Latitudes Travel Magazine 79 Febbraio 2015

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Sommario

Foto Enrico Caracciolo


Canada Yukon blues

Ladakh Nel blu dipinto di blu

Yucatan Maya & playa

Matera CittĂ creativa

Sestola Emilia in discesa libera

Recife Il carnevale del Frevo


Febbraio 2015

Redazione:

Via Pisacane, 26 20129 Milano tel. +39 02.36511073 redazione@latitudeslife.com

Hanno collaborato

Igor D’India, Irene Nicolì, Enrico Caracciolo, Teresa Scacchi, Natalino Russo, Gisella Motta

Fotografi

Igor D’India, Enrico Caracciolo, Eugenio Bersani, Natalino Russo, Gisella Motta

Pubblicità

MPMedia Adv info@mpmedia-adv.it

Foto di: Shutterstock


n째79 Febbraio 2015

Direttore Responsabile Eugenio Bersani

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Graphic

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arianna@latitudeslife.com

Social Media Manager

Marco Motta

marco@latitudeslife.com




Titolo


Titolo


The Yukon Blues

the

yukon B LU E S


The Yukon blues

Canada

LAT 60,43 N

I racconti avventurosi di un grande alpinista popolano l’immaginario di un ragazzino che sogna di cavalcarne le orme. Igor d’India ripercorre il tragitto di Walter Bonatti tra Canada e Alaska in un viaggio onirico ed entusiasmante. Testo e foto di Igor d’India www.igordindia.it


The Yukon Blues


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uando avevo circa dodici anni, tornai a casa da scuola e trovai mio padre alle prese con un libro che lo aveva completamente distratto dai fornelli. Era così assorto che bruciò il pranzo e io andai su tutte le furie, chiedendo che ci fosse di così interessante tra quelle pagine da scordarsi la minestra sul fuoco. “Senti ‘sta storia. C’è questo alpinista... Bonatti, sta scalando una montagna, si schiaccia inavvertitamente un dito con una martellata, mentre pianta un chiodo in parete, e poi riprende a scalare. Da non credere. Ti piacerebbero i suoi racconti”. Mi liquidò così e mangiammo la minestra bruciata.


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Io non credo nel destino e neanche in Dio, ma nella mia ingenuità di bambino sentii che prima o poi quelle storie le avrei lette. Presi per la prima volta in mano “In Terre Lontane” di Walter Bonatti a quattordici anni ed ebbi la sensazione che, di quelle sue fantastiche avventure nel mondo selvaggio, una l’avrei potuta rivivere a modo mio: la spedizione in canoa in solitaria sul fiume Yukon, in Canada e Alaska.


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Lo step successivo, il momento “quasi quasi ci provo”, prese forma quando Reinhold Messner, in visita a Rossana Podestà a Dubino, mi disse “Allora se vai, buona fortuna in Alaska!”. Era l’autunno del 2012, Bonatti era scomparso da un anno e io non lo avevo mai conosciuto di persona. Al suo funerale avevo invece conosciuto Rossana, sua compagna di vita, con la quale, dopo una breve corrispondenza, avevo instaurato un rapporto quasi da “nonna che non sapevo di avere”.


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Ecco perchè il nostro incontro a Dubino. Ma, dopo i tanti sogni e incoraggiamenti, sarei stato capace di organizzare, realizzare, filmare, raccontare, una spedizione in solitaria di più di duemila chilometri, con un mezzo che non conoscevo e in un ecosistema a me ignoto? E i soldi? E l’equipaggiamento? La risposta a tutti questi interrogativi sarebbe stata soltanto una: l’azione. Partii per il Canada nell’ inverno 2012 e vi rimasi, tirando a campare come lavapiatti in un sobborgo di Toronto, fino all’aprile del 2013. Non


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ero ancora mai andato nello Yukon e non avevo trovato neanche i soldi per un sopralluogo. Ma non potevo rinunciare e lo raggiunsi in autostop. Settemila chilometri in meno di una settimana (la fortuna del principiante) in un Canada immenso e stupendo, ancora gelato. Poi l’incontro magico con il fiume, il commovente momento dell’ icebreakup che ne libera le acque dal ghiaccio, la vita di espedienti a Dawson City, le intense amicizie con i ragazzi del posto e un’unica certezza: tornerò in Italia, troverò i soldi, farò la mia spedizione.


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Nei mesi in Italia, ho fatto il bagnino, il lavapiatti, ma mai il videomaker (che è in realtà il mio lavoro). Mi stimolava molto di più la gavetta in campi diversi. Mi divorava una forte malinconia, un richiamo di forza impressionante, una sorta di Blues che veniva dallo Yukon. Era questo il fuoco che mi dava la forza, negli innumerevoli momenti in cui la stanchezza e lo scoramento mi rendevano difficile anche guardarmi allo specchio. A febbraio non avevo ancora nessun contratto concreto, ma ero sicuro che la svolta era imminente. Nel giro di tre mesi ero infatti in Canada, con una produzione alle spalle (Kobalt Entertainment di Milano), ero stato nominato testimonial di Sport Senza Frontiere (Onlus che si impegna a portare lo sport ai bambini in difficoltò fisiche, economiche, sociali) e viaggiavo in autostop verso il mio sogno. Fortuna? Destino? Qualunque cosa fosse, sapevo di esserne artefice e responsabile, nel bene e nel male. Me l’ero cercata e toccava finalmente a me, mi sembrava di correre, inarrestabile, e al tempo stesso sapevo che l’eccesso di entusiasmo non avrebbe dovuto distrarmi.


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Di lì a poco arrivai allo Yukon. Concentrazione. Cosa non so fare? Cosa mi serve? Via dunque ai preparativi: scelta e test di attrezzatura, brevi escursioni di prova e allenamento in canoa, interminabili discussioni a base di birra con “bushmen” esperti del wilderness. Il piano era di remare sullo Yukon fino in Alaska e, dopo circa millequattrocento chilometri, raggiungere Fort Yukon, sopra il Circolo Polare Artico. Là sarei sbarcato per trasportare la canoa a Old Crow (Canada) presumibilmente via “Bush plane” (piccoli aerei usati


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per collegare località remote altrimenti irraggiungibili via terra o acqua). Da Old Crow sarei poi tornato a Fort Yukon sul fiume Porcupine in canoa e avrei continuato fino a Tanana, come Bonatti. La partenza da Whitehorse, a fine giugno 2014, con una canoa di seconda mano ribattezzata “Rossana”, è stata un momento di tensione ed euforia che ricorderò per sempre. Il fiume era calmo, accogliente, tranquillo, oserei dire “facile”. Il tramonto mozzafiato, le zanzare già impertinenti e voraci.


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Ma il primo momento difficile, dominato da ansia e paure, non ha tardato ad arrivare: poco dopo, infatti, sono rimasto bloccato sul lago Laberge per circa due giorni in balia del vento. Alla prima finestra di bel tempo mi sono rimesso a pagaiare e ho proseguito verso Carmacks (340 km) cercando di trovare l’armonia con il fiume e le forti correnti, evitando i pericoli e scoprendo le prime difficoltà legate al maltempo (rami affioranti, animali, corrente, vento di traverso, pioggia). Ho poi affrontato, come Bonatti, le rapide Five Fingers, con “appena” quattrocento chilometri di pratica alla spalle, ma con un sempre più marcato istinto di sopravvivenza, che mi ha aiutato a venirne fuori. Mille chilometri più a Nord, negli Yukon Flats, una vasta zona dell’ Alaska, ho avuto i problemi maggiori, dovuti al vento che ha soffiato fino agli ottanta chilometri all’ora, in un punto in cui il letto misura circa otto chilometri e le onde possono raggiungere il metro di altezza. Dopo cinque giorni di ansia e fatica, in “cordata” con due canoisti canadesi ai quali mi sono unito per ragioni di prudenza, sono giunto a Fort Yukon, dove i nativi mi hanno avvertito dell’arrivo di una perturbazione straordinaria che avrebbe reso il fiume un inferno.


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Con gran tristezza ho dovuto interrompere il viaggio in canoa e trovare un passaggio su un motoscafo per andare a filmare “il gathering” (riunione) della tribù dei Gwitch’in, nel villaggio di Old Crow, fotografato da Bonatti nel suo reportage. Partecipare al gathering è stato un vero privilegio, un modo per ascoltare direttamente la voce dei nativi d’America. I Gwitch’in hanno discusso a lungo dei gravi cambiamenti climatici in corso. Il maltempo ultimamente sta indebolendo l’attività della pesca e della caccia, unico sostentamento di questa comunità. E’


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cambiato molto lo Yukon nei cinquant’anni che separano la mia esperienza da quella di Bonatti. Oggi c’è molto più turismo, l’attività di estrazione dell’oro ha raggiunto livelli tecnologici inimmaginabili, le perturbazioni sono sempre più violente e improvvise. Rimane identica negli anni la forza e l’ospitalità della gente, i profili delle montagne e, soprattutto, la malinconia che ti colpisce quando torni a casa.


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Avendo interrotto la spedizione in canoa perchĂŠ le condizioni del fiume non permettevano di proseguire senza andare incontro a seri rischi, ho comunque deciso di rientrare in autostop da Fairbanks, via Vancouver, fino a Toronto (9000 km) totalizzando circa sedicimila chilometri in strada e millequattrocento in canoa in cinque mesi


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di spedizione (preparativi inclusi). Un’avventura forte e intensa, che in un certo senso ha avuto origine cinquant’anni fa e che oggi si chiude con la pubblicazione del documentario: The Yukon Blues. Ma dalla nostalgia dello Yukon sarà difficile separarsi, finché il fiume chiamerà a sé qualcun altro. Testo e foto di Igor D’India © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA

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Canada

Come arrivare: Diverse compagnie volano dall’Italia al Canada, ma la più economica è solitamente Air Transat che collega Roma con Toronto e Vancouver. Una volta in territorio canadese bisogna prendere un volo interno per raggiungere Whitehorse e lo Yukon Territory (Air Canada, Air North le compagnie più gettonate). Dalla Germania c’è però l’opzione volo diretto con la Condor Airlines, che vola su Whitehorse durante i mesi estivi. Questa si rivela spesso la soluzione più conveniente per raggiungere lo Yukon dall’Europa. Noleggiare un’auto per raggiungere il Grande Nord da Toronto può essere molto costoso (sono circa 7000km) anche se panoramico e avventuroso. Da Vancouver il tragitto è invece più breve e anche più spettacolare (si attraversano tre ecosistemi diversi tra cui il deserto intorno al fiume Fazer a Cache Creek e la tundra in Bristish Columbia).

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Quando andare: Clima: Il periodo migliore per visitare il Canada e in particolar modo lo Yukon Territory è solitamente da metà maggio a fine agosto. Le temperature sono gradevoli e le precipitazioni meno frequenti. Sicuramente da evitare il periodo tra marzo e aprile quando lo scioglimento della neve, oltre a causare inondazioni in tutto il paese, scopre infinite distese di erba bruciata dal gelo. Meraviglioso è invece il mese di ottobre, che corrisponde all’inizio del breve autunno. Le immense foreste dell’Ontario e delle Rockies si colorano, in questo periodo, di un’ infinita quantità di sfumature tra il rosso e il giallo.


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Yukon blues

Dove mangiare: Nello Yukon i prezzi sono ovunque piuttosto alti, si consigliano soprattutto i dining a bordo strada, specie se frequentati da camionisti, che possono riservare anche esperienze pittoresche e “indigene”, meno turistiche. Il prezzo medio per una colazione (uova, bacon, patata e pane) o un pranzo tipico (hamburger e patatine) si aggira intorno ai 10/15 euro.

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Viaggio organizzato: Il tour operator Viaggi dell’Elefante propone l’itinerario di 14 giorni “Gran Tour Alaska & Yucon” con partenze il 13 giugno e l’8 agosto 2015. Prezzo a partire da 3120 euro a persona. Fuso orario: Da – 6 sulla East Coast a – 9 sulla West Coast. Documenti: Passaporto con validità a 6 mesi. Vaccini: Nessuno. %&x

Lingua: Inglese e francese. Valuta: Dollaro canadese.


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Canada

Elettricità: 110V, 60 hz, è necessario un trasformatore e un adattatore universale per le prese.

Telefono: Per telefonare dall’Italia verso il Canada, bisogna comporre lo 001 prima del numero desiderato. Per chiamare l’Italia dal Canada, comporre il prefisso 01139 più il numero telefonico desiderato. Abbigliamento: Tecnico, caldo, a strati.

Link utili: Parks Canada www.pc.gc.ca Canadian Tourism Commission www.canada.travel


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Yukon blues

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Ladakh

LAT 34,10 N Nel blu dipinto di blu

NEL BLU dipinto

DI BLU

Nello stato di Jammu e Kashmir la regione del Ladakhè una parentesi buddista in territorio indiano. Sospesa tra le catene del Karakorum e l’Himalaya, il Piccolo Tibet, com’è conosciuta, sfiora il cielo. Testo di Irene Nicolì Foto Shutterstock


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onserva l’incanto di una bellezza remota il Ladakh, un territorio magico abitato da una popolazione tibetana buddista equilibrata e composta che assieme a questa cornice naturale, lascerà sicuramente il segno a chi si appresta a scoprirla. Lo stato di Jammu e Kashmir, nell’India più settentrionale, è una terra incantevole cullata dall’Himalaya. Jammu, la valle del Kashmir e il Ladakh costituiscono le regioni di questo meraviglioso Paese.


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Circa 230.000 abitanti popolano questo territorio politicamente appartenente all’India, e conosciuto come il Piccolo Tibet, una valle a più di 3000 metri d’altitudine accarezzata dal sole per 300 giorni all’anno e abitato sin dal Neolitico. Un deserto ad alta quota stretto tra le montagne del Karakorum e dell’Himalaya sovrastato da un cielo di un azzurro sfrontato dove la tradizione


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buddista si è perfettamente conservata e i gomba, ossia i templi, attraggono ogni anno frotte di visitatori. Ma prima di abbarbicarsi verso l’altro alla scoperta dei magici santuari, conviene acclimatarsi all’altitudine, magari facendo una sosta a Leh, la pittoresca capitale a 3500 metri d’altezza incastonata tra i monti.


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La città, poco più di dieci mila abitanti, è dominata dalla rovine del Leh Palace, una struttura di nove piani che vanta un passato da primato; c’è stato un tempo in cui era considerato l’edificio più alto al mondo e, anche se oggi non è più così, dall’alto di questa costruzione fatta edificare dai re buddhisti a partire dal XVI sembra che si tocchi il cielo con un dito. Grandi distese di terre ondulate


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solcate da passaggi e sovrastate dalle montagne formano la valle dell’Indo, che scorre attraverso il Ladakh. Il corso d’acqua è la spina dorsale da cui si dipanano le principali città. A quindici chilometri da Leh c’è Shey, l’antica capitale, e poi Thiksey, dove si erge uno dei gomba più alti della regione, imbiancato a calce nel tipico stile tibetano.


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Nel blu dipinto di blu C L I CC A


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L’Hemis Gompa, a 45 km da Leh, è il più grande e il più importante monastero tibetano del Ladakh, famoso per l’Hemis Festival, che generalmente ha luogo nella seconda metà di giugno o ai primi di luglio, dove si svolgono elaborate danze in maschera per due giorni, alle quali assiste una folla entusiasta. Tra i gomba più noti non si può non menzionare il Lamayuru Gompa, tra Bodhkharbu e Kha-la-che, l’Alchi Gompa, a una sessantina di chilometri da Leh, il Likir, il Rizong. In alto, a 4300 metri d’altezza, si apre uno scenario di bellezza incomparabile. È il lago di Pangong, perfettamente incastonato tra le vette, lungo 150 chilometri e largo circa 5, che sconfina abbondantemente nel Tibet. L’altitudine estrema non rende possibili le coltivazioni ed è l’habitat perfetto per molti animali selvatici, tra cui i Kyang, i cavalli dell’altopiano. Durante l’inverno, il lago diventa uno specchio di ghiaccio e il cielo che si riflette sulla lastra di cristallo dà l’impressione di essere completamenti immersi in un’aura di pace. Blu.

Testo di Irene Nicolì e foto di Shutterstock © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA

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Maya & playa

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PLAYA Testo e foto di Natalino Russo www.natalinorusso.it


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Yucatan

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Terra verde, mare turchese. Strade dritte che collegano idealmente piramidi e siti maya. La penisola dello Yucatán, all’estremo sud del Messico, è un mondo da esplorare, tra foreste lussureggianti e coste da sogno, riserve naturali incontaminate, atmosfere coloniali colorate e tranquille. Un viaggio alla scoperta di spiagge bianche, per tuffarsi nell’avventura e per lasciarsi sorprendere dalle tradizioni locali.


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Q

uesto fu il regno dei Maya. Nello Yucatán pulsa il cuore dei popoli precolombiani. Le antiche piramidi si ergono alte sulla foresta, dalle colline che confinano con lo stato di Chiapas e col Guatemala, fino al Belize e alle meravigliose coste: quella caraibica a sud, il golfo del Messico a nord. Lo Yucatán è un mondo magico: qui natura, archeologia e avventura si fondono in un autentico paradiso. Lo scopriamo partendo da Cancún, meta ben nota per le sue spiagge candide e per l’acqua turchese, per il comfort degli alberghi, la qualità della cucina e la modernità delle infrastrutture.


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Que viva Cancún! Spiagge immense, sole e mare, relax. Totalmente consacrata al turismo, Cancún è il regno della vacanza. Ma pochi sanno che è anche un’ottima base di partenza per esplorare le meraviglie della penisola. Innanzitutto quelle archeologiche. Il nostro primo approccio con la cultura maya è di grande impatto: nel nuovissimo Museo Maya sono esposti reperti preziosi provenienti dagli scavi dell’area; è l’occasione ideale per conoscere la civiltà che


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oppose fiera resistenza all’invasione spagnola. E poi c’è la natura: alle spalle della lunga striscia di sabbia su cui sorge la zona hotelera di Cancún si apre la laguna Nichupté, punteggiata di isolette sabbiose su cui crescono le mangrovie, habitat per decine di specie di uccelli marini. Poco più in là, dove la laguna si apre sul mare, possiamo tuffarci nell’acqua cristallina: ci basta avere maschera e snorkel per nuotare tra coralli e pesci multicolore.


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Natura, avventura, archeologia Qui la natura è strabordante. Nell’isola di Holbox, all’estremità settentrionale dello Yucatán, da metà maggio a metà settembre è possibile vedere gli squali balena, e persino nuotare al loro fianco. Un’escursione da Cancún alla vicina Isla Mujeres ci fa vivere invece l’emozione del nuoto coi delfini. Ma siccome siamo amanti dell’avventura non resistiamo alla tentazione e, tornati sulla terraferma, andiamo a provare il brivido delle teleferiche sospese sulla selva, presso Selvatica, attrezzatissimo parco


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avventura che ci permette anche di tuffarci in un cenote. Queste voragini carsiche allagate sono parte di un immenso reticolo sotterraneo che gli speleologi messicani e di tutto il mondo esplorano da decenni. E come farci mancare il sottosuolo? Dopo una corroborante sosta nel borgo di pescatori di Puerto Morelos, andiamo a tuffarci (letteralmente) anche nelle grotte del RĂ­o Secreto, dove guide esperte ci accompagnano alla scoperta di grandi gallerie sotterranee, tra acque calde e cristalline in cui si rispecchiano le stalattiti.


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Alcuni posti somigliano al paradiso. A Tulum rimaniamo incantati di fronte alla bellezza delle piramidi che i Maya costruirono proprio sulla costa: a pochi metri da queste meraviglie dell’antichità, sotto una bella scogliera su cui si aggirano libere grandi iguana, si dischiude la vista mozzafiato di un mare color smeraldo. Una scaletta conduce alla spiaggia, e rimaniamo qui, per qualche ora, a lasciarci cullare dalle onde. Nel cuore dello Yucatán Poi, ecco, abbiamo voglia di entroterra. Dalla costa caraibica seguiamo le strade che tagliano la selva, dritte, a perdita d’occhio nell’infinito verde. Valladolid ci regala la scoperta di una deliziosa cittadina coloniale, articolata intorno alla cattedrale e allo zócalo, la tipica piazza principale messicana. A poca distanza, quasi in pieno centro, si apre il cenote Zací. Ci fermiamo a pranzare nel vicino ristorante, che affaccia direttamente sul cenote e ci delizia con la cucina yucateca. Irresistibile la sopa de lima, un brodo di pollo aromatizzato con lime.


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Raggiungiamo poi il villaggio di Dzenup coi suoi due cenotes: Xkekén e Sambulá, famosi per il raggio di luce che penetra da un’apertura sul soffitto e illumina l’acqua turchese. Impossibile resistere alla tentazione di fare il bagno, ed è una meraviglia. D’obbligo anche la tappa al paesino di Izamá, dall’architettura coloniale e col grande convento di San Bernardino de Siena, realizzato su un’altura che ospitò una delle grandi piramidi maya della zona. A pochissima distanza ne sopravvive una: l’imponente piramide di


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Kinich Kakmó, o Kinich-Kak-Moo. Il sole picchia forte, ma non ci arrendiamo. Arrampicandoci sui gradoni raggiungiamo la cima, e finalmente si spalanca davanti ai nostri occhi la vastità della pianura circostante. L’orizzonte è una linea dritta a trecentosessanta gradi. Separa a malapena l’azzurro del cielo dal verde della selva. Mérida querida Proseguiamo il nostro viaggio verso ovest. È d’obbligo una sosta a Chichén Itzá, uno dei siti archeologici più vasti e spettacolari del Messico, patrimonio Unesco.


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Al centro si erge El Castillo, imponente piramide quadrilatera celebre perché durante gli equinozi proietta l’ombra del Quetzalcoatl, il serpente piumato, Kukulkán in lingua maya. A poca distanza si apre un grande campo per il gioco della pelota, e per un percorso rettilineo si raggiunge il cosiddetto Cenote Sagrado, luogo di sacrifici umani. Poco oltre si ergono molti altri edifici, tra cui il Caracol (chiocciola, per la forma della torre, un osservatorio). Possiamo finalmente farci un’idea di come doveva essere una grande città maya. E finalmente raggiungiamo quella che per i maya fu Iscansihó, la città dei cinque palazzi: l’odierna Mérida. Principale centro della penisola e punto strategico per esplorarne le bellezze, nel XIX secolo conobbe grande splendore grazie alla lavorazione e al commercio della fibra dell’henequen, una specie di agave che fu per la città un vero e proprio oro verde. Il centro storico, articolato intorno allo zócalo, è delizioso: su tutto domina la catedral de San Ildefonso, anche detta de Yucatán, con le due alte torri e il colossale interno in pietra calcarea. Sulla destra, nel complesso di San Juan de Dios, è allestito il Museo de la Ciudad.


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E nel vicino Palacio Presidencial, al primo piano, la grande sala di rappresentanza è impreziosita da un ciclo pittorico che ripercorre la storia dello Yucatán, con la famosa Guerra de Castas, combattuta nell’800 dai nativi maya contro i bianchi.Sul vicino Paseo de Montejo troviamo ristoranti e locali con musica dal vivo. In uno dei molti negozi di artigianato scegliamo l’amaca che fa per noi. Non è difficile, visto che è il prodotto tipico per eccellenza di Mérida. Facendo base in città, possiamo esplorarne comodamente i dintorni.


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Una giornata la dedichiamo ai tre cenotes di Cuzamá, che visitiamo a bordo di una specie di minuscolo trenino trainato da cavalli; il giorno successivo raggiungiamo la riserva di Celestún, sulla costa ovest: è il paradiso dei fenicotteri rosa, dei pellicani e di altri uccelli acquatici; infine facciamo un’escursione a Campeche, delizioso centro coloniale patrimonio Unesco, ultima tappa del nostro viaggio nella penisola dello Yucatán. Come avevamo fatto a non venirci prima? Testo e foto di Natalino Russo © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA

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Yucatan

Informazioni: Ente per la Promozione Turistica del Messico Via Lazzaro Spallanzani 16, 00161 Roma www.visitmexico.com - N. verde 80011112266

Come arrivare: Da marzo 2015 un volo diretto collega Milano a Mérida. In alternativa, si può arrivare a Cancún o Mérida passando per Città del Messico volando con diverse compagnie, tra cui Iberia e Air Europa; oppure con scalo negli Stati Uniti. Efficienti e moderni autobus di linea collegano tutte le città del Messico.

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Quando andare: Clima: Ogni periodo dell’anno è buono per visitare lo Yucatán, tuttavia tra dicembre e marzo, cioè nella stagione secca, è più bassa la possibilità di piogge. Le temperature sono sempre piacevoli, ma in piena estate possono essere molto calde, superando i 30 °C.

Dove dormire: Anche fuori dai circuiti turistici della costa caraibica, generalmente non è difficile trovare alberghi di ogni categoria. Ecco qualche suggerimento per stare comodi: A Cancún: Hotel Fiesta Americana Condesa, Blvd. Kukulkan km 16.5 2da sección Lt 44, Zona Hotelera. Tel. 998.8824200. A Mérida: Hotel Presidente Intercontinental, Avenida Colon 500 tra 60 e 62. Tel. 999.9429000. Dove mangiare: Trovare da mangiare in Messico è l’ultimo dei problemi. La


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Maya & playa

cucina è ottima ovunque, dai pasti veloci dei chioschi per strada fino ai ristoranti stellati. Qualche suggerimento per leccarsi i baffi: A Cancún: restaurant Navíos, eleganti palapas (capanne) sulla laguna Nichupté, Boulevard Kukulkan km 19.5, Zona Hotelera. Tutti i giorni 12-22. Tel. 998.8853848, www.naviosseafood.com. A Valladolid: restaurant cenote Zací. Calle 37 S/N X 36, Col. Santa Ana, C.P.97780 Tel. 985.8560721 A Izamá: restaurant Kinich. Calle 27 n. 299 tra 28 e 30. Tel. 988.9540489. Tutti i giorni 12-21. A Mérida: restaurant La Chaya Maya. Calle 62 e 57. Tel. 999.9284780.

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Fuso orario: -7 ore rispetto all’Italia.

Documenti: Passaporto con almeno sei mesi di validità. Vaccini: Nessuno. %&x

Lingua: Spagnolo, ma nelle zone turistiche anche inglese. Religione: Perlopiù cristiana cattolica.


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Maya & playa

Yucatan

Valuta: Peso messicano, ma nella zona tra Cancún e Tulum è accettato anche il dollaro USA. Elettricità: 110 v, ma in molti hotel anche 220 v; presa americana.

Telefono: Prefisso internazionale del Messico +52; copertura mobile ottima. Abbigliamento: Estivo, scarpe chiuse per escursioni e attività nella natura.

Shopping: Molto ricco l’artigianato locale, che si può trovare nei mercatini e nei centri storici delle città, soprattutto a Mérida intorno allo zócalo e lungo il Paseo de Montejo, oppure nel centro storico di Izamá. Nell’entroterra i prezzi sono generalmente più bassi rispetto alla costa. Eventi: Feria Xmaktual dello Yucatan, a novembre.

Link utili: Per noleggiare uno yacht e passare una serata romántica sulla laguna: Marina Sunrise www.marina-sunrise.com, tel. 1930355, Boulevard Kukulcan km 14.7 Cancun.


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Maya & playa

Isla Mujeres, delfinario Dolphin Discovery www.dolphindiscovery.com Parco aventura Selvatica, Puerto Morelos. www.selvatica.com.mx

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Grotte di Río Secreto www.riosecreto.com

Area archeologica di Chichén Itzá www.chichenitza.inah.gob.mx


Viaggio nella cittĂ creativa


Viaggio nella città creativa

Matera

LAT 40,40 N

M AT E R A

V T T I Á C NELLA va o i g g ia

creati

Matera è Patrimonio dell’Umanità UNESCO perché la continuità abitativa che caratterizza il luogo ha qualcosa di straordinario. E da pochi mesi ha avuto l’investitura ufficiale come Capitale Europea della Cultura 2019. Testo e foto di Enrico Caracciolo


Viaggio nella cittĂ creativa


Viaggio nella cittĂ creativa


Viaggio nella cittĂ creativa


Viaggio nella cittĂ creativa


Viaggio nella città creativa

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all’Età della pietra a oggi. Diecimila anni senza soluzione di continuità. Benvenuti nella città dei Sassi dove l’architettura racconta la storia di un equilibrio spontaneo tra la materia e i sentimenti che sembra poter essere eterno. Quella in cui affonda le radici Matera è una pietra madre. È la materia scolpita dagli elementi e dalla mano dell’uomo che racconta una delle città più antiche del mondo. Tra i figli di questo luogo ci sono uomini e donne che fanno della connessione tra mani, cuore e genio un modus vivendi ispirato alla creatività. Il risultato sono forme primordiali che incontrano segni futuristici condensando in poco spazio un tempo dilatato.


Viaggio nella cittĂ creativa


Viaggio nella cittĂ creativa


Viaggio nella cittĂ creativa


Viaggio nella città creativa

Il passo da una casa grotta al MUSMA è breve ma attraversa spazi che l’immaginazione, più che la razionalità, riesce a cogliere e sintetizzare. Così i materani, originari o adottivi, sanno dialogare con gli elementi come se avessero imparato dalla loro città a parlare, amare, vivere, sognare plasmando la materia con mani sapienti e sensibili.


Viaggio nella città creativa

Nel segno della tradizione Il cuore pulsante di Matera è fatto dagli artisti e artigiani testimoni di antiche tradizioni o proiettati verso il futuro. Tra i simboli della tradizione popolare e presente in tante case c’è il prodigioso Cuccù. Si tratta di un fischietto bitonale in terracotta con le sembianze di un galletto ricco di decorazioni. Anticamente il cuccù aveva una funzione apotropaica, infatti si teneva dentro casa e serviva ad allontanare gli spiriti maligni.


Viaggio nella cittĂ creativa


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Viaggio nella città creativa

Creato artigianalmente ogni cuccù è un pezzo unico e irripetibile. Tutti gli artigiani della terracotta sono interpreti di questa tradizione. Particolarmente interessanti quelli di Marco Brunetti, in arte Geppetto, che si può incontrare nella sua bottega di Piazza Sedile. Una testimone giovane e creativa dell’arte ceramica è Dacia Capriotti che in via San Biagio crea fischietti diversi dai tradizionali in terracotta, ma sono ceramicati, in maiolica.


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Quella di Dacia, anche negli altri lavori come vasi, piastrelle, piatti, bicchieri è un’arte che esprime notevole fantasia e gusto creativo. Per rimanere in tema di terracotta Raffaele Pentasuglia, laureato in fisica, modella terrecotte impregnate di satira ed ironia: volti, smorfie, furbizia di briganti, filosofi, fattucchiere, medici, avvocati e folletti che appaiono come personaggi grotteschi.


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In tema di ceramica Matera vive nella figura di Peppino Mitarotonda, maestro capace di fondere la tradizione con l’arte contemporanea, e geniale cronista che racconta la storia e l’anima di Matera con straordinari cicli decorativi su maiolica. Gurrado invece trasforma la pietra di Lecce, il tufo di Matera e il legno in poesie di rotonda umanità recitate in silenzio; la materia diventa morbida, plastica e geometrica; volti senza occhi sono capaci di guardare nel più profondo dei sentimenti. Altro mago della pietra è Ralf Koslowski, l’unico tedesco che è diventato materano a tutti gli effetti; vive nella pietra del Sasso Caveoso e sulla pietra materana scolpisce labirinti. Ancora pietra, ancora scultura e giochi di luce per le lampade di Maristella Darretta, piccola donna dal grande spirito creativo. Un altro oggetto della tradizione materana sono i timbri del pane. Tra i testimoni più abili ci sono Emanuele Mancini, artigiano poliedrico che lavora legno, terracotta e cartapesta e Massimo Casiello, testimone di un artigianato colto e ricercato nella lavorazione del legno e nella creazione di utensili quotidiani.


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Tra i materiali poveri che costituiscono la ricchezza di Matera c’è la cartapesta, indissolubilmente legata alla tradizione del Carro della Bruna, l’evento materano più sentito dalla popolazione. Oltre a Michelangelo Pentasuglia, maestro cartapestaio e monumento vivente, i fratelli Carmine e Mario Daddiego, eredi del “Bottegaccio”, antica bottega di antiquari-artigiani a due passi dalla Madonna de Idris, da generazioni specializzata nella cartapesta e nella terracotta, fondono tecniche antiche con materiali moderni.


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Nuove energie Il filo del passato si lega a quello del futuro grazie alle mani e al genio di artisti e artigiani che proiettano Matera verso nuove economie e schemi valoriali impensabili fino a pochi anni or sono. Il messaggio forte è quello di creare qualcosa di importante con materiali che hanno già avuto una vita compiuta, destinati a qualche discarica o, nella migliore delle ipotesi, dimenticati in qualche soffitta.


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A dir poco geniale il lavoro di recupero di vecchia gommapiuma utilizzate dalle fabbriche di divani da parte di Tina La Torre che dona una seconda e più nobile vita a questo materiale trasformato in Pupazzi per il Teatro di Figura. E cosa dire di Patrizia Capriotti, la signora delle borse fatte con carta di giornale, tessuti di tappezzeria e pelle ormai inutilizzata. Oppure Lela Campitelli e Michele Ascoli che fanno gioielli utilizzando e riutilizzando legno, pietra e metalli e regalano emozioni materane. A due passi da Piazza Sedile e via delle Beccherie, dove circolano grandi energie creative, le Officine Frida sono la massima sintesi dell’arte del recupero partendo dall’abbigliamento fino alla pittura, passando per bioedilizia e bioarchitettura: della serie “altre economie sono possibili”. Menzione finale per il genio che brilla di riflessi e tinte forti di Paola Di Serio, artista del mosaico e di un personalissimo senso del vintage. Una stella policroma che trova ispirazione nelle viscere del Sasso Barisano. Testo e foto di Enrico Caracciolo © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA

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ES U TIT

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Matera

Informazioni: Apt Basilicata, Via De Viti De Marco 9; tel. 0835.331983, www.aptbasilicata.it; IAT, via Casalnuovo 15, n.verde 800.733789.

Come arrivare: In auto: da ovest, autostrada Sa-Rc per Potenza poi Basentana SS407 fino a Ferrandina e da qui SS 7 per Matera; da nord-est, autostrada Bo-Ta fino a Bari, quindi SS 96 per Altamura (45 km) e poi SS 99 per Matera (20 km); da sud-ovest, autostrada RcSa uscita Sibari, quindi ss106 ionica fino a Metaponto, poi E847 direzione Bernalda-Ferrandina e poi SS 7 fino a Matera; da sudest, da Taranto SS 106 Ionica fino a Metaponto, quindi direzione Bernalda fino a Matera; In bus: Autolinee Marino, tel.080.3112335, www.marinobus.it, collegamenti tra Matera e numerose città italiane tra cui Milano; Matera è collegata a Roma anche dalle Autolinee Liscio e Marozzi, www.autolineeliscio.it, www.marozzivt.it; In treno: non esistono collegamenti con le ferrovie di Stato (è attiva solo la linea Ferroviaria Appulo Lucana per Bari, www.ferrovieappulolucane.it, circa 60-90 minuti); In aereo: aeroporto Bari Palese (70 km circa).

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Quando andare: Tutto l’anno anche se l’inverno può essere rigido.

Dove dormire: Hotel Residence San Giorgio, Via Fiorentini 29; tel. 0835.334583, www.sangiorgio.matera.it. Residence San Giovanni Vecchio, Via San Giovanni Vecchio 77; tel. 0835.334281, cell. 329.9370997, 339.4086680, www.residencesangiovannivecchio.com. Hotel In Pietra, Via San Giovanni Vecchio 22; tel. 0835.344040, www.hotelinpietra.it. Hotel Il Belvedere, Via Casalnuovo 133; tel. 0835.311702, www.hotelbelvedere.matera.it. Casastella Bed&Breakfast, Via Casalnuovo 257; cell. 335.6534040, www.casastella.it.


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Dove mangiare: Ristorante- Pizzeria Oi Marì, Via Fiorentini 66; tel. 0835.346121, cell. 339.4086680, www.oimari.it. Ristorante Baccus, Piazzetta San Pietro Barisano 5/6; tel. 0835.330124, cell. 339.6337713, www.ristorantebaccus.it. Ristorante Kappador, Piazza Vittorio Veneto 40; tel. 0835.268021, cell. 328.8360826, www.kappador.it. Lanfranchi Caffé, Via Ridola 43; cell. 334.5713717. Keiv Cafè, Via Bruno Buozzi 184; cell. 339.3364475, www.keiv.it. La Cantina della Bruna, Via Spartivento 20; tel. 0835.335010, www.lacantinadellabruna.com. I Due Sassi, Via Ospedale Vecchio 1, tel. 08351971131, cell. 349.1621401, www.trattoriaduesassi.it. Ristorante-braceria Nadì, Via Fiorentini 1/3, tel. 0835.332892, cell. 339.6010828, www.ristorantenadi.com. Ristorante Francesca, Vico Bruno Buozzi 9, tel. 0835.310443, www.ristorantefrancescasassi.com. L’Arturo Enogastronomia, Piazza Sedile 15, cell. 328.7610247, www.larturo.com. Il Buongustaio, Via Lucana 166, tel. 0835.331982.

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Suggerimenti: Punto di riferimento per gli amanti del cicloturismo e dell’outdoor è Ferula Viaggi (Via Cappelluti 34, tel. 0835.336572, cell. 328.4561652, www.bikebasilicata.it, www.ferulaviaggi.it): oltre ad escursioni a tema organizzano Matera in bicicletta e 4 tour giornalieri con partenza e arrivo da Matera; anche viaggi in bici e a piedi in Basilicata. Link utili: www.viatoribus.com/it/italia/basilicata/matera


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Testo e foto di Gisella Motta

Sestola è la perla dell’Appennino modenese sul quale svetta il Monte Cimone. Piste attrezzate, ciaspolate e itinerari trekking la rendono la meta perfetta per gli sportivi; tigelle e gnocco fritto la mecca privilegiata per i buongustai.

Sestola

LAT 44,14 N


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evischia. Le strade sono tutte imbiancate e si incomincia a slittare: le catene con questo manto nevoso oramai sono obbligatorie. Una bella carreggiata a mo’ di serpentone sale dolcemente fino a Fanano, il primo paese dove si possono inforcare gli sci e fare il proprio ingresso nel comprensorio del Monte Cimone. Caratteristico questo borgo, con la torre di piazza Ottonelli che la fa da padrona e la piazzetta con la fontana che oramai è completamente ricoperta di neve. Non si incontra nessuno sulla strada tranne un’auto con a bordo cinque giovani che pensavano di farcela senza catene e si sono arenati.


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A Sestola è già sera e l’alloggio è all’Hotel Elena, una piacevole pensioncina in centro paese situata proprio alla confluenza tra le due vie principali, Corso Umberto Primo e Corso Libertà. Inutile aggiungere che qui si mangia molto bene e l’indomani mattina sarà un bel raccontare a Valentina, la guida, dell’enorme quantità di tigelle assaggiate. Alla luce del giorno lo spettacolo è davvero suggestivo, la bianca coltre di neve disegna i


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tetti e tutto il complesso del Castello, ricostruito alla fine del Cinquecento, che domina il paese. Muovendosi con le ciaspole si raggiunge il Museo della civiltà montanara collocato in un edificio che è parte della fortezza: sarebbe interessante una visita ma metà della porta d’entrata è sommersa dalla neve. Peccato. Anche l’ottocentesca fontana del Forno ha in parte l’acqua gelata e l’aria frizzante rende le guance simili a quelle di Heidi.


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Lasciate le ciaspole si riprende la strada verso il Passo del Lupo, a 1550 metri di altitudine, da dove partono gli impianti. Qui le strutture sono un po’ datate ma gli alberi imbiancati e il paesaggio tutto intorno fanno passare in secondo piano questi particolari tecnici. Il panettone del Monte Cimone domina tutto il comprensorio dall’alto dei suoi 2.165, maestoso e solitario signore di queste montagne: è la cima più alta dell’Appennino


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settentrionale e per metà dell’anno rimane imbiancata. Ad accogliere i visitatori, cinquanta chilometri di piste tutte collegate una all’altra e percorribili interamente senza mai togliere gli sci, una vera rarità per queste zone. Per riscaldare le gambe vale la pena gettarsi subito sulla pista nera della Cervarola, appositamente non fresata, per la gioia degli amanti della “polvere”. La funivia gialla del Passo del Lupo porta fino ai 1880 metri di Pian Cavallaro.


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La giornata tersa fa allungare lo sguardo su tutte le cime circostanti: un panorama davvero suggestivo ma certamente molto diverso da quello alpino a cui siamo abituati nei comprensori sciistici del nord. Un’occhiata alla cartina sul cartellone situato all’esterno della funivia fa notare come il comprensorio si divida in 4 diramazioni. Con lo sguardo rivolto a valle, sulla destra il Cimoncino con l’impegnativa nera “Delle Aquile” che prosegue poi fino al lago della Ninfa; una zona molto ben esposta al sole dove le piste sono ritagliate in mezzo a un fitto bosco di abeti. Alle piste del Cimoncino si può arrivare in auto (pedaggio di cinque euro nei week-end) o con il bus navetta da Pian del Falco oppure direttamente da Fanano.


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La parte centrale del comprensorio è quella più frequentata dai clienti abituali con due belle piste rosse e la nera (Direttissima) per gli specialisti dei ripidi pendii. Anche dal paese di Montecreto si può giungere al Passo del Lupo. Tutto a sinistra poi c’è la parte del comprensorio che scende fino a Le Polle di Riolunato. E’ stata inaugurata nel dicembre 2012 la pista 19, intitolata alla medaglia d’oro dello slalom alle Olimpiadi di Vancouver Giuliano


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Razzoli che qui è “di casa” e che proprio su queste nevi ha ottenuto i suoi primi importanti successi, come la vittoria nel campionato regionale Ragazzi. E sempre qui, prima di lui, il supercampione Alberto Tomba aveva sciato su tutte le nevi possibili, ricordando spesso, durante le interviste, quanto sia stata importante questa palestra così mutevole, a volte capricciosa, per la sua formazione atletica.


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Nella parte alta di queste piste si ha una bella visuale sul Passo del Lupo e sulle discese ricavate in un bosco di faggi rossi fino a fondovalle dove finalmente si può consumare uno spuntino o un vero e proprio pranzo nella deliziosa baita de “La Tana del Lupo”. Per un buon sciatore il comprensorio del Monte Cimone è percorribile tutto in una sola giornata: un’idea per il rientro a Sestola, per chi è salito con la navetta, è di prendere la vecchia seggiovia che da Pian del Falco discende proprio al centro del paese. Giunta la sera poi, ci si può dedicare al rito dello “struscio” nelle vie principali ricche di bar e negozi, con l’imbarazzo della scelta tra le varie specialità gastronomiche, le celebri tigelle, il gnocco fritto o le artistiche torte di croccante della pasticceria Turchi, lavorate a caldo dalla signora Maria Luisa nelle forme più impensate. Ma c’è qualcosa ancora di più piacevole in questi luoghi dell’Appennino che ne fa una meta desiderabile per una vacanza rilassante ed è quel calore umano, quella cordialità spontanea che si respira tra la gente, simpatia e allegria contagiose, come la parlata emiliana. Testo e foto di Gisella Motta © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA

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Sestola

Come arrivare: IN AUTO Per chi proviene da Milano ⁄ Reggio Emilia: Autostrada A1- Uscita Modena Nord - seguire per Abetone lungo la S.S. 12 attraversando i paesi di Montale Rangone, Pozza di Maranello, Gorzano, Pavullo e Querciagrossa. Dopo quest’ultima località svoltare a sinistra in direzione Renno lungo la S.P. 30 e percorrere fino a Sestola. Per chi proviene da Roma ⁄ Bologna: Autostrada A1 Uscita Modena Sud - seguire per Cimone lungo la S.P. 623 attraversando i paesi di Spilamberto e Vignola. In quest’ultima cittadina svoltare a destra prendendo la S.P. 4 e proseguire attraversando Marano sul Panaro e Casona di Marano fino a Fanano. Immettersi nella S.P. 324 e seguire per Sestola. Per chi proviene da Pistoia ⁄ Porretta: percorrere la S.P. 64 fino a Silla. Seguire lungo la S.P. 324 per Lizzano in Belvedere e per Fanano giungendo infine a Sestola. Per chi proviene da Pistoia ⁄ Abetone: percorrere la S.S. 12 fino a Pievepelago poi prendere la S.P. 324. Attraversare i paesi di Riolunato, Montecreto e la frazione di Roncoscaglia proseguendo per Sestola. IN CORRIERA www.atcm.mo.it - www.atc.bo.it. Linea Modena - Vignola – Sestola Linea Modena - Pavullo – Sestola Linea Bologna - Vignola – Sestola. Dove dormire: Hotel Elena Sestola. Aperto tutto l’anno, è un’hotel tre stelle ha una gestione familiare che rende la permanenza piacevole e accogliente. Ottima la cucina, rigorosamente artigianale. Indirizzo: Via della Caserma 4 41029 Sestola (Mo). Telefono 0536 61271.


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Hotel Calvanella. Ai piedi del Monte Cimone, il rifugio offre camere semplici e confortevoli ed un ristorante ricco di piatti tipici della tradizione emiliana. In estate alloggio ideale per gli amanti della MTB o dell’escursionismo poiché situato nel cuore del Cimone Bike Park e ottimo punto di partenza per bellissimi trekking a piedi e per raggiungere l’Adventure Park Cimone. Per i più esperti, in pochi minuti, è possibile raggiungere le piste con il servizio Ski-Bus. Pian del Falco è collegato a Sestola sia da una comoda strada sia da una seggiovia: è considerato, per il suo vasto panorama il balcone dell’Appennino modenese. Indirizzo: Via Pian del Falco - 41029 - Sestola (Mo). Telefono 0536 62388.

U TIT

Dove mangiare: Osteria il Forte. Nella splendida piazze della Torre, questo delizioso locale a conduzione familiare propone piatti della tradizione locale con tocco originale. Cucina fatta in casa con nuovi metodi di cottura come quella a bassa temperatura, in un locale accogliente e con pochi posti a sedere. Telefono 0536 61293.


Recife

LAT 08,00 S Il Carnevale dei pupazzi e del Frevo

Chi ha detto che il miglior Carnevale brasiliano è quello di Rio? In questo viaggio a Olinda e Recife, scopriremo come si festeggia in Pernambuco, quest’anno dal 13 al 18 febbraio.

RECIFE & OLINDA

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Il Carnevale dei pupazzi e del Frevo

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ecife nel Nordeste Brasiliano è una città molto conosciuta dai turisti italiani: per pochi nobili motivi, da cui pian piano anche grazie alle campagne governative sta cercando di affrancarsi, e per la sua vicinanza a un paradiso naturale ambito e amatissimo, Fernando de Noronha. Tanti quindi sono solo in transito, ma la capitale del Pernambuco vale una sosta per conoscere la città e la vicina Olinda, vero gioiello di architettura coloniale. Noi abbiamo deciso di fermarci un paio di giorni, gironzolando senza meta in una città in rapida espansione, con un lungomare infinito protetto dalla barriera corallina affiorata, il recife, da cui prende il nome. Moderna e dotata di infrastrutture, Recife mostra il suo lato più tipico nei mercati popolari, come il Mercado São José, o nel bazar della Casa da Cultura.


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Famose le lunghe spiagge, Boa Viagem, Polo Pina, Praia Enseada dos Corais, fino ad arrivare a Porto de Galinas, fra le più rinomate località balneari dello Stato. Il lungomare di 7 km che si estende a ridosso dei grattacieli è una sensazionale sfilata antropologica dove s’incontra una moltitudine di varia umanità. Costeggia l’arenile di Boa Viagem, una delle più belle spiagge urbane del Paese.


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Bordata da palme da cocco s’affaccia su un mare cristallino ed è perfetta per fare sport sulla sabbia, prendere il sole e tirare tardi la sera nei locali. Qui si concentra anche la maggior parte degli alberghi, ristoranti e centri commerciali. All’alba è deserta e per nulla attrezzata, ma in meno di un’ora si popola e arreda con ombrelloni, sedie, lettini, degni della migliore tradizione della Costa Azzurra, tutto assolutamente precario e improvvisato.


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Niente ristoranti eleganti, solo centinaia di carrettini che dispensano ogni genere di cibo, dagli” abacaxi” su spiedi caldi (gli ananas locali così serviti per far rilasciare tutto il succo dolcissimo) ai gamberi appena pescati, agli spiedini di “queso” (tipicissimi, di formaggio) a cockail, cocomeri, manghi, papaie: insomma un tripudio di cibo. Sul bagnasciuga sfilano corpi scultorei di ragazzi e ragazze, che si muovono allegramente al ritmo di musica, diffusa ovunque. Può sembrare il paradiso.


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Non è propriamente così, qui la povertà c’è e si sente, ma gli abitanti fanno di tutto per rendersi la vita più piacevole e si arrangiano per crearsi opportunità di lavoro, seppur precario, insostituibile fonte di reddito. La presenza dei grattacieli, già alle prime ore del pomeriggio, provoca un evento quasi surreale: man mano che l’ombra avanza tutti si spostano nelle strisce esposte al sole, visto dal 27° piano è un quadro moderinista.


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Recife è soprannominata la Venezia del Brasile per il suo aspetto di città d’acqua conferito dal fiume Capibaribe e dai suoi canali, collegati da decine di ponti. La parte nuova della città è un insieme di alti palazzi di vetro e lunghe spiagge sabbiose , mentre è il quartiere storico di Recife Antigo il cuore pulsante di vita con le sue case antiche, le chiese barocche, i negozi di artigianato e un numero infinito di piccoli bar e ristoranti aperti fino a tardi. Molti locali sono a doppio utilizzo: di giorno garage o negozi, di sera bar alla moda con musica dal vivo. Dicono non sia una città molto sicura. Noi abbiamo saltellato da uno all’altro fermandoci per una Caipirinha qui, una birra là godendo di buonissima musica fra molti giovani, con la sensazione di essere in un qualsiasi quartiere di grande città. Per capire la cultura del Sertão, la parte interna semi arida del territorio, merita una visita il Cais do Sertão, un museo di livello internazionale e una delle più moderne strutture culturali del Brasile, situato nell’elegante zone del Porto di Recife, presso il Magazzino 10.


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Per fare il bagno che ognuno sogna bisogna andare a Porto de Galinhas, ad un’ora d’auto dalla città. Splendida spiaggia tropicale con una lunga costa e acque trasparenti protette dalla barriera corallina. La cittadina omonima ha molti hotel di buon livello ed è una delle destinazioni preferite dai turisti e dai brasiliani in questa parte di Paese. Olinda Patrimonio dell’Unesco Ma da non perdere assolutamente, a 6 km da Recife, è la città coloniale di Olinda, patrimonio Unesco dal 1982.


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Molto più tranquilla della capitale, è il posto giusto per riposarsi in un’atmosfera rilassata e un po’ bohémien. Olinda deve il nome all’esclamazione di un conquistatore portoghese che, alla vista del panorama meraviglioso, esclamò: “o linda situaçao para una vila” ovvero, “che posto favoloso per edificare una città”. Salire e scendere le ripide strade mette a dura prova le gambe, ma regala momenti di autentico stupore per il patrimonio architettonico ricco e variegato di chiese, case e palazzi.


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Molti atelier e gallerie interessanti, pousada di charme, ristoranti e locali sono concentrati in rua de Amparo, Prudente de Moraes e São Bento. Per acquisti interessanti ci sono posti come Mercado Eufrasio Barbosa , Mercado da Ribeira e il nuovo Mercado Alto da Sé. Eventi, mostre e festival musicali e letterari movimentano la cultura locale tutto l’anno. Va detto però che andarci per il carnevale è una vera festa. Se il Carnevale è una grande attrazioni in tutto il Brasile, a Olinda costituisce anche lo specchio delle diverse tradizioni che hanno forgiato nel tempo il Paese: le influenze della dominazione portoghese, la cultura indigena e quella africana. Il carnevale di Olinda è certamente il più famoso e popolare del Brasile. Forse perché i veri protagonisti dei festeggiamenti sono le persone. Qui non esiste il Sambodromo, come a Rio e a San Paolo, e i cortei mascherati si sviluppano ovunque, per le strade dell’intera città. I carri pieni di gente che canta, suona e balla, sbucano ad ogni momento da tutti i lati, per un divertimento da capogiro. Dal 1977 il carnevale ha assunto questa connotazione volutamente popolare, è aperto a tutti e non esiste un ingresso a pagamento, così la gente può sbizzarrirsi liberamente nelle danze più sfrenate.


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Le musiche sono un incessante mix di ritmi locali come il Frevo, la danza tipica del Pernambuco, e armonie che fondono la Samba alle danze tribali e religiose come “l’Afoxés” e il “Maracatus”. Fiumi di gente si riversano nelle vecchie strade al rullo dei tamburi e al risuonare ossessivo del maracatù. Centinaia di gruppi in costumi afro sfilano, attirando ogni anno circa un milione di persone che cantano e danzano come in trance sotto l’abbacinante sole nordestino. La parata dei “Bonecos”, pupazzi giganti, è un autentico classico: più di cento creature in cartapesta che possono raggiungere oltre i tre metri di altezza, portate a braccia lungo le vie strette e ripide della città. Qui la satira non fa sconti e tutti possono finire in caricatura. Il carnevale inizia molto prima del sabato di Zé Pereira con le prove, ma anche con manifestazione come la Notte dei Tamburi silenziosi, un omaggio alle origini afro-brasiliane.


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Contemporaneamente a Recife si riuniscono ogni sabato di carnevale i seguaci del “bloco” più grande del mondo, come certificato da Guiness: il famoso Galo da Madrugada, che aggrega circa due milioni di persone. E poi la domenica anche qui la Notte dei Tamburi Silenziosi, nonostante il nome, tiene sveglie moltitudini. Si tratta di una sfilata che rende omaggio alle anime: un tocco mistico in tanta sfrenatezza. Testo di TeresaScacchi e foto di Eugenio Bersani © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA

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Canada Recife

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Informazioni: Come arrivare: Diverse compagnie Ambasciata d’Italia in volano Brasiledall’Italia - S.E.S. - al Av.Canada, das Naçoes, ma laQuadra più economica 807 Lote 30è- solitamente 70420-900 Brasilia, Air Transat D.F. -che Tel.collega 61 344 Roma 299 00.con Toronto e Vancouver. Consolato d’Italia a Recife Una -volta Av. Eng. in territorio Domingos canadese Ferreira, bisogna 2222 prendere S/201 - Tel.un 81volo 346interno 642 00. per Ambasciata raggiungere del Brasile Whitehorse in Italia elo Yukon Piazza Navona, Territory 14 (Air - 00186 Canada, Roma Air- Tel. North 06 le 683 compagnie 981. più gettonate). Dalla Germania c’è però l’opzione volo diretto con la Condor Airlines, che vola su Whitehorse durante i mesi Come arrivare: estivi. rivelaraggiungibili spesso la soluzione piùarrivando conveniente QuesteQuesta localitàsisono dall’Italia, su Recife, per Yukon dall’Europa. Noleggiare un’auto con raggiungere le compagnieloTAM e TAP. per raggiungere il Grande Nord da Toronto può essere molto costoso (sono circa 7000km) anche se panoramico Quando andare: e avventuroso. Vancouver il tragitto è invece piùscendono breve e Clima: tropicale,Da con temperature minime che non anche più ispettacolare (si attraversano tre ecosistemi tra mai sotto 20 gradi. Si distingue una stagione umida ediversi piovosa, cui il deserto intorno da al fiume Fazer a Cache Creek la tundra in da marzo ad agosto, una stagione più secca, daesettembre a Bristish Columbia). febbraio. Quando andare: Documenti: Clima: Il periodo migliore per Canada di e in particolar E’ necessario il passaporto convisitare validitàil residua almeno 6 modo Yukon Territory è solitamente da emetà maggio a fine mesi allomomento dell’ingresso nel Paese, il biglietto aereo agosto. Leetemperature sono gradevoli le precipitazioni di andata ritorno. All’ingresso la Poliziae Federale apponemeno sul frequenti. evitareche il periodo trafino marzo e aprile passaportoSicuramente un timbro didaentrata permette a 90 giorni a quando semestrelodiscioglimento permanenza.della neve, oltre a causare inondazioni in tutto il paese, scopre infinite distese di erba bruciata dal gelo. Meraviglioso è invece il mese di ottobre, che corrisponde Lingua: all’inizio del breve autunno. Le immense foreste dell’Ontario Portoghese. e delle Rockies si colorano, in questo periodo, di un’ infinita quantità Telefono:di sfumature tra il rosso e il giallo. Dall’Italia in Brasile comporre il prefisso 0055; dal Brasile in Italia il prefisso è 002139.


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Viaggio Dove mangiare: organizzato: Nello i prezzi sonoaovunque piuttosto alti,una si consigliano I tour Yukon operators associati VBRATA propongono serie di soprattutto dining a informazioni bordo strada,andare specie sul se frequentati da itinerari per imaggiori sito: camionisti, che possono riservare anche esperienze pittoresche www.vbrata.it. e “indigene”, meno turistiche. Il prezzo medio per una colazione Fuso (uova,orario: bacon, patata e pane) o un pranzo tipico (hamburger e In Brasile varia da 3intorno a 5 oreaiindietro rispetto all’Italia. patatine) si aggira 10/15 euro.

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Vaccini: Viaggio organizzato: Non richieste vaccinazioni obbligatorie. Il toursono operator Viaggi dell’Elefante propone l’itinerario di 14 giorni “Gran Tour Alaska & Yucon” con partenze il 13 giugno e l’8 agosto 2015. Prezzo a partire da 3120 euro a persona. Elettricità: In Brasile può variare da 110 a 220 volt. Fuso orario: Da – 6 sulla East Coast a – 9 sulla West Coast. Mance: Molti servizi comprendono già nel conto una mancia Documenti: obbligatoria del 10 per cento. Passaporto con validità a 6 mesi. Carte di credito: Vaccini: Ampiamente accettate, specie Visa e MasterCard. Nessuno. %&x

Eventi: Lingua: Quest’anno il carnevale va dal 13 al 18 febbraio per info: Inglese e francese. www.riocarnaval.org/it. Valuta: Dollaro canadese.


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