Note di Archeologia
Cronologia versus Archeologia. L’ambiguo scorrere del tempo alle soglie della ‘colonizzazione’: i casi di Cuma e Pithekoussai * di Valentino Nizzo ** I casi di Cuma e Pitecusa qui discussi rientrano in due specifiche aree di ricerca su cui lo scrivente ha lavorato per qualche tempo, con risultati forse controversi, ma che sono basati su almeno due aspetti oggettivi: la necessità di una più attenta ricerca d’archivio di vecchi scavi e la straordinaria importanza della stratigrafia della necropoli di Pithekoussai. Nel primo caso, lo studio di nuovi documenti d’archivio, relativi alle sepolture ‘preelleniche’, ha permesso di evidenziare le gravi anomalie che hanno destabilizzato l’affidabilità di alcuni contesti in cui la ricostruzione cronologica della prima età del ferro in Italia era stata originalmente fondata. Nel caso di Pithekoussai, la ricostruzione della sequenza stratigrafica della necropoli, fusa con l’analisi tipologica e associativa di più di 2.600 tombe in circa 600 contesti (compresi tra il TG I e il Medio Corinzio), ha portato ad una più accurata lettura dell’evoluzione del cimitero e ad una più precisa contestualizzazione di tombe e reperti, unanimemente considerati “fossili guida” per la cronologia antica del Mediterraneo.
Pithekoussai
Sono davvero pochi i casi, almeno in Italia, in cui una scoperta archeologica e i suoi diretti esiti scientifici sono direttamente riconducibili alla volontà e all’acuta determinazione di una sola persona: Giorgio Buchner.1 Dedito allo studio e alla valorizzazione del patrimonio archeologico ischitano sin dagli anni ginnasiali per poi farne l’argomento della sua tesi, Buchner, appena divenuto funzionario della Soprintendenza (1949), dovette confrontarsi con il complesso problema del riordino delle raccolte protostoriche del Museo di Napoli, dando quella validazione scientifica che ha reso un caposaldo cronologico i 36 corredi Osta di Cuma. Questo avveniva poco prima che riuscisse a dare avvio (1952) all’impresa che ne avrebbe consacrato la noto1 Sulla sua vita e opera si veda P. G. Guzzo e C. Gialanella, Dopo Giorgio Buchner. Studi e ricerche su Pithekoussai: atti della giornata di studi, Ischia 20 giugno 2009. * Dal volume Contexts of early Colonization; vedi qui pag.12. ** Valentino Nizzo: Funzionario archeologico della Direzione Generale Musei, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Per informazioni sull'autore cfr.: https://sumitalia.academia.edu/ValentinoNizzo
rietà, legando inscindibilmente il suo nome a quello di Pithekoussai. L’eccezionalità della scoperta fu tale che essa divenne immediatamente un punto di riferimento per l’archeologia del Mediterraneo antico, grazie anche alla disponibilità con la quale Buchner condivideva i suoi dati prima ancora che venissero editi. Il dibattito cronologico che cominciava allora a scaldare gli animi, trovava, infatti, uno dei suoi spunti principali proprio negli scavi della necropoli di Pithekoussai, i cui resti erano tali da ricucire di colpo le distanze tra Oriente e Occidente e rinsaldare la cronologia della ‘prima colonizzazione’ alla documentazione storica e archeologica della Grecia, del Vicino Oriente e del mondo indigeno. Tali potenzialità vennero intuite sin da subito da Buchner, che condusse quelle esplorazioni con una rara sensibilità per le problematiche geologiche e stratigrafiche; ed è plausibilmente anche a quest’ultima che può essere ricondotta la precocità con cui egli intuì la rilevanza cronologica di quelli che, ancora oggi, consideriamo tra i fossili guida della ‘prima colonizzazione’ (come le coppe ‘tipo Thapsos’ con o senza pannello, le kotylai tipo ‘Aetos 666’, gli arybattoi ‘Spaghetti style’), codificandoli sia sul piano tipologico che su quello terminologico sin dal 19632 e anticipando di alcuni anni le puntuali formalizzazioni stilistiche compiute da J. Nicolas Coldstream che, come si tende spesso a sottovalutare, potè beneficiare nelle sue ricerche del fondamentale apporto della documentazione pithecusana. E sono in molti, ancora oggi, a trascurare la rilevanza assoluta della sequenza cronologica che scaturisce dalla quasi ininterrotta successione stratigrafica di sepolture che connota il paesaggio funerario pithecusano nei 150 anni circa in cui fu in uso la necropoli prima della sua rioccupazione di età Tardo Arcaica. Una circostanza compiutamente avvertita da Buchner che, sin dall’inizio, registrò nei suoi taccuini tutte le relazioni fisiche tra sepolture che gli era possibile individuare, in un’epoca in cui il metodo stratigrafico non si era ancora consolidato nella prassi archeologica comune (quella dei classicisti, soprattutto) e, in particolare, veniva solitamente considerato estraneo alle problematiche di scavo dei sepolcreti. Un patrimonio di informazioni che egli seppe magistralmente utilizzare nelle sue densissime sintesi e di cui si avvalsero quanti ebbero modo di collaborare con lui come David Ridgway, Ni2 G. Buchner, Intervento in Metropoli e colonie di Magna Grecia (Atti Taranto 3, Napoli) 1964, 263-74.
La Rassegna d’Ischia n. 5/2016
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