La Settimana n. 30 del 27 luglio 2014

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SETTIMANALE DI INFORMAZIONE DELLA DIOCESI DI ADRIA-ROVIGO

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Anno CXIV - N. 30 - Una copia € 1,10 - Domenica 27 luglio 2014 - (Esce il giovedì)

EDITORIALE

Obiezione di coscienza Don Gabriele Fantinati*

Obiezione di coscienza è il rifiuto di adempiere un obbligo imposto dalla legge in quanto contrario ai propri profondi convincimenti morali e alla propria coscienza. L’obiezione di coscienza configura quindi un caso di conflitto tra gli obblighi e i doveri imposti al cittadino dalle norme dello Stato e i propri principi morali e religiosi. Nella maggior parte delle democrazie occidentali l’obiezione di coscienza è consentita dalla legislazione in quanto rientra nell’esercizio del diritto alle libertà di pensiero, di coscienza e religione riconosciute dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Il riconoscimento anche formale dell’obiezione di coscienza è quindi connesso storicamente al riconoscimento pieno dell’individuopersona e dei relativi diritti inalienabili. All’esistenza chiara e giuridicamente garantita di tali diritti si giunge attraverso contributi successivi portati dal Cristianesimo, dal Rinascimento, dalla Riforma Protestante, dal Giusnaturalismo, ed infine, dal liberalismo. Tentiamo ora di applicare questo principio alla nostra realtà nel campo della salute e della medicina. In campo biomedico, viviamo tempi di accelerazione: la nostra sapienza scientifica corre ad un ritmo tremendamente più veloce della nostra saggezza morale. Conosciamo e possiamo assai più di quanto le nostre intuizioni etiche sappiano dominare. In una situazione come questa, «sì» e «no» sono risposte così approssimative e così affrettate da essere inevitabilmente inadeguate. Il rispetto della vita umana fin dal concepimento, la proibizione di disporne per una manipolazione totale, il divieto distruggerla, riflettono la percezione originaria presente nel cuore dell’uomo, per cui l’altro è un soggetto e non un oggetto, una persona e non una cosa. E’ stato acutamente notato che, proprio dal riconoscimento di questa originaria e irriducibile dignità dell’altro, dipende anche la dignità di soggetto del primo interlocutore. L’embrione è un essere umano a tutti gli effetti. Stiamo attenti a parlare di esseri che non sono persone, perché questa è la stessa cosa che dicevano i Romani degli schiavi, e anche a sostenere che l’embrione non ha certe funzioni mentali, perché un malato di Alzheimer può

trovarsi nella stessa situazione, e spero che nessuno pensi di eliminarlo. Per un credente un individuo è persona perché è immagine di Dio, per un laico è persona perché soggetto di dignità, rispetto, responsabilità. Ma persona comunque, cioè qualcuno che vale. Due biologhe della Usl 18, il 1 aprile scorso, ancora prima, quindi, del via libera alla Fecondazione eterologa, dato dalla Consulta il 9 aprile, hanno presentato obiezione di coscienza. Esse svolgevano parte del loro servizio preso il Centro di Procreazione Medicalmente Assistita (Pma) della stessa Usl 18. La loro decisione è stata motivata dal fatto che la legge 40/2004, che regolava la Procreazione Medicalmente Assistita, è profondamente cambiata nel tempo, rispetto alla formulazione originaria, per effetto di interventi della Consulta che, tra l’altro, ha eliminato (sentenza 151/2009) il divieto di produzione di più di tre embrioni per ogni paziente e l’obbligo impiantarli tutti (art. 14) Da qualche tempo, di embrioni se ne producono molti di più e quelli non utilizzati vengono congelati. Anche nell’Usl 18, dicono le Biologhe, questa discrezionalità è diventata prassi. Le due biologhe non hanno più voluto continuare a scegliere tra un embrione e l’altro, per impiantarne alcuni (i migliori) ed escluderne altri. Quello messo da parte, che fine farà? Tutti sono vita umana. Questo è, in sintesi, ciò che ha mosso la loro decisione. Credo che la loro scelta debba essere accettata integralmente, rispettata e tutelata senza se e senza ma, come ogni diritto fondamentale necessariamente richiede (salvo cessare, in caso contrario, di essere collocato a “fondamento”, costituzionalmente stabilito (art 2, 3, 10, 19 e 21 Costituzione Italiana) delle carte fondanti la nostra convivenza e società). Infatti il Comitato di Bioetica Italiano (Parere del Luglio 2012), interpellato in merito, ci ricorda come “in questi ambiti controversi l’obiezione di coscienza assuma la funzione di istituzione democratica impedendo che le maggioranze parlamentari o altri organi dello stato neghino in modo autoritario la problematicità relativa ai confini della tutela dei diritti inviolabili” . *Incaricato Diocesano per la Pastorale della Salute

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pag. 10

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