Lacco Ameno : Santa Restituta a cura di di Raffaele Castagna Scene A legend of Ischia (poesia con testo inglese e italiano) Rappresentazione dell’arrivo della barca con il corpo di Santa Restituta nella baia di San Montano Rievocazione di quel corteo (anno 284) in un testo del 1962 C’è soprattutto, oggi, in ognuno di noi un rimpianto: quello di essere nati troppo tardi! C'è nel cuore di ognuno di noi un sospiro, aver potuto partecipare a quel corteo nella mattinata del 17 maggio dell’anno 284: partì da San Montano, arrivò a Lacco, portando in trionfo il corpo di una Vergine, sorpreso come per incanto, sceso come dono, venuto da lontani lidi ad arricchire la nostra terra. Il trionfo stupendo di quel corteo al quale avremmo voluto partecipare! E non suonarono quel giorno le campane a festa, e non vi furono trionfi di luce lungo le strade del percorso, e non si incendiò di mille e mille luci il monte Vico, né il monte Epomeo, e non spararono dal mare i mortaretti a salve, ma fu ugualmente un trionfo, fu quasi il giro di onore e la intronizzazione della nostra Regina sul suo trono in mezzo alla nostra terra! O vecchi Isolani di 1700 anni fa, o vecchi Isolani che quella mattina del 17 maggio vedeste ed ammiraste, piangeste e cantaste, sorgete dalle vostre tombe e narrate… Narrateci l'incanto di quella mattina! Narrateci con la voce rotta dal pianto, con il volto sfavillante di gioia! Narrate a noi del secolo ventesimo, noi venuti dopo 1700 anni, sorgete dalle vostre tombe, da queste tombe, qui, sotto a questo tempio sacro a S. Restituta; da queste tombe, qui, dove voleste essere sepolti, accanto alla tomba della Vergine Restituta; da queste tombe, qui, che furono come la pietra fondamentale su cui fu eretta la Basilica paleocristiana e su cui lungo i secoli furono costruite altre chiese alla nostra martire; qui, parlateci ancora, da qui sorgete, da qui fateci sentire l'eco almeno della gioia indefinibile del 17 maggio 284. *** Ci furono giornate di vento, di tempesta altissima e burrascosa. Le onde del mare si incresparono paurosamente: cavalloni altissimi! quasi che l'uragano, penetrato nell'intimo del mare, volesse vendicarsi di tutti gli elementi, volesse, spingendosi da quelle profondità, distruggere ed il mare e la terra, ridurre ad un nulla l'isola! Di ciò tremammo! E noi tremammo quasi che l'ira divina stesse per scatenarsi per sempre contro di noi! Tremammo quando vedemmo le onde del mare non soltanto avvicinarsi agli scogli, avvicinarsi alla spiaggia, a penetrare nei luoghi più bassi dell'isola, e lavare l'isola stessa, e portare nelle profondità dei gorghi del mare tutto ciò che c'era di vita..... E portarono, dopo di averli distrutti, i resi dei templi pagani che i nostri padri avevano eretto nella nostra isola; e portarono nelle profondità del mare le statue delle nostre divinità. Quei flutti burrascosi del mare lavarono Lacco, il nostro antico Eraclium, lo lavarono completamente da ogni tempio, da ogni divinità. Quei flutti si spinsero soprattutto nel golfo di S. Montano, l’antica necropoli: scoperchiarono le tombe, portarono via i corpi dei morti; quelle onde portarono via i cippi funerari, quei cippi marmorei su cui i figli imprecavano contro la dea fortuna che li aveva orbati di padre e di madre! Portarono via con sé nelle profondità del mare quei cippi marmorei su cui Cupido piangeva le adolescenze morte anzitempo, portate via dalla morte prima di essere state carezzate dalla mano dell'amore! E il vento continuò, e la tempesta urlò dal mare e dal cielo, per giorni e per giorni, finché la notte dal 16 al 17 maggio 284 (sì, erano passati da poco gli idi, gli idi di maggio), fu dolcissimo il mare ed era ritornata la bonaccia. Il cielo stupendo quella notte; la luna riapparve in tutto il suo splendore: circondata, corteggiata da stelle a mille a mille. Dolcissimo lo zefiro del mare, carezzevole, quasi apportatore di profumi attraverso le vallate dell'isola, attraverso le strade e penetrava con dolcezza nuova nelle case e nelle finestre! Incanto di quella notte dal 16 al 17 maggio! L'alba spuntò nitida, luminosa; nembi chiari sui contorni di tutte le coste quasi tutte le case dell'isola fossero state pulite da quel lavacro dei giorni precedenti: erano così belle, rosacee, baciate dai primi raggi del sole in quella nuova aurora! E si contavano e si vedevano quasi gli alberi sul monte Epomeo, sul monte Vico.... e affacciandoci dalle alture dell’isola scorgevano che là, sul continente, scorgevano nitide le case spesse di Pozzuoli e di Napoli. Che incanto in quella mattina! ***
Ad un tratto, Lucina, una matrona, percorse il paese e gridò; e gridò svegliando dal silenzio della nette e dal sonno i più pigri, gli ancora addormentati, e gridava: "Prodigio, prodigio! Venite e vedrete! Venite e vedrete! Il golfo di San Montano (golfo che in questi giorni di tempesta piena è stato lavato di tutti i resti del culto pagano, quel golfo su cui il vento e le onde infuriarono hanno portato via le tombe stesse, hanno portato via le lapidi mortuarie (Venite e vedrete),il golfo di S. Mentano è tutta una fioritura di gigli! E scendemmo, e sorgemmo dalle nostre case e ci avviammo trepidanti, festosi e curiosi.... o scendemmo verso il bellissimo golfo di S. Montano. Un corpo di donna, fresco come l'onda del mare, coperto di gigli; il volto ed il corpo abbronzati, ma di un rosa tenero; dal volto si sprigionava una luce e quegli occhi semichiusi sembravano ancora vivi; la bocca sembrava che si aprisse, e pace, e pace, e tanta pace d'intorno! e tanto profumo e tanta gioia d'intorno, d'intorno a quel corpo ammantato di candore, d'intorno a quel corpo ammantato di un fascino stupendo: pace, tanta pace! E le nostre matrone restarono quasi senza voce! E non riuscirono attorno a quel corpo di Vergine morta, non riuscirono a cantare le nenie funebri come per tutte le altre morti; le nostre vergini non vestirono a lutto! Le nostre vergini si ammantarono soltanto di gigli, di quei gigli spuntati prodigiosamente. E, a fasci, a fasci cogliemmo quei gigli e ce ne riempimmo le mani e le braccia. E poi il corteo si formò; e partimmo dal golfo di San Montano con quei fiori tra le braccia e con il canto nel cuore, e con l'esultanza perché sentivamo di avere qualche cosa di nuovo, qualche cosa di grande per noi, tutto per noi! *** Abbiamo ridestato il silenzio: parole del 17 maggio 284, ripetute a noi del 17 maggio 1962. - Tanti anni, tanti secoli son passati! Eppure c'è sembrata una voce di oggi; non sentivamo affatto il contrasto, non sentivamo affatto lo stacco di questi 1700 anni: così viva, così presente la scena, così cara al cuore di ognuno di noi! Così viva, così cara, così presente quella Vergine che da quel giorno incominciò il suo ingresso trionfale nella nostra storia, nella vita nostra! E ogni parola che riguarda Lei è una parola per noi, ed ogni particolare della sua storia è un particolare per la nostra storia: storia di ieri e di oggi, antica come le pagine più antiche della storia di Lacco Ameno, ricca, ricchissima come il vagito dell'ultimo bimbo, nato in questi giorni, che ha aperto i suoi occhi, la sua boccuccia sul suolo incantato, splendido di quest'isola, sotto lo sguardo e sotto la benedizione di S. Restituta! Santa Restituta nostra, la Santa di ieri e di oggi, la Regina, la Patrona di ieri e di oggi. Riproduzione vietata
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