Quaderno (1994) a cura di G. Donatone Centro Studi per la Storia della Ceramica meridionale
I giacimenti di argilla dell’isola d’Ischia e l’industria figulina locale in età recente di Giorgio Buchner L’isola d’Ischia era nota nell’antichità quale centro di produzione di ceramica, come si deduce dall’etimologia del suo nome greco Pithekussai riferita da Plinio: Pithecusa, non a simiarum multitudine, ut aliqui existimavere, sed a figlinis doliorum (Nat. Hist., III 82), vale a dire non da πίθηκος, scimmia, ma dalle fabbriche di πίθοι, dolia, ossia grossi orci1. Gli scavi archeologici dell’ultimo cinquantennio, iniziati da chi scrive fin dal 1936, hanno fatto conoscere le ceramiche prodotte nell’isola con la materia prima locale nell’età del bronzo (civiltà appenninica), nell’età del ferro preellenica, e soprattutto quelle prodotte dai coloni greci nella seconda metà dell’VIII e nel VII sec. a C, le terracotte architettoniche prodotte dalla fine del VII al IV sec. a. C. per i rivestimenti delle strutture lignee dei templi, la fabbricazione in massa, largamente esportata, tanto di ceramica a vernice nera di tipo Campana A, quanto di anfore Vinarie del tipo cosiddetto greco-italico del III e II sec. a. C.2 . 1 Non sono a conoscenza di indagini moderne sull’etimologia del nome Pithekoussai con il quale i Greci designarono tanto l’abitato principale situato sul promontorio di Monte di Vico (Lacco Ameno), quanto l’intera isola (Ps. Sky. 10), né sono competente a giudicare se l’etimologia riportata da Plinio sia accettabile dal punto di vista linguistico. È comunque da tener presente che esiste anche la forma πιθάκνη ed è da considerare che nell’abitato indigeno dell’età del ferro di Castiglione d’Ischia, contemporaneo nel suo ultimo periodo all’arrivo dei primi coloni greci intorno al 770 a. C., sono stati rinvenuti in grande quantità i frammenti di grandi pithoi, muniti di massicce lingue di presa, che raggiungevano le dimensioni dei dolia romani. Questi orci dovevano impressionare i coloni provenienti da Calcide ed Eretria nell’isola di Eubea: diceva infatti un noto proverbio: "dal pithos si vede l’abilità del ceramista". 2 Da «del tutto ignota» dal punto di vista archeologico (Maiuri 1930, p. 54), Ischia, in seguito agli scavi dello scrivente, è diventata uno dei principali caposaldi per la conoscenza della più antica colonizzazione greca dell’Italia Meridionale. Ne citiamo qui soltanto il libro agile ma denso di David Ridgway (1984), mio amico e collaboratore da molti anni, e la sua versione inglese aggiornata, apparsa sotto altro titolo (Ridgway 1992), che compendia in modo comprensibile anche per chi non è specialista i risultati degli scavi e l’impatto della prima colonizzazione euboica sulle genti indigene della Penisola, con la completa ormai vasta bibliografia sull’argomento. Per la ceramica in modo particolare si veda la pubblicazione definitiva della prima parte (1952-1961) degli scavi nella necropoli pithecusana (Buchner e Ridgway 1993). La pubblicazio-
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La Rassegna d’Ischia n. 4/2016
Per quanto riguarda il periodo romano, gli scavi finora non hanno portato alla luce ceramica sicuramente di produzione locale. Tuttavia non c’è dubbio che tra il II sec. a. C. e la fine del XVI sec. d. C, da quando in poi abbiamo notizie scritte che documentano una fiorente produzione figulina, la tradizione di quest’industria non si sia mai interrotta nell’isola. Ma anche del periodo più recente restano finora del tutto sconosciute le ceramiche che vi venivano prodotte, ad eccezione dei pochi tipi di vasellame grezzo, non invetriato, ancora fabbricati nella prima metà di questo secolo, finché, verso il 1960, si è spenta per sempre l’arte figulina ischitana esercitata con i vecchi sistemi tradizionali. L'industria figulina ischitana Nelle pagine seguenti sono raccolte le notizie che siamo riusciti a racimolare sull’industria figulina ischitana, e più precisamente di Casamicciola, in età recente. È necessario tuttavia far precedere un cenno sull’origine geologica della materia prima che ha alimentato la produzione locale di ceramica fin dall’età preistorica. La presenza di argilla figulina in terreni di recente origine esclusivamente vulcanica, come appunto l’isola d’Ischia, è infatti una circostanza del tutto singolare. Le argille sono sovrapposte al Tufo Verde che costituisce la massa principale del Monte Epomeo, la montagna più alta dell’isola (m. 787 s.l.d.m.). Esse contengono frequenti avanzi di fauna marina, in primo luogo gusci di molluschi e di foraminiferi, appartenenti senza eccezione a specie tuttora viventi nel Mediterraneo3. ne delle terrecotte architettoniche è in preparazione da parte di Stefano De Caro con la collaborazione di Carlo Rescigno, mentre è in corso lo studio della ceramica a vernice nera di tipo Campana A di produzione ischitana da parte di Nadia Murolo. Per la ceramica preistorica, in parte ancora inedita, si veda Buchner (1937). 3 Dei molluschi contenuti nelle formazioni marine dell’isola d’Ischia, a prescindere dagli studi di numerosi autori della prima metà del secolo scorso, più recentemente si è occupato Raffaele Bellini in una serie di note di cui citiamo soltanto la prima e l’ultima (Bellini 1903, 1929). Alfred Rittmann (1930, pp. 94-134) riporta un elenco di tutte le specie marine fino allora rinvenute e osserva giustamente che l’affermazione della presenza di alcune specie estinte non regge a un esame critico. Una vasta collezione di subfossili ischitani, raccolta in anni giovanili dallo scrivente, forse la più completa che sia esistita, la quale era stata affidata a uno specialista dell’Università di Darmstadt per lo studio, è stata in massima parte distrutta nel 1943 da eventi bellici.