Eracle - Era

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Il culto di Heracle e di Hera a Pithekoussai di Gianni Matarese Nel 17001, nel territorio dell’odierno Comune di Lacco Ameno, venne ritrovata una statua di Ercole. Secondo il sacerdote, dottore e fisico Francesco De Siano, il simulacro, insieme ad altri reperti2, dimostrerebbe che i coloni Eubei eressero in quel luogo “tempio e altare” in onore di Ercole. Egli scrisse3:” Esiste ancora un monumento delle colonie greche, ed è forse il loro Nume, che gli Eretriesi (o Eolici), fuggiti forse in fretta quando abbandonarono l’isola spaventati dai continui terremoti, non ebbero tempo d’imbarcare. Questo è un simulacro bipalmare di marmo bianco, fra tanti che dovevano rappresentare Ercole: da qualche tempo è stato scavato nella terra di Lacco, alle adiacenze della marina, trasportato quindi nella vicina chiesa, e situato ivi in un cantone accosto alla porta a sostenere col capo il vaso dell’acqua benedetta; è tutto roso e malconcio , e dalla inelegante figura conoscesi la sua antichità, essendo la parte inferiore del suo busto nello stile egizio tutta un pezzo, cioè senza apertura delle gambe; val a dire che sarebbe avanti l’età di Dedalo, il quale fu il primo che aprì e distinse le gambe dei simulacri”. Un ulteriore elemento che dimostrerebbe la pratica di tale culto deriva dalla lettura della Passio anonima dell’XI secolo a.C. dove vengono descritte le vicende di Santa Restituta. Nel racconto, che ricalca una passio più antica, si afferma che la sede della sepoltura della martire avvenne “in loco qui dicitur Eraclius”, quindi un luogo sacro ad Ercole che corrisponderebbe alla zona dove, in seguito, venne edificata la chiesa di Santa Restituta.

1 La data precisa non è menzionata. Si presume nella seconda metà del 1700. 2 In proposito Francesco De Siano (Brevi e succinte notizie di storia naturale e civile dell’isola d’Ischia, per servire di guida, e comodo ai viaggiatori ed a quei che debbano far uso delle acque e delle fumarole di detta isola, 1801). Edizione di ristampa de La Rassegna d’Ischia, giugno 1994, a pag. 64 si legge: “ che per poca cura furono dispersi”. 3 Francesco De Siano, op. cit., pag. 62

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Simulacro di Ercole, scavato nella terra di Lacco Ameno (adiacenze della Marina) e ora situato nella Parrocchia della Madonna delle Grazie a sostenere sul capo il vaso dell'acqua benedetta.

Secondo la studiosa Ilia Delizia4: “Questa denominazione del sito comprova che la chiesa Paleocristiana era nata proprio sul tempio pagano e la figura dell’Ercole, che oggi sorregge la pila dell’acqua santa nella chiesa di Santa Maria delle Grazie, aggiunge nuovo elemento a favore del culto di questa divinità”. 4 Ilia Delizia, Ischia l’identità negata, 1987.


Quale motivo spinse i primi cristiani dell’isola a scegliere quella particolare area alle pendici del monte di San Montano? Per il Monti le ragioni erano di carattere prettamente economico. La comunità, che era molto povera, per risparmiare, utilizzò le mura preesistenti del tempio e della palestra attigua. Ma, forse, la scelta fu influenzata anche da motivazioni simboliche, legate alla figura di Ercole. “Sant’Agostino ed altri Padri della chiesa consideravano l’eroe greco come un modello di comportamento per l’uomo5”. Non solo, come scrive Titti Zezza: “ l’assimilazione di figure mitiche del mondo pagano nella simbologia cristiana era avvenuta sin dal primo affermarsi di questa nuova religione in un contesto panteistico. Accumunava pagani e cristiani il desiderio di cogliere la verità sul destino dell’uomo dopo la morte e il mondo cristiano delle origini adotta la figura di questo eroe della classicità come promessa di una vita oltre la morte6”. Ipotesi sulle origini Se la Passio e la statua dell’Ercole leonino testimoniano la pratica di tale culto, tuttavia esse non ci aiutano a comprendere quando e, soprattutto, chi l’abbia introdotto sull’isola. La statua viene datata al I secolo a. C. A quel tempo, Ischia, o meglio Aenaria, dopo la battaglia tra Mario e Silla, era passata sotto il diretto dominio di Roma. In questo secolo, nella capitale e nei territori limitrofi, vennero realizzati numerosi templi in omaggio ad Ercole, vennero scolpite statue colossali ed in molti edifici, pubblici e privati, le sue fatiche decoravano lastre, lasene e capitelli. “Il tema delle sue gesta è utilizzato anche per istoriare molti sarcofagi. In questi ultimi, oltre che da motivi escatologici evocativi della vittoria dell’eroe sulla morte e della conquista dell’immortalità, la sua presenza è giustificata dall’intento di elogiare le virtù mostrate dal defunto nell’affrontare, al pari di lui, le varie prove della vita7”. Per di più, nel I secolo, Ercole assumerà caratteristiche che lo rendono molto simile all’Heracle greco. Prima di allora, egli veniva venerato dai Roma5 Titti Zezza, Ercole il divino eroe. Spigolando tra le pieghe del mito, in Senecio, Saggi Enigmi, Apophoreta, Napoli 2014. 6 Ibidem. 7 Ibidem.

ni e dalle popolazioni italiche con tratti che poco avevano a che fare con l’eroe divino conosciuto in ambito greco. Quindi, già a partire dall’età arcaica, a Roma e, più in generale, nel Lazio ed in Etruria la figura di Ercole era stata oggetto di culto; una divinità inizialmente aniconica con una connotazione agreste, di sicuro preminente, addirittura predecessore di Giove, come capo degli dei, almeno sino al IV secolo a.C. Nell’Eneide, Virgilio descrive un famoso e antichissimo rito che in età arcaica veniva celebrato a Roma in suo onore presso il più grande altare del tempo, l’Ara Maxima. Ma, come ipotizzato dal de Siano, il culto di Ercole potrebbe essere più antico e potrebbe far parte di quel bagaglio culturale e religioso che i primi coloni Eubei portarono dalla loro patria lontana. A sostegno di questa ipotesi, poniamo all’attenzione dei lettori uno studio, realizzato con precisione e competenza da Nazarena Valenza Mele8 del 1977, su un vasetto acromo (VII - V sec. a.C.) che apparteneva al materiale trovato dallo Stevens a Cuma. La particolarità del reperto è rappresentata da una dedica grafita sulla spalla ove si legge in direzione retrograda: hερακλει, che testimonierebbe una offerta votiva ad Heracle avvenuta sul suolo cumano. Lo studio prende in esame quei racconti relativi all’eroe greco presenti in Campania, dimostrando come solo ad alcuni di essi sia possibile attribuire un’origine antica e d’influenza Euboica. Le testimonianze letterarie relative al passaggio di Heracle a Cuma si ragruppano intorno alla gigantomachia, alla costruzione della via costiera tra il mare e l’Averno detta via Heraclea9 ed alla 8 Nazarena Valenza Mele, Eracle euboico a Cuma. La Gigantomia e la via Heraclea, Pubblications du Centre Jean Bérard. 9 La via Heraclea - Non è improbabile pensare che la sua costruzione e conservazione sia dovuta anche alla possibilità di un più facile trasporto del minerale estratto dalla solfatara e dai Leucogei, e questo spiegherebbe sia l’ampiezza atta a far passare un carro, sia il perdurante interesse cumano a una zona priva di importanti stanziamenti umani. Tale strada, funzionale al controllo della chora cumana, dovette perdere buona parte della sua importanza quando questo rapporto decadde a vantaggio di Neapolis. D’altra parte, con la decadenza cumana post-Aristodemo e la caduta di Cuma in mano sannita da un lato, e con il rafforzarsi del potere di Neapolis, lo sfruttamento delle riserve minerarie della zona puteolana dovettero passare ben presto all’ultima città caposaldo della grecità in Campania. E ciò è confermato dal fatto che, quando nel 36 a. C. i Monti Leucogei passano per volere di Augusto a Capua, essi sono tolti a Neapolis: evi-

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dedica delle spoglie del cinghiale di Erimanthos nel tempio di Apollo. La studiosa dimostra che le prime due testimonianze appena citate risultano essere molto antiche e derivano dalla presenza Euboica di Pithekoussai prima e di Cuma poi. La terza invece sarebbe frutto di una confusione tra due famose cacce compiute dall’eroe. Una credenza nata nel periodo in cui Napoli entrò nell’orbita dei Romani.

Gigantomachia Divina e Cosmica La battaglia tra gli dei olimpici ed i giganti avvenne nella pianura Flegrea; da questa stessa matrice si diffonderà la credenza del seppellimento di Tifeo ad Ischia e di Mimante a Procida. La figura di Heracle in questo scontro assume un’importanza rilevante. I giganti, infatti, potevano essere sconfitti solo se colpiti contemporaneamente da una divinità olimpica e da un mortale. Quindi la presenza di Heracle, un semi-dio, fu indispensabile per la vittoria. “ Ed è proprio questa impresa, compiuta a fianco degli dei, che rende ad Heracle l’immortalità, gli permette di sposare Hebee e far parte delle gioie dell’Olimpo. Tutto ciò si intravede già in Esiodo ed ancor più esplicitamente in Pindaro e in Euripide”10.

Il rapporto tra Heracle ed Hera Ciò che colpisce la nostra attenzione è che, in questa veneranda tradizione di origine Euboica, la figura di Heracle appare legata ad una divinità femminile anch’essa molto apprezzata dai Greci Euboici: Hera, moglie di Zeus. Non a caso si ipotizza che il vasetto con dedica ad Heracle, studiato da Nazarena Valenza Mele, fosse stato deposto proprio nel tempio di Hera a Cuma. dentemente dovevano far parte per antico retaggio di questa polis, se con l’affermarsi, almeno dal 194 a. C., della colonia romana di Puteoli facevano ancora, in età augustea, parte integrante del dominio neapolitano. Se è vero d’altra parte che queste risorse originariamente ricadevano nella chora cumana, è molto probabile che siano passate a Neapolis con una operazione analoga a quella che vide passare da Cuma a Neapolis, già qualche anno dopo la fondazione di quest’ultima città, un’altra fetta di territorio egualmente importante per le sue risorse economiche ed estrattive (argilla) come Pithecusa (Strabone V, 4, 8). 10 Nella metopa dell’Heraion Foce Sele e in un vaso dell’attico Brygos, sono raffigurati un’aggressione di Sileni ad Hera e l’intervento di Eracle in sua difesa.

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Ma ciò che suscita il nostro interesse è il rapporto che unisce le due divinità che, contrariamente a quanto descritto nelle dodici fatiche, non è affatto in contrapposizione . Anzi, Heracle diviene il difensore di Hera, poiché salverà quest’ultima dall’attacco di due giganti. È questa una versione del mito di cui è rimasto il ricordo non solo a Cuma ma anche in altre poleis della Magna Grecia. In alcune raffigurazioni10 viene riproposto l’episodio del salvataggio di Hera da parte di Heracle, riferito questa volta all’assalto di due malintenzionati satiri; lo stesso santuario di Hera Lacinia, che secondo la tradizione fu costruito da Heracle in onore della dea, testimonierebbe la vicinanza tra le due divinità. In questo rapporto di devozione e rispetto si spiegherebbe lo stesso nome dell’eroe, un nome composto che tradotto significa Vanto o Gloria di Hera.

Il culto di Hera in Eubea e nelle colonie d’Occidente Da uno scolio ad Apollonio Rodio apprendiamo che tutta l’isola greca era sacra ad Hera. “Del resto il nome stesso di Euboia si ricollega etimologicamente alla vacca, animale sacro per eccellenza ad Hera”. La tradizione vuole, poi, che l’infanzia della dea fosse trascorsa proprio sull’isola e sempre in Eubea; precisamente sul monte Ocha, sarebbero state celebrate le sue nozze. Quando la dea si adirò con Zeus, decise di ritornare sull’isola, dimostrando che l’Eubea era una terra a lei molto cara. Valenza Mele, dopo aver dimostrato l’importanza di cui godeva la dea presso gli Eubei, analizza la presenza del culto da loro diffuso negli insediamenti occidentali. A Pithekoussai non sono state fatte scoperte archeologiche che possano dimostrare che fosse presente il culto di Hera, anche perché, secondo la studiosa, nessuna area sacra è stata esplorata, tranne un pozzetto sacro, almeno fino al momento dello scritto. Valenza Mele in proposito attesta: “ può essere illuminante però il ritrovamento a Lacco Ameno di una epigrafe tarda (II-I sec. a. C.) con dedica ad Aristeo”. Questa deve considerarsi il perpetuarsi di una antica tradizione cultuale. La personalità di Aristeo era strettamente collegata al culto di Hera. Egli era una divinità della


portanza del culto presso Cuma e dintorni, compresa la nostra isola. A causa della nascita di un androgino, si rese necessario interpellare i libri Sibillini. La risposta era articolata in due parti; in una erano descritti i tipi di sacrifici da compiere, nell’altra, per noi molto intrigante, era scritto: “ E gli abitanti delle isole di fronte, quando con animo benevolo la terra cumana non con l’inganno ma con la violenza di poi abiteranno, costoro secondo le leggi patrie costruiscano uno xoanon e una casa della regina veneranda. Verrà (la dea) se ubbidirai alle mie parole in tutte queste cose, onorando nei sacrifici la venerandissima regina e bene facendo offerte senza vino, quanti giorni ci sono all’anno nel lungo tempo di nuovo fino all’ultimo, e non solo in questa occasione “. Base di donario con dedica ad Aristeo proveniente da Monte di Vicoi. Sulla base anteriire del pezzo, che è un cubo in trachite delimitato in alto e in basso da una sempolice modanatura, si legge l'iscrizione : "Megacle di Lucio il Romano (dedica) ad Aristeo". Questi è il dio benefico degli agricoltori, che proteggeva le greggi, le api e la coltura degli alberi, soprattutto dell'olivo. Inoltre Aristeo moderava l'arsura della canicola ed inviava la pioggia benefica. Poiché il suo culto era particolarmente diffuso in Eubea, è da presumere che risalga già all'epoca della fondaziine di Pithecusae, che lo ha trasmesso poi a Cuma ed a Napoli, dove lo si trova egualmente attestato (G. Buchner, Museo archeologico di Pithecusa).

natura, dell’agricoltura e della pastorizia. Secondo la studiosa, l’antica tradizione tramandata da Strabone sull’Eukarpia potrebbe rimandare alla figura di Aristeo e di conseguenza alla stessa Hera. Se ad Ischia, per ora, non abbiamo testimonianze11 evidenti del culto di tale divinità, possiamo avvalerci dei ritrovamenti archeologici di Cuma. In un disco bronzeo, che appartiene ad una collezione privata, vi è un’incisione in cui è scritto: “Hera non permette che si torni a consultare l’oracolo”. Ciò che fa meraviglia è l’aspetto mantico della dea che precede quello di Apollo. Non è un caso, dunque, l’appellativo Herophile, che veniva dato alle Sibille. Inoltre nei libri Sibillini era di fondamentale importanza che, prima della lettura, venisse reso onore ad Hera. Una delle asserzioni più interessanti descritte da Valenza Mele nel suo studio è un oracolo riportato da Flegonte di Tralles. Il responso, che cita le isole del golfo, è per noi rilevante perchè ci permette di comprendere l’im11 In una metopa ritrovata a Lacco Ameno è raffigurata una divinità femminile. Forse un immagine di Hera? Sono necessari degli approfondimenti.

Per debellare e risolvere il problema che si era presentato, la profezia continua invitando alla diffusione dei templi ad Hera con levigata Xoana. Dunque, anche se, per mancanza di prove archeologiche, non si puo’ affermare con certezza che il culto di Hera fosse praticato a Ischia sin dalla fondazione della colonia di Pithekoussai, volendo dare credito all’oracolo, è probabile che esso si diffuse poco dopo, in una fase comunque piuttosto antica.

Bibliografia - Valenza Mele Nazarena, Hera ed Apollo nella colonizzazione Euboica d’Occidente, in Mélanges de l’École française de Rome, Antiquité, 1977, vol. 89, n° 2 - Valenza Mele Nazarena, Recherches sur les cultes Grecs et l’Occident. �������������������������������� Eracle Euboico a Cuma,���������� la ��������� gigantomachia e la via Heraclea, Publications du Centre Jean Bérard 1980. - Titti Zezza, Senecio, Saggi, Enigmi, Apophoreta, Ercole il divino eroe. Spigolando tra le pieghe del mito, Napoli 2014. - Mario Attilio Levi, Dialogue d’histoire ancienne, L’Ercole romano, 1996, volume 22, n°1, pp 79-94. - Francesco De Siano, Brevi e succinte notizie di storia naturale e civile dell’isola d’Ischia . Per servire di guida, e comodo ai Viaggiatori, ed a quei che debbono fare uso delle acque, e fumarole di detta isola. Supplemento distribuito con La Rassegna d’Ischia, giugno 1994. - Ilia Delizia, Ischia l’identità negata, 1987 - Pietro Monti, Ischia Preistorica - Greca - Romana Paleocristiana, Napoli 1968

Gianni Matarese

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