1 minute read

Contrattazione e legge sulla rappresentanza. Due obiettivi per ripartire

Da anni occupano il dibattito intorno al mondo del lavoro. Ora è il momento di agire

Tra le conseguenze dell’emergenza segnalate in questi giorni da opinionisti e associazioni datoriali, sta avendo un’accelerazione il confronto sul tema della contrattazione. L’obsolescenza, il numero delle tipologie contrattuali e degli strumenti ad essi collegati, hanno reso evidente alcuni limiti. La direzione da percorrere per superarli è però irta di ostacoli. In un recente articolo pubblicato sul bollettino Adapt, il centro studi fondato da Marco Biagi, l’ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi ha sostenuto che: “Possono rivelarsi utili accordi territoriali per definire aumenti retributivi in piccoli cluster omogenei, scambiandoli con flessibilità organizzativa”. Una soluzione già attuata da imprese fino a 49 dipendenti che applicano contratti frutto di intese territoriali raggiunte dalle associazioni di imprese e lavoratori maggiormente rappresentative. Il tema su cui, a nostro avviso, vale invece la pena insistere è quello della defiscalizzazione della produttività. Una misura che consenta dunque un immediato aumento retributivo per il lavoratore e uno sgravio di oneri per l'impresa. In questo senso è prioritario superare i limiti dell’accordo interconfederale sull’artigianato siglato nel 1992. Quell’accordo stabilisce infatti che la contrattazione decentrata può essere ritoccata soltanto “in meglio” rispetto ai minimi fissati dalla contrattazione nazionale. Un datore di lavoro non ha nessun incentivo a sedersi al tavolo della contrattazione, sapendo che questo può portare unicamente ad un aumento dei salari dei lavoratori. È poi urgente misurarsi con un altro nodo su cui, nel settembre scorso, c’è stato un ulteriore passo in avanti. Il riferimento è all’accordo siglato da Confindustria, sindacati e INPS che punta ad una maggiore trasparenza dei sistemi di rappresentanza. Un presupposto oggi inderogabile. In questo senso capire quali contratti collettivi fanno da riferimento è compito delle associazioni datoriali più rappresentative, tra cui Confartigianato. Nel novembre del 2016 - quattro anni fa - le confederazioni artigiane hanno sottoscritto un accordo con i sindacati per ridurre il numero dei contratti nazionali e per contrastare il fenomeno dei cosiddetti “contratti pirata” sottoscritti da organizzazioni prive di reale rappresentanza. È dunque questa la strada da perseguire con una legge nazionale che trovi piena applicazione, superando la discussione del salario minimo e trovando invece in un intervento di riduzione del cuneo fiscale, un pilastro della ripartenza.

This article is from: