ARTISTI d’ISCHIA di Luca Ielasi
Bolivar Mille fotografie non bastano a restituirci chi non è più. Tuttavia, quei ritratti di Bolivar, pittati voluttuosamente, senza respirare, per materializzare cromaticamente la folle passione di un attimo, sono finestre da cui qualcuno resterà per sempre affacciato sul mondo. (1999)
creano un’atmosfera tristissima e non terrena, simile a quella ottenuta appunto nella pittura metafisica di un De Chirico, ad esempio, che, con altri mezzi, analogamente non propriamente pittorici (ma ciò non vuol dire, talvolta, non poetici), ricercava un effetto poetico. (Pier Paolo Pasolini)
Iacono Attraverso un figurativismo sfigurato dall’oblio, i quadri di Iacono recuperano da vuoti abissali i resti immortali della nostra umanità. (1999)
De Angelis (…) davanti alle sue figure, che spesso non sono che una goccia lucente di biacca schiacciata miseramente con il pennello contro un fondo appena macchiato di grigio, parleremmo quasi di una povera metafisica. Si veda ad esempio un quadro rappresentante una festa paesana, che sparge la sua esigua folla intorno ad un gran carro addobbato di fiori; ebbene, qui il mezzo pittorico è dei più miseri, l’atmosfera nasce quasi dalla trascuranza del pittore, dalla confusa e povera scelta dei colori. E quei fiori, poi, mucchietti di pasta vivace appiccicati in rilievo sulla piattezza grigia e quasi acquerellata della tela, 32 La Rassegna d’Ischia n. 6/2016
Macrì Il Porto d’Ischia, a nord-est dell’isola, è stato per secoli un lago originatosi dal cratere di un vulcano e un luogo ideale di pesca e caccia alle folaghe. Nel 1854, i Borboni, eliminando una sottile diga naturale interposta, unirono il lago al mare e diedero vita al porto. La cerimonia di inaugurazione fu immortalata da Lord Mancini con un piccolo quadro raffigurante imbarcazioni di forgia e dimensioni diverse che entrano ed escono dal nuovo porto addobbato a festa. Fino agli anni ‘30 del secolo successivo, essendo Borgo di Celsa, l’attuale Ischia Ponte, il principale centro socio-economico e politico-culturale di Ischia, l’utilizzo del porto fu minimo, così come minimo fu il suo ‘appeal’ estetico, rispetto a quello, ad esempio, del Castello Aragonese. Un bel quadro del porto lo dipinse Giacinto Gigante; significative fotografie furono scattate da Sommer e Brogi alla fine dell’‘800. Hans Purrman e Luigi De Angelis furono due pittori, tedesco e molto noto il primo, ischitano e raffinato ‘naif’ il secondo, che ci hanno lasciato opere pittoriche di qualità pregevolissima e di notevole importanza storica, poiché antecedenti lo sconvolgimento dell’identità del luogo conseguente all’avvento del turismo di massa a cavallo tra gli anni ‘60 e ‘70. Vero e proprio perno ispirativo è ed è stato il porto per Antonio Macrì, pittore locale poco più che settantenne, testimone della drammatica trasformazione di quello che era un piccolo paradiso naturale in un convulso crocevia turistico-commerciale, spogliato, pressoché del tutto, del proprio sublime ‘colore locale’. Macrì inizia a dipingere ‘en plein air’. Sempre lì, sul posto, con tele, pennelli e colori, a catturare luci ed atmosfere, a osservare eleganti velieri o umili ma dignitosi pescherecci, a conoscere gli addetti allo scavo, gli operai di Don Ciccio intenti a lavar botti, i pescatori, gli spazzini, gli artigiani, i bottegai. Quella semplice ma autentica umanità, insomma, che sul porto e dal porto traeva di che vivere. Subirà, umanamente ed artisticamente, lo stravolgimento del suo ‘piccolo mondo antico’. Fuggirà alla ricerca di nuove fonti ispirative. Il Castello Aragonese, Forio, Sant’Angelo. Luoghi incantevoli, è vero, ma non radicati nel suo cuore come il Porto d’Ischia. Lo sentirà, lo capirà e tornerà nella foresta. In una foresta non più vergine, stuprata dalla pressoché generale ignoranza e cupidigia. Vi tornerà con la mente, ma non col
corpo. Tornerà a dipingere un porto che però non sarà quello che oramai è, ma la rappresentazione di una dolente parte di se stesso. Di un luogo surreale, vuoto, malinconico, che stentatamente lascia riconoscere il faro, Portosalvo, Casa D’Ambra, l’Acquario. Di un fantasma del passato che vaga intorno a questo sensibile e delicato maestro, ispirandolo e facendogli compagnia. (2006)
Mascolo Mi piace chiamare per nome Aniellantonio Mascolo perché è un grande interprete, che ognuno dovrebbe sentire fraternamente vicino. Una volta Michele (Michele Petroni, detto ‘Peperone’, noto pittore di Forio d’Ischia), entrando in casa mia, esclamò: ‘Malò… ch’ lè… ‘na gìesa?’ (‘Madonna… cos’è… una chiesa?’). Effettivamente, entrando in casa mia, si ha la stessa vaga sensazione di quando si entra in un luogo sacro. Tale sensazione scaturisce dalla vista di una piccola terracotta di Aniellantonio, raffigurante una popolana con un vaso sul capo. Adeguatamente illuminata, l’ho posta al centro di una parete che dall’ingresso appare incorniciata da due archi in successione. Non si sa di cosa sia colmo il vaso sul capo di quell’umile donna, sebbene contenga qualcosa di altrettanto essenziale quanto il fine che colei che lo porta si è preposto sia certo. È straordinario il significato filosofico che assume la simiglianza tra il soggetto e l’oggetto con cui interagisce. La donna nel portare il vaso assume un atteggiamento dignitoso dettato non tanto dall’orgoglio quanto dall’esigenza di non perder l’equilibrio. Non ha bisogno d’esser orgogliosa questa creatura, perché ha la serena consapevolezza di contribuire con la sua azione all’armonia dell’universo a cui appartiene. Ha La Rassegna d’Ischia n. 6/2016
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bisogno, tuttavia, di portare a buon termine la sua mansione, cerca di farlo nel migliore dei modi e così facendo si integra elegantemente al vaso. Aniellantonio riesce a cogliere l’essenza del sinergismo che scaturisce dalla totale identificazione del soggetto con l’oggetto e ad ottenere una magistrale interpretazione della realtà che tende all’assoluto. La sublime bellezza delle opere di Aniellantonio deriva dalla ieratica descrizione della semplicità alla base dell’ordine naturale delle cose e si contrappone con fierezza al sensazionalismo dell’apparenza; a quella dissennata e vana ricerca del ‘bello’ tanto in voga e unicamente volta a mistificare la vacuità dello spirito. (2009)
Petroni
Pagliacci È passata L’ombra della giovinezza, Fresca e sorridente, Ed è scomparsa Senza voltarsi indietro. Sulle grigie pareti della casa Piove: Ma non scolorisce La scritta spray Maria, ti amo (Aldo Pagliacci) 34 La Rassegna d’Ischia n. 6/2016
E ancora rivedo I panni stesi, I balconi… …E San Vito, Portato in spalla Per le strade in festa. …Rivedo i giochi, I pupazzi, I fantasmi, Le canne, Le vigne, I fichi d’India… …E quel suo villaggio, Adagiato lì, In grembo all’Epomeo. La scala su cui saliva, La sedia su cui sedeva, I muri a secco… …Ancora li rivedo… …Dimenticati, Discreti … …Indimenticabili! …E la gioia, La malinconia,
La voglia, la pazzia. I funerali… …Che tutto placavano nel cordoglio. Come sempre, Rivedo la luce accecante Delle torridi ‘notti bianche’ Smorzarsi nel desio… … E i riflessi di quando Cultura e Natura Si fusero nella modernità… …Come sempre, Rivedo Peperone E lo confondo con Forio. (2012) Luca Ielasi
Mario Mazzella (1923 - 2008) - Mercatino alla Chiesa del Soccorso : venditrici di pesci e conigli
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