Sommario
Messico Foto Ente Turismo del Messico
Abu Dhabi E’ qui il futuro
Nuova Zelanda Varietà all’orizzonte
Francia VAR Sereno VARiabile
Ronciglione Il paese del carnevale
Messico Sotto i cieli del Messico
Febbraio 2019
Redazione:
Via Pisacane, 26 20129 Milano tel. +39 02.36511073 redazione@latitudeslife.com Foto di Shutterstock
Hanno collaborato
Gisella Motta Francesca Calò Giorgia Boitano Marco Carulli Enrico Barbini
Fotografi
Gisella Motta Unsplash Jan H. Störkel Marco Carulli Enrico Barbini
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Ronciglione Foto di Enrico Barbini
n°123 Febbraio 2019
Direttore Responsabile Eugenio Bersani
eugenio@latitudeslife.com
Photo Editor Lucio Rossi
lucio@latitudeslife.com
Sales Manager
Lanfranco Bonisolli
lanfranco@latitudeslife.com
Redazione
Francesca Calò
francesca@latitudeslife.com
Graphic
Arianna Provenzano
arianna@latitudeslife.com
Land art in Sicilia
Land art in Sicilia
Land art in Sicilia
Land art in Sicilia
Land art in Sicilia
Land art in Sicilia
Land art in Sicilia
Land art in Sicilia
É QUI DHABI ABU
Abu Dhabi non prevede rituali di avvicinamento, offre rapidamente ciò che promette: ricchezza esibita e cultura d’eccellenza, un modello di sviluppo probabilmente inavvicinabile, una storia antichissima che fa capolino tra grattacieli concepiti per rivaleggiare in bellezza. Un mondo nuovo che promette di meravigliarvi, e ci riuscirà. Testo e foto di Marco Carulli www.marcocarulli.com
Abu Dhabi
LAT 24,28 N
IL
FUTURO
Una particolarissima sintesi tra mondo arabo e occidentale, tra opulenza e capacitĂ organizzativa, tra attenzione alla sostenibilitĂ del pianeta e vertigine architettonica
É qui il futuro
ABU DHABI A
bu Dhabi, forte del suo un milione 500mila abitanti che per l’80% sono stranieri,
affronta una particolarissima sintesi tra mondo arabo e occidentale, tra opulenza e capacità organizzativa, tra attenzione alla sostenibilità del pianeta e vertigine architettonica. A volte si ha la precisa sensazione che venga praticata una sorta di shopping d’élite a livello planetario, se c’è qualcosa di bello o di iconico viene acquistato o, al limite, noleggiato: squadre di calcio, il Manchester City è di proprietà di Mansour bin Zayed al Nahyan, il fratello dell’emiro; eventi sportivi, l’ultimo Gran Premio di Formula 1 e la Coppa del Mondo di football per club si celebrano qui; archistar, la cui creatività viene incoraggiata senza limite di budget; grandi musei, con gemellaggi onerosi che portano sul golfo Louvre e Guggenheim; persino la Ferrari ha visto nascere ad Abu Dhabi il proprio primo parco a tema. Però attenzione, non si tratta di imitazioni, o di operazioni mordi e fuggi, tutto risponde a un
progetto, a una logica ben precisa. Negli Emirati si è sviluppato il culto del brand, quello di assoluta eccellenza, quello originale. Così – come accadeva in Italia nel Rinascimento – vengono chiamati a raccolta, i talenti per fare, per lasciare un segno superando la volatilità del greggio e affrontare una nuova sfida, complessa e suggestiva: quella di diventare la capitale culturale dell’intero mondo arabo. Abu Dhabi – che significa Il padre della gazzella – è tra i posti che si visitano per ciò che si è fatto e costruito e non per quanto la natura ha offerto. Tutto ha avuto origine da un luogo che non esisteva, ma che è stato fatto apposta: Saadiyat Island, traducibile come Isola della felicità. Si tratta di un’enorme oasi di terra artificiale, costruita in mezzo al mare a 500 metri dalla costa. Un posto sorto dal nulla per ospitare i progetti di cinque tra i più celebri architetti al mondo, tutti insigniti del Pritzker Architecture Prize, praticamente l’Oscar del settore.
É qui il futuro
ABU DHABI
A Saadiyat Island si stanno costruendo, o verranno costruiti, il
grande Guggenheim del mondo da Frank Gehry, lo Zayed Natio
Museum (in partnership col British Museum) di Norman Foste
Performing Arts Centre di Zaha Adid, il Museo del Mare di Tad
And�; ed è già stato inaugurato lo scorso anno il Louvre di Jea
Nouvel. Tutti insieme daranno vita al Saadiyat Cultural Distric
maggiore concentrazione di musei al mondo per metro quadra
debutto del progetto lascia abbagliati per la bellezza della con
per l’impatto visivo, per la sofisticata, ma allo stesso tempo ev
capacità di Jean Nouvel nell’interpretare questo crocevia di cu
per la varietà e il livello delle opere esposte, per l’originalità d
percorso espositivo. Oggi non c’è niente come il Louvre di Abu
l più
probabilmente il più bel museo al mondo, sicuramente il più originale
onal
per allestimento e fruibilità. Il primo problema che l’architetto si
er, il
trovò ad affrontare fu quello del clima e della collocazione. Abituato
dao
a inserire i propri progetti in un contesto esistente, Nouvel dovette
an
affrontare il vuoto, e il caldo. Il suo edificio prende spunto da due
ct: la
luoghi emblematici dello scambio: la Medina col suo suk e il porto, col
ato. Il
continuo andirivieni di genti e mercanzie. L’effetto visivo è magistrale:
ncezione,
tanti edifici, 55 in tutto, apparentemente slegati tra loro ma in realtà
vidente,
strettamente connessi, dove dominano il candore dei moduli, la luce
ulture,
filtrata del cielo e del mare, il continuo saliscendi degli approdi. Si
del
resta talmente conquistati dall’atmosfera, fiabesca e coinvolgente, da
u Dhabi,
rimanere emozionati e assorti, quasi restii ad entrare.
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ABU DHABI
Ma è esplorando i suoi 87mila metri quadrati che si comprende appieno l’enorme portata culturale di questo museo universale. La prima differenza che balza all’occhio rispetto alle maggiori istituzioni che vengono in mente – il Louvre originale, il British Museum, il Metropolitan… – sta nella selezione ed esposizione delle opere. I grandi musei classici sono la somma di collezioni accumulate nei secoli, conservate in edifici troppo piccoli per esporre tutto, anche quando sono giganteschi. Ad Abu Dhabi, il museo esibisce tutte le sue 620 opere (300 prestate dalla Francia, le altre acquistate appositamente), frutto di una selezione capillare e motivata dall’allestimento. In più gli spazi sono ampi e perfetti per una fruizione ideale, non si affaticano mai gli occhi per distinguere una cosa dall’altra. Ma quello che conquista pienamente è la visione. Mentre ogni grande museo nazionale è ‘partigiano’, centrato su se stesso e figlio di una sola cultura dominante, il Louvre di Abu Dhabi ha scelto il confronto e il percorso parallelo. Si parte dall’antichità più profonda, con le prime figure umane, datate 8500 anni e create in Siria e Giordania, per arrivare alla ‘Fontana di luce’ di Ai Weiwei del 2016. In mezzo la storia dell’uomo, epoca dopo epoca, ma vissuta in parallelo. In un dialogo seduttivo e inedito, le opere di ogni cultura si affacciano le une sulle altre, l’Europa e l’Asia, l’Arabia e l’Africa, le Americhe e l’Oceania. Può sembrare semplice, ma non era mai stato fatto nulla di simile.
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ABU DHABI
Alla fine del percorso si comprende una verità inconfutabile: siamo tutti diversi ma apparteniamo alla medesima specie. «Il Louvre Abu Dhabi cerca di cambiare il nostro mondo per il meglio»: sono parole di Saif Saeed Ghobash, direttore generale del Dipartimento per la Cultura e il Turismo. Missione compiuta. Resta da aggiungere che l’istituzione ospita sempre tre mostre temporanee di altissimo profilo, esposte in collaborazione coi musei francesi e dedicate, anche queste, al dialogo tra le culture. Oltre al Louvre, le altre grandi attrattive dell’emirato hanno tutte come denominatore comune soluzioni architettoniche all’avanguardia. Restando sull’isola di Saadiyat troviamo l’UAE Pavilion, il padiglione di Expo 2010 a Shanghai: le sue dune artificiali, ideate da Norman Foster, ospitano ogni anno la fiera internazionale Abu Dhabi Art. Dall’Observation Deck at 300 si gode il miglior panorama sulla città. La vetta è raggiungibile salendo al 74° piano della maggiore tra le due Ethiad Towers, a 300 metri di altezza. Il medesimo scenario, ma con una prospettiva diametralmente opposta, si può ammirare dalla maestosa Corniche Road: otto chilometri di lungomare tra giardini, arcate e gazebo, il luogo prediletto per le passeggiate di turisti e
L’Emirates Palace, tra i piÚ lussuosi hotel al mondo. A vederlo sembra un sogno moresco concepito leggendo Le mille e una notte
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residenti. Altro grattacielo emblematico è l’ADNEC: realizzato ne
2007 su progetto dello studio RMJM (Robert Matthew e Johnson Marshall), ospita eventi culturali, meeting, esposizioni, ma anche
matrimoni e cene di gala. Un discorso a sé merita l’Emirates Palac
tra i più lussuosi hotel al mondo. A vederlo sembra un sogno more
concepito leggendo Le mille e una notte. Posizionato nel cuore de
Corniche, occupa il tratto più bello della costa, dispone di un port
privato e propone 400 stanze, con suite dove potrebbe alloggiare anche un piccolo esercito.
el
Due dettagli hanno reso l’Emirates celebre oltre i confini di casa: il
n
cappuccino con foglia d’oro e il bancomat dove l’oro si può ottenere cambiando contanti. A riprova che certi brand europei (e in questo
ce,
caso italiani) sono amatissimi, si può fare una puntata al Ferrari
esco
World. Nel culto della rossa, attrazioni a tema e uno sviluppo in
ella
superficie che supera ampiamente quello degli stabilimenti di
to
Maranello. Se volete ritrovarvi il cuore in gola potete avventurarvi
e
nell’esperienza dell’unica montagna russa in grado di raggiungere i 240 km/h in soli cinque secondi.
É qui il futuro
ABU DHABI
E ora arriviamo al cuore spirituale del nostro viaggio: la visita
Moschea Zayed, uno dei più spettacolari e suggestivi edifici de
nostra epoca. Quando la si ammira all’imbrunire, nel momento
luci si accendono ma non è ancora notte, si resta quasi paralizz
meraviglia. L’edificio ha dimensioni imponenti – tutta l’area mi 22mila metri quadrati, praticamente cinque campi da calcio – quattro minareti alti 107 metri, mille colonne e 82 cupole. All’interno, nella sala principale,si trova il più grande tappeto
del mondo, misura 5672 metri quadrati: due anni di lavoro per
artigiani. Ma, conclusa la tessitura, si pose il problema del tras vennero impiegati tre aerei per farlo arrivare ad Abu Dhabi.
alla
Dopo, gli stessi artigiani si incaricarono di rimontarlo nella moschea.
ella
Il tempio che unisce il mondo è tale sotto ogni punto di vista. Hanno
o in cui le
infatti collaborato all’impresa un numero impressionante di nazioni –
zati dalla
Cina, Germania, India, Iran, Italia, Turchia, Malesia, Marocco, Nuova
isura
Zelanda, Pakistan, Regno Unito – sia attraverso la manodopera che
con
per la fornitura di materiali. La Moschea Zayed esibisce il marmo di 28 paesi diversi e i grandi lampadari – tra cui il maggiore al mondo, 10
persiano
metri di diametro e 15 di altezza – sono in cristallo Swarovski.
r 1300
Di sera il bianco abbagliante dell’edificio si colora di blu, le colonne si
sporto e
riflettono nelle vasche esterne, l’immenso cortile centrale, prezioso di marmi e intarsi, assume una lucidità quasi trasparente.
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Il fascino ancestrale di una penisola araba ante petrolio: dune, deserto, carovane, falconeria come rito e unico svago
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Inoltrandosi verso l’interno, a un’ora e mezza di auto dalla capitale, si raggiungono l’oasi di Al Ain, patrimonio UNESCO, e gli Qasr (fortezze) di Al Muwaiji e di Al Jahili. Quest’ultimo, col portale d’accesso incorniciato da orgogliose torri simmetriche, è stato insignito nel 2016 col Terra Award, prestigioso riconoscimento che premia le migliori architetture in terra cruda al mondo. All’interno si può visitare la bellissima esposizione permanente dedicata a Wilfred Thesiger, conosciuto in Arabia come Mubarak bin London, singolare figura di esploratore, scrittore di viaggi e soprattutto fotografo. Le sue immagini, in un bianco e nero magistrale, ci restituiscono il fascino ancestrale di una penisola araba ante petrolio: dune, deserto, carovane, falconeria come rito e unico svago.
Filo di connessione tra passato antichissimo e modernità, l’amore per il falco non ha mai cessato di esistere. Il luogo più emblematico di questa pratica è l’Ospedale dei Falchi
É qui il futuro
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Ed è proprio alla falconeria che dedichiamo la nostra ultima tappa. Filo di connessione tra passato antichissimo e modernità, l’amore per il falco non ha mai cessato di esistere. Il luogo più emblematico di questa pratica è l’Ospedale dei Falchi: struttura all’avanguardia nella cura degli animali, il centro ha anche il compito di divulgare e raccontare un’arte antichissima, da sempre la più amata dalla popolazione originaria degli Emirati. Dopo aver visitato i luoghi di degenza, gli ospiti hanno il privilegio di un incontro ravvicinato col falco. Tu indossi il guanto e lui si posa senza alcun timore, anzi ti guarda fisso inclinando leggermente il capo. Nel suo sguardo si legge un monito e sei quasi certo che ti dica “maneggiami con cura, perché questa è casa mia. Io c’ero già prima di tutti, sono io il signore del deserto”.
T E S TO e F OTO D I : M A RC O C A RU L L I
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ES U TIT
È qui il futuro
Abu Dhabi
Informazioni: Sul sito dell’Ente del Turismo di Abu Dhabi.
Come arrivare: Voli diretti da Roma e Milano con Etihad Airways.
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Quando andare: Clima: con un clima è arido e subtropicale, il sole quasi tutto l’anno e le piogge molto scarse. Il periodo migliore per visitare Abu Dhabi è compreso tra la fine di Ottobre e la prima metà di Maggio.
Viaggio organizzato: Alidays propone un tour di quattro giorni della capitale degli Emirati alla scoperta del meraviglioso museo del Louvre. Prezzi a partire da 750 euro voli inclusi. Vaccini: Non è richiesta nessuna vaccinazione. %&x
Lingua: L’arabo è la lingua ufficiale. L’uso dell’inglese è molto diffuso.
Religione: La religione professata dalla grande maggioranza dei residenti è l’Islam di ispirazione sunnita. Fuso orario: +3h rispetto all’Italia. +2h quando in Italia vige l’ora legale.
L
È qui il futuro
Documenti: Passaporto con validità residua di almeno sei mesi al momento del viaggio.
U TIT
Valuta: La moneta locale è il Dirham Arabo Unito (AED o Dhs), a sua volta suddiviso in 100 fils, e il suo tasso è vincolato al dollaro statunitense (US$ 1: AED 3.6725). Le carte di credito e di addebito sono largamente accettate. Elettricità: 220 V; ma è consigliabile munirsi di un adattatore universale prima della partenza. Telefono: per telefonare in Italia dagli Emirati Arabi digitare 0039 mentre per telefonare dall’Italia negli Emirati il prefisso è 00971. La copertura cellulare e Internet è generalmente molto buona. Abbigliamento: Nel rispetto delle norme e dei costumi locali si raccomanda di evitare abbigliamento appariscente soprattutto nei luoghi pubblici. La regola pratica è coprire dalle spalle fino alle gambe incluse. Vale anche per gli uomini. Per visitare la Grande Moschea di Abu Dhabi, alle donne è richiesto di indossare l’abbaya, che viene fornita gratuitamente all’ingresso. In spiaggia alle donne è consentito l’uso del bikini.
Varietà all’orizzonte
VARI all’orizz
Dalle sabbie nere graffiate dal ven dalle colline verdi dei film fantas un road trip tra le meraviglie n
Testo di Giorgia Boitano f visual-walkab
N U OVA Z E L A N DA Varietà all’orizzonte
IET à zonte
nto ai lidi bianchi bruciati dal sole, sy ai laghi vulcanici multicolore, naturali della Nuova Zelanda.
foto di Jan H. Störkel bout.com
Nuova Zelanda
LAT 42,00 S
Varietà all’orizzonte
Varietà all’orizzonte
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Varietà all’orizzonte
Varietà all’orizzonte
U
na spiaggia di antico magma agli antipodi del pianeta, il vento che arrotola le onde, frammenti di alghe e conchiglie tra le dita umide, sguardo rivolto verso occidente. Una canzone risuona tra gli alberi e lungo la costa, una voce dolce si alza nel cielo e parla al cuore. Te aroha, Amore. Ci insegna l’amore per madre terra Papatuanuku, il rispetto per l’artista silenziosa che ha creato questa bellezza, colei che prende e che dà. In una landa aspra e magnifica, il suo potere appare ancora più chiaro. Inizia qui un viaggio a quattro ruote alla scoperta dei tesori naturali di Aotearoa, la Nuova Zelanda.
Varietà all’orizzonte
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Varietà all’orizzonte
Basta allontanarsi di qualche chilometro da Auckland per iniziare a respirare la potenza di Madre Terra a queste latitudini. Guidando verso ovest con il sole sulla faccia, le strade si fanno sempre più strette, le case sempre più rare e dietro una curva verde spunta inaspettato il mare. Karekare Beach è una spiaggia vulcanica circondata da colline rocciose e foresta tropicale dove è facile innamorarsi. Sabbia dura, mare impetuoso, pensieri che volano via. Paradiso per botanico, è parte del Parco Regionale Waitakere Ranges, oltre 3500 acri di area protetta ad appena 40 minuti in auto dalla città. Appena dietro alle dune, all’ombra di una miriade di alberi e felci, una piccola cascata gioca a nascondino con le rocce umide e una colonna di acqua gelida si getta in un placido laghetto verde. Lasciarsi bagnare dagli schizzi e sentirne i brividi lungo il corpo dopo una passeggiata al sole è una gioia dell’anima. E se il lungo lido è meta di pochi surfisti esperti a caccia di brividi e gabbiani erranti in cerca di cibo, gli oltre 250 km di sentieri del parco offrono svariate possibilità per esplorare la macchia neozelandese. Verso nord fino alla splendida spiaggia di Piha, verso sud fino alla baia di Manukau o su sulle colline dell’entroterra, dove la vista toglie il fiato e la quiete ruba il cuore.
Varietà all’orizzonte
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Varietà all’orizzonte
La foresta brulica di piante native mai viste prima. Foglie grandi, foglie piccole, foglie allungate, cortecce coperte di muschio e altre piante, rami che crescono, rami che cadono, fronde ricurve modellate dal vento. Domina il paesaggio la onnipresente ponga, felce dai contorni arzigogolati divenuta simbolo del Paese. Ce ne sono circa 200 specie, dai minuscoli arbusti di 20 mm alle palme di ben 20 metri. Secondo la tradizione Maori, la loro forma a spirale, detta koru, ricorda il dispiegarsi della vita, la crescita e la forza personali, lo svolgersi della propria missione sulla terra, il districarsi della matassa. Se ne trovano rappresentazioni nei manufatti artigianali, nelle opere d’arte e nei famosi tatuaggi tribali. Non solo, nelle varie tradizioni, le foglie venivano cotte e mangiate e le radici venivano usate per curare le ferite, per placare la tosse e addirittura per rinforzare il cuoio capelluto. Altra pianta medicinale rinomata è la kawa kawa, arbusto dalle foglie a cuore il cui decotto ha proprietà depurative e calmanti. Ma la più famosa è la manuka, rinominata dagli inglesi tea tree, ottimo disinfettante e antinfiammatorio naturale e delizioso té. Se ne trovano a centinaia ai lati delle strade di collina, punteggiati di fiorellini bianchi dal profumo di miele.
Varietà all’orizzonte
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Ma non tutte le coste sono così selvagge. A est di Auckland, tre ore di viaggio o poco più, si estende la penisola di Coromandel, meta preferita da chi vive nella city. Il paesaggio da questo lato è totalmente diverso: dolci colline rotonde si allungano su sabbie bianche e rocce levigate, isolette e barche a vela popolano l’orizzonte, paesini in riva al mare servono gelati all’italiana. Passata la zona di villeggiatura, spiagge da sogno e sentieri escursionistici panoramici si estendono verso la punta e la vita torna a scorrere lentamente, ai ritmi della natura. Tra le aree più belle è New Chums Beach, immensa e popolata da più volatili che umani.
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Nelle ore di bassa marea, un sentiero conduce alla baia e apre alla vista una cartolina vivente. Timidi surfisti apprendisti si divertono a bucare le onde, i pochi bagnanti macinano chilometri sulla sabbia o siedono su tronchi abbandonati dal mare, uccellini fanno la spola tra i giardini e la battigia. Anche qui, la foresta nativa fa capolino ai margini della spiaggia e custodisce i segreti Maori. Fioriscono tra dicembre e gennaio gli eccentrici Pohutukawa, i cosiddetti alberi natalizi locali che colorano la macchia di iconici addobbi rossi. Ne vanno matti i Tui, simpatici volatili dal piumaggio verde, blu e nero simili a un piccione europeo, ma con due soffici palline bianche appena sopra il petto.
Varietà all’orizzonte
Varietà all’orizzonte
Varietà all’orizzonte
Al centro della penisola di Coromandel, la foresta protegge i mastodontici alberi Kauri. Facili da trasformare in lunghe assi per via della loro forma cilindrica e della loro altezza fino a 50 metri, sono stati largamente sterminati a partire dal 1820 e utilizzati per costruire in Europa per oltre un secolo. Quelle che ora sono praterie abitate da pecore e mucche da allevamento, erano un tempo distese sconfinate di foresta vergine dove convivevano alberi enormi, arbusti e uccelli di ogni tipo. Tanto è cambiato da quando gli europei hanno piantato la loro bandiera in Aotearoa, la terra neozelandese. Oggi protetti e in fase di ripopolamento, i Kauri sono purtroppo minacciati da un fungo non nocivo all’uomo, contro il quale il Dipartimento di Conservazione Nazionale
Varietà all’orizzonte
(DOC) ha preso misure come la chiusura di molte aree a rischio e un ampio coinvolgimento della gente. Per fortuna ne sopravvivono ancora splendidi esemplari centenari, che si possono ammirare (e abbracciare) con le dovute accortezze in aree come il Waiau Kauri Grove. Appoggiare l’orecchio sulla corteccia liscia e sentirne la forza non ha prezzo. Proseguendo la rotta verso sud tra quei paesaggi da elfi e fatine, non si può mancare la regione vulcanica, da dove la storia dell’isola ha inizio. Già nella parte inferiore della penisola di Coromandel si iniziano a trovare sorgenti geotermiche che scaldano il sottosuolo e producono fenomeni come la famosa Hot Water Beach, dove basta scavare pozze nella sabbia per costruirsi una piccola vasca termale.
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Più ci si avvicina a Rotorua e più aumentano le piscine di acqua calda. Il parco termale nel centro cittadino è un esempio interessante di come doveva essere un tempo questa zona, prima che l’uomo la abitasse. Getti di vapore incandescente, pozzanghere fumanti dai colori ferrosi, odore dolce di zolfo. Affascinati da questa nebbia tiepida, si può immaginare quello che hanno affrontato le tribù Maori al loro arrivo sull’isola. Qui e fuori dal paese, pullulano le aree termali. Seppure la maggior parte sia ormai gestita da privati e resa accessibile con strutture più o meno nuove, è ancora possibile trovare qua e là piscine naturali. Perfette per una sosta dopo tante ore di guida a sinistra.
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Passato anche il lago Taupo, i colli si fanno più brulli e si inizia a salire verso il vulcano ancora attivo del Monte Tongariro. Ai suoi piedi parte il Tongariro Alpine Crossing, uno dei sentieri escursionistici più spettacolari al mondo. Nominato Patrimonio dell’Umanità UNESCO nel 1993 e considerato luogo sacro da molte tribù Maori, è un susseguirsi di bellezze rocciose di circa 20 km. Secondo la leggenda, Tongariro vinse la terribile battaglia con gli altri guerrieri vulcano Taranaki, Tauhara e Pūtawaki per la mano della bella montagna Pihanga. Getti di roccia e fuoco hanno dato forma ai laghi Taupo e Rotorua. E quando la sua cima è coperta da un cappello di nebbia e fumo, è per ricordare agli avversari la sua gloria.
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Con un guerriero così, meglio attrezzarsi con giacche pesanti e scarponcini da trekking adeguati. Si prenota in anticipo e si parte presto la mattina con un primo tratto in pullman che dal parcheggio di Mangatepopo conduce fino all’inizio del percorso a 1120 m e si torna all’auto dopo 7-8 ore un po’ impolverati e pieni di estasi. Vallate glaciali, crateri ancora aperti, laghi multicolore e venti impetuosi compongono un territorio mistico da cui è difficile allontanarsi. Il punto più alto è il Cratere Rosso a 1886 m, seguito dal culmine di meraviglia con la discesa ai Laghi Smeraldo e al Lago Blu. Si capisce il perché oltre 110 mila escursionisti ogni anno si arrampicano lungo questo anello, con un massimo di 600 visitatori al giorno. I neozelandesi sono così fieri del percorso, che per non rovinare il panorama hanno mimetizzato le coperture dei necessari bagni pubblici sparsi lungo il sentiero. Per chi desidera esplorare la zona più a lungo, il DOC offre la possibilità di pernottare in rifugio e scoprire altri sentieri un po’ meno frequentati ma pur sempre speciali. Soprattutto in alta stagione, è consigliabile prenotare con largo anticipo o inserirsi in lista d’attesa. Un’alternativa è soggiornare a bassa quota ed esplorare gli altri sentieri in giornata. Uno di questi conduce ai Tama Lakes, due specchi di acqua argentea divisi da rocce lunari, arbusti levigati dal vento e paesaggi ruvidi.
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Con l’aiuto di alcuni pannelli esplicativi e di un po’ di spirito di osservazione, si può notare il susseguirsi delle eruzioni e delle guerre tra vulcani nei secoli, fino ad arrivare a noi.
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Terra viva, calda, potente. Papatuanuku. Ammaliati da questo splendore naturale, non resta che cantare, Te aroha. Testo di Giorgia Boitano e foto di Jan H. Storkel © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
ES U TIT
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Nuova Zelanda
Come arrivare: In aereo dall’Italia con arrivo a Auckland o Wellington.
Come spostarsi: Per la speciale conformazione del territorio e la storia del Paese, i mezzi di trasporto pubblici in Nuova Zelanda non permettono di raggiungere i luoghi più remoti. Soprattutto se si ha poco tempo è meglio noleggiare un’auto o un piccolo campervan. La guida è a sinistra. Dove dormire: Sacred Earth Retreat Centre, Karekare. Nascosto sulle colline verdi e affacciato sulla spiaggia di Karekare, questa struttura ricettiva boutique è un paradiso ecosostenibile che offre due lussuose guest house con vista su tramonti mozzafiato. Camping: Il Dipartimento di Conservazione (DOC) offre una quantità di campeggi e rifugi gratuiti e a pagamento. Alcuni come quelli lungo il Tongariro Alpine Crossing, l’Abel Tasman Coastal Track e gli altri grandi sentieri Great Hikes vanno prenotati in anticipo. Informazioni sul sito ufficiale.
Dove mangiare: Una vera e propria tradizione culinaria locale non esiste, e anche nei paesini più piccoli si trova un’ampia scelta di ristoranti etnici di ogni prezzo e qualità. Moltissimi i ristoranti italiani, cinesi, tailandesi. I neozelandesi adorano mangiare fuori. Da provare formaggi e miele locali.
L
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U TIT
Sereno VARiabile
Una fuga fuori stagione nella regione del VAR, dall’elegante Saint Raphaël fermandosi a sorseggiare i vini di Bandol, per finire nell’affascinante Baia di Tolone. Godersi la costa francese in questo periodo è da veri intenditori. Testo e foto di Gisella Motta www.gisellamotta.it
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Francia VAR
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artenza da Milano Centrale a bordo dell’elegante treno Thello che, dopo aver attraversato in un lampo la pianura e superato l’Appennino, inizia a costeggiare la riviera ligure, con i suoi bei panorami a picco sul mare, poi la Costa Azzurra fino a raggiungere il dipartimento del Var, dopo cinque ore e mezza confortevoli di viaggio ammirando le bellezze di Italia e Francia. La prima fermata è Saint Raphaël, a tre quarti d’ora da Nizza, tra Cannes e St. Tropez, un litorale che si estende per 36 chilometri ed emana un fascino particolare anche fuori stagione, mentre alle spalle troneggia il Massiccio dell’Esterel.
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Saint Raphaël è un’elegante stazione balneare con lunghe spiagge e un lungomare particolarmente affollato al mattino da turisti in vena di fare jogging. Visitiamo i giardini napoleonici che si affacciano sul porto nei pressi del mercato del pesce e l’imponente Basilica di Notre Dame de la Victoire, un edificio neo-bizantino costruito alla fine dell’Ottocento la cui sagoma si staglia sul panorama della città grazie alla sua altezza, visibile da ogni punto. Da qui, addentrandosi nel centro storico, si dipana una serie di deliziosi vicoletti con piccoli negozi un po’ di tutti i tipi per poi sbucare al mercato comunale coperto e più avanti al museo archeologico, che raccoglie preziosi reperti sottomarini provenienti dalla Baia di Saint Raphaël. Della stessa struttura fa parte la Chiesa Romanica del XII secolo classificata monumento storico nel 1907, il più antico santuario d’Europa dedicato all’Arcangelo Raffaele. Nei pressi dell’altare, una porticina dà accesso a una rampa di piccole scale che salgono fino in cima alla torre da dove si può godere del più bel panorama sulla città.
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Da qui cerchiamo invano di scorgere all’orizzonte la prossima tappa del nostro viaggio che dista poco più di un centinaio di chilometri; raggiungiamo Bandol in tarda serata e fino al mattino seguente non ci rendiamo conto dell’immenso porto capace di ormeggiare ben 1600 imbarcazioni. Scopo della nostra visita non sono però le imbarcazioni, è proprio qui infatti che, la prima domenica di dicembre, si tiene l’importantissima Festa dei vini d’annata che richiama tutti i viticoltori a presentare le eccellenze della loro produzione. E’ un appuntamento molto importante e la partecipazione del pubblico è notevole: nelle ore di punta non si riesce quasi a passeggiare sul lungomare, tra i gazebo che ospitano i produttori locali, non solo di vini, e che arrivano fin sotto la Chiesa di San Francesco di Sales. Per chi non capitasse qui nel periodo della festa è sempre possibile acquistare del buon vino nell’enoteca che si trova proprio sul lungomare, davanti al porto.
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Dopo aver trascorso l’intera giornata tra assaggi e acquisti ci si può rilassare nella Spa del Grand Hotel des Sablette Plage, albergo a poca distanza da Bandol, nella cittadina di La Seyne-sur-Mer. La sabbia finissima del quartiere Sablettes, da cui l’albergo trae il nome, non è apprezzata solo dai vacanzieri ma anche dalla gente del posto che si ritrova sulle panchine ad ammirare questo fantastico fazzoletto di mare.
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Lungo la passeggiata, che va dal Grand Hotel all’imbarco dei battellini turistici, troviamo anche una minuscola e singolare biblioteca sulla spiaggia dove i bagnanti possono consultare riviste, libri e quotidiani; specialmente nella bella stagione. Un servizio di battello turistico percorre tutto il tratto di costa di fronte alla città , passando davanti alle case dei pescatori, alla Lyon University e al Forte di Balaguier (1634) baluardo eretto a difesa della Baia di Tolone e oggi sede anche di un importante giardino botanico.
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Alla tradizione militare del porto di Tolone ci riportano subito le grandi navi da guerra che vediamo ormeggiate e che contrastano con i traghetti gialli e blu che collegano la Corsica con la terra ferma. Non rinunciamo ad una
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visita anche fugace alla città grazie alla guida Michel che ci accompagna nelle vie dell’interno passando per Piazza Baboulene, il teatro, concedendoci anche una sosta in Piazza della Libertà per una cioccolata calda con panna. Testo e foto di Gisella Motta © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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Francia VAR
Informazioni: Sul sito dell’Ente del Turismo francese e sul sito del turismo del Dipartimento del Var. Come arrivare: Si può comodamente raggiuingere Sain Raphaël con il treno Thello.
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Quando andare: Clima: Da visitare in qualsiasi periodo dell’anno. Fuori stagione è meglio perché c’è poca gente. Dove dormire: Hôtel Le Touring, 1 Quai Albert 1er - 83700 Saint-Raphaël, Tel. +33(0) 4 94 55 01 50. Hôtel Ile Rousse Thalazur Bandol, 25 Boulevard Louis Lumière 83150 Bandol, Tel. +33(0) 4 94 293300. Grand Hotel des Sablettes Plage, 575 Av. Charles de Gaulle 83500 La Seyne-sur-Mer, Tel. +33(0) 4 94170000.
Dove mangiare: Auberge du Port, 9 Allée Jean Moulin 83150 Bandol, Tel. +33(0) 4 94 29 42 63. Hôtel Restaurant Excelsior, 193 Boulevard Félix Martin 83700 SaintRaphaël, Tel. +33(0) 4 94950242. Fuso orario: Come in Italia.
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Documenti: Passaporto/Carta d’identità valida per l’espatrio.
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Lingua: Francese.
Religione: La religione più diffusa è quella cattolica. Valuta: Euro.
Elettricità: 220 V, 50 Hz.
Telefono: Il prefisso per chiamare dall’Italia è 0033; il prefisso per chiamare l’Italia è 0039. Link utili: Sant Raphael Tourisme Bandol Tourisme
Ronciglione
42,17 N Carnevale IlLAT paese del
Venezia, Viareggio, Cento, macché! È il carnevale di Ronciglione quello da non perdere quest’anno. Di recente inserito tra i carnevali storici italiani anima le vie di questo borgo rinascimentale in provincia di Viterbo tra parate, musica e un tripudio di prodotti del territorio. Testo e foto di Enrico Barbini www.enricobarbini.com
RONCIGLIONE
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n provincia di Viterbo, a circa 50 km a nord di Roma e ad appena due dal lago di Vico, Ronciglione è anche noto come il Paese del Carnevale. Il piccolo centro nei monti Cimini, già territorio dell’antico Stato Pontificio, ha una documentata tradizione carnevalesca ultrasecolare che si rifà a quella barocca romana. Quello di Ronciglione è da sempre la manifestazione in maschera di riferimento per l’intero territorio della Tuscia e nel corso della sua evoluzione, la sua fama ha valicato i confini locali, tanto che da alcuni anni, è annoverato tra i dieci carnevali più importanti d’Italia e da quest’anno ha ottenuto anche il riconoscimento del Ministero per i Beni e le attività culturali che lo ha inserito, con proprio decreto, nell’elenco dei Carnevali storici italiani.
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Un carnevale che ha una fortissima connotazione popolare dove carri allegorici, costumi e allestimenti, sono realizzati artigianalmente da sarte e maestranze locali. Molte case e garage nei mesi precedenti il carnevale, si trasformano quindi in laboratori artigianali, dove tessuti e paillettes si mescolano a odori e attività domestiche quotidiane. L’intera manifestazione è particolarmente attesa e sentita da cittadini e turisti che prendono posto ai lati del percorso che si snoda tra le vie rinascimentali del borgo, per ammirare i carri allegorici e i gruppi mascherati che danno vita al tradizionale Corso di Gala delle domeniche.
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Costumi ricchi ed eleganti oppure maschere scanzonate e grottesche in un tourbillon di coriandoli, colori, allegria, bande folkloristiche e saltarelli (girotondi in musica) a cui partecipa spesso anche il pubblico che diventa a sua volta protagonista e non solo semplice spettatore. Ma il carnevale di Ronciglione non è solo il corso di gala con carri e mascherate come avviene nella maggior parte dei centri italiani. Nell’ultima settimana del carnevale, quella cosiddetta grassa che richiama moltissimi spettatori, ogni giornata è caratterizzata da una serie di diverse manifestazioni allegoriche, gastronomiche e dai riferimenti storici, come la celebre cavalcata degli Ussari.
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Di quest’ultima la tradizione narra che alla fine del ‘700, durante la permanenza in paese delle truppe francesi lì stanziate a difesa dello Stato Pontificio, un capitano degli ussari, nel periodo di carnevale, per pavoneggiarsi agli occhi di una dama della quale si era invaghito, cavalcò più volte alla testa di un drappello di suoi soldati, lungo la salita principale del centro abitato. Questa singolare parata viene da allora proposta tutti gli anni da figuranti con uniformi d’epoca, all’inizio delle manifestazioni del giorno, riscuotendo grande successo dal pubblico assiepato dietro le transenne. E nonostante i cambiamenti sociali e di relazione che coinvolgono soprattutto le
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giovani generazioni, il carnevale di Ronciglione ha alcune tipicità che sembrano non risentire di tali mutamenti. E così ad esempio, s’inizia con il giovedì grasso dedicato proprio ai bambini che fin dalla tenera età sfilano in gruppi organizzati a tema e accompagnati spesso dalle maestre delle classi che frequentano. Compresi i bimbi della materna. Il sabato è invece dedicato alla gastronomia con prodotti del territorio e della cucina contadina tradizionale. Al pubblico vengono offerti fagioli in umido; polenta e fregnacce (una specie di crepes arrotolata e condita con zucchero, pecorino e cannella). Tutto rigorosamente in maschera!
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Ma il clou si raggiunge il lunedì del Carnevale, quando la giornata è appannaggio della maschera tradizionale ronciglionese: Nasorosso! Un buontempone dalla battuta pronta; ironico; irriverente e “adoratore di Bacco”. “Una maschera insolita ed enigmatica che il lunedì di carnevale di ogni anno (dal 1900) diventa la maschera di tutti i ronciglionesi e da vita a quel singolare rituale detto ‘la pitalata’. Vestiti con un bianco camicione e berretto da notte, i Nasi Rossi calano come un esercito sulla piazza, cantano un inno al vino, rincorrono gli spettatori, salgono con scale sui balconi, entrano nelle case per offrire sadicamente i maccheroni (rigatoni – n.d.r.) che tengono ben caldi in un vaso da notte... Una singolare figura di
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ubriacone che sale dal mondo sotterraneo delle cantine per portare abbondanza di cibo...” (Prof. Luciano Mariti – già ordinario di Discipline dello spettacolo alla Sapienza di Roma). In realtà è opportuno precisare che i pitali (o vasi da notte) sono delle ceramiche decorate, nuove e fatte appositamente per i Nasirossi da maestri ceramisti del centro Italia che dell’originario vaso sanitario riproducono le fattezze per suscitare beffardamente un’iniziale repulsione a chi non conosce questa tradizione. Sono riempiti con la pastasciutta riccamente condita di ragù di carne e spolverati abbondantemente di parmigiano e pecorino, per essere poi offerti ancora ben caldi, ai presenti nella piazza principale del paese.
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Verso sera, dopo le manifestazioni da programma, la banda cittadina intrattiene ancora il pubblico con musica dal vivo per il già citato saltarello cui senza distinzioni di età, sesso e condizioni, partecipano festanti e con spirito di condivisione, i presenti in piazza. Questo è uno dei momenti di partecipazione collettiva cui difficilmente si sottraggono anche i turisti che liberano la loro energia con allegria. Il tutto termina la sera del martedì grasso con un singolare funerale al Re Carnevale, il cui fantoccio, dopo aver percorso le vie cittadine scortato da un corteo provvisto di fiaccole e a cui tutti possono partecipare, viene appeso ad una mongolfiera gonfiata in piazza a fiamma viva e lasciata libera in cielo. L’antica tradizione agreste interpreta il volo alto e regolare della mongolfiera, come buon auspicio di prosperità per i futuri raccolti. Confidando in un pronto ritorno del Re folle e burlone!
Testo e foto di Enrico Barbini © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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Ronciglione
Informazioni: Visitate il sito del Comune di Ronciglione.
Come arrivare: In auto: Ronciglione dista da Viterbo: Km. 21. Roma: Km. 55. Firenze: Km. 221. Siena: Km. 175. Perugia: Km. 128. Orvieto: Km. 66. Tarquinia - mare: Km. 48. A questo link le indicazioni per raggiungere la località.
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Quando andare: Il Carnevale si svolge in inverno ed è un evento a se stante che merita il viaggio. Tuttavia le stagione migliori per visitare questa località della provincia di Viterbo sono senz’altro la primavera e l’inizio dell’estate. Eventi: Questo il link diretto al programma completo dei festeggiamenti delle varie giornate dell’intero periodo del carnevale.
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Sotto i cieli del Messico
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l primo posto delle 28 destinazioni da non perdere sulla lista Best Travels della rivista National Geographic Traveler 2019 c’è Città del Messico, dove il cielo è sempre più blu. Anche la smisurata capitale ce la sta mettendo tutta per scrollarsi di dosso la cattiva fama di città tra le più inquinate al mondo; e rispetto agli anni passati, ne ha fatta di strada. A DF, il Distrito Federal, come viene chiamata in forma abbreviata Città del Messico, la concentrazione di agenti inquinanti si è dimezzata; la strada, certo, è ancora in salita, ma la città punta in alto: a partire da quello che viene considerato l’aeroporto più sostenibile al mondo, ad opera dell’archistar britannico Norman Foster e del grande architetto messicano Fernando Romero. La coltre spessa l’ha ben isolata dal farla una destinazione turistica apprezzata. Eppure, sotto le nuvole acide la città ha molto da offrire.
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Mexico City oggi è
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un gran CALDERONE DOVE OLTRE
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Odiata e amata, contraddittoria, eccessiva, Mexico City oggi è un gran calderone dove oltre al traffico impazzito bollono vivaci fermenti culturali. I talenti emergenti hanno preso d’assalto il quartiere Roma, negli anni 50 rifugio beat di William S. Burroughs, e che oggi ha sedotto anche la nota curatrice cubana Nina Menocal, rappresentando nella sua galleria artisti provenienti da Messico, Argentina e Cuba. E di gallerie importanti e interessanti qui ce ne sono eccome. Spuntano ogni giorno come funghi, assieme ai caffè, alle librerie ricercate, ai ristoranti alla moda e agli hotel di design, un po’ come succede a Condesa, l’altra colonia (quartiere) bohémien della capitale. Parque Messico è il naturale approdo delle lunghe passeggiate su Calle Ámsterdam, tra edifici Art Déco e i bar frequentatissimi in cui si consuma la vita serale. Poche metropoli al mondo possono vantare una ricchezza e varietà architettonica come quella di questa capitale in cui grattacieli moderni convivono con palazzi coloniali, murales e rovine preispaniche; nel solo Centro Histórico non si contano gli edifici di interesse storico e artistico, più di 1500. C’è la pletora di musei che offrono mostre gratis la domenica. C’è la musica mariachi che invade festosa Plaza Garibaldi. C’è lo Zocalo, si sa, l’antico cuore nevralgico di Tenochtitlán, il centro dell’universo secondo gli aztechi.
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Non si sa, almeno non lo sanno molti messicani, che si chiama anche Plaza de la Constitution. A 50 chilometri da qui c’è la Città degli Dei, Teotihuacan, con le piramidi del Sole della Luna che presidiano solenni le rovine di quella che un tempo fu la più grande metropoli di tutto il Messico. Storia antica, questa. E poi c’è la storia pennellata da Diego Rivera, spiaccicata a Palacio National. E c’è il respiro di Frida che ancora aleggia al numero 247 di calle de Londres, nel quartiere magico di Coyoacán. La dimora della pittrice messicana più famosa al mondo oggi trasformata in museo, è una vera chicca in questa città impolverata e conserva molti degli arredi originali. Si potrebbe partire da qui, dal blu che si irradia dalle pareti di Casa Azul, per togliersi la polvere
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di dosso e partire alla volta dei cieli, azzurrissimi, delle città coloniali. E se Città del Messico vanta uno sterminato numero di edifici coloniali, Puebla non è da meno. Sotto gli occhi guardinghi dei vulcani che la circondano, ha collezionato titoli: lo Zocalo, su cui si ergono le torri della Cattedrale, le più alte del Messico, è patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Ma la città non brilla solo per bellezza; Puebla è città eroica per essere stata il luogo in cui le truppe messicane nel 1862 sconfissero l’esercito francese. Barocca e angelica, tanto da guadagnarsi l’appellativo di Puebla de los Angeles, la città fondata nel 1532 dagli spagnoli è un tripudio di colori accesi. Le tempere sgargianti delle ceramiche vestono a festa gli edifici, stucchi dorati adornano le bellissime chiese.
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E poi la cucina, con piatti come i tacos arabès, le cemitas e i chiles en nogada che si compongono come tavolozze di colori. Più a sud c’è Taxco, bookmark imperdibile sulla Via dell’Argento, la strada che gli spagnoli percorrevano per trasportare metalli e pietre preziose verso il mare. Ma c’è anche un filo sottile e immaginario che sottende le principali città coloniali e alcuni eventi cruciali che hanno portato il Messico all’indipendenza. Qui dove la Ruta de la Plata si sovrappone a la Ruta de la Independencia si incastonano gioielli coloniali come Queretaro, Zacatecas, Guadalajara e Guanajuato, patrimonio dell’umanità con le sue strade acciottolate, le piazze alberate ricche di monumenti e localini che la rendono frizzante.
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Da non perdere Alhóndiga de Granaditas, un edificio e monumento storico che si trova nel centro della città e che nel 1810 fu lo scenario della prima grande vittoria dei messicani sugli spagnoli; e poi la casa di Diego Rivera, nato proprio in questo stato, oggi diventata museo. Infine San Miguel de Allende, ricca di edifici che risalgono al XVII e al XVIII secolo. Avvolta da un’atmosfera cosmopolita, la vita mondana si consuma principalmente su El Jardin, la piazza più importante sulla quale svettano i pinnacoli rosa della imponente Parroquia de San Miguel Arcangel; le giornate dell’incantevole cittadina, mecca privilegiata di stranieri e artisti, scorrono piacevolmente tra inaugurazioni di atelier e mostre.
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Del resto, San Miguel è per gli americani il sogno messicano a portata di mano, l’Eldorado in cui trascorrere serenamente gli anni di pensione.
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Se si pensa che qualche anno fa i lettori della rivista Condé Nast Traveler l’hanno incoronata città più bella al mondo … mica stupidi questi americani. Testo di Francesca Calò e foto di Unsplash e Ente proozione turistica del Messico © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA
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Informazioni: Ente per la promozione turistica del Messico
Come arrivare: Con i voli delle principali compagnie aeree: KLM, Air France, Lufthansa o Iberia.
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Quando andare: Clima: In un Paese vasto come il Messico le condizioni variano a seconda di latitudine e altitudine. In generale è consigliabile evitare i mesi più caldi dell’estate; meglio la primavera e l’autunno quando le piogge sono più rare e le temperature più moderate. Viaggio organizzato: Konrad Travel propone La Ruta de la Independencia: itinerario Fly&Drive della durata di 12 giorni. Si tratta di un viaggio con partenze individuali in totale libertà alla scoperta dei tesori coloniali del Messico. Quote a partire da 1590 Euro in camera doppia (base 2 passeggeri). Fuso orario: Ci sono tre diversi fusi orari in Messico, la regione centrale è indietro 7 ore rispetto all’Italia. Documenti: Passaporto con validità residua di almeno 3 mesi.
Vaccini: Nessuna vaccinazione è obbligatoria, vale la raccomandazione di evitare alimenti e bevande non confezionate.
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Lingua: La lingua ufficiale è lo spagnolo, molto parlati i dialetti amerindi. L’inglese è abbastanza diffuso nelle grandi città.
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Religione: Cattolica al 90%.
Valuta: Il Peso messicano (MXN) è la moneta circolante; il dollaro americano è largamente diffuso, molto più dell’Euro. È opportuno avere con sé banconote di piccolo taglio e le carte di credito più comuni che sono accettate negli alberghi, nei negozi e nei ristoranti (a volte con un supplemento). Elettricità: 110 V con prese a lamelle di tipo americano, è quindi necessario un adattatore. Telefono: Per chiamare il Messico dall’Italia, comporre il prefisso internazionale 0052 seguito dal prefisso locale e dal numero di telefono. Per chiamare l’Italia dal Messico il prefisso è lo 0039 seguito dal prefisso locale e dal numero di telefono. La telefonia mobile in Messico dispone di un’ampia copertura in tutto il Paese.
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