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Ischia – Personaggi

Agostino D’Arco Vescovo di Castellammare di Stabia e Sorrento nel cinquantenario della morte Nel 50° anniversario della morte dell’ultimo vescovo ischitano, S. E. Agostino D’Arco, Mons. Camillo d’Ambra consegna alla storia locale uno straordinario profilo di una personalità che ha dato lustro alla nostra isola A cinquant’anni dalla inattesa scomparsa di S. E. Mons. Agostino D’Arco si risveglia nella mente l’ammirazione di chi lo conobbe e l’apprezzò e nel cuore il rimpianto per la immatura scomparsa. Attingendo dalle memorie di un tempo ormai lontano nasce spontanea e incontenibile la volontà di rinverdire il ricordo di quella stima ch’Egli s’era meritata e di quella fama di cui era circondato. Si attagliano a Lui esattamente e senza esagerazione questi versi di Giuseppe Parini (Odi: La vita rustica): Ah! Quella è vera fama D’uom che lasciar può qui Lunga ancor di sé brama Dopo l’ultimo dì. È giusto che anche le nuove generazioni, che vivono un contesto storico tanto diverso da quello in cui visse ed operò Mons. D’Arco, possano giovarsi della conoscenza ed ammirare le gesta di un uomo che ha dato tanto decoro all’isola d’Ischia che giustamente ne va fiera. Già il giorno di segnalata letizia nel quale nacque da Michelangelo D‘Arco e Maria Francesca Trani nell’aprica frazione di Campagnano nel Comune d’Ischia e fu battezzato dal parroco di S. Domenico, D. Antonio Conte, può considerarsi un giorno che gli antichi romani reputavano meritevole d’essere segnato da una pietruzza bianca, cioè fortunato. Era il 5 marzo 1899, giorno nel quale Ischia festeggia, con materna fierezza, il più santo dei suoi figli, Giovan Giuseppe della Croce.

I nomi che al neonato vennero imposti furono Agostino e Giovan Giuseppe e, se bisogna credere all’antico aforisma “nomen est omen”, bisogna anche rallegrarsi che l’augurio si sia concretizzato perché di Sant’Agostino ereditò il perspicace intelletto e di San Giovan Giuseppe la pietà e la sollecitudine apostolica. Cresciuto in seno ad una famiglia moralmente sana e cristianamente esemplare, Agostino cominciò a percepire, anche se inizialmente in confuso, la voce di Dio che lo sceglieva per Sé, voce che di giorno in giorno divenne sempre più chiara ed allettante. Quando scattò in lui l’assenso della volontà, comunicò ai genitori quel suo desiderio temendo una loro ragionevole opposizione, invece li trovò contenti e grati a Dio

per aver volto lo sguardo sulla loro famiglia. Dio, gradendo quella generosità, darà a quei genitori la gioia di donargli non solo uno, ma due dei loro figli: Agostino e Salvatore. Il Seminario d’Ischia nel primo decennio del ‘900, quando vi entrò Agostino D’Arco, stava attraversando la fase più splendida della sua storia e godeva dei frutti di quell’impronta seria e serena che gli aveva dato Mons. Giuseppe Candido e che era stata recepita e migliorata dal suo successore Mons. Mario Palladino, due vescovi illuminati e saggi che trasformarono quell’antico istituto in una palestra di virtù e un faro di luce. La loro lungimiranza aveva dotato il Seminario di docenti di valore, scelti fra i migliori sacerdoti isolani o forestieri, che vivevano insieme con gli alunni, come in famiglia, sotto la sapiente guida di due impareggiabili rettori che si susseguirono: D. Giovanni Regine di Forio e D. Giovanni Scotti di Barano, ambedue canonici della Cattedrale, insigniti poi della dignità vescovile. Non fa meraviglia se, in un simile contesto, il seme della vocazione di Agostino, nascosto in un terreno così fertile, sarebbe spuntato, si sarebbe sviluppato e avrebbe prodotto fiori e frutti in abbondanza. L’impegno nella formazione e la diligenza nello studio si evidenziarono ancora di più negli anni del liceo e della teologia trascorsi nel Seminario Regionale Campano di Posillipo retto dai Padri della Compagnia di Gesù, istituto prestigioso che ha dato alla Chiesa tanti sacerdoti e La Rassegna d’Ischia n. 5/2016

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