Sommario
Sudafrica Foto di Marco Santini
Sudafrica Rotolando verso Sud
Les Deux Alpes Incanto perenne
Cagliari Cagliari con vista
Cina Il paese di giada e seta
Uzbekistan Viaggio nella leggenda
Gennaio 2019
Redazione:
Via Pisacane, 26 20129 Milano tel. +39 02.36511073 redazione@latitudeslife.com Foto di Shutterstock
Hanno collaborato
Patrizio Del Duca Franco Cappellari Gisella Motta Marco Santini Nadia Ballini
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Patrizio Del Duca Franco Cappellari Gisella Motta Marco Santini Luca Bracali
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Cina Foto di Franco Cappellari
n°122 Gennaio 2019
Direttore Responsabile Eugenio Bersani
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Land art in Sicilia
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Sudafrica
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1400 chilometri on the road da Cape Town a Port Elizabeth, passando per la regione dei Karoo, in una delle parti meno note del Sudafrica. Con sosta nella capitale e irrinunciabile incontro con leopardi e rinoceronti. Testo e foto di Marco Santini
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I
l Capo di Buona Speranza Da Capo di Buona Speranza a Port Elisabeth è il tratto più bello di costa orientale sudafricana. Punto cruciale della circumnavigazione dell’Africa, il Capo fu raggiunto per la prima volta da Vasco de Gama nel 1497, che lo battezzò con quel nome di buon auspicio. Storie e leggende animano questo punto d’incontro fra l’Oceano Atlantico e quello Indiano, come quella di Adamastor, l’orribile gigante che si dice sia stato trasformato da Zeus nella penisola del Capo. E se in origine la punta estrema del continente nero era abitata solo - occasionalmente da comunità di Khoi-san (Boscimani) o di Khoi-Khoi (Ottentotti), a fondare la “taverna dei mari”, l’insediamento che oggi si riconosce nella Città del Capo, sono stati i primi coloni bianchi.
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Arrivati il 7 aprile del 1652 a bordo del Drommedaris, un’imbarcazione appartenente alla Compagna Olandese delle Indie Orientali e capitanata da Jan van Riebeeck, si stabilirono nella zona. La Cape Town odierna è simbolo dell’Africa, cosmopolita dalla nascita, destinazione mondana e seducente, rifugio di popolazioni in fuga (come gli Ugonotti), di avventurieri e casa per europei e asiatici. Non per gli africani, almeno per un certo periodo. Una contraddizione che ancora oggi influisce negli equilibri delicati di questa città moderna e dinamica. Qui, regna un’atmosfera unica, e lo stile di vita regala echi d’Europa, di San Francisco, di Hong Kong ma anche di
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Sydney. Difficile annoiarsi da queste parti. Basti pensare al Waterfront, uno degli esempi più intelligenti di porto riscoperto, dove convivono gli shopping center con le officine dove si riparano imbarcazioni di ogni tipo, i ristoranti con i magazzini commerciali, e i locali notturni con le stazioni delle unità di soccorso, sempre sull’allerta per soccorrere qualche imbarcazione in difficoltà al largo del “capo delle tempeste”. Il risultato è un luogo di una vitalità eccezionale. Per chi ama la buona cucina Cape Town è ricca di attrazioni multietniche: non a caso sapori e tradizioni di ogni angolo del mondo camminano a braccetto e sono rese ancora più interessanti dalla giovane generazione di chef sperimentatori.
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Per farsi un’idea di questa realtà basta fare un salto a The Old Biscuit Mill, nel quartiere emergente di Woodstock, fabbrica convertita in polo del food e design. In questo luogo giovani artisti e produttori di ogni genere s’incontrano e danno vita ad una sorta di farmer’s market con innumerevoli proposte di street food e ristoranti. Decisamente l’indirizzo giusto per acquistare il biltong, strisce di carne essiccata di antilope o di bufalo – strepitosi quelli di kudu e di eland. In viaggio Lasciata la città e archiviata una visita alle sorprendenti regioni vinicole circostanti e al giardino botanico di
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Kristenbosch, si va verso sud: si costeggia l’Atlantico passando per Green Point e Clifton per vedere le spiagge più belle del continente. Quindi, Camps Bay: da una parte l’Oceano con le sue onde e dall’altra una sfilata di localini gremiti di giovani capetonians alti, biondi e belli. Quasi il set di un film. Si riparte lungo la splendida Chapman’s Peak Drive, un tracciato scavato nella roccia sotto i 12 Apostoli dai prigionieri di guerra italiani durante il secondo conflitto. La presenza del Capo si avverte distintamente negli ultimi chilometri di strada. Non è necessario consultare la cartina per rendersi conto di essere arrivati in un lembo di terra estremo: gli ultimi metri si percorrono a piedi.
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Si risale un sentiero che fra una terrazza panoramica e l’altra, porta fino al faro (in alternativa c’è anche la funicolare) e la vista è spettacolare: il profilo della costa est si perde nella profonda insenatura di False Bay prima di regalare un colpo d’occhio sulle scogliere lontane del Capo Agulhas. Di nuovo in auto si scende verso l’Oceano Indiano poco sotto Simon’s Town dove si può visitare la colonia di pinguini africani che vive tra le rocce di Boulder Beach. Risalendo False Bay verso nordest ecco il villaggio di pescatori di Kalk Bay con il suo porticciolo - tappa fondamentale per chi ama il pesce fresco. Andate alla Harbour House per gustare il famoso seafood platter: una montagna di crostacei, frutti di
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mare, pesce bianco e astice. Ancora pochi chilometri e si arriva alla famosa spiaggia di Muizemberg, la patria del surf, con le sue iconiche cabine colorate, davanti alle quali i surfisti attendono l’onda giusta. Da qui comincia la parte di viaggio che a poco a poco si lascia alle spalle i luoghi noti, i percorsi scontati, la gente. La prima tappa è Hermanus, la capitale del Whale Watching da terra (da settembre a dicembre): perfino dalla terrazza dell’albergo si vedono spuntare dal mare le sagome delle balene. Il vero appuntamento con il brivido è, però, a Gangsbaai, dove ci si imbarca per raggiungere (in poche decine di minuti) la famosa Shark Alley: zona con una delle più alte concentrazioni di squali bianchi. Un nome, una garanzia.
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Andate alla Harbour House
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per gustare il famoso seafood platter
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Dopo Gangsbaai, le strade si fanno deserte: da un lato l’Oceano Indiano, mentre a nord le montagne che definiscono la regione dei Karoo, obiettivo reale di questo viaggio. Prima di lanciarsi verso l’interno bisogna raggiungere il punto più a sud del continente: il Capo Agulhas, poco frequentato e selvaggio. Quindi, risalendo verso nord ci si immette sulla Scenic Route 62 che arriva da Stellenbosch e che ricorda la parte western della Route 66. Anche il territorio cambia progressivamente passando da campi di grano a un ambiente più arido e roccioso, con catene montuose solitarie, solcate da canyon tortuosi. È la regione dei Karoo, l’anticamera del Kalahari, il deserto rosso che comincia poco più a nord. Si divide in Groot Karoo a nord e Kleine Karoo a sud. Il nome Karoo in lingua Khoisan significa “terra della sete”. Questo territorio è percorso da strade suggestive (la Route 62 è semplicemente la più lunga) in parte sterrate ma pur sempre accessibili a qualsiasi tipo di automobile. La prima tappa in quest’area spiazza: fra le colline rocciose si apre una valle verdeggiante, minuscolo paradiso agricolo e nuova frontiera enologica sudafricana, al centro della quale sorge la cittadina di Robertson: ideale per la presenza di uno di quegli hotel talmente gradevoli da diventare destinazione, e che ti fanno sentire fuori dal mondo. Il Robertson Small Hotel.
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Si riprende il viaggio e ci si getta di nuovo in vallate rocciose fino a Montagu, per poi seguire la Route 62 fino al cartello che indica l’entrata della riserva privata di Sanbona, ottima occasione per scoprire quali specie animali popolino la regione dei Karoo, accompagnati da guide turistiche. È quindi la volta di passare da Oudtshoorn per risalire il passo dello Swartberg, strada sterrata fra le più belle della regione che regala panorami danteschi. Costruita da prigionieri ai lavori forzati e inaugurata nel 1888, attraversa alcuni dei punti più spettacolari della regione dei Karoo. Dal punto più alto del tragitto lo sguardo abbraccia mondi assai diversi fra loro: praterie a pascolo, rocce contorte, e a sud l’aria che arriva dall’oceano e si condensa in quelle caratteristiche nebbie che a Cape Town drappeggiano la Table Mountain col nome di tablecloth, la tovaglia. Toccato il paesino sperduto di Price Albert e riattraversata la catena dei monti Swartberg (sito Unesco) in direzione di De Rust, il paesaggio varia ancora: il terreno si fa sempre più arido e piatto, mentre la strada lo attraversa come una freccia scagliata verso Graaf Reinet. Questa cittadina è persa fra le pieghe del tempo. Si respira un’aria da Ottocento e l’atmosfera è quasi immobile; a pochi chilometri c’è la Valle della Desolazione.
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Rotolando verso Sud
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La Valley of Desolation fa parte del complesso del Mount Camdeboo National Park, dichiarato parco nazionale nel 2005, a dispetto delle dimensioni contenute (circa 15000 ettari), casa di oltre 220 specie di uccelli, 43 specie di mammiferi e 330 di piante. Rientra nell’ambizioso progetto di creare un’unica area protetta che si estende fino al Mountain Zebra National Park a est. Per comprendere al meglio il valore ecologico e la biodiversità che caratterizza questa regione bisogna fermarsi proprio in mezzo ai due parchi e visitare la Samara Private Nature Reserve. 30 mila ettari di natura selvaggia, praterie ma soprattutto montagne. Qui i viaggiatori trovano ospitalità nelle case coloniche
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dell’Ottocento, trasformate in lodge di lusso, e, volendo, si può esplorare con i 4x4 un ambiente completamente diverso da ogni altro safari. Infine gli elefanti. Il tempio degli elefanti. Ultima tappa di questo viaggio on the road è infatti Addo Elephant Par, con oltre 600 esemplari, costruito per salvare gli animali dallo sterminio dei primi anni del Novecento. Il parco ospita anche una discreta popolazione di rinoceronti neri, leoni, iene, bufali ed è il terzo più grande del Sudafrica per estensione - dopo il Kruger e il Kalagadi Trans Frontier Park. Vanta, sì, campeggi ben tenuti con bungalow si può passare la notte in tutta sicurezza e a costi minimi ma, se c’è un posto dove vale la pena di fare una pazzia, è certamente Gorah Elefant Camp, concessione privata all’interno del parco.
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Dodici tende in alto sulla collina e una casa coloniale del XIX secolo perfettamente ristrutturata dove vengono serviti i pasti e la colazione. La vista è sugli animali
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del parco totalmente liberi. L’oceano, Port Elizabeth e l’aeroporto sono a meno di un’ora, ma da qui nessuno vuole ripartire. Testo e foto di Marco Santini © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
Rotolando verso Sud
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Sudafrica
Informazioni: Su sito dell’Ente del Turismo sudafricano.
Come arrivare: Tra le compagnie che volano in Sudafrica segnaliamo la compagnia olandese KLM e la francese Air France.
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Quando andare: Clima: Come in tutto l’emisfero australe, le stagioni sono invertite rispetto all’Italia, ma questo viaggio si può realizzare in ogni periodo dell’anno. Durante i nostri mesi estivi le temperature saranno più fresche al mare, anche freddo di notte, mentre durante i nostri mesi invernali troveremo temperature più torride all’interno ma sempre mitigate dal vento e dalla mancanza di umidità. Dove dormire: A Cape Town ci sono soluzioni per tutte le tasche. Il Sweet Lemon Boutique B&B vicino al Waterfront è l’ideale punto di partenza per scoprire la città e del Capo.
Fuso orario: Nessuna differenza con l’ora legale italiana mentre c’è un’ora in più rispetto all’ora solare italiana. Tutto il Sudafrica (UTC+2) è infatti avanti di un’ora rispetto all’Italia (UTC+1), ma la differenza si annulla quando in Italia è in vigore l’ora legale che in Sudafrica non esiste. Documenti: Passaporto in corso di validità per almeno 90 giorni dall’ingresso nel paese.
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Vaccini: Nessuna vaccinazione richiesta. Lingua: In Sudafrica ci sono 11 le lingue ufficiali ma tutti parlano inglese.
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Religione: Le religioni più diffuse sono quella protestante, cattolica e anglicana ; una buona parte della popolazione è animista. Valuta: Il Rand sudafricano diviso in centesimi. Al momento della stesura di questo articolo un Euro equivale a circa 16 Rand. Molto diffuse le maggiori carte di credito. Elettricità: 220 v, procurarsi un adattatore fra spine europee e prese sudafricane. Telefono: Per chiamare il Sudafrica dall’Italia si compone lo 0027 seguito dal prefisso locale e dal numero dell’abbonato. Per chiamare l’Italia si compone lo 0039 seguito dal prefisso e dal numero telefonico. Ottima la copertura cellulare. Abbigliamento: Il classico abbigliamento da viaggio, a strati. Per la città casual e smart casual. Suggerimenti: A sinistra come in Gran Bretagna e in tutta l’Africa Australe. Meglio avere una traduzione in inglese della patente o quella internazionale.
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Dall’alto delle vette che arrivano fino a 3600 metri, Les 2 Alpes è il paradiso dello sci alpino. Oltre 400 ettari di piste imbiancate e ben battute adatte a tutti fanno del ghiacciaio più alto d’Europa la meta top per quest’inverno. Testo e foto di Gisella Motta www.gisellamotta.it
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iocchi finissimi di neve riportata si posano sugli impianti di risalita. Il sole intanto gioca a nascondino dietro la nebbia mentre la temperatura si fa più gradevole. Saliamo più o meno a metà del pendio sopra la stazione sciistica di Les 2 Alpes, la famosa località nella regione Rhone Alpes, dipartimento dell’Isère. Da qui possiamo immetterci nella pista blu “Jandri 1” che da un paio di anni permette una discesa semplice fino in paese adatta a sciatori di ogni livello. Una spanna di neve fresca fa gioire anche gli amanti della “polvere” ma soprattutto rende il paesaggio davvero da favola. Di questa pista si fece un gran parlare e fu inaugurata nel gennaio 2016; prima di allora, in effetti, gli sciatori dovevano percorrere piste nere e rosse per tornare alla partenza degli impianti o, unica alternativa, un tratto di pista verde spesso sovraffollata.
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Questo a causa della particolare conformazione della montagna in questo comprensorio che presenta pendii più dolci in alta quota a partire dal ghiacciaio fino a circa 2.000 metri di altitudine, per poi gettarsi a capofitto sull’abitato di Les 2 Alpes con pendenze da “nera”: un’immensa opera che ha permesso di addomesticare le curve della montagna con sbancamenti e riempimenti, nel pieno rispetto del paesaggio, che va a completare un lunghissimo percorso su piste relativamente facili che scende dai 3.400 metri di altezza fino ai 1.600 metri con un dislivello di 1.800. Un vero fiore all’occhiello costato dieci milioni di euro per
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trasportare, scavare e rinterrare (oltre 550.000 m3 di terreno mosso) ma anche per ripiantare 12.000 alberi. Il più grande cantiere mai intrapreso in un comprensorio sciistico. Lo sci è il motore turistico della montagna francese e la prima motivazione dei turisti presso le stazioni invernali. La Francia è il 1° comprensorio sciistico d’Europa e la 2° destinazione mondiale solo dopo gli Stati Uniti. Les 2 Alpes fa parte delle dieci destinazioni sciistiche invernali più importanti. Il suo principale punto di forza è la presenza di un innevamento naturale dall’inizio alla fine della stagione grazie anche al ghiacciaio che culmina a 3.600 metri di altitudine.
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Conosco Les 2 Alpes fin da quando ero una bimba che veniva ad allenarsi qui in estate così come fanno ancora oggi molti sci club. Qui si sciava fino all’ora di pranzo circa e poi si trascorreva tutto il pomeriggio in piscina, a giocare a tennis, a pattinare ad andare a cavallo ecc. C’era già allora ogni ben di Dio con cui divertirti: un vero e proprio “paradiso terrestre” per una ragazzina di dodici anni. E a tutt’oggi Les 2 Alpes attribuisce grande importanza all’accoglienza dei bambini e delle loro famiglie. Nel 2009 la stazione ha acquisito il marchio “Famille Plus”, che garantisce un’accoglienza specifica e prestazioni di qualità ai bambini che trascorrono qui una vacanza. Basta osservare come in inverno nella parte bassa della stazione siano attrezzati per far apprendere lo sci ai più piccoli, dai 3 anni in su. Anche ai giovani è rivolta particolare attenzione tanto che proprio a dicembre 2018 è stato inaugurato un nuovo ostello che conta quarantaquattro camere e offre una ospitalità di buon livello a prezzi veramente modici a partire da diciannove euro per persona. Una stazione sciistica completa con ben 200 chimometri di piste disposte sui due versanti della montagna, a ovest e a est dell’abitato di Les 2 Alpes: la vallée Blanche con piste di varia difficoltà da un lato, dall’altro, a est, poi si sviluppa la maggior parte del comprensorio con la famosa pista blu subito in primo piano e, a salire, la parte più alta occupata dal maestoso ghiacciaio con gli spazi appositi per gli amanti del halfpipe e, un po’ più in basso nei pressi del M.Toura, con la zona dedicata al freestyle.
Incanto perenne
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Incanto perenne
Non manca naturalmente un’ampia scelta di attività di contorno per il dopo-sci: nella strada principale per due chilometri troviamo bar, ristoranti di tutti i tipi, cioccolaterie come il Salon de The “Chat Gourmand” dove si confezionano i cioccolatini intitolati a Rolland Marion, la campionessa del mondo francese di discesa libera. Creperie, salumerie, botteghe del formaggio, ma anche negozi di tutt’altro genere come articoli sportivi, abbigliamento e souvenir. Trecento negozi disseminati lungo tutto il viale.
Incanto perenne
Di notevole importanza sono le dieci SPA per rilassarsi dopo lo sci o le attivitĂ extra come i cani da slitta, pattinaggio su ghiaccio, parapendio con gli sci a biposto, motoslitta e la possibile visita per i non sciatori della Grotta di ghiaccio (ai piedi del ghiacciaio) con le magnifiche sculture. Al calar della sera infine sci escursionismo o ciaspole per tutti.
Testo e foto di Gisella Motta Š LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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Les Deux Alpes
Informazioni: Les 2 Aleps - France.fr
Dove dormire: Chalet Mounier è un quattro stelle, caldo e accogliente Les Mélèzes baita in stile alpino The People Hostel Hotel Serre Palas
Dove mangiare: Alisier
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Cagliari con vista
CAGLIARI CON VISTA
Cagliari con vista
Cagliari
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Antiche chiese, castelli e vicoli suggestivi. Movida, mare cristallino luce mediterranea: il capoluogo sardo ha accolto nei secoli dominatori di ogni provenienza, che sono poi stati catturati dalla bellezza del clima e dei luoghi. Testo e foto di Patrizio Del Duca
C AG L I A R I Cagliari con vista
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econdo una leggenda furono gli angeli a scegliere di stabilirsi in questa terra, che si affaccia verso Mezzogiorno sul Mediterraneo, su una costa un po’ rocciosa e un po’ sabbiosa al riparo da perturbazioni, piogge e dall’odio e dalla cattiveria del mondo, come recitano gli antichi testi di mitologia. Per questo motivo Cagliari non è solo la principale città della Sardegna né soltanto un importante porto mediterraneo o la sede di importanti università ma è anche una città viva, culturalmente attiva e meta obbligata per chi sceglie di visitare la zona meridionale della Sardegna, con le sue spiagge fra le più suggestive d’Europa conosciute fin dal 3° secolo avanti Cristo quando Karalis – questo l’antico nome di Cagliari – venne nominata capoluogo della provincia di Sardinia et Corsica.
Cagliari con vista
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Dai tempi antichi, Cagliari è naturalmente cresciuta molto non solo in termini di popolazione ma anche in termini di fascino e vitalità, pur mantenendo sempre quella tranquillità che la fece scegliere dagli angeli. Il porto Quando si parla di città di mare come Cagliari, non si può dimenticare il porto che qui non è solo il punto di arrivo dei traghetti in arrivo dal continente, non è solo una zona di traffico di auto che sbarcano e si imbarcano ma è anche un luogo che nel corso degli anni ha saputo mantenere quello spirito marinaro ben personificato dagli abitanti e dai vecchi pescatori, che qui ormeggiano le proprie barche – grandi o piccole che siano – e che qui trascorrono diverso tempo a contatto col mare, spesso all’ombra di barche da diporto o da yacht di lusso che scelgono Cagliari come punto di partenza per visitare dal mare la costa sarda, come punto di arrivo dopo una crociera nel mediterraneo o come punto di transito nella rotta tra Liguria e Costa Azzurra e nord Africa. Poche città mediterranee, inoltre, hanno un porto situato in posizione così centrale: prospiciente via Roma, un grande viale con alberi di palma, ristoranti, bar e negozi sotto i portici che regalano una vita notturna durante tutto l’anno visto che la temperatura media è gradevole sia in estate sia in inverno.
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Ma il piacere di camminare per via Roma non è dato solo dai numerosi caffè, alcuni per giovani altri – come il Caffè Torino – che fanno parte del patrimonio culturale della città fin dall’800. Del resto il lungomare di Cagliari, così luminoso, ricco di luce e dal calore decisamente mediterraneo, è tutto un susseguirsi di palazzi antichi, progettati da architetti estrosi come quelli che hanno costruito il Palazzo Civico (o Palazzo Baccaredda), un imponente edificio bianco del 1900 con 2 torri ottagonali che svettano nello skyline cittadino rappresentando uno dei simboli della città sarda.
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Il mare in città Se Rio ha Copacabana, Los Angeles ha Malibù e Palermo ha Mandello, Cagliari ha il Poetto, probabilmente una delle più belle spiagge cittadine presenti in Europa. Per raggiungerla basta anche una bicicletta o un autobus o – meglio ancora – basta un camper da posteggiare a pochi metri dal mare per godersi il sole potenzialmente per 365 giorni l’anno o per fare il bagno nell’acqua cristallina che ha reso famosa nel mondo l’intera Sardegna. Vista l’esposizione a sud, poi, la temperatura del mare di Poetto è particolarmente mite anche durante le mezze stagioni dando l’impressione a chi ci si sofferma di trovarsi in una delle tanto celebrate spiagge caraibiche.
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E sono forse questi 8 chilometri di arenile bianco, compresi tra la torre aragonese della Sella del Diavolo fino al litorale di Quartu Sant’Elena, che più di tutti hanno spinto gli angeli a scegliere Cagliari come loro dimora definitiva. Il Poetto è in realtà anche uno dei luoghi della vita notturna di Cagliari - come una sorta di prolungamento di via Roma – e una delle tappe obbligate dei turisti che vengono a Cagliari o che scelgono le belle spiagge della costa meridionale della Sardegna, grazie ai locali che trasmettono musica dal vivo, alle discoteche o ai locali per aperitivi. La Cagliari antica I Navigli e Trastevere sono per Milano e Roma quello che la Marina è per Cagliari. Un quartiere antico, colorato, pittoresco dove il tempo sembra essersi fermato, dove le strade non sono invase dalle auto e dove si può respirare in pieno l’atmosfera mediterranea del capoluogo sardo e sostare in un tavolino all’aperto di fronte a uno di quei palazzi costruiti nel corso dei secoli da pisani, spagnoli e genovesi. Adiacente via Roma, il quartiere ha l’aspetto di un paese d’altri tempi, con vicoli in salita e in discesa che ogni tanto permettono a chi cammina di vedere il mare, con il blu che contrasta con il predominante color rosso degli edifici.
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TO R N A I N D I E T R O
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Anche qui, come nella vicina via Roma e soprattutto durante la bella stagione, si vive molto durante le ore serali: bar e ristoranti tipici si alternano infatti a negozi su strade pedonali. In mezzo alle antiche stradine, si trovano chiese di diversi stili, come la gotica Sant’Eulalia o la rinascimentale Sant’Agostino, fortunatamente risparmiate dai bombardamenti del 1943, che segnarono per sempre la sorte di alcuni altri edifici religiosi. Come molte città mediterranee, anche Cagliari è stata il crocevia di diverse culture che hanno lasciato in eredità architetture e stili di vita, leggende e tradizioni. Come la basilica di San Saturnino, la più antica di Cagliari: risalente al 1119, è di stile bizantino e si trova in uno dei quartieri storici
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della città adiacente a una necropoli e alla chiesa di San Lucifero, rappresentando uno dei migliori esempi paleocristiani di tutta la Sardegna. A breve distanza, si trova il mercato del pesce di San Benedetto. Un posto da visitare non soltanto per acquistare il prodotti appena pescati ma anche per l’atmosfera vivace che si respira, al punto che spesso i pescatori sono intervistati da testate e giornali locali come informati su tutto quello che avviene in città e in mare. Molti di loro, secondo tradizione, risiedono nel quartiere San Giorgino, in vecchie case pittoresche che vivono a orari quasi agli antipodi rispetto al resto della città visto che la pesca di svolge prevalentemente durante le prime ore della notte.
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C AG L I A R I Cagliari con vista
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Castello o Casteddu? “La sommità di Cagliari è la fortezza: la vecchia porta, i vecchi bastioni di bella arenaria giallastra a nido d’ape. Il muro di cinta sale su con un’ampia curvatura, spagnolo, splendido e vertiginoso” scriveva nel 1921 l’autore inglese David Herbert Lawrence riferendosi alla città alta del capoluogo sardo nota col nome di Castello o di Casteddu, per usare un termine locale. Fondato e fortificato dai pisani a partire dal 13° secolo ha via via ospitato i palazzi dei poteri che si sono succeduti, dagli aragonesi, agli spagnoli ai piemontesi. Oggi è rimasto praticamente intatto e rappresenta uno dei più suggestivi punti turistici
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della città a cui si accede attraverso porte medievali nelle mura che ancora oggi lo separano fisicamente dal resto di Cagliari. Al suo interno meritano una visita, oltre alle architetture religiose, anche l’ex Palazzo di Città oggi adibito a museo e la piazzetta con la Cattedrale di Santa Maria. Attorno, ci sono vicoli angusti che trasudano storia a ogni angolo, come quando si sosta sotto la Torre di San Pancrazio o la Torre dell’Elefante, risalenti al periodo pisano e costruite come capisaldi delle fortificazioni della città insieme al Bastione di San Remy, che con la terrazza Umberto I permette una spettacolare vista su Cagliari e sul mare di Sardegna.
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Questa, in estate, è un teatro naturale per mostre all’aperto e concerti, confermando così che la città degli angeli è da vivere all’aperto sia da parte dei turisti sia dei residenti che
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in questa zona trovano una sorta di rifugio dalla mondanità del lungomare. Testo e foto di Patrizio Del Duca © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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Informazioni: Sul Portale turistico della città di Cagliari.
Come arrivare: Cagliari è collegata via mare con i porti di Civitavecchia, Napoli e Palermo. Le tratte sono servite da navi Tirrenia, che intensificano i servizi durante i mesi estivi. Per chi preferisse l’aereo, Cagliari è collegata con le città italiane di Torino, Milano, Venezia, Parma, Bologna, Pisa, Roma, Bari, Napoli, Catania e Palermo. Vi sono poi compagnie low cost che, soprattutto durante il periodo aprileottobre la collegano con Londra, Parigi, Barcellona Bruxelles, Francoforte e Tunisi.
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Dove dormire: Hotel Flora, Via Sassari, 47 - Tel. 070-658219. A 100 metri sia da via Roma sia dal quartiere Marina e a 800 metri dal molo di attracco dei traghetti è un 4 stelle di charme con parcheggio gratuito. Hotel 4 Mori, Via G.M. Angioy, 27 - Tel. 070 - 668535. È un 3 stelle situato in pieno centro, nel quartiere Marina, in un edificio storico di oltre 100 anni di età. E’ a pochi passi dal cuore di Cagliari.
Dove mangiare: Ristorante Ampurias, Via Savoia, 4 - Tel. 070-666566. E’ uno storico locale tra i primi sorti nel quartiere Marina, ospita spesso concerti dal vivo. Funziona anche da cocktail bar e pizzeria.
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Enò ristorante vineria, Via Carlo Felice, 12 - Tel. 070-6848243 Situato nel cuore della città, a due passi dal porto, è un ristorante tipico con ambiente informale. Ricco di vini tipici, gustabili sulla terrazza all’aperto.
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Il Paese di giada e seta
Cina
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Due cittĂ simbolo come Hangzhou e Pechino svelano il carattere della Cina odierna, tra modernitĂ e tradizione Testo e foto di Franco Capellari www.francocappellari.it
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Il Paese di giada e seta
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rima tappa ideale di un viaggio in questa leggendaria terra è senza dubbio Hangzhou, capoluogo della provincia del Zhejiang e centro politico, economico, culturale e turistico. La città è situata sulla costa sudorientale, all’estremità meridionale del Grande Canale Imperiale che la collega a Pechino, in una delle zone paesaggistiche tra le più famose della Cina continentale. Durante la sua lunga storia è stata una delle sette antiche capitali della Cina, sotto la dinastia dei Song Meridionali. Hangzhou è immersa in riserve naturalistiche d’immenso valore, come lo stesso Lago dell’Ovest, il Monte Tianmu, il picco Qinglian e i cinque parchi nazionali di Qiandaohu, Daqishan, Wuchaoshan, Fuchunjiang e Qingshanhu, oltre a essere conosciuta in tutto il mondo per lo spettacolo naturale della marea del fiume Qiantang, che nel 2010 ha attirato sulle sue rive più di 150mila persone. Hangzh ou è ricca di gioielli artistici come il tempio Lingyin, o Tempio del Ritiro delle Anime, che merita una menzione particolare. Costruito durante il primo anno del regno Xianhe (326 d.C.) della dinastia dei Jin Orientali, è uno dei più importanti templi del buddhismo, dove i fedeli si recano in pellegrinaggio da tutta la Cina.
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Gli edifici principali, la Sala dei Re Celesti e la Sala del Tesoro dei Grandi Eroi, all’interno della quale possiamo ammirare una statua di Buddha Gautama, Siddhartha, placcata d’oro alta circa venti metri e ricavata da 24 sezioni di legno di canfora, sono delle vere e proprie meraviglie architettoniche. Assistere a una cerimonia buddhista èsempre toccante e suggestivo, ma in questa cornice diventa un’esperienza indimenticabile. Più di tutto colpisce la grande religiosità di questo popolo, che si percepisce da ogni gesto. Durante le funzioni religiose, infatti, le sale sono sempre gremite dai pellegrini, a tal punto che è quasi impossibile muoversi, per non parlare di scattare fotografie, anche per la serrata vigilanza dei monaci che non consentono di utilizzare strumenti di ripresa. Molto interessanti sono gli archivi del monastero, dove sono conservate preziose scritture buddhiste su foglie di palma e altri tesori, quali il manoscritto del Sutra del Diamante di Dong Qichang della dinastia Ming. Davanti al tempio, dal quale è separato da un ruscello, si trova il Feilai Feng, il “Picco venuto in volo da lontano”. Il bizzarro nome deriva da una leggenda secondo la quale la collina sarebbe arrivata in volo dall’India, ed è caratterizzata da magnifici alberi secolari e grandi rocce con sembianze di animali. Tra queste è facile riconoscere un drago volante, un elefante che corre, una tigre accovacciata e una scimmia che fugge.
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Il fianco della collina è impreziosito da grotte e nicchie scolpite che contengono ben 338 statue di Buddha e altre figure dell’iconografia buddhista risalenti al periodo delle Cinque Dinastie. Fra gli esempi più belli, la scultura in rilievo di Lushe della dinastia dei Song e le statue di Maitreya, il Buddha che ride, e di Avalokitesvara dai tre volti e otto braccia risalente alla dinastia Yuan, che occupano un posto importante della storia dell’arte e della scultura cinese. Da visitare sono anche la Pagoda delle Sei Armonie, la Tomba di Yue Fei, i monasteri Jingci e Yunxi e l’antica farmacia Hu Qingyu Tang, dove è possibile approfondire la storia della medicina tradizionale cinese.
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La città gode anche della fama di centro della seta e capitale del tè, e fin dall’antichità numerosi mercanti si sono trasferiti in questo “paradiso dello shopping”. Oggi, la maggior parte dei negozi e dei centri commerciali sono concentrati in piazza Wulin e via Yan’n. Da Hangz ou si può raggiungere Pechino, la capitale del Nord, con un paio d’ore di volo. All’arrivo, l’aeroporto stupisce per la sua estensione. È talmente grande che per ritirare le valige si deve prendere una sorta di trenino leggero. Da qui, il centro è raggiungibile in soli 15 minuti con la nuovissima metropolitana, e subito si è colpiti dallo stupore: tutto in questa città è immenso, dalle piazze ai monumenti, dalle strade ai palazzi.
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Gli stili architettonici che la caratterizzano sono tre: l’Imperiale, maestoso e grandioso, con la Città Proibita e il Tempio del Cielo l’architettura cinosovietica degli anni 1950- 1970, più austera e razionale; e l’ultramoderno del centro economico e commerciale, costituito da altissimi grattacieli di vetro e ampie arterie stradali, partoriti dal boom economico degli ultimi decenni. La prima tappa è Tiananmen, che con i suoi 40 ettari è la più grande piazza del mondo, famosa per due dei più importanti eventi della storia cinese del Novecento: la proclamazione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949 e la rivolta studentesca del 1989. Alla piazza si accede solo attraversando dei metal detector, presidiati da poliziotti molto scrupolosi, e la sua pulizia è assicurata da numerosi spazzini che, muniti di scopa e secchio, camminano zigzagando tra la gente e raccogliendo anche i rifiuti più insignificanti. Sulla piazza si affaccia la Città Proibita Purpurea, testimonianza della potente e mitica Cina Imperiale, il monumento più rappresentativo di Pechino, eretta in 14 anni a partire dal 1406 e sede degli imperatori fino al 1911. Davanti alla biglietteria la fila dei turisti è davvero lunga. È, quindi, indispensabile armarsi di una buona dose di pazienza, in quanto l’attesa può prolungarsi per diverse decine di minuti.
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Fortunatamente, si può ingannare l’attesa scambiando quattro chiacchiere con gli abitanti del luogo. Soprattutto i giovani, infatti, colgono ogni occasione di fare conoscenza e di intrattenersi con i turisti occidentali, sfoggiando il loro inglese con orgoglio: questo è il segno che l’integrazione della cultura occidentale con le nuove generazioni cinesi procede speditamente. Una volta acquistato il biglietto, si accede al mastodontico complesso di circa 720mila metri quadrati dalla porta Wumen, con l’enorme ritratto di Mao Zedong che sovrasta l’entrata. Da qui si prosegue all’interno in un susseguirsi di porte, cortili, terrazze e palazzi, emblemi dell’architettura simbolica del Confucianesimo e delle dinastie feudali, mentre la struttura generale, la dimensione, la forma degli edifici, i colori delle decorazioni e l’arredamento esprimono il supremo potere imperiale e un severo sistema gerarchico. Percorrendo uno dei cinque ponti sul fiume dorato, che simboleggiano le cinque virtù cardinali del Confucianesimo, camminando ai piedi di immensi leoni di bronzo, simbolo dell’Imperatore, e attraversando la Porta dell’Armonia Suprema, si entra, infine, nella corte principale, capace di contenere fino a 100mila persone. Davanti al visitatore si apre un’ampia terrazza, lungo il cui perimetro sono posti enormi recipienti che un tempo contenevano l’acqua che serviva a spegnere i frequenti incendi.
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Una gradinata conduce a un enorme palazzo dal tipico tetto a pagoda,il Taihe Dian alto 35 metri. Le falde ricurve del tetto poggiano su imponenti colonne di legno che lo sostengono senza uso di chiodi. Si giunge, così, nella sala principale: la Sala dell’Armonia Suprema, il cuore della Città Proibita, alla quale un tempo poteva accedere solo l’Imperatore. La struttura è completamente decorata con i classici emblemi della tradizione cinese: elefanti, gru e simboli del potere, della longevità e della saggezza. Il centro del soffitto è ornato con draghi che giocano con la perla infuocata. Alla fine della visita rimane una sensazione di stupore per la maestosità, per i continui richiami a una civiltà potente e antica e per
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una simbologia del tutto sconosciuta a noi occidentali. La tappa successiva è il Tempio del Cielo, una vasta area circondata da possenti mura che comprende una serie di costruzioni, tutte perfettamente restaurate, dove l’Imperatore si recava in occasione dei solstizi d’estate e d’inverno per rendere omaggio alle divinità e pregare per i buoni auspici. Il complesso si trova al centro di un grande parco boscoso con alberi antichissimi: alcuni ginepri hanno più di 800 anni. Attraversandolo, improvvisamente ci si trova catapultati in uno spaccato di vita quotidiana: le gallerie di legno colorato sono popolate da centinaia di persone che sulle balaustre giocano interminabili partite a carte e a mahjong, tipico passatempo tradizionale .
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Altre lavorano all’uncinetto o fabbricano borsette di perline colorate, il tutto accompagnato dalla colonna sonora di uomini e donne che cantano al suono di fisarmoniche e tipici strumenti a corda. Varcata la porta d’accesso, ci si lascia alle spalle tutto questo fermento e ci si trova nell’area sacra vera e propria. Il complesso si sviluppa da sud a nord, in direzione della Città Proibita, ed è costituito da tre edifici principali: l’Altare Circolare, la Volta Celeste Imperiale e, infine, la costruzione più imponente, la Sala di Preghiera per il Buon Raccolto. L’Altare Circolare, costruito nel 1530, è interamente di marmo bianco ed è costituito da una terrazza a tre livelli circondata da un muro interno circolare e uno esterno a pianta quadrata. Lo schema compositivo si sviluppa su multipli di 9, numero che nella cultura cinese rappresenta la perfezione. La Volta Celeste Imperiale, invece, è un tempio circolare datato anch’esso al 1530: si tratta di un edificio costruito in legno e ceramiche policrome, sormontato da un tetto a forma di cono, coperto da tegole blu, che termina con una sfera dorata e che poggia su un basamento di marmo. La Sala di Preghiera per il Buon Raccolto, infine, edificata nel 1420, è considerata il più significativo esempio dell’architettura religiosa cinese ed è di una bellezza stupefacente. Sull’ultima delle 3 bianche terrazze concentriche che formano la base, si eleva un edificio circolare dal triplice tetto conico di tegole blu sormontato anch’esso da una sfera dorata.
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Il palazzo è ravvivato da colori che vanno dal verde all’azzurro, dal bianco all’oro, e ornato dai simboli del drago e della fenice, che rappresentano l’Imperatore e l’Imperatrice. Per concludere la visita di Pechino, si può tornare in centro percorrendo l’affollata via Wangfujin, mecca dello shopping nella capitale. Se a questo punto i morsi della fame cominciano a farsi sentire, ci si può lasciar guidare dal caratteristico profumo della cucina cinese e perdersi tra i vicoletti di via Xiaochijie, più nota agli occidentali come “via degli stuzzichini”. Si può concludere la serata passeggiando tra i pochi hutong, vecchi vicoli del centro storico, rimasti intatti sui quali affacciano le siheyuan, le caratteristiche case con cortile. Si può scegliere se aggirarsi in questo labirinto di viuzze a piedi o con il risciò a
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pedali, sicuramente il mezzo più adatto e veloce. Qui, si respira ancora l’aria di un tempo: tutti si conoscono e il silenzio e la tranquillità la fanno da padrone. In strada è facile incontrare anziani che giocano a carte e donne che cucinano utilizzando i tipici wok. La gente, come in tutto il resto della città, è molto cordiale nei confronti dei turisti, ma a differenza degli abitanti dei nuovi quartieri, tiene molto alla propria privacy e non ama essere ripresa o fotografata. L’impressione che si ha alla fine del viaggio è quella di un Paese che sta correndo speditamente verso il futuro, ma che conserva gelosamente queste “isole” intensamente poetiche dove regna la tradizione, mantenendo così la propria identità millenaria. Testo e foto di Franco Cappellari © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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ES U TIT
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Cina
Informazioni: L’ufficio Nazionale del Turismo Cinese ha un sito in lingua italiana dove potrete trovare molte informazioni per viaggiare in Cina. Come arrivare: Per le tratte internazionali si può scegliere i voli di linea di Lufthansa, Swiss o Air China.
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Quando andare: Clima: La maggior parte del territorio cinese rientra in un’area dal clima temperato. La parte meridionale della Cina è situata nella zona tropicale e subtropicale, mentre la parte settentrionale è nella zona glaciale perciò se a Pechino l’inverno è abbastanza rigido con temperature vicine allo zero, Shanghai mantiene un clima continentale temperato. I periodi migliori per visitare questa parte della Cina sono primavera e autunno, meglio evitare le torride estati.
Fuso orario: +7 ore rispetto all’Italia, + 6 ore quando in Italia vige l’ora legale. Documenti: passaporto con validità di almeno 6 mesi e visto consolare per la Cina. Il visto cinese va richiesto a uno dei due uffici visti di Roma e Milano (CVASC – Chinese Visa Application Service Center) o al consolato di Firenze. Informazioni sul sito.
Vaccini: Non necessari, attenzione alle infezioni alimentari che possono essere fastidiose, meglio portare con sé almeno un antibiotico generico.
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Lingua: Cinese.
Religione: Religioni ufficiali sono: buddhismo, taoismo, islam, cristianesimo.
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Valuta: Renmimbi Yuan. 1 EURO equivale a circa 7,8 Yuan.
Elettricità: Tutta la Cina continentale applica un voltaggio di 220 V con una frequenza di 50 Hz. La maggior parte degli alberghi in Cina ha sia il 110V che il 220V nelle prese elettriche dei bagni. Nelle camere di solito solo 220V disponibile. Telefono: +86. La copertura è presente quasi esclusivamente nelle grandi e medie città, a meno di non acquistare una SIM cinese, ad esempio China Mobile. Abbigliamento: L’inverno è freddo, l’estate calda, quindi l’abbigliamento è in funzione del periodo in cui si viaggia, una cosa che non deve mancare mai è una giacca contro la pioggia e un ombrello. Link utili: Ufficio Nazionale del Turismo Cinese
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Uzbekistan
LAT 41,00 N
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UZ B E K I S TA N
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VIAGGIO NELLA
L E G G E N DA Uzbekistan: uno straordinario scrigno che custodisce preziosi tesori architettonici ed artistici nel cuore dell’Asia centrale nel quale risuonano echi del passato, miti e leggende. Una terra di incomparabile fascino e bellezza, i cui deserti sono stati attraversati per secoli da tribÚ nomadi ed eserciti. Antico crocevia di commerci lungo la Via della Seta che collegava l’impero romano a quello cinese. Testo di Nadia Ballini Foto di Luca Bracali www.lucabracali.it
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L’
Uzbekistan è anche patria di Amir Temur, un condottiero che conquistò gran parte dell’Asia centrale fondando l’Impero timuride; il conquistatore più feroce della storia, del quale il drammaturgo Christopher Marlowe nell’opera “Tamerlano il grande” cantò la brama di dominio, la crudeltà e le inquietudini. La ferocia del condottiero è racchiusa nel suo stesso nome, “Temur”, che in turco significa acciaio, mentre nel resto del mondo è passato alla storia come “Tamerlano”, ossia, in maniera dispregiativa, “Temur lo zoppo” per via di una ferita ad una gamba che si era procurato in uno dei suoi viaggi e che lo aveva reso claudicante. La sua statua a cavallo campeggia sulla banconota da 500 Som e nella piazza che porta il suo nome, nella capitale Tashkent, dalla quale si irradiano le vie principali. Omaggi che il popolo uzbeko ha tributato a colui che creò uno dei più grandi imperi della storia, diede sviluppo all’arte e fece construire a Samarcanda e in altre città edifici monumentali di grande pregio.
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La sua statua
a cavallo
campeggia sulla banconota DA 500 SOM E NELLA PIAZZA
che porta IL SUO NOME
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Sono proprio Khiva, Bukhara e Samarcanda, intrise delle storie affascinanti della Via della Seta a impressionare maggiormente i visitatori con moschee, medresse e meravigliosi musei. Khiva, lungo l’antica Via della Seta, è una piccola gemma incastonata nel deserto di Kyzylkum. Secondo il mito, il fondatore della città sarebbe stato Sem, il figlio di Noè, che in quest’area scavò un pozzo che venne chiamato Kheivak, da cui si dice derivò il nome Khiva. Le sue mura custodiscono intatto il centro storico dell’ultimo khanato indipendente dell’Asia centrale e il primo sito uzbeko ad essere stato designato patrimonio dell’Umanità: l’Ichon-Qala, la città vecchia.
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Varcare le mura di fango, che al tramonto si accendono di bagliori arancio, è come fare un viaggio nel tempo fra minareti, cupole ed edifici testimoni di una ricca tradizione architettonica orientale: la Medressa di Mohammed Rakhim Khan, che risale al XIX secolo, considerata una fra le piu grandi scuole coraniche, la Moschea Juma con 218 colonne in legno che sostengono il tetto, la Fortezza Kuhna Ark, residenza dei sovrani di Khiva, il mausoleo Pahlavon Mahmud, considerato fra i luoghi più belli della città con un incantevole cortile e splendide decorazioni a piastrelle, il Palazzo Tosh-hovli, il cui nome significa “casa di pietra”, all’interno del quale si possono ammirare le decorazioni più sontuose di Khiva.
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Attraversando il deserto di Kyzylkum per qualche ora si arriva a Bukhara, città con più di duemila anni di storia sull’antica Via della Seta e con un centro storico ricco di edifici millenari minuziosamente restaurati. La Moschea Kalon si distingue per il grande minareto, costruito nel 1127 alto quarantotto metri, sopravvissuto per quasi nove secoli senza restauri. Il minareto fu il primo monumento ad essere abbellito con piastrelle smaltate di colore azzurro in quattordici fasce, tutte diverse l’una dall’altra, un tipo di decorazione che si diffuse in tutta l’Asia centrale sotto Amir Temur. Antiche testimonianze della zona commerciale della città sono i bazar coperti, ancora sormontati da cupole. Tra questi si trova la moschea Maghoki-Attar, considerata la più antica dell’Asia centrale. Incantevoli le medresse: le cupole azzurre della Mir-i-Arab, una delle più straordinarie dell’Uzbekistan, soprattutto alla luce del tramonto; Ulugbek, risalente al 1417 e la più antica dell’Asia centrale; Abdul Aziz Khan con una sala delle preghiere, oggi museo, dal soffitto della quale scendono stalattiti di alabastro. Uno dei simboli della città è il Chor Minor, dallo stile di ispirazione indiana, il cui nome significa “quatto minareti” per le quattro torri decorative di forme differenti. Permeato di leggenda è il mausoleo Chashma Ayub, datato tra il XII e il XVI secolo: il nome significa “fonte di Giobbe”, poiché si narra che in questo punto Giobbe colpì il terreno con il suo bastone e ne fece sgorgare acqua.
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Nella parte sud-orientale del deserto del Kyzylkum, a nord di Bukhara e Samarcanda, compare come un miraggio il lago Aydarkul che ricopre di acque cristalline un’area pari a circa 3000 chilometri quadrati. Nella zona circostante, ricca di fauna, accampamenti di yurte fanno da base per esplorare il territorio a dorso di cammello. Sulle orme di Amir Temur si giunge a Samarcanda, città Patrimonio dell’Umanità con una storia di oltre 2700 anni. Qui, nel Mausoleo di Gur-E-Amir, sono custodite le spoglie del grande conquistatore che proprio a Samarcanda fece portare dalla tomba di Susa, in Iran, una parte delle ceneri di San Daniele affinché la città acquisisse importanza anche dal punto di vista religioso. Molto suggestivo è
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Shah-i-Zinda, uno spettacolare viale sul quale si affacciano mausolei decorati da alcune delle più belle piastrelle smaltate del mondo musulmano. Gioiello dell’impero di Amir Temur è la Moschea di Bibi-Khanym, dal nome della moglie cinese del conquistatore, un tempo tra le moschee più grandi del mondo islamico. Non lontano dalla moschea, una delle più straordinarie piazze del mondo, Registan, incorniciata da tre maestose medresse datate tra il 1400 e il 1600: Ulugbek, sul lato occidentale, è la più antica e fu costruita sotto l’impero di Amir Temur; Tilla-Kari, al centro, è caratterizzata da un cortile con giardino e una moschea con elaborate decorazioni in oro; Sher Dor, sul lato orientale, ha un portale d’ingresso abbellito da figure di felini.
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I tre imponenti edifici decorati con maioliche dalle mille sfumature di azzurro sono le medresse più antiche esistenti ai nostri giorni. E’ suggestivo ammirarle nel silenzio della sera, sovrastate dalla luna luminosa nel cielo stellato, quando una sapiente illuminazione esalta i colori delle maioliche e le forme di cupole e archi. Tashkent è invece una capitale moderna, nodo principale dei trasporti dell’Asia centrale, nella quale si armonizzano presente, passato e tradizione. Qui, nel Museo-Biblioteca Moyie Mubarek, è custodito il Corano di Osman, ritenuto il più antico Corano del mondo. L’enorme opera, rivestita in pelle di daino risale al VII secolo e fu portata a
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Samarcanda da Amir Temur. Ma l’Uzbekistan non è solo un viaggio attraverso il tempo, attrazioni naturali e monumenti di sorprendente bellezza. E’ il sapore della sua cucina, nella quale spicca il Plov, il piatto nazionale composto da riso e verdure saltate in padella, cucinato in maniera diversa in ogni zona del Paese. Ed è anche la cordiale ospitalità dei suoi abitanti e le politiche di apertura verso i turisti che il governo di questo millenario Paese ha concretizzato in una facile procedura elettronica di ottenimento del visto e nella recente istituzione della Tourist Police, con agenti dalle divise verdi pronti ad assistere con discrezione, cortesia e competenza i visitatori. Testo di Nadia Ballini e foto di Luca Bracali © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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G A L L E R Y
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Uzbekistan
Informazioni: Informazioni sul sito dell’Ambsciata dell’Uzbekistan a Roma. Come arrivare: Dall’Italia è possibile viaggiare verso l’aeroporto di Tashkent con la compagnia nazionale Uzbekistan Airways.
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Quando andare: Il periodo migliore per visitare l’Uzbekistan va da aprile a metà di giugno e dall’inizio di settembre agli ultimi giorni di ottobre. Aprile è il mese della fioritura del deserto, mentre in settembre e ottobre troverete i mercati pieni di frutta. Periodo perfetto per chi viaggia in alta quota luglio e agosto, quando le bufere di neve sono pressoché assenti. Dove dormire: A Tashkent: Tashkent Palace Hotel - 56 Buyuk Turon A Samarcanda: Asia Samarkand Hotel - 50, Kosh-Havuz st., Samarkand Fuso orario: + 4 ore rispetto all’Italia tutto l’anno.
Documenti: A partire dal 01 febbrario 2019 sarà abolito il visto per entrare in Uzbekistan per i cittadini italiani (e di tutta l’Unione europea). L’accesso senza visto è permesso per un periodo massimo di 30 giorni.
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Lingua: Uzbeco e russo.
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Religione: La maggioranza della popolazione è musulmana sunnita, oltre a una minoranza ortodossa e musulmana sciita. Valuta: Som usbeco.
Telefono: Per chiamare l’Uzbekistan dall’Italia è necessario digitare il prefisso: +998. Abbigliamento: Il clima è continentale; vestitevi a strati per affrontare le forti escursioni termiche notturne e chi parte per escursioni e arrampicate non dimentichi l’abbigliamento tecnico da montagna.
A Pizzo sul mare
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