magazzino parti assemblaggio.
Pannellatura body.
segheria.
reparto lavorazione interni.
reparto spedizioni.
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Oggi la Austin Swallow, è fortemente ricercata in entrambe le versioni essendo riconosciuta dagli appassionati come la capostipite di tutte le Jaguar… I telai furono scaricati dal treno, ma per le ridotte dimensioni dei capannoni della Swallow rimasero parcheggiati nel cortile della stazione e ritirati contestualmente alla produzione, che al massimo poteva gestire non più di 14 carrozzerie alla settimana. Nel novembre del 1928 si rese necessario trasferire la produzione dal piccolo centro di Blackpool alla più strutturata cittadina di Coventry; ora la piccola carrozzeria artigiana assume dimensioni più rilevanti capace di ospitare circa mille operai. Oggi la Austin Swallow, prodotta in un numero di esemplari sconosciuto, è fortemente ricercata in entrambe le versioni essendo riconosciuta dagli appassionati come la capostipite di tutte le Jaguar e di cui ne sono sopravvissute solo una cinquantina di esemplari per tipo. Nelle immagini a corredo dell’articolo alcune fotografie tratte da un album che pubblicizzava le vetture durante la loro linea di produzione ancora nello stabilimento di Blackpool, chiamato ‘Swallow, Coachwork for the Connoisseur’ Views of Works 1929; interessante vedere che nell’album viene ancora pubblicizzata la produzione di Sidecar. Dopo questo primo grande successo ogni vettura uscita dalle officine Swallow attirò un discreto numero di acquirenti e di curiosità; negli anni di passaggio dalla semplice Swallow car company alla sua evoluzione in SS, ogni modello si impose per le particolarità della linea o della meccanica, andando a coinvolgere anche altri produttori che si videro ricarrozzati i loro modelli, come fu per Fiat e Wolseley.
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La piccola austin versione saloon.
La austin 7 in versione tourer
La scritta austin swallow, applicata sul parafango posteriore delle vetture.
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invito a gareggiare nella storia
l Club dei Venti all’Ora di Trieste volge l’invito a tutti gli amanti delle “meccaniche veterane” all’edizione 2016 della trieste opicina historic che si terrà nelle giornate del 1, 2 e 3 aprile 2016, edizione che verrà accompagnata dall’esibizione della pattuglia acrobatica delle Frecce Tricolori. Con questa presentazione il Club triestino, che quest’anno festeggia il suo cinquantacinquesimo compleanno nonché i 105 anni di questa competizione automobilistica, porge l’invito ai Club Jaguar alla luce dell’importanza che questo Marchio ha avuto nelle mitiche edizione della Trieste Opicina degli Anni 60. Il Club giuliano sarà felice di praticare agli “Jag enthusiast Club” condizioni veramente speciali per quanto riguarda le iscrizioni ed il soggiorno. È da sottolineare che la giornata del primo di aprile darà il via simbolico a questa storica gara coinvolgendo diverse località regionali: Rivolto, “campo” base delle Frecce Tricolori, le località montane della Carnia e collinari del Sandanielese, dalla città stellata di Palmanova e da Cividale del Friuli, gorizia e Aquileia. Si vuol spiegare che la gara di Regolarità Classica, secondo la formula ASI a strumentazione libera, si svolgerà il pomeriggio del 2 e la mattina del 3 di aprile, con premiazione finale nel pomeriggio di domenica 3. La mattina del 2 prenderà invece il via una manifestazione con escursione turistica abbinata alla gara, che attraverserà la Regione Friuli Venezia giulia, soffermandosi dinnanzi a bellezze paesaggistiche con visite a musei e all’archeologia industriale della città e del porto della città di Trieste,
nonché il poter godere delle eccellenze agroalimentari che questa Regione propone. Le due manifestazioni si riuniranno in vari momenti, in particolare la sera di sabato nella cittadina carsica di Villa Opicina e la mattina di domenica in Piazza Verdi a Trieste, tra la Piazza dell’Unità, il Teatro Verdi e la galleria del Tergesteo; c’è una gran voglia da parte del Club Venti all’Ora di battere il record di partecipanti e di pubblico dell’edizione 2015. La novità per il 2016 è l’istituzione di una speciale classifica a squadre, oltre a quella individuale: sulla scuola del positivo esperimento 2015, con la squadra del Club Mg Italia, la quale si è conquistata il premio per la partecipazione più numerosa, nel 2016 conteranno sia i risultati degli equipaggi sportivi sia la il numero di partecipanti alla manifestazione turistica. La proposta sta riscuotendo successo e già varie squadre sono confermate. Il Club Venti all’Ora è a vostra disposizione per organizzare la vostra eventuale trasferta ad hoc, grazie all’appoggio ricevuto dal Ente Turismo FVg, braccio operativo dell’Assessorato al Turismo regionale, nonché sempre ligi a fornire ogni altra informazione richiesta.
Per ulteriori info: www.clubdeiventiallora.it Facebook alle pagine Club dei venti all’ora (organizzazione no profit) e trieste opicina historic (organizzazione)
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JAGloverS ITALIA
In occasione del 40° anniversario della presentazione della Jaguar xJ-S nasce un nuovo club di appassionati del marchio della casa di Coventry.
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rovare una sostituta a quella che è stata definita dal Drake in persona “L’auto più bella mai costruita” deve essere apparso come un rompicapo impossibile agli ingegneri della Jaguar. I lavori per dare un’erede all’E-Type iniziarono verso la fine degli anni 60. In quel momento i saloni dei concessionari di mezzo mondo mostravano la seconda serie della XK-E che faceva ancora sognare e, soprattutto, registrare vendite significative. A capo del team che doveva trovare una degna sostituta ad una delle auto più iconiche della storia fu nominato Malcolm Sayer. Sayer, per intenderci, non era uno sprovveduto; era stato uno dei primi ingegneri
di alessandro D’ottavi
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al mondo ad applicare i principi dell’aereonautica alla costruzione di autoveicoli e proprio alla sua matita dobbiamo una serie incredibile di capolavori della casa di Coventry: la C-Type, la D-Type e, appunto, l’E-Type. Non è dato sapere quanti e quali giramenti di capo Sayer e soci abbiano avuto, certamente non deve essere stato un lavoro facile e in quest’ottica, probabilmente, va interpretata la lunga gestazione affrontata da quest’auto prima che venisse presentata al mercato con tre anni di ritardo rispetto a quanto programmato. La fatidica data arrivò nell’autunno del 1975, il 10 settembre fu presentata ufficialmente al Frankfurt Motor Show la nuova XJ-S e la sorpresa fu assoluta. Nonostante condividesse numerose
soluzioni meccaniche con la terza serie dell’E-Type (entrata nel frattempo in commercio nel 1971), tutto il resto fu, letteralmente, stravolto. I fari anteriori dalla forma quasi esagonale, la parte posteriore con il suo particolarissimo lunotto incastonato tra due contrafforti che sembravano presi da un quaderno di architettura più che dal tavolo di un ingegnere aereonautico, i due grandi fanali posteriori che cadevano sui paraurti neri, massicci e in plastica era qualcosa che non si era mai visto. La stampa dell’epoca non capì la portata visionaria del progetto di Sayer e non riservò alla nuova nata un’accoglienza particolarmente calorosa. Non venne capita subito la rivoluzionaria filosofia estetica che si manifestava nella cintura alta, in una ridotta superfice vetrata e in tutte quelle forme che sembravano uscite da un B-movie fantascientifico – a dare questo sapore contribuì moltissimo la strumentazione a tamburo che rappresentò un ulteriore elemento di discontinuità assoluta con quanto mai uscito dagli stabilimenti di Browns Lane. Da un certo punto di vista la XJ-S può essere definita la vera ultima Jaguar. Questo fu, infatti, l’ultimo progetto a cui lavorarono a stretto contatto le due menti che fecero grande la casa di Coventry: Sir William Lyons e, appunto, Malcolm Sayer. Il fondatore della Jaguar di lì a poco si ritirò per curare i suoi giardini nella fattoria di Wappenbury; Sayer, purtroppo, scomparì prematuramente nel 1970 e non riuscì a vedere la sua nuova creatura completata. Fu la fusione di queste due menti che rese possibile la nascita di una macchina che avrebbe rotto tutti gli schemi, gli stilemi, le consuetudini di un marchio blasonato come Jaguar. Solo Sir William Lyons e Malcolm Sayer sarebbero potuti arrivare a tanto. La lungimiranza del progetto della XJ-S, la sua capacità di colpire nel segno, fu suggellata dai dati di vendita e dalla longevità che questo modello riuscì ad avere. In un mercato automobilistico che rapidamente si stava muovendo verso il restyling perpetuo, alla Jaguar riuscirono a creare una macchina che rimase
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sostanzialmente uguale a se stessa dal 1975 al 1996 (passando per un unico facelift significativo nel 1991). Ventuno anni che rappresentano un record assoluto e che superano di gran lunga i tredici anni della XK e i quattordici della sua diretta antenata, la E-Type. In occasione del 40° anniversario dalla nascita di una macchina tanto importante, un gruppo di amici, di appassionati, ha organizzato un raduno per celebrare la XJ-S. In quella situazione, complice la meraviglia dei paesaggi toscani, la giornata bellissima e, senza dubbio, i vini del gallo nero, è stata presa una decisione importante con la leggerezza e l’incoscienza che solo le passioni possono muovere: fondare un nuovo club di Jaguar. È nato così JAG-loverS ItAlIA. Il club si articola attorno ad una pagina Facebook ( Jag-lovers Italia) e ad un forum (http://jag-loversitalia.forumattivo.it) che ha l’ambizione di diventare un luogo di confronto e scambio su tutti gli aspetti che riguardano le auto della Casa di Coventry.
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Il Club ha l’obiettivo di organizzare eventi, raduni, consigliare, proporre, aiutare chi si affaccia al mondo Jaguar o chi da tempo persegue la propria appassionata ricerca della bellezza automobilistica, in modo elastico, veloce, semplice, ed anche sufficientemente economico, pur mantenendo altissimi standard di professionalità.
Chi fa già parte, o chi si avvicina, al mondo di JagLovers Italia vuole condividere una visione alta, nobile, non scontata, del mondo dei motori. Le automobili non sono dei semplici vettori che ci permettono di spostarci dal punto A al punto B. L’auto che scegliamo, o semplicemente l’auto che ci appassiona, racconta qualcosa di noi, è una nostra estensione, è un messaggio che lanciamo al mondo esterno. Le auto hanno cambiato e continuano a cambiare il mondo in cui viviamo. Senza assolutamente avere l’intenzione di esprimere giudizi di valore o moralismi di vario genere, il nostro interesse, al di là degli aspetti più pratici (il supporto agli iscritti e l’organizzazione di eventi e raduni), si concentra sulla portata culturale, sociale e storica delle automobili. Le auto hanno cambiato le nostre città, il nostro modo di vivere e di pensare e per questo meritano di essere studiate, apprezzate e valorizzate. In maniera particolare se sono inglesi e se hanno un giaguaro sul cofano.
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AMArellI una storia di innovazioni dalle nobili radici secolari
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foto: amarelli Fabbrica di Liquirizia
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a pianta della liquirizia, il cui nome scientifico è “glycyrrhiza glabra”, è conosciuta ed impiegata da circa 35 secoli ed è citata da antichi testi cinesi e dalla tradizione ippocratea. È presente in molti paesi, come l’Italia, la grecia, la Turchia, l’Afghanistan, l’Iran e la Mongolia, ma – secondo quanto autorevolmente afferma l’Enciclopedia Britannica – la migliore qualità di liquirizia “is made in Calabria”. Le piante nascono spontanee lungo il litorale, dove le caratteristiche naturali del suolo e del clima contribuiscono un equilibrato contenuto di glycyrrhizina, il glicoside dalla cui presenza deriva la peculiarità del succo di liquirizia. La storia della sua trasformazione è molto antica ed è legata alle vicende del latifondo e delle famiglie feudatarie calabresi. già nel 1500 si inizia a estrarre il succo di liquirizia e a questa attività si dedica anche la famiglia dei Baroni Amarelli, che alternava alla cura del proprio patrimonio agricolo anche un forte impegno militare e culturale. Nel 1731, secondo la tradizione, viene fondato l’attuale “concio”, manifattura di esclusiva proprietà familiare, alla cui attività fu dato particolare impulso nel 1800 con il miglioramento dei trasporti marittimi e con i privilegi e le agevolazioni fiscali concesse dai Borbone a queste industrie tipiche. Intorno al 1840 abbiamo testimonianza della vasta attività di Domenico - allargata fino alla capitale, Napoli - e di quella dei suoi discendenti, per giungere
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a Nicola che nel 1907 ammodernò la lavorazione con due caldaie a vapore destinate, rispettivamente, a preparare la pasta di radice e ad estrarne il succo, mentre una pompa a motore da 200 atmosfere metteva in azione i torchi idraulici per comprimere di nuovo la pasta e ricavarne altro liquido. Si giunge poi alla grande crisi del 1929 e all’arrivo degli Americani che, con una massiccia sottrazione di materia prima, fecero sì che chiudessero quasi tutti i caratteristici “conci”, ubicati prevalentemente nel territorio tra Rossano e Corigliano, mentre l’Amarelli, introducendo una serie di innovazioni tecnologiche che non hanno alterato le note artigianali del prodotto, incrementava sempre più la sua attività, rimanendo erede pressoché unica di una tradizione tipica della Regione Calabria. gli uffici dell’Amarelli hanno ancor oggi la propria sede in un’antichissima dimora di famiglia, edificio risalente al 1400 almeno per quanto riguarda l’impianto basilare, mentre l’attuale facciata è del 1600. La costruzione, che fa parte dell’Associazione delle Dimore Storiche Italiane, presenta l’aspetto di una struttura di difesa di impronta feudale, con un’imponente corpo di fabbrica al centro di un agglomerato abitativo, costituito dalle case di coloro che operavano nell’azienda.
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In questo edificio, sono alloggiati la Direzione, gli uffici Amministrativi ed un punto vendita, mentre in un’altra ala della stessa struttura è ospitato il Museo della liquirizia “giorgio Amarelli”. Accanto ai capannoni del reparto produzione svetta la ciminiera della caldaia che porta la data del 1907 e che fu considerata, all’epoca, un impianto modernissimo. Ancora funzionante, anche se non più attiva, veniva alimentata con la sansa, residuo della lavorazione delle olive dopo averne estratto l’olio. Nei capannoni dove si lavora la liquirizia troviamo ancora una grande macina di pietra del 1700, non più utilizzata, che serviva per schiacciare i rami di liquirizia. Oggi le radici, sminuzzate da un apposito macchinario, passano attraverso una serie di fasi modernissime e computerizzate, mentre nei cuocitori finali si ritorna allo stadio artigianale. Qui la lavorazione non è dissimile da quella mirabilmente descritta e illustrata dai grandi viaggiatori del diciottesimo secolo, ma ogni processo è adeguato in base alle più esigenti prescrizioni in tema di igiene e sicurezza sul lavoro. Certo non c’è più il fuoco diretto sotto la grande “conca” in cui bolle la nera pasta, né ci sono più uomini che girano faticosamente la liquirizia che si fa sempre meno fluida, ma c’è ancora un “mastro liquiriziaio” che controlla l’esatto punto di solidificazione del prodotto. Solo una grandissima esperienza, che si
tramanda da secoli di padre in figlio, può riuscire a far comprendere, senza errore malgrado le quotidiane variazioni atmosferiche, il momento in cui la pasta ha raggiunto la consistenza ottimale. La pasta densa, scura, lucida e profumata viene portata alle forme desiderate attraverso una serie di macchinari prototipo, frutto della centenaria esperienza aziendale. A questo punto c’è da eseguire la lucidatura, che avviene ancora esclusivamente con l’impiego di forti getti di vapore acqueo, senza aggiunta di alcuna sostanza chimica. Ora le liquirizie, nere, brillanti e seducenti, sono pronte per essere confezionate in eleganti scatolette metalliche che riproducono antiche immagini tratte dagli archivi della Casa. La gamma dei prodotti “Amarelli” comprende tutto quanto si può ricavare dalle radici di liquirizia: il semplice bastoncino di legno grezzo, le liquirizie pure dal profumo naturale o con aggiunta di aroma di anice o di menta, le liquirizie gommose profumate all’arancia e alla viola ed infine la serie dei prodotti
di liquirizia confettata, dal classico “bianconero” al ricercatissimo “sassolino dello Jonio”. Esistono, poi, prodotti più fantasiosi come il liquore, la birra, la grappa, il cioccolato, i biscotti, i torroncini, i tagliolini, il sale, sempre alla liquirizia e, infine, l’acqua di colonia e lo shampoo-doccia alla liquirizia. Con la sua produzione la Amarelli è presente in tutti i mercati nazionali, in Europa, nell’America del Nord ed in quella meridionale ed in Australia, con particolare attenzione, ovunque, sia al settore dolciario che ai circuiti farmaceutico ed erboristico. La Amarelli ha la certificazione di qualità UNI EN ISO 9001/2000, RINA ambiente nonché la dichiarazione HACCP e, in linea con la più recente normativa, ha adottato un Codice Etico, molto attento ai valori essenziali e alla responsabilità sociale. Amarelli Fabbrica di liquirizia S.S. 106 Contrada Amarelli - Rossano Calabro (CS) www.amarelli.it - www.museodellaliquirizia.it
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