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LA DIGUE Da isola car free a paradiso della bici Tunisia Fra natura e turismo consapevole La Francia di catari e templari PA P E R F R E E
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Cover Story SAN PIETROBURGO Anima europea della Grande Russia
Sommario
San Pietrobuirgo Foto di Eugenio Bersani
San Pietroburgo Anima europea della Grande Russia
La Digue Da isola car free a paradiso della bici
Tunisia Fra natura e turismo consapevole
Francia Nella Francia di catari e templari
Chi siamo
La Digue Foto di Lucio Rossi
Settembre 2019
Redazione:
Via Pisacane, 26 20129 Milano tel. +39 02.36511073 redazione@latitudeslife.com Foto di Shutterstock
Hanno collaborato
Pier Vincenzo Zoli Lucia Giglio Guido Lattuneddu Anna Bellisario
Fotografi
Lucio Rossi Eugenio Bersani Luca Bracali Mirco Fiorini
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Una città fatta di isole e d’acqua, di canali e fiumi che la percorrono sinuosi, bella, elegante e algida, resta ancora la capitale degli zar, la città che aspirava alla stessa esterica delle corti di Vienna e Parigi. Testo di Lucia Giglio e foto di Eugenio Bersani
MAP San Pietroburgo
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estate non è ancora finita, ma fa molto freddo, la luce colpisce con violenza. Una luce che sa di Baltico, di steppa, di grande nord. Il mare non è lontano ma è comenascosto, messo in secondo piano dal fiume leggendario, a tratti immenso , la Neva e i suoi figli, Moyka e Fontanka, fiumi che come argini hanno lunghissime teorie di palazzi neoclassici, barocchi, principeschi , splendidi e decadenti che si rimirano nelle acque oscure. San Pietroburgo è una città veramente strana per cui si fatica a trovare aggettivi calzanti: fredda, elegante, superba. Si stenta a credere che sia una città nata di recente: sono passati poco più di 300 anni da quando lo Zar Pietro I° decise di costruire una capitale sul delta della grande Neva.
Sui tetti di San Pietroburgo si tengono “passeggiateâ€? inusuali. Alcune sono illegali e vengono organizzate con tam-tam attraverso i social o con avvisi che compaiono in luoghi stabiliti: 700 rubli e si sale in cima alla cittĂ .
Era il 1703, e qui non c’erano che acquitrinii e alluvioni dirompenti; nel 1712 venne proclamata capitale ma durante la notte branchi di lupi entravano in città e le inondazioni sommergevano di continuo le isole che la componevano. Un passato corto e selvaggio, da cui è emersa una città sofisticata ed europea come voleva lo zar. La storia è breve ma non pare, la percezione è quella di un passato millenario. E’ come se qui si fosse concentrata e distillata l’anima russa. In ogni angolo, da ogni palazzo si sprigionano ricordi, personaggi, letteratura, musica e poesia e una delicata malinconia. La quantità di poeti, scrittori, musicisti pietroburghesi è impressionante; sembra che tutto sia accaduto tra questi
grandiosi viali; Dostoevskij, Pushkin, Nabokov, Blok, Brodskij, Achmatova, Shostakovic, Rimsky Kosakov, tutti nati qui attorno, tutti hanno abitato in città e di loro si respira il ricordo in ogni angolo. Vi si arriva con aspettative che si rivelano imperfette: la Venezia del Nord, i canali, i fasti imperiali, tutto vero ma invece no. Un impercettibile vento di decadenza spira ovunque, le aristocratiche facciate degli innumerevoli palazzi principeschi sono un poco scrostati e come chiusi, silenziosi, vuoti. Dall’altra parte c’è l’urto del turismo massificato, soprattutto orientale che ha portato solo all’Hermitage 7 milioni di visitatori cinesi l’anno passato. Un impatto significativo e inadatto ad una capitale tanto raffinata e delicata.
Va detto che abbandonate le grandi arterie del passeggio e dello shopping si irradiano migliaia di strade silenziose, di palazzi comunque magnifici, di cortili vuoti e (sempre) un poco delabrè. Fa parte dello spirito del luogo, questa dolce malinconia, molto russa. Incontri sulla Prospettiva Nevskiy Comunque non si può prescindere dai fondamentali. Quindi il punto di partenza è la Nevskyprospeckt, infinita, immensa, lunga quasi 5 km. Nata per le carrozze principesche e per far arrivare le merci in città, oggi è un viale lunghissimo e trafficatissimo che attraversa tutta San Pietroburgo. La si può percorrere a piedi dall’incrocio con la Vladimjrskiy e procedere verso nord. Il punto di repere è la guglia dell’Ammiragliato, scintillante d’oro che rappresenta la sua chiusa naturale. A breve ecco la Fontanka, uno degli affluenti della Neva, fiume delizioso che si incunea donando scorci meravigliosi. Sulle sue sponde alcune tra le più belle residenze del passato, come il Palazzo Sheremetyev, la cui superba cancellata si riflette sulla Fontanka; sul retro del grande palazzo aristocratico, con accesso dalla Lyteynyyavenue 53, si trova la casa museo di Anna Achmatova, la più grande poetessa di San Pietroburgo che visse nell’ala sud del palazzo dal 1922 agli anni ’50 in quella che chiamava la “Casa nella Fontanka”.
M U S E O
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L’appartamento conserva foto e ricordi dell’Achmatova ed è un significativo esempio della vita collettiva durante l’era sovietica. Al primo incrocio della Nevskiy con la Fontanka si incontra il ponte Anichkov, che domina il panorama con 4 statue bronzee di grande impatto plastico: 4 cavalli selvaggi e schiumanti sono trattenuti dai domatori nudi; i muscoli contratti nello sforzo a frenare i cavalli imbizzarriti rappresentano “La conquista del cavallo da parte dell’uomo ”Alla sera il metallo si accende di bagliori oscuri e i destrieri paiono sfuggire ai domatori. Una copia di queste statue è a Napoli, regalo dello Zar Nicola I° grato dell’accoglienza fatta a lui e alla zarina durante un viaggio nel regno borbonico. I due palafrenieri e i loro cavalli, sono identici, nati dallo stesso stampo di quelle del ponte Anichkov e oggi svettano sulla porta del palazzo Reale di Napoli detta “Porta dello zar”. Molto velocemente si cambia epoca e stile al numero 28 della Nevskiycon il palazzo Singer, puro style moderne risalente al 1908. Più bello visto da fuori per la magnifica cupola in vetro con statua sulla punta, conserva un gioiellino dentro di sé: il caffè Singer al primo piano, delizioso locale art decò, con eccellenti dolci, torte e ottimo the.
In una delle innumerevoli sale dell’Hermitage, i ritratti dei generali che vinsero la Grande Armata di Napoleone. Antesignani di Facebook, i dipinti raccontano i “profili” dei vincenti dell’epoca .
Grandi vetrate si sporgono sulla tetra Cattedrale di Kazan e sull’incessante movimento della Prospekt. Servizio di livello e prezzi bassi. Da segnalare il cestino di pane caldo con burro a tutte le ore e per pochi rubli. Due passi ancora e il cuore si ferma. L’immensa piazza del Palazzo d’Inverno evoca infiniti fantasmi, dai fasti degli zar all’assalto bolscevico del 1917. Uno slargo immenso, un palazzo verde acqua e oro di incredibile vastità che fu la residenza ufficiale degli zar dal 1732 al 1917 quando tutto il passato imperiale venne spazzato via dai
Soviet. Oggi questo è l’Hermitage, uno dei più grandi, ricchi e visitati musei del mondo. Bisogna vederlo, si sa. Ma come? La quantità delle opere è sovrumana , la vastità dei saloni sconcertante. E oro a profusione per ogni dove. Stanca, uccide anche i più resistenti. Secondo Olga, guida esperta che ci accompagna, è folle affrontare questa enciclopedia di tutte le arti senza una guida. Forse ha ragione: per trovare un bagno o l’uscita ci vuole un radar. E le folle oceaniche tolgono davvero il fiato.
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Qui vengono scaricati migliaia e migliaia di gruppi che fuoriescono dalle grandi navi da crociera attraccate al porto. Bisognerebbe venirci verso ottobre o maggio a stagione bassa per rigustare il piacere dei suoi tesori. A proposito di tesori, molto interessante e poco frequentata è la “Sala dei diamanti”, piccola esposizione al piano terra, poco battuta dalle masse, che conserva corone e ori imperiali. Altre mete Non è distante dal Palazzo d’Inverno il Museo Russo, questo disertato dalle masse. La fila è poca e il palazzo Mikhailovskiy che lo ospita è superbo. Era la residenza di un Gran Duca Romanov costruito in un neoclassicismo imperiale grondante stucchi e ori come quasi tutto da queste parti. Ospita la più infinita collezione di arte russa dalle icone ad oggi.
Molto più slabbrato dell’Hermitage è un’esperienza vera e intensa. Ci sono un ritratto di Tolstoj in veste da contadino, il ritratto del principe che uccise Rasputin, Felix Jussipov ritratto a 16 anni mentre accarezza un cane, il superbo ritratto cubista di Anna Achmatova e l’inquietante Quadrato nero di Maleviĉ. Andateci: la maggior parte dei visitatori sono russi e le custodi sembrano arrivare direttamente dall’era sovietica. Molto di nicchia e magnifico è il Museo Erarta, neologismo che significa “Era dell’Arte”. E’ un poco fuori mano, sull’Isola Vasilevskiy; istituzione privata sorta su un ex edificio di pura architettura staliniana, concentra opere di arte russa moderna e contemporanea di grande impatto. La parte dedicata agli ultimi 60 anni è veramente unica: opere di pittori e scultori che lavoravano clandestinamente durante l’era sovietica. Una istituzione eccezionalmente vitale. Citatissima dalle guide e presa d’assalto dai turisti è la Cattedrale del Salvatore sul Sangue Versato. Il sangue in questione è quello dello Zar Alessandro II° ucciso da un attentatore nel 1881. Il progetto cercava di ispirarsi alla tradizione russa più autentica. Oggi resta una chiesa molto decorata, con 5 cupole dorate e smaltate ma tuttavia piuttosto cupa. La somiglianza con San Basilio a Mosca è evidente, ma il risultato è decisamente inferiore. Vi scorre attorno il canale Griboedov, poetico e navigabile; alle spalle della chiesa si trova il parco Mikhailovskiy, gradevole area verde su cui affaccia il Museo Russo.
Il canale Griboedov è uno dei molti che attraversano San Pietroburgo; è navigabile e la crociera fluviale che attraversa molte vie d’acqua cittadine, permette di vedere la città da un punto di vista differente e poetico.
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I regali di Pasqua dei Romanov La tradizione delle uova tempestate di diamanti e pietre preziose, come dono pasquale per le zarine, venne inaugurata da Alessandro III° nel 1885. Il celebre Peter Carl Fabergè, nominato gioielliere di corte, sfornava capolavori di oreficeria per la zarina e per la madre dello zar. Molte uova furono vendute o disperse dopo il 1917; Il museo Fabergè conserva 9 uova della collezione imperiale e migliaia di altri oggetti preziosissimi in uso a corte , dalle tabacchiere, agli orologi, alle fibbie, ciotole e servizi da tavola istoriati e argentati. Le 9 uova sono piccoli capolavori con meccanismi geniali che nascondono miniature, orologi, ritratti della famiglia Romanov. Il Museo Fabergè, è ospitato nel PalazzoShuvalosky, molto ben restaurato che inanella splendide sale decoratissime, pavimenti pregiati e principesco Scalone D’Onore.
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Quel che rimane dei Soviet Ancorato sul lungofiume Petrogradskaya, dove la Neva è immensa come un mare, immoto e solenne L’Incrociatore Aurora ricorda il momento più eroico della Rivoluzione di ottobre quando i suoi cannoni dettero il via all’assalto del Palazzo D’Inverno. A differenza di Mosca dove il centro città è punteggiato da tanti edifici di impronta sovietica - come le Sette Sorelle, i grattacieli neogotici di memoria staliniana-, il centro di San Pietroburgo non ha molte testimonianze dell’epoca rivoluzionaria. L’obiettivo di Stalin era creare un
nuovo centro cittadino a sud, fuori dalla perniciosa influenza degli edifici principeschi. E a sud si trovano la Casa dei Soviet, mastodontica, e il Monumento agli Eroici Difensori di Leningrado, (entrambi sulla Moskovskyprospect) un gruppo bronzeo gigantesco - cittadini, operai, lavoratori, gente comune che lavorava nonostante l’assedio durato 900 giorni dal ’41 al ’44 - che celebra la resistenza della città nel terribile assedio nazista. Ancora oggi i cittadini chiamano l’assedio e la resistenza, ‘Guerra Patriottica’ in un sussulto di orgoglio mai perduto.
Il Ponte Anichkov, all’incrocio tra la NevskyProspect e il fiume Fontanka. Due dei palafrenieri e i loro cavalli, sono a Napoli sulla porta del palazzo Reale detta “Porta dello zar”, regalo dello Zar Nicola I°.
La villeggiatura degli zar Non che il Palazzo D’Inverno sia sobrio, ma le residenze estive lasciano veramente senza fiato per ricchezza, opulenza e fastosità. Peterhofera il Palazzo d’Estate di Pietro il Grande. Si trova ad una ventina di km dal centro di San Pietroburgo e si affaccia sul Golfo di Finlandia. Lo chiamano la ‘Versailles russa’ ma anche Versailles sbiadisce davanti a questo fasto. Le ricchissime fontane impreziosite da giochi d’acqua e statue dorate che precipitano verso il Parco Inferiore, sboccano in un canale artificiale che si getta nel golfo: fontane e parco sono stupefacenti e raccontano la grandiosità e la ricchezza degli zar di Russia. Il Palazzo è molto gradevole,
una bella residenza estiva, preziosa ma non sovraccarica. Naturalmente il complesso è sempre affollatissimo: meglio arrivare al mattino presto o non in alta stagione. Vi si arriva facilmente con gli aliscafi che partono dall’Ammiragliato. Tsarskoe Selo, il Giardino degli zar, è un piccolo centro nella cittadina di Puskin a 25 km a sud est da San Pietroburgo. Qui Caterina la Grande nel 1717 fece erigere il sontuoso palazzo in stile rococò circondato da un magnifico parco. Il complesso venne devastato dai nazisti prima della ritirata che lasciarono un guscio vuoto e in rovina, come testimoniano le foto alla fine del percorso. Con notevole sforzo, nel 2003 completamente restaurato , il Palazzo venne restituito al pubblico.
P A L A Z Z O
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L’intervento di recupero un poco disturba con un effetto “finto” e il rimaneggiamento trapela, tuttavia l’impianto originale con l’Infilata Dorata - un susseguirsi infinito di stanze sullo stesso asse - che culmina nella strepitosa sala da ballo di 1000 mq per concludersi nella piccola camera d’Ambra completamente rivestita di pannelli di ambra intagliati, merita una visita. San Pietroburgo gourmet Si deve a Ginzacompagnia pietroburghese che ha aperto 20 locali nella sola San Pietroburgo e ora anche a Mosca, un approccio elegante e raffinato alla cucina russa ma con un respiro internazionale. Si tratta di locali molto alla moda qui in città, posizionati in luoghi piuttosto interessanti, ultimi piani di palazzi in zone centrali e non, con terrazzi e dehor dotati di vista eccezionale sui tetti come il Moskva, sesto piano del centro commerciale Nevsky, 114 Nevskyav. Ma forse il più bello ed elegante è il primo nato, Luzhaika, 16 Aptekavskylane, fondato nel 1995 in una zona periferica ex-industriale in rapido recupero. Più che un ristorante, un’idea: in un vasto appezzamento tra aiuole, laghetti e orti, si trovano piccoli cottage dove si pranza o si beve un cocktail appartati o invece accomodati in un più vasto spazio centrale dove si trova il ristorante più ampio. Rarefazione, lusso e cucina eccellente, europea, caucasica, italiana o uzbeka. Anche solo da vedere per il piacere degli occhi.
Sembrerebbe un’operazione nostalgia, ma a ben vedere si tratta di marketing di livello. Il recupero di una abitudine di epoca sovietica, il rapido consumo di ciambelle calde cosparse di zucchero e mangiate in piedi con una tazza di caffelatte. E come riemerso dal passato ma con ironia, ecco rinata una ciambelleria in centro città, sul canale Griboedova, Černishevskovo 17, si chiama Pyshechka. Piastrelline bianche come in una latteria d’altri tempi e tovaglioli di carta ruvidi arrivati dal passato staliniano. Vengono servite da un minimo di tre alla volta, caldissime e zuccherate e assai economiche. Difficile fermarsi. Una leccornia.
Testo di Lucia Giglio e foto di Eugenio Bersani © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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Giornalista free-lance orientata alla narrazione del viaggio come luogo di incrocio di letteratura, storia e gente.
CONTRIBUTORS
LUCIA GIGLIO giornalista
EUGENIO BERSANI - fotografo Con pochi fogli ma molte pellicole, Eugenio Bersani alla penna preferisce la macchina fotografica, convinto che spesso un’immagine sia capace di mettere a fuoco la realtà meglio delle parole. Prende alla lettera Bresson e nel lavoro, come nella vita, per lui bastano “un occhio, un dito e due gambe”: biker impavido, sfida Milano sulla sua bicicletta e muove i pedali della grande macchina di Latitudes.
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Anima europea della Grande Russia
San Pietroburgo
Informazioni: Sito Ufficiale della città; disponibile anche una applicazione mobile per creare escursioni e visite personalizzate.
Come arrivare: Voli diretti dall’Italia con Aeroflot Russian Airlines (www.aeroflot.ru) da Milano Malpensa e Roma Fiumicino. Alitalia (www.alitalia.com) parte da Milano Malpensa e Roma Fiumicino, mentre Rossiya Russian Airlines (www.rossiya-airlines.com/en) da Milano Roma e Rimini.
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Quando andare: Maggio e settembre sono i mesi migliori perchè meno affollati. A giugno con le Notti Bianche, c’è la massima concentrazione di visitatori. L’inverno può essere molto freddo ma di grande suggestione con la Neva e i canali ghiacciati. Fuso orario: 2 ore avanti rispettio all’Italia, un’ora quando vige l’ora legale.
Documenti: Per entrare in Russia occorre richiedere il visto. Attualmente la procedura è costosa (circa 130 euro) e va fatta con almeno un mese di anticipo o presso i consolati o attraverso agenzie apposite. Dal mese di ottobre 2019 dovrebbe essere possibile ottenere il visto elettronico. Il visto turistico dura 30 giorni e il passaporto deve avere una validità di sei mesi almeno dalla data di scadenza del visto.
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Vaccini: Nessun vaccino richiesto. La situazione sanitaria è sovrapponibile a quella europea. L’assicurazione sanitaria è richiesta al momento della emissione del visto ed è obbligatoria.
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Lingua: Russo; l’inglese è parlato in molto siti turistici e i giovani lo parlano diffusamente. Religione: Il Cristianesimo Ortodosso è seguito dal 42,5 % della popolazione; la seconda religione più seguita è l’Islam con il 6,5 % si credenti. Valuta: Rublo (R) 10 rubli valgono circa 0,13 Euro. Elettricità: 220 V con prese di tipo europeo.
Telefono: Per telefonare conviene acquistare SIM prepagate a partire da 200 Rubli per chiamate e traffico dati. Le Sim locali sono compatibili con i cellulari europei. Il free Wifi non è molto diffuso in città a parte alberghi e ristoranti.
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MAP Seychelles
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da isola car free a paradiso della bici
Con le due ruote, un fantastico microcosmo tutto da scoprire: baie, spiagge, palme, case coloniali. Sempre avvolti dal profumo di vaniglia. Testo di Pier Vincenzo Zoli Foto di Lucio Rossi
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ino a pochi anni fa, ogni descrizione di La Digue esordiva definendola l’isola “car free”. Ed era vero. Ci si poteva muovere solo in tre modi: a piedi, in bicicletta o su un carro trainato da buoi. Del resto, per un territorio lungo meno di cinque chilometri e largo tre, non era un gran limite. Poi una scellerata decisione governativa ha autorizzato l’utilizzo di pick up, autovetture adibite a taxi e, per non farsi mancare nulla, anche qualche camion. Niente che ne abbia alterato la bellezza, intendiamoci; si tratta di pochi mezzi, ma l’atmosfera di allora è ormai compromessa. Per il resto l’isola è rimasta un must irrinunciabile per chiunque visiti le Seychelles.
LA DIGUE
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C’è un solo villaggio ed è priva di porti naturali. Tuttavia, la barriera corallina che la circonda tiene lontane le mareggiate e l’unica vera “passe” che l’interrompe permette di approdare ad un piccolo molo, costruito nel villaggio che da essa prende il nome, La Passe, appunto. Si arriva facilmente in quindici minuti con i catamarani veloci di Cat Rose, da Praslin, o in poco più di un’ora da Mahé; poi, con una bici a nolo, l’isola è tutta per noi. Se si dispone soltanto di una giornata o anche meno, la direzione da prendere sarà quella che porta alla Union Estate, una vasta area, oggi monumento nazionale, dove un tempo si produceva la copra e c’erano grandi piantagioni di vaniglia. È ancora possibile vedere come i cocchi venivano lavorati per produrre la polpa dalla quale si ricavavano grassi e oli.
C’è anche una modesta coltivazione di vaniglia e una visita guidata permette di capire come sia possibile che da una pianta inodore, incapace di riprodursi, possa, alla fine, nascere un frutto con un aroma così delizioso come quello che tutti conosciamo. Nella Union Estate c’è una grande casa coloniale, la Plantation House, costruita in legno pregiato e ricoperta con foglie di palma. È essa stessa un museo all’aperto e ospita anche gallerie d’arte. Prima di continuare l’itinerario, vale la pena portarsi un poco verso est per vedere Giant Union Rock, un monolite alto 40 metri, proteso verso il cielo. Sembra abbia 700 milioni di anni e lo spettacolo che si ammira dalla cima vale la piccola scalata. Il sentiero ciclabile continua verso sud, fino ad Anse Source d’Argent, la spiaggia “più fotografata del mondo” (ora anche instagrammata) e teatro di fortunati spot pubblicitari anni ‘80 e ‘90. In effetti, soprattutto se si arriva con la bassa marea, lo spettacolo è indimenticabile: pochi centimetri d’acqua ricoprono il reef, con una continua variazione cromatica dall’azzurro tenue al blu intenso. A onor del vero non è una spiaggia particolarmente adatta alla balneazione a causa dell’acqua bassa e della presenza di coralli nelle vicinanze del bagnasciuga, inoltre è talmente famosa che può essere affollata, in modo particolare alla mattina, meglio riservarsi del tempo verso la fine della giornata quando i colori sono più accesi.
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Spiagge bianchissime dunque, che fanno da cornice ad imponenti formazioni granitiche, scolpite dal vento in forme bizzarre e armoniose. In base all’altezza del sole, il loro colore muta nella giornata: grigie al mattino, poi quasi bianche a mezzogiorno e infine rosa al tramonto. Non servono ombrelloni: a far ombra, ci sono le palme. Se la permanenza a La Digue si protrae, le possibilità si allargano. Una destinazione poco nota è Nid D’Aigle, un picco di 300 metri in mezzo alla foresta, raggiungibile con una camminata di 4 chilometri abbastanza impegnativa. Il percorso può essere accorciato arrivando in taxi fino a Belle Vue, un minuscolo villaggio, e di lì continuare a piedi. Ne vale la pena se si vuole ammirare il paesaggio dall’alto e, se accompagnati da una guida esperta (il La Digue Island Lodge, vicino a Anse Source d’Argent, organizza itinerari a piedi in tutta l’isola), osservare le spezie note a tutti che qui crescono all’ombra della foresta e dei giganteschi alberi di Takamaka e mandorlo indiano.
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I più fortunati potrebbero anche scorgere il raro Black Paradise Flycatcher, che qui chiamano Veuv. È un uccello endemico delle Seychelles, ormai scomparso ovunque tranne che a La Digue. Ovviamente è rigorosamente protetto. Gli appassionati di birdwatching avranno migliori possibilità di osservarlo nella Veuve Nature Reserve, che si trova fra La Passe e l’Union Estate. Dopo la montagna e la foresta, niente di meglio che tornare al mare, con un itinerario divertente, anche se non del tutto riposante, almeno per chi usa raramente la bicicletta. Si pedala fino a Grand Anse, una spiaggia favolosa, talvolta battuta da grosse onde e spesso deserta. È da vedere, ma occorre fare attenzione alle correnti, che possono risultare pericolose anche per nuotatori esperti.
Meglio non allontanarsi dalla riva. Di lì, si raggiungono a piedi altre due spiagge, Petit Anse e Anse Coco, ritenuta la più integra di La Digue. Un altro itinerario molto interessante, sempre in bicicletta, porta a scoprire la parte nord e il versante orientale. Lasciata alle spalle La Passe, un facile percorso asfaltato costeggia il mare, con la possibilità di fermarsi ad Anse Severe, ritenuta la migliore per gli appassionati di snorkeling, ad Anse Grosse Roche, Anse Banane e Anse Fourmis, tutte spiagge non molto frequentate. Poco prima che il sentiero termini di fronte ad una parete rocciosa, un semplice ristorante, Chez Jules, permette di gustare le specialità tradizionali della cucina creola. È considerato, dagli isolani, il migliore di tutta La Digue.
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Se resta ancora un po’ di tempo, la cosa migliore da fare, per chi ha residue energie nelle gambe, è imboccare a caso, senza preoccupazioni di sorta, uno dei sentieri asfaltati che si spingono verso l’interno. Si scopriranno belle ville in stile coloniale, bananeti, hotel nascosti in mezzo al verde, angoli suggestivi dove nessuno mette mai piede. Se invece la stanchezza prevale, non c’è niente di meglio che attendere il catamarano per il ritorno a La Passe, seduti in un bar, con le rocce granitiche a fare da sipario ad un’isola che, ad onta della ottusità umana, conserva ancora intatta la sua selvaggia bellezza.
Testo di Vincenzo Zoli e foto di Lucio Rossi © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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Dal 1989 si è specializzato nei reportage da ogni angolo del mondo, scrivendo con uno stile molto personale, con il quale, più che descrivere luoghi e itinerari, intende calare il lettore in un mondo di suggestioni e storie personali che disegnano una “geografia delle emozioni” decisamente originale.
CONTRIBUTORS
PIER VINCENZO ZOLI - giornalista
LUCIO ROSSI - fotografo Dopo la laurea in scienze politiche, avrebbe voluto seguire la carriera diplomatica per viaggiare e conoscere il mondo. La decisione di intraprendere la carriera di giornalista e fotografo nel settore dei viaggi è stata quindi una naturale conseguenza. In questo modo ha viaggiato in piÚ di 80 Paesi producendo reportage.
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Da isola car free a paradiso della bici
La Digue
Informazioni: Informazioni sul sito ufficiale del Seychelles Tourism Board, via Pindaro 28/N., Axa, (Roma). t.06 5090135. L’unica sede diplomatica italiana è il Consolato onorario di Victoria (t. +248 344551, fax +248-344754).
Come arrivare: Diverse compagnie collegano l’Italia all’Aeroporto Internazionale delle Seychelles situato a sull’isola di Mahé. Le principali sono Turkish Airlines via Istanbul, Emirates via Dubai, Austrian Airlines via Vienna, Qatar Airways via Doha, Ethiopian Airlines via Addis Abeba. Per arrivare a La Digue è possibile prendere il catamarano Cat Coco o Cat Rose da Mahè e si giunge sull’isola in un’ora circa. E’ anche possibile volare da Mahè a Praslin (il volo dura circa 25 minuti) e imbarcarsi dal porto di Praslin verso La Digue dove si arriva dopo circa 15 minuti.
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Quando andare: Il clima è caldo e tropicale quindi ogni mese è buono per visitare le Seychelles. Tuttavia il periodo migliore è quello compreso tra maggio ed ottobre, quando le piogge sono ridotte. In questi mesi la temperatura max si mantiene intorno ai 27-28 °, mentre quella dell’oceano tra 26-27 °C. In inverno e primavera il mare raggiunge i 29 - 30 °C. Dove dormire: Domaine de l’Orangeraie orangeraie.sc: adagiato su una collina appena oltre il molo d’attracco di La Passe, è un complesso di
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ville immerse in un giardino tropicale punteggiato da enormi massi di granito. Il servizio è eccellente come le proposte dei due ristoranti: menù d’autore a tinte creole e mediterranee. Punti di forza sono la piscina affacciata sull’oceano e la spa Eden Rock Wellness Centre arroccata su un gigantesco masso di granito. La Digue Island Lodge www.ladigue.sc: è forse l’hotel storico per eccellenza di La Digue, con spiaggia privata e giardino tropicale d’ordinanza. Si trova a Anse Reunion nelle vicinanze di L’Union Estate Farm e quindi non distante dalla famosa Anse Source d’Argent. La grande casa coloniale gialla che si staglia al’ingresso della proprietà è una delle più iconiche dell’isola. Organizza molte attività interessanto comne i trekking nella foresta alla scoperta delle spezie dell’isole e delle spiagge della costa orientale con Petit Anse o Anse Coco; inoltre organizzano corsi di cucina creola agli ordini dello chef del ristorante
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Dove mangiare: Nonostante le dimensioni ridotte ci sono molti ristoranti a La Digue. Potete fare riferimento alla directory presente sul sito ufficiale per avere una panoramica completa www.seychelles. travel/it/explore/restaurants; il consiglio è quello di farsi ispirare dall’istinto e provare anche i ristoranti lungo la strada o i fast food dove i locali acquistano il cibo pronto. Un posto da non mancare è invece Chez Jules, per provare il famoso polipo alla grigia o al curry. Si raggiunge in bici, da La Passe, in senso orario fino ad Anse Banane. I succhi e i frullati di frutta sono buonissimi, al pari del pesce e dei frutti di mare per un costo di circa 20 euro a persona, il tutto in un ambiente familiare, in mezzo alla natura e l’oceano di fronte.
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Da isola car free a paradiso della bici
La Digue
Fuso orario: -3 h rispetto all’Italia, che diventano solo due quando da noi vige l’ora legale. Documenti: Passaporto valido sei mesi; per entrare non serve visto.
Vaccinazioni: Non richieste. Nessun rischio di contrarre malaria o febbre gialla. %&x
Lingua: Alle Seychelles si parla inglese e francese (lingue ufficiali), ma si fa grande uso della lingua creola locale. Religione: Prevalentemente cattolica.
Valuta: La moneta ufficiale è la Rupia delle Seychelles (SCR). 1€ = 14.00 SCR circa. Le principali carte di credito sono accettate in tutte le isole, salvo Silhouette. Elettricità: 220 Volt. Prese di tipo inglese. Occorre un adattatore.
Telefono: Prefisso telefonico: per chiamare dall’Italia il prefisso è 00248 più numero dell’abbonato. Trovandosi in luogo, in caso di
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emergenze, si ricorre al numero 999, equivalente al nostro 113. I cellulari funzionano in dual e tri band. Abbigliamento: Informale leggero, scarpe da trekking, giubbotto impermeabile. PiĂš formale per la sera.
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Link utili: Sito ufficiale delle isole Seychelles
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FRA N AT U R A e
TURISMO CON SAPEVOLE Un itinerario inconsueto dalla Medina, cuore della capitale, attraverso zone protette naturali, piccoli insediamenti fra costa ed entroterra, antiche tradizioni di vita e di lavoro. Testo di Anna Bellisario Fotografie di Mirco Fiorini
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l Nord-Ovest della Tunisia è senza ombra di dubbio una meta che attira viaggiatori amanti della natura; qui hanno a portata di mano foreste con una fauna ricca e variegata, spiagge isolate e selvagge oltre a montagne e laghi incantevoli. Qui la natura è rimasta tutto sommato ben preservata; quello che conta, tuttavia, è che sono nate una serie di iniziative eco-sostenibili. Il viaggio inizia nella Medina di Tunisi che dal 1979 è patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. La storia del popolo tunisino è narrata in ogni angolo di questa misteriosa Medina e una passeggiata per i vicoli rappresenta una lettura profonda dell’anima tunisina. Perdersi nei vicoli e scoprire le botteghe di vecchi artigiani pronti ad accogliervi e mostrarvi le loro magnifiche opere, svela al turista il carattere fiero di questo popolo. Tunisi può essere girata tramite auto oppure si possono prendere i taxi collettivi, chiamati louage, che sono molto economici ma partono solo quando sono completamente pieni.
Da Tunisi in circa due ore e mezza si può arrivare a Cap Serrat. Nel tragitto vi consiglio di fare una piccola tappa nella cittadina di Sejanane. Qui, da febbraio ad agosto, nei pressi della vecchia stazione, si possono ammirare enormi nidi di cicogne che sono un vero spettacolo. Questa cittadina è rinomata per le ceramiche che riprendono i motivi della tradizione berbera. I numerosi negozi di ceramica che troverete sono quasi tutti gestiti da donne, che vi esorteranno a entrare nei loro piccoli rifugi artistici. Percorrendo 20 chilometri di strada selvaggia, da Cap Serrat si arriva a Sidi Mechreg. Qui non esistono alberghi e ostelli e quindi ci si affida esclusivamente alla rinomata ospitalità dei tunisini
che hanno scelto di vivere in questa zona silenziosissima e di valorizzare le risorse naturali e la gastronomia locale. Andate alla ricerca della start up Eco Rand. Si tratta di un centro per le attività di scoperta ecologica (trekking, snorkeling, campeggio) e di valorizzazione della gastronomia locale avviato da Imed Abbassi. Imed sarà lieto di accogliervi e di prepararvi il migliore couscous di tutta la Tunisia, servito in perfetto relax all’ombra di ulivi secolari. Se poi avete voglia di campeggiare siete nel posto giusto! La tappa successiva a Sidi Mechreg è Tabarka. Si tratta di una cittadina sul mare diventata un porto importante dal quale partivano i prodotti dell’entroterra, famosa per la lavorazione del corallo.
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Ci si affida alla rinomata ospitalitĂ dei
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che hanno scelto di valorizzare le r i s o r s e
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Una volta arrivati a Tabarka visitate il laboratorio artigianale di pipe gestito da Anïs Bouchnak, che porta avanti l’attività iniziata dal nonno. In questo laboratorio potrete viaggiare nel tempo e scoprire il lungo processo di lavorazione di pipe straordinarie create con la radica d’erica. A Tabarka oltre al laboratorio artigianale di pipe si trova un’importante impresa creata da Rania Mechergui. Quest’ultima, dopo gli studi alla facoltà di Scienze a Tunisi, ha creato un’impresa sociale e solidale che vuole promuovere e diffondere i prodotti artigianali dei giovani della regione e in particolare delle donne del NordOvest della Tunisia.
Aïn Draham è invece il punto di partenza per escursioni nella catena montuosa circostante, in particolare nella riserva naturale di Aïn Zana, e il punto di ritrovo per escursionisti e cacciatori di cinghiali. Il ristorante dell’Hotel Rihana offre un menù completo con piatti a base di carne di cinghiale cacciato nei boschi circostanti, mentre il punto di riferimento per le escursioni è Base Nature di Azizi Mohammed.
Questo centro offre la possibilità di fare un tour in mountain bike per i boschi tra querce zen e alberi da sughero o se preferite a piedi. Passeggiando nel centro di Aïn Draham troverete l’associazione ASSAK, nata nel 1984 a sostegno delle donne artigiane della Kroumirie, dove si producono tappeti berberi e krumiriani. Tutto viene fatto sul posto, a partire dalla filatura della lana grezza tosata dalle pecore del paese.
Un’ultima tappa imperdibile è il sito di Bulla Regia che unisce le rovine e le tracce dei tre periodi: punico, romano e bizantino. Qui potrete avere accesso diretto agli edifici e ai mosaici che, ottimamente conservati, vi lasceranno incredibilmente a bocca aperta. A Jendouba, situata a 154 chilometri da Tunisi e a 50 dal confine con l’Algeria, troverete il laboratorio-club Moz-art di Leila Hleli. Ispirandosi a Bulla Regia, Leila Hleli dopo il master in Restauro e Conservazione dei Beni Culturali ha fondato un laboratorio di mosaici con l’obiettivo di insegnare alle donne della regione a produrre mosaici per aumentare il proprio reddito. Oltre al laboratorio-club Moz-art fate una sosta presso l’associazione Rayhana. Questa associazione, con una forte vocazione economica, è stata fondata nel 2013 da giovanissime donne per la valorizzazione e il sostegno delle filiere locali e dell’eco-turismo. Da Jendouba si torna verso Tunisi con gli occhi pieni di meraviglia e il cuore gonfio di emozioni per gli splendidi paesaggi e le diverse iniziative eco-sostenibili di questa indimenticabile regione della Tunisia.
Testo di Anna Belllisario e foto di Mirco Fiorini © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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è laureata in sviluppo locale e globale, attualmente sta svolgendo un tirocinio presso il CEFA ONLUS.
CONTRIBUTORS
ANNA BELLISARIO giornalista
MIRCO FIORINI - fotografo Classe ‘75, di Spilamberto provincia di Modena, infermiere; da oltre vent’anni coniuga il lavoro con la passione per la fotografia. Appena dopo il diploma conseguito nel ’94, il sottotetto di casa diventa camera oscura per sviluppare i numerosi rullini scattati durante un periodo di volontariato in Kenia con l’intramontabile Nikon F2. Effettua reportage incentrati su tematiche sociali nel Nord Africa e America del sud in Grecia e in Italia.
ES U TIT
Fran natura e turismo consapevole
Tunisia del Nord
Informazioni: Ente Nazionale Tunisino per il Turismo, via Pantano 11 Milano 20122 Milano tel. 02 86453044 – fax 02 822752 www.tunisiaturismo.it
Come arrivare: Con l’aereo Tunisair, Ryanair, Air France, Alitalia da Milano Malpensa, Bologna, Venezia, Roma Fiumicino, Napoli e Palermo. Con la nave dai principali porti italiani www.ctn.com.tn www.gnv.it www.grimaldi-lines.com
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Quando andare: Tutte le stagioni. Preferibile primavera estate e autunno. Clima: la Tunisia ha un tipico clima temperato. In estate e nelle zone interne le temperature possono salire di molto, ma con tassi di umidità bassi. Fuso orario: Uguale a quello italiano. In Tunisia non è adottata l’ora legale. Documenti: Passaporto con validità residua di almeno tre mesi. Vaccini: Nessuno obbligatorio.
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Lingua: Lingua ufficiale arabo, seconda lingua ufficiale francese conosciuta da quasi tutti i tunisini. Nelle zone turistiche si parla anche l’italiano e l’inglese.
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Religione: Musulmana con piccole minoranze ebraiche e cristiane. Valuta: Dinaro tunisino, di cui ne è vietata l’esportazione. Si raccomanda di rispettare rigorosamente le norme locali in materia valutaria.
U TIT
Elettricità: 230 v (compatibile con tutti gli apparecchi italiani) negli alberghi di solito non è necessario l’adattatore. Telefono: Accordi di roaming consentono di utilizzare i cellulari italiani anche con schede prepagate. Abbigliamento: Come in Italia. Consigliabile sempre un abbigliamento comodo e una felpa o una giacca a vento all’occorrenza. Shopping: Prodotti di cuoio, rame, ceramiche e tappeti.
Suggerimenti: La gastronomia tunisina è ricca di prelibatezze. Piatto principe è il cous-cous, ma degni di nota anche il brik, l’harissa e la salade tunisienne. Divini i datteri. Link utili: Rappresentanza diplomatica italiana a Tunisi www.ambtunisi.esteri.it
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L’Aude, una regione prossima ai Pirenei è terra di ampi panorami e quiete visioni paesaggistiche. Queste zone sono state il regno di Catari e Templari dove le leggende formano un tutt’uno con la storia Testo di Guido Lattuneddu Foto di Luca Bracali www.lucabracali.it
MAP Francia
Lat 43,12 N
NELLA FRANCIA
di c a t a r i E TEMPLARI
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e strade dell’Aude potrebbero farvi scoprire il piacere di un’idea di viaggio alternativa, lontana dalle tradizionali rotte turistiche e dai ritmi concitati di molte località. Stiamo parlando di una regione del sud della Francia stretta fra la delicata bellezza della costa e quella austera dei Pirenei, sempre incombenti. La distanza dalle grandi metropoli del nord del paese permette così di riscoprire la semplicità del vivere bene in cui le persone bastano a sé stesse e dove la natura certamente concorre a distendere gli animi. Il paesaggio è punteggiato da tante piccole cittadine dai muri color biscotto che, senza rompere l’incanto del posto, fanno capo a Carcassonne, il centro più grande della regione, la cui cinta muraria richiama subito alla mente di chiunque quelle antiche saghe medievali popolate da principi e principesse, da draghi e stregoni.
Richiama quelle
antiche saghe medievali popolate da principi e principesse, da draghi e stregoni
Una fra le pagine più interessanti della storia del paese è sicuramente quella legata al passato cataro. Queste genti, che conobbero un grande sviluppo nel corso del XIII secolo, fecero della Francia meridionale una meravigliosa successione di castelli e piazzeforti fra i più suggestivi della zona. Purtroppo per loro, di lì a poco, in quegli stessi castelli furono costretti a rifugiarvisi, a seguito della crociata bandita dal Papa, che mal tollerava il loro credo religioso.
Ciò che ancora oggi possiamo fare è visitare i siti di questa lontana vicenda che, nonostante i secoli trascorsi, è ancora possibile rivivere fra le mura delle fortezze più famose di: Queribus, Peyerpertuse, Puivert, Puilaurens e Montsègur. Nella terra dei Catari Là dove l’alta vegetazione boschiva cede il posto a bassi cespugli di fiori che danno una nota aromatica all’aria che si respira, sulle cime di bianche creste rocciose che fanno capolino dal verde delle vallate, sorgono questi castelli che si fronteggiano a distanza, come grandi leoni. Questi presunti eretici realizzarono dunque opere di una grandiosità tale da far impallidire qualsiasi sovrano e dalle mura delle quali resistettero impavidi fino alla totale capitolazione. Viaggiando verso i Pirenei v’imbatterete nella fortificazione di Queribus, nel comune di Cucugnan, una delle più antiche strutture catare risalente ai primi decenni dell’XI secolo. Dai suoi terrazzamenti vi sembrerà letteralmente di camminare sospesi fra Spagna e Francia, due culture che là si incontrano e che è possibile sentire nelle inflessioni degli abitanti e nelle specialità del luogo. Poco lontano da Queribus sorge la coeva rocca di Peyerpertuse, prima possedimento dei conti della vicina Catalogna, poi feudo francese, che nel significato del nome, pietra pertusi, “pietra forata”, sembra rimandare a un passato ancora più remoto, addirittura risalente al periodo romano del I secolo a.C.
Scalando il massiccio roccioso su cui è arroccata, scoprirete il significato della parola perseveranza, una qualità che i costruttori di quel castello dovevano avere ben a mente vista l’arte con cui riuscirono ad articolare il complesso di bastioni lungo tutto il crinale roccioso; una visita insomma da far venire le vertigini.
Castelli che si fronteggiano a distanza
come grandi leoni
Se siete poi amanti del cinema allora certamente il castello di Puivert, nella regione di Quercorb e a pochi chilometri da Carcassonne, risponderà alle vostre aspettative. In questo sito infatti furono girate alcune scene del film La nona porta di Roman Polanski. Tuttavia Puivert, costruito intono al XII-XIII secolo su una collina boscosa che domina la pianura circostante, prima ancora di diventare set cinematografico, fu residenza estiva di vassalli e attendenti dei duchi di Tolosa che accoglievano alla propria corte trovatori e menestrelli per allietare i propri ospiti. Antiche signorie Spingendovi invece verso l’area di Lapradelle, sempre nel sud dell’Aude, non mancherete di notare la rocca di Puilarens, i cui primi riferimenti risalgono persino al X secolo. Costruita su uno sperone roccioso e trovandosi quindi in una posizione strategica fu temporaneo rifugio, nel corso dei secoli e soprattutto al tempo della crociata, di esuli che cercavano riparo nei vicini regni di Catalogna e Aragona. Spesso ciò che è tragico, nonostante tutto, lascia anche un’aura di grandiosità che nel caso di Montsègur, ultima roccaforte catara a cadere, fu consegnata al mito. Quando orami la crociata indetta dal Papa stava volgendo al termine e l’Aude era un paese di rovine, questo castello accolse gli ultimi catari tanto da guadagnarsi il soprannome di “Sinagoga di Satana”, epiteto che già preannunciava l’aura di leggenda che si sarebbe creata attorno alla fortezza.
Dopo quasi un anno di accanita resistenza che vide episodi di eroismo da parte catara, nel 1244 Montsègur venne conquistata, conoscendo nuova vita poco tempo dopo quando venne fatta ricostruire per rafforzare i confini da Luigi IX di Francia, il Re Santo. Ma quindi fu davvero la fine dei catari? Sappiamo che i superstiti trovarono riparo e un epilogo ben peggiore in una serie di grotte a ridosso dei Pirenei, presso Lombrives, all’interno delle quali furono murati vivi. Quando infine deciderete di scendere dalle montagne verso le vallate sarà allora che vi imbatterete in Rennes-Le-Chateau, una cittadina che insieme a Rennes-Le-Bains, Bugarach e Espèraza, vale tutte le peripezie per raggiungerla.
Fra storia e leggenda In particolare Rennes-Le-Chateau, un villaggio di poche case e di quindici abitanti, merita un’attenzione particolare che, a dispetto dell’apparenza, rappresenta il fulcro di tutta una vicenda che ha fatto e continua a fare versare fiumi d’inchiostro. Rennes non ha molto da offrire, se non storie e aneddoti per chi avrà voglia di ascoltarli; là le abitazioni, basse e in pietra, sono disposte lungo un’unica strada che termina in un’ampia terrazza da cui è possibile dominare con uno sguardo tutta la vallata. Però più tempo passerete in quel luogo e più chiara sarà l’onnipresenza di un prete che segnò profondamente la storia non solo della città, ma anche dei dintorni: Bérenger Saunière.
Questa piccola e sperduta cittadina fu infatti, a cavallo del XIX e XX secolo, il vero e proprio regno di questa ambigua personalità che iniziò il suo mandato con un magro salario e una chiesa in rovina, concludendolo poi con metà dei territori circostanti in suo possesso e col soprannome di “prete dei miliardi”. Fatalità? Fortuna? Provvidenza? Nulla di tutto ciò, sappiamo soltanto dal diario del curato che un giorno, mentre i lavori di ristrutturazione della chiesa stavano procedendo, venne fatta una sensazionale scoperta. Inutile segnalare che le ipotesi, le ricerche e le possibili risposte sono infinite quanto l’aura di mistero che Saunière suggellò con la propria morte, anch’essa avvenuta in circostanze assai sospette.
Quello che rimane è la suggestione delle opere che lasciò in paese come Torre Magdala o Villa Bethania e il silenzio degli abitanti, gelosi dei propri segreti. Non lontano da qui, sorgono molti altri piccoli centri che a loro modo vi mostreranno diversi aspetti di questa parte di Francia. Ad esempio nel centro di Espèraza ogni domenica viene allestito il mercato, una buona occasione per perdersi nelle ricorrenze del luogo che viene pervaso da odori di spezie, aromi e colori che vanno a confondersi con lo stile di vita gioviale e alternativo dei locali. A poco distanza dal vociare delle bancarelle di Esperazà si trova forse uno dei luoghi più suggestivi della zona, il monte Bugarach conosciuta anche come Montagna delle fate e l’omonima cittadina alle sue pendici. Le valli risuonano delle voci di creature fantastiche e spiriti inquieti che abitano nelle foreste circostanti, mentre il cielo è quasi sempre solcato dalle aquile, guardiane di questo territorio sacro. Ogni anno attira visitatori e curiosi in gran numero, che si cimentano nella scalata del massiccio forse nella speranza di ottenere una qualche divinazione o più semplicemente per concedersi una delle esperienze più belle che gli amanti della montagna possano mai fare. Un viaggio nella regione dell’Aude inciderà non poco nel modo di considerare la vita perché, a differenza di tante altre località, consentirà di riflettere su certe percezioni o stati d’animo che la maggior parte del tempo ignoriamo o a cui non vogliamo fare troppo caso.
Alcuni dicono infatti che in questa lontana parte di Francia ci si lasci andare completamente al piacere di essere sĂŠ stessi, senza ansie o finzioni. La permanenza in questi luoghi scorrerĂ serena nel verde di una natura
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incontaminata, camminando fra le pietre di un passato sempre acceso e, perchÊ no, anche fra le bollicine di un bicchiere di vino bianco sorseggiato fra le tante vigne che ricoprono la regione. Testo di Guido Lattuneddu e foto di Luca Bracali Š LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
Attualmente Ê uno studente di archeologia e storia dell’arte presso la Cattolica del Sacro Cuore a Milano. Ha viaggiato in 15 paesi svolgendo un workshop fotografico negli Stati Uniti al seguito del fotografo Luca Bracali con il quale ha avuto anche modo di compiere una serie di lavori nel sud della Francia nel ruolo di reporter.
CONTRIBUTORS
Guido Lattuneddu - giornalista
Luca Bracali - fotografo Ha viaggiato in 140 paesi, è autore di 13 libri e vincitore di 11 premi in concorsi fotografici internazionali. Nel 2010 Bracali debutta nel mondo della fine-art photography e le sue immagini vengono esposte, come personali, in 50 musei e gallerie di Roma, Milano, Bologna, Napoli, Sofia, Kiev, Odessa, Copenaghen, Yangon, Montreal, New York e Bruxelles.
ES U TIT
Nella Francia di catari e templari
Francia
Informazioni: Sul sito del Turismo Francese troverete tutte le informazioni necessarie.
Come arrivare: In aereo: si vola sull’aeroporto di Tolosa da Roma Fiumicino, Milano Malpensa, Venezia, Palermo, Catania, Napoli, Pisa, Cagliari Olbia In treno: non ci sono collegamenti diretti dall’Italia. Il percorso è ungo la direttrice di Nizza e Tolone, con cambio a Ventimiglia o Nizza. In auto: la città di Carcassone è ottimamente collegata alla rete autostradale francese, dista 510 km da Ventimiglia.
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Quando andare: Primavera e anche all’inizio dell’autunno. Fuso orario: Come in Italia.
Documenti: Passaporto/Carta d’identità valida per l’espatrio. %&x
Lingua: Francese. Valuta: Euro.
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Religione: La religione più diffusa è quella cattolica.
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Elettricità: 220 V, 50 Hz.
Telefono: Il prefisso per chiamare dall’Italia è 0033; il prefisso per chiamare l’Italia è 0039. Link utili: Tutto sui Castelli catari qui: it.france.fr/it/occitania-sud-di-francia/lista/5-minuti-per-saperetutto-sui-castelli-catari
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