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laSettimana SETTIMANALE DI INFORMAZIONE DELLA DIOCESI DI ADRIA-ROVIGO Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1 NE/RO Anno CXIII - N. 38 - Una copia € 1,10 - Domenica 6 ottobre 2013 - (Esce il giovedì)
EDITORIALE
Contro la violenza
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Maria Grazia BiaGioni Una grande corona di preghiera per la pace ha avvolto ieri sera Roma. Tutti lì, in piazza del Campidoglio, esponenti delle religioni mondiali, ma anche uomini e donne di buona volontà, intellettuali e politici di diversi Paesi del mondo per dire che “la guerra si vince solo con la pace”. “Il coraggio della speranza” s’intitolava quest’anno l’incontro internazionale promosso dalla Comunità di Sant’Egidio a Roma. E di speranza parlano i leader religiosi nell’appello finale che è stato letto ieri dopo che tutti si sono alzati in piedi per un minuto di silenzio in memoria di tutte le vittime della guerra, del terrorismo e della violenza in ogni parte del mondo. “Sentiamo che questo è un tempo opportuno per una rivolta della speranza, che cominci da noi stessi”. “Niente è impossibile se ci rivolgiamo a Dio nella preghiera. Niente è impossibile se pratichiamo il dialogo. Preghiera e dialogo crescono o deperiscono insieme. Noi, uomini e donne di religioni diverse, da Roma, vogliamo impegnarci a far crescere questo grande movimento per la pace”. La banalità del bene. Ieri in piazza del Campidoglio a Roma c’era anche Domenico Quirico, il giornalista de “La Stampa” rapito per 5 mesi in Siria. Ha raccontato la sua esperienza di giornalista nei “Paesi del male” che sono “quelli - ha detto - in cui la differenza tra un uomo e un altro è data dall’avere o no un kalashnikov”. “Sono Paesi in cui gli uomini non possono compiere gesti semplici come aprire un rubinetto per far uscire l’acqua o accendere un interruttore per avere luce perché dietro la guerra c’è spesso miseria e povertà. Ho trovano uomini, donne, bambini, vecchi in cui l’umanità è stata scorticata per far emergere sotto la disperazione, la sofferenza e il dolore”. Somalia, Ruanda, Congo, Libia, Liberia, Nigeria, Cecenia, Siria: questi sono i “Paesi del male”. “Eppure - ha continuato Quirico - accanto alla banalità del dolore, alla sua quotidianità, sempre ho trovato la banalità del bene, persone che senza interesse, senza trarne vantaggio, hanno compiuto gesti di bontà”. Come quel ribelle sconosciuto che disobbedendo ai suoi superiori gli ha dato un telefono che ha per-
messo a Quirico di telefonare a casa e dire ai suoi che era ancora vivo dopo due mesi di silenzio. Questa è “la banalità del bene”, ha detto aggiungendo che “se Dio è Dio ed è negli atti degli uomini, allora io ho trovato Dio nel gesto di queste persone”. I profughi nel Sinai. Forte anche l’altra testimonianza raccontata da Alganesh Fessaha, eritrea che vive in Italia da 35 anni. “Da vari anni - ha raccontato - vengo chiamata a qualsiasi ora della notte e del giorno da profughi eritrei, etiopici e sudanesi che fuggono dai loro Paesi per salvarsi la vita e che vengono rapiti durante il viaggio dai trafficanti”. È la drammatica storia dei profughi, quando arrivano in Sudan e vengono rapiti dai beduini sudanesi che li rivendono ai beduini egiziani del Sinai per circa 3mila dollari a persona. Vengono tenuti incatenati sotto terra e per la loro liberazione viene richiesto un riscatto che può variare dai 30 ai 50mila dollari. Sono torturati, e le donne violentate. Ma anche la storia di Alganesh ha un filo sottile di speranza: è la sua amicizia con uno Sheik, salafita del Sinai, con il quale è iniziato un dialogo e una collaborazione pacifica per la liberazione dei rifugiati senza il pagamento del riscatto. “Oggi nel Sinai - dice Alganesh - il fenomeno della tratta delle persone si è ridotto del 30%. Credo che possiamo debellare totalmente questa piaga attraverso il lavoro collettivo, attraverso la preghiera, la fede e il coraggio della speranza”. La pace delle religioni. Le storie di Quirico e Alganesh mostrano, da una parte, tutto l’orrore della guerra; dall’altra parte, anche la constatazione che un mondo deserto di umanità si può popolare di solidarietà. “Una nuova responsabilità”, però, cade sugli uomini e le donne di fede: quella, ha detto Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, di “opporre dolcemente e fermamente al terrorismo religioso e alle seduzioni della violenza la pace delle religioni”. Questo hanno fatto ieri sera a Roma i leader religiosi riuniti insieme, mano nella mano, in piazza del Campidoglio dando al mondo “un messaggio di pace che va lontano più di quanto possiamo credere”.
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Adria accoglie i frati francescani dell’Immacolata
Ottobre missionario
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Sulle strade del Mondo radio kolbe spazio 43x60mm.indd 1
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Dobbiamo uscire “fuori le mura” delle nostre comunità, per raggiungere le periferie, le frontiere, tutto ciò che è distante da noi, non solo fisicamente, ma anche a livello esistenziale “Esorto i missionari e le missionarie, specialmente i presbiteri fidei donum e i laici, a vivere con gioia il loro prezioso servizio nelle Chiese a cui sono inviati, e a portare la loro gioia e la loro esperienza alle Chiese da cui provengono”. Queste parole di Papa Francesco, in occasione della Giornata Missionaria Mondiale 2013 (Gmm), illuminano cuore e mente e trovano un’efficace sintesi nello slogan scelto da Missio (Organismo pastorale della Cei) per l’intero mese missionario di ottobre: “Sulle strade del Mondo”. Ecco che allora siamo invitati a fare memoria del “Mandatum Novum” di Nostro Signore, nella consapevolezza che dobbiamo uscire “fuori le mura” delle nostre comunità, per raggiungere le periferie, temente Papa Bergoglio a Cale frontiere, tutto ciò che è di- gliari, la dignità della persona stante da noi, non solo fisica- umana “creata a immagine mente, ma anche a livello esi- somiglianza di Dio”. stenziale. Si tratta in sostanza Inutile nasconderselo, se di operare un decentramento la dimensione religiosa viene nel nostro “modus vivendi”, spesso percepita, nella nostra a fianco dei poveri, degli ulti- società globalizzata, come un mi, nei bassifondi dove sono qualcosa di accessorio se non relegati. Essere credenti, infat- addirittura alienante è perché ti, significa assunzione delle non abbiamo compreso che il proprie responsabilità rispetto perimetro della speranza non alla conversione del cuore, al può coincidere con quello delle bene condiviso, alla pace, alla sacrestie, ma abbraccia il mongiustizia, alla riconciliazione, al rispetto del La testimonianza creato. A parte quelle terre dove si combattono di don Giuliano guerre a tutto campo dalla Siria all’Iraq, dalla Somalia alla regione Zattarin sudanese del Darfur, dalla Repubblica Cen- a pagina 3 trafricana all’ex Zaire - o le grandi baraccopoli latinoamericane, asiatiche o africane, vi sono degli areopaghi esistenziali che vanno oltre la categoria geografica. Basti pensare alla crisi dei mercati che ha penalizzato un numero indicibile di persone, a cui è negato il lavoro e dunque, come ha detto recen-
A pagina 20 l’invito alla diocesi do intero. Papa Francesco che viene dalla “fine del mondo”, come i nostri missionari, ha il coraggio di osare: è convinto più che mai dell’urgenza di rendere intelligibile il Vangelo, rinunciando agli orpelli delle corti medievali. È così che ci piace immaginarci missionari e con questo spirito vogliamo festeggiare l’Ottobre Missionario. Da una parte, c’è il nostro dovere di annunciare e testi-
moniare la Buona Notizia, mentre dall’altra può manifestarsi l’adesione o il rifiuto di qualsivoglia interlocutore. Ciascuno alle prese con la più problematica delle saggezze: il dubbio. Qui non discutiamo affatto sulle verità rivelate, ma sulle modalità che perseguiamo nell’affermarle. Quante volte, ammettiamolo, le nostre promesse si sono dissolte come fossero bolle di sapone o i nostri gesti hanno offuscato il mistero dell’amore. Ecco che allora, accanto ai valori manomessi dalla Storia, si evince sempre più il bisogno di realizzare un radicale rinnovamento del nostro modo di vivere la missione. Al di là delle più sante intenzioni, come peraltro ha stigmatizzato, in più circostanze, Papa Bergoglio, la missione non può ridursi ad un insieme di “cose da fare” o in un’organizzazione umanitaria molto efficiente, ma a volte poco credibile dal punto di vista testimoniale. Non sarà, pertanto, il fascino delle opere, né le promesse di sviluppo e di progresso, ciò che evangelizza, ma la fede del discepolo, in periferia, a fianco dei poveri. A noi il compito di comprendere le provocazioni a tutto campo del Vescovo di Roma, in un mondo che ha fame e sete di Dio. A pensarci bene, con i suoi gesti e le sue parole, egli ci sta provocando, ricordandoci che l’orizzonte assoluto sotto cui pensare le verità rivelate non può ridursi alla dottrina “tout court”. Esse devono tornare ad essere evidenti, dunque comprensibili, nel vissuto delle nostre comunità. Perché il cristianesimo, è bene rammentarlo, rimane, sempre e comunque, un’esperienza che cambia la vita. Giulio Albanese
Adria - Cattedrale L’Arcivescovo mons. De Antoni conclude le Feste Quinquennali della Madonna del Rosario Si concludono domenica 6 ottobre in Cattedrale ad Adria le solenni Feste Quinquennali della Madonna del Rosario. Tali feste, datate fin dal 1717, vengono ad interpretare un voto delle genti adriesi alla Madonna del Rosario per l’assistenza e protezione ricevuta in occasione di una perniciosa epidemia di tifo. Sarà l’Arcivescovo emerito di Gorizia mons. Dino De Antoni a presiedere la Concelebrazione delle ore 18.30 e la conclusiva Processione con l’immagine della Madonna del Rosario, mantenendo così una consolidata tradizione che sia un Cardinale o un Arcivescovo a presenziare tali celebrazioni. La Festa è stata preparata nella settimana con numerosi appuntamenti sia sul piano spirituale, che su quello culturale e caritativo. Anche una interessante Mostra di documenti e di foto delle precedenti feste quinquennali è stata proposta nel Salone del Vescovado.