Latitudes Travel Magazine Ottobre 2019

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Travel Web Magazine

Maldive Rasdhoo

PA P E R F R E E

K

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Cover Story Vanuatu Un tuffo nel vuoto in mezzo all’oceano

Marrakech classica con stile Le anime di Napoli Wildlife Photographer of the Year


Sommario

Maldive Foto di Lucio Rossi


Vanuatu Un tuffo nel vuoto in mezzo all’oceano Maldive Rasdhoo, periferia dell’oceano

Marrakech classica con stile

Napoli Incontro con le anime di Napoli

Wildlife Photographer of the Year La natura selvaggia va in scena




Chi siamo

Napoli Foto di Vittorio Sciosia


Ottobre 2019

Redazione:

Via Pisacane, 26 20129 Milano tel. +39 02.36511073 redazione@latitudeslife.com Foto di Shutterstock

Hanno collaborato

Luca Bracali Erika Quercia Lucio Rossi Marco Santini

Fotografi

Luca Bracali Vittorio Sciosia Lucio Rossi Marco Santini



VA N U AT U

UN TUFFO

n el vu oto in mezzo all’oceano In viaggio da Éfaté a Santo, da Tanna e il suo vulcano fino ai saltatori dell’isola di Pentecoste. I segreti di un arcipelago sconosciuto nel mezzo del Pacifico, noto per essere uno dei luoghi più felici al mondo. Forse perché ancora si trova al riparo dal turismo di massa Testo e foto di Luca Bracali www.lucabracali.it

MAP Vanuatu

Lat 16,37 N






U

n arcipelago composto da 83 isole, di cui 65 abitate, situato sul limite orientale del mare dei Coralli. Ci troviamo dall’altra parte del mondo, in quella lontana Melanesia di cui fanno parte anche la Papua Nuova Guinea, la Caledonia e le Salomone. Però non siamo in nessuna di queste isole da sogno, ma in quell’arcipelago più remoto che forse in pochissimi conoscono, battezzato “Nuove Ebridi” nel periodo coloniale e poi divenuto ufficialmente Repubblica di Vanuatu. Le prime tracce di presenza umana risalgono al 4.000 a.C., anche se i primi insediamenti sono datati attorno al 1.300 a.C.








Nel 1606 fu l’esploratore portoghese Pedro Fernández De Quirós il primo europeo a mettervi piede, spingendosi ben 1.750 km oltre la costa est dell’Australia. Con i suoi 113 dialetti, Vanuatu è un tuffo nel passato, un salto indietro nel tempo non solo per cultura, lingua e tradizioni, ma per quei paesaggi così diversi e colorati, autentici, non devastati dal turismo, dove si riesce ancora a trovare quella dimensione umana di scoperta e di atmosfera intima. La capitale dell’arcipelago Éfaté non è l’isola più grande ma è quella che ospita la capitale Port Vila; eppure ad una ventina di chilometri dal centro si scoprono coste immacolate con coralli emersi, circondate da una vegetazione lussureggiante e da un susseguirsi di palmeti. Eton Beach, Blue Lagoon e Mele Cascades sono sicuramente mete incontaminate che meritano una visita. Le spiagge di Santo Espiritu Santo, o semplicemente Santo, è l’isola più estesa dell’arcipelago e da molti viene considerata la più incantevole. Le montagne sfiorano i 2000 metri, la vegetazione è a tratti impenetrabile e alcune fra le oltre 90 grotte presenti sono immerse nella giungla, altre circondate da torrenti e cascate: la sensazione di avventura non manca.






Nell’entroterra, percorrendo vari sentieri che si inerpicano nella foresta, si trovano villaggi che conservano un peculiare stile di vita, con gli indigeni che custodiscono integre le proprie tradizioni culturali. Santo è davvero l’isola delle sorprese e le sue Blue Holes, pozze d’acqua azzurra immerse nel verde più intenso, sono piccole oasi di pace dove vivere l’esperienza “refrigerante” di lanciarsi dall’albero con una liana. E per chi cerca una baia in cui rilassarsi, c’è Champagne Beach, una mezzaluna di sabbia bianca e finissima bagnata da un mare caldo e trasparente e circondata da palmeti. Per non farsi mancare niente, poco fuori dal capoluogo Luganville c’è Million Dollar Point, un autentico cimitero di armi americane della seconda guerra mondiale, lungo la costa.


La lava di Tanna: il vulcano Yasur Con Tanna voltiamo pagina: un’isola di dimensioni decisamente più ridotte rispetto a Santo, con abbondante vegetazione nell’entroterra: qui si trova il baniano più grande dell’emisfero australe: una creatura ramificata in mezzo alla foresta la cui chioma misura fino a 70 metri di larghezza. Nel vicino villaggio di Louwnapkamai vivono i Nikinamap, una delle tante tribù ancora immerse in un passato lontano dall’occidentalizzazione, dove la lingua, gli abiti e le tradizioni riescono a sopravvivere al tempo. Molti degli abitanti di Tanna sono legati alle tradizioni ancestrali e spesso si esibiscono in danze tradizionali o riti propiziatori in cui appaiono seminudi con i corpi decorati e colorati con estratti di erbe.


FOTO GALLERY

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Blue Cave, una grotta semisommersa dal mare alla quale si accede in apnea, guidati da un fascio di luce solare




Lungo le coste di Tanna merita una visita Blue Cave, una grotta semisommersa dal mare alla quale si accede in apnea, guidati da un fascio di luce solare che accende le acque di un turchese brillante. Un’esperienza assolutamente da vivere. Ma la perla di Tanna è Yasur, uno tra i vulcani più attivi al mondo, che da migliaia di anni emette fuoco e lava, posizionato proprio lungo la cintura di fuoco del Pacifico. Lo si può raggiungere facilmente, arrivando in jeep fino a qualche centinaio di metri dal cratere e proseguendo per l’ultimo tratto a piedi fino ad arrivare quasi a sfiorare il cono. È impressionante sentir tuonare a cadenza ritmica la gola della caldera, e pochi istanti dopo assistere ad un’esplosione di fiamme e scie luminose, lapilli infuocati sparati in aria che poi si raffreddano solidificandosi nel giro di qualche secondo, ripiombando in quell’inferno dantesco. Planare sopra al cratere con il drone per calarsi all’interno del cono vulcanico, 30 metri al di sotto del punto di decollo, è un’esperienza sicuramente sconsigliata ai deboli di cuore: l’adrenalina va alle stelle, le gambe tremano.






I saltatori di Pentecoste Se Tanna è immersa nelle tradizioni, volando a Pentecoste ci si tuffa in un passato ancora più remoto. L’aeroporto di quest’isola è costituito da quattro mura in cemento senza porte né finestre, la pista di atterraggio è un campo in terra battuta. Tutto intorno: foresta. Le strade asfaltate non esistono: si viaggia su sentieri sconnessi immersi nella vegetazione. A Pentecoste si vive con la coltivazione della kava, un’erba allucinogena, che viene pagata 100.000 vatu (la moneta dell’arcipelago) per 100 chili, un prezzo nettamente superiore rispetto ad ogni altra coltura dell’arcipelago. È qui che si può assistere ad uno spettacolo originalissimo ed unico al mondo: quello offerto dai saltatori di Pentecoste: gli inventori, pur senza saperlo, del moderno bungee jumping. Lo praticano solamente gli uomini, anche se la leggenda narra che fu una donna, per sfuggire alle pressanti attenzioni sessuali del marito, la prima a gettarsi dalla cima di un albero con le caviglie legate. Il marito la inseguì ma, non essendosi assicurato ad una corda, finì per schiantarsi al suolo. Questa pratica, chiamata Naghol, non è imposta da parte dei genitori: si sceglie per pura passione, fin da bambini (alcuni raccontano di aver iniziato all’età di 7 anni). È una prova di coraggio e di abilità, un omaggio alla terra e alla fertilità degli uomini: consiste nel tuffo nel vuoto da strutture in legno di bambù alte 30 metri, con le caviglie assicurate a corde in giunco.





Il salto è impressionante, gli abitanti del villaggio gridano per incitare fino al momento del tuffo mentre il saltatore, con le mani strette al petto, vola in picchiata fino a toccare terra anche con il volto Incredibilmente, nell’ultimo secolo si ricordano solamente due incidenti mortali: uno fu nel 1974, quando la regina Elisabetta venne in visita in queste isole ed un saltatore si schiantò proprio di fronte ai suoi occhi.


Il segreto dei saltatori è trovare le liane perfette, scelte appositamente ed approvate da un esperto del villaggio; esse crescono con la stagione delle piogge nella foresta, e infatti questa usanza è praticata esclusivamente da aprile a giugno. Una ragione in più per visitare a primavera inoltrata questo arcipelago senza tempo. Testo e foto di Luca Bracali © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA

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CONTRIBUTORS

LUCA BRACALI - giornalista e fotografo Ha viaggiato in 144 paesi, è autore di 13 libri e vincitore di 14 premi in concorsi fotografici internazionali. Dal 2008 è membro di APECS (Association of Polar Early Career Scientists) per i suoi contributi mediatici e scientifici legati all’ambiente. Nel 2009 è l’unico reporter a raggiungere


il Polo Nord geografico sugli sci. Nel 2010 Bracali debutta nel mondo della fine-art photography e le sue immagini vengono esposte, come personali, in 50 musei e gallerie di Roma, Milano, Bologna, Napoli, Sofia, Kiev, Odessa, Copenaghen, Yangon, Montreal, New York e Bruxelles nella sala espositiva del Parlamento Europeo. Dal 2017 diviene ambasciatore dell’associazione noprofit “Salviamo il Pianeta”. it.wikipedia.org/wiki/Luca_Bracali


ES U TIT

Un tuffo nel vuoto in mezzo all’oceano

Vanuatu

Informazioni: Sito ufficiale del turismo a Vanuatu

Come arrivare: In aereo all’aeroporto internazionale di Bauerfield, 6km a nord della capitale Port Vila. Dall’Italia, almeno due scali con una delle seguenti compagnie: • Air New Zealand, Quantas, Emirates, Virgin Australia, Pacific Blue, Air Vanuatu - da Auckland (Nuova Zelanda), Brisbane, Melbourne, Sydney (Australia). • Aircalin — Da Nouméa (Nuova Caledonia) • Fiji Airways— Da Nadi (Isole Figi) o da Honiara (isole Salomone).

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Quando andare: Clima: Gli alisei moderano il clima da maggio a ottobre, che quindi è il periodo migliore in cui visitare l’arcipelago. Fuso orario: UTC/GMT +11 ore (quando in Italia è autunno-inverno), +10 (durante l’ora legale in Italia).

Documenti: Passaporto con validità di almeno 6 mesi. Il visto di ingresso viene rilasciato all’arrivo in aeroporto (per un soggiorno inferiore ai 30 giorni).


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Vaccini: Nessuno obbligatorio. Può essere utile la profilassi antimalarica.

U TIT

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Lingua: inglese e francese (ufficiali). Bislama (lingua locale).

Religione: In maggioranza cristiana (protestanti 35,7%, cattolici 14,6%, anglicani 14%, altri 35,7%) Valuta: Vatu (1 euro=126.74 vatu, settembre 2019). Elettricità: 220 V con prese di tipo europeo.

Telefono: 220 V. È necessario un adattatore per prese di tipo I (utilizzate in Australia e Nuova Zelanda).

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M A L D I V E

Rasdhoo

PERIFERIA

d e l l’o c e a n o


MAP Rasdhoo

Lat 04,16 N

Uno tra i luoghi maldiviani meno battuti dal turismo di massa, per conoscere com’è davvero l’arcipelago più occidentale del Mar delle Laccadive. Testo e foto di Lucio Rossi






G

ià prima di prendere l’aereo per Malé, chiunque parta per le Maldive deve scegliere che vacanza fare. La maggior parte dei turisti non si pone nemmeno la scelta: alloggiare in un resort paradisiaco, costruito su un isolotto in mezzo alla barriera corallina. Del resto, che altre scelte ci sono? Ecco, una scelta c’è, ed è forse la migliore: scoprire le Maldive nella loro veste quotidiana, nella routine degli abitanti del luogo. E farlo è semplice: quando ci si trova davanti al bivio tra scegliere una vacanza comoda e un viaggio autentico, si sceglie la seconda via. L’inizio è uguale per tutti, con un aereo che atterra a Malé: questo è il punto di partenza; qui i turisti dei resort si separano dai viaggiatori. E ognuno ha a disposizione una fetta di oceano strabiliante, lunga più di 750 km, puntellata di minuscole isole da esplorare.






Di quasi 1200 isole, 100 sono costituite da resort, che offrono indubbie comodità: ma sono artefatti, gestiti da catene internazionali, e vi lavorano principalmente pakistani e bengalesi, favoriti dai manager degli hotel rispetto ai locali, perché non si lamentano per i bassissimi stipendi. 200 di queste isole invece sono abitate da maldiviani, fino a pochi anni fa quasi tutti pescatori. Ecco il mondo reale. Rispetto alle isole dei resort, che pure sono incantevoli, sembra di essere in un altro arcipelago. Raggiungere la piccola Rasdhoo Una di queste isolette periferiche (ma nemmeno troppo: una sessantina di km di distanza dalla capitale) è Rasdhoo, e si raggiunge via mare. Anche qui ci si trova di fronte a una scelta: prendere un traghetto veloce, che per 35 $ conduce da Malé al porto dell’isoletta, oppure utilizzare il trasporto locale: un traghetto lento che percorre lo stesso tragitto, impiegando più tempo, ma al prezzo di 3 $. La possibilità di chiacchierare con la gente del posto durante la traversata è un valore aggiunto ad un decimo del prezzo del traghetto veloce, che permette anche di abituarsi ad un ritmo della giornata più lento, caratteristica vera dell’isola. Insomma: nessun dubbio sulla scelta. E magari il traghetto veloce si può prendere al ritorno.




Le guest house Solo da pochi anni gli abitanti delle isole non “alberghiere” hanno ottenuto il permesso di costruire piccoli alberghi, e non c’è dubbio che questi non offrano i servizi di un resort. Ma chi sceglie queste guest house non cerca piscine, campi da tennis e centri fitness: cerca il contatto con le persone del luogo, e l’accoglienza che queste sono capaci di offrire; e in questi alberghetti è presente tutto ciò. I bellboy delle guest house accolgono i turisti fin dal porto (alcuni addirittura fino da Malé) per accompagnarli nelle strutture ricettive. La geografia dell’isola Vista da una mappa, Rasdhoo risulta piccola, forse persino claustrofobica: un’isoletta di 500x600 metri, circondata da barriera corallina e dall’oceano.


Ma ritrovandosi lì, questa dimensione ridotta non si nota, così come non si notano i 1500 abitanti, perché trascorrono le loro giornate in casa o nel cortile, all’ombra degli alberi, tagliando e sgusciando le noci di cocco che serviranno per accendere la griglia su cui cucinare la cena. Bikini Beach La religione predominante alle Maldive è l’Islam, dunque le leggi per gli abitanti ne seguono i precetti: è vietata la vendita di alcool nei bar, e nei luoghi pubblici le donne devono avere le spalle coperte e non possono stare in bikini. Queste restrizioni non esistono nei resort, perché sono proprietà private; eppure anche nelle isole più “periferiche” ci sono spazi appositi per i turisti, dove le leggi restrittive di questo tipo sono “sospese”.




A Rasdhoo c’è Bikini Beach: il nome dice già tutto, ma il bello è che la spiaggia è quasi deserta in ogni momento del giorno, ed è contornata da vegetazione che regala ombra, fresco, e l’impressione di trovarsi in un’isola abbandonata, nascondendo le case dei pescatori che si trovano dietro la quinta degli alberi. La sabbia bianca della spiaggia, di origine corallina, non si scalda mai troppo, nemmeno a mezzogiorno, rendendo la temperatura perfetta, favorita anche dalla brezza marina. Le maree possono essere molto ampie, dunque l’accesso alle spiagge può risultare complicato, ma è sufficiente abituarsi al ritmo giornaliero del mare per godere dello stesso blu che si gode dai luxury resort.






La spiaggia è quasi

deserta

e regala l’ i m p r e s s i o n e di trovarsi in un’isola ABBANDONATA




Gli abitanti e i punti di riferimento In un’isola così piccola un turista europeo non passa inosservato. Ma non è un aspetto negativo: è anzi un’occasione per conoscere i locali, per chiacchierare con loro, e - dopo qualche giorno - essere salutati come un abitante del luogo. E questo non può succedere in un hotel a 5 stelle. Incontrando le persone si viene a conoscenza dei migliori ristoranti e dei migliori negozi: attività che non sono presenti


su internet, e che non si potrebbero scovare in altro modo. E che, come spesso accade in queste circostanze, costano molto meno dei ristoranti e dei negozi piĂš famosi. Chiedendo informazioni ai locali si viene a conoscenza dei punti di riferimento dell’isola, meglio di quanto si possa comprendere da una mappa: anche a Rasdhoo, come in ogni piccola isola, c’è un supermarket, un bancomat, una stazione di polizia, e la posta.








Uno sguardo verso il futuro dell’isola Rasdhoo, come le altre isole meno turistiche, ha ancora delle restrizioni: oltre al divieto per le donne di usare il bikini nei luoghi pubblici (a meno che non ci si trovi in una zona dedicata, oppure in barca) e a quello di bere alcool, si deve accettare l’impossibilità di mangiare carne di maiale e, soprattutto, l’assenza di una coscienza ambientalista tra gli abitanti: in effetti spesso i rifiuti non vengono buttati nei raccoglitori, e finiscono sulle spiagge. Ma le potenzialità turistiche di queste isole pian piano ne stanno cambiando il volto: gli abitanti maturano una visione più aperta, e stanno sorgendo floating bar in cui è ammessa la vendita di alcool, e una maggiore coscienza verso i rifiuti. Non è da biasimare chi sceglie di trascorrere la propria vacanza in un albergo di lusso alle Maldive, ma i fattori da considerare per fare una scelta diversa ci sono eccome: il costo molto più basso, la genuinità degli incontri, la possibilità di incrementare l’economia locale, evitando di contribuire allo sfruttamento lavorativo di bengalesi, pakistani e cingalesi che operano nei resort. Nessuno, tra chi ha scelto questa opzione, se ne è pentito.

Testo e foto di Lucio Rossi © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA

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CONTRIBUTORS

LUCIO ROSSI - giornalista e fotografo Dopo la laurea in scienze politiche, avrebbe voluto seguire la carriera diplomatica per viaggiare e conoscere il mondo. Scelta difficile senza ‘santi in paradiso’. La decisione di intraprendere la carriera di giornalista e fotografo nel settore dei viaggi è stata quindi una


naturale conseguenza. In questo modo ha viaggiato in più di 80 Paesi producendo reportage alcune delle più note riviste italiane, per libri fotografici e per le guide Mondadori. L’America Latina, Cuba e l’Africa sono la sua passione. E’ uno dei soci fondatori di Latitudes.


ES U TIT

Periferia dell’oceano

Maldive - Rasdhoo

Quando andare: Clima: la stagione migliore per una vacanza alle Maldive è tra dicembre e aprile. Questa è però l’alta stagione, quindi gli alberghi sono pieni e i prezzi sono più alti. Tra maggio e novembre, invece, i prezzi sono più bassi e i turisti sono meno, ma talvolta è nuvoloso e umido e ogni tanto piove. I due mesi intermedi, cioè novembre e aprile, sono caratterizzati da maggior trasparenza dell’acqua e migliore visibilità.

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Fuso orario: Quattro ore avanti con l’ora solare, tre quando è in vigore l’ora legale.

Documenti: Per entrare nella Repubblica delle Maldive basta il passaporto, Non è necessario alcun visto, è sufficiente essere in possesso di un biglietto di andata e ritorno. Il visto turistico di trenta giorni è concesso direttamente in aeroporto al momento dell’ingresso nel Paese. Vaccini: Non ci sono particolari rischi sanitari, fatta eccezione per quelli connessi all’esposizione al sole e alle immersioni; in ogni caso la maggior parte dei resort è dotata di camera iperbarica per le emergenze. %&x

Lingua: La lingua ufficiale è il dhivehi. Ma nei resort la lingua ufficiale è l’inglese. Ovviamente per compiacere gli ospiti si parlano tedesco, francese e a volte anche l’italiano.


L

Religione: Musulmana sunnita. Valuta: Rufiya (Rf); 1 Euro equivale a 16,66 Maldive Rufiya. Tutti i conti si pagano in US$ o Euro.

U TIT

Elettricità: Il sistema elettrico funziona a 230-240 Volt. Prese di diversi standard: consigliato un adattatore universale e una”ciabatta” se avete molti apparecchi da ricaricare. Telefono: Il prefisso per chiamare le Maldive dall’Italia è 00960. Le comunicazioni dei cellulari sono assicurate dagli operatori Dhiraagu o WMOBILE con standard GSM 900/1800 o 3G. Abbigliamento: Non è richiesto alcun abbigliamento particolare a parte quello suggerito dal buon senso di chi viaggia ai tropici. Da ricordare solamente di non presentarsi in costume da bagno al ristorante. Per gli uomini la sera sono indicati i pantaloni lunghi. Va ricordato che nudismo e topless sono vietati e considerati un’offesa dai locali.

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M a r ra k e c h classica c o n st ile


Marrakech va vissuta da dentro, respirata giorno e notte, assimilata come fanno i suoi cittadini. Solo cosÏ si può comprendere il simbolo piÚ famoso del Marocco. Testo e foto di Marco Santini

MAP Marrakech

Lat 31,38 N






S

e c’è un simbolo del Marocco, un’icona globalmente riconosciuta, una meta da scegliere, questa è sicuramente Marrakech. Città sublime e seducente, ricca di colori e ombre, meraviglie e tentazioni. Il suo cuore si chiama Jamaa el Fna, che significa “il convivio dei morti”: ma è la piazza delle meraviglie, l’appuntamento universale per la classica foto ricordo al tramonto, trappola per turisti e poesia al contempo. La piazza di Marrakech è la porta della medina; che a sua volta ha un cuore che si chiama Riad Enija. Ci sono luoghi che vanno vissuti dall’interno e uno di questi è proprio la medina. Meglio dimenticare le contrattazioni con i taxisti per andare e venire dal Palmento, la zona fuori mura che ospita gli hotel moderni; meglio lasciare ad altri l’arrivo in piazza con la scritta “turista” marchiata in fronte. Per capire Marrakech bisogna viverla da dentro, respirarla giorno e notte, diventarne cittadini. Poi si possono lasciare le mura per visitare le tante meraviglie che le circondano.





ĂŠ una folla in movimento senza senso

apparente


La medina e Riad Enija La medina è un’ondata tumultuosa che ti assale con suoni incessanti e odori misteriosi, a volte invadenti. Ăˆ una folla in movimento senza un senso apparente, e qui sta la bellezza del perdersi fra i suoi vicoli coperti dove mille negozi offrono le medesime cose, ma ognuna con una storia e un prezzo diversi. Bisogna camminare, sedersi a bere qualcosa nei locali che affollano la piazza delle spezie, bisogna gettarsi in contrattazioni strenue anche solo per il gusto di farlo, bisogna ascoltare e bisogna stancarsi.


Nascosto in un vicolo senza nome


una svolta, un’altra e poi il silenzio




Inevitabilmente viene voglia di godersi un momento di silenzio e di frescura ed ecco la magia del Riad Enija. Nascosto in un vicolo senza nome, una svolta, un’altra e poi il silenzio rotto dalle nocche che battono su una porta. Un passo come un balzo in un universo parallelo. Quella porta che si chiude apre il mondo sospeso e incantato di un palazzo con giardini rigogliosi dove il vociare lascia posto al cinguettio. Poche stanze firmate da artisti diversi, labirinticamente gettate in un ordine sensuale. Dai tetti terrazzati si beve un aperitivo al tramonto guardando la catena dell’Atlante imbiancata di neve. E poi il servizio: tanto silenzioso quanto attento. Un’oasi di lusso e pace creata da Bjorn, architetto visionario svedese che è la forza motrice che anima questo riad unico. Nel corso della giornata si torna più volte: per un tè alla menta, per un momento di silenzio, per un massaggio, per una birra ghiacciata o anche solo per riposare qualche minuto. La sera è difficile uscire: l’atmosfera del palazzo è ancor più magica con l’oscurità e i piatti sono memorabili. Eppure le tentazioni non mancano; basti pensare ad “Al Fassia”, ristorante storico di Marrakech (oggi ha 2 locations – top quella di Gueliz) gestito e condotto esclusivamente da donne. Il conto non è dei più leggeri ma la qualità delle ricette tradizionali è inarrivabile. Da provare la Pastilla, una sorta di millefoglie di piccione, una delle preparazioni più leggendarie della cucina marocchina, oppure la spalla d’agnello cotta al forno a bassa temperatura.


Chi vuole accompagnare la cena con una buona bottiglia di rosso può provare a cercare Chateau Roslane Premiere Cru: marocchino, raro, caro; ma si tratta di un taglio bordolese di classe internazionale.





Il mercato, lo shopping, Jamaa el Fna La Medina di Marrakech offre tanto sia ai curiosi che agli amanti dello shopping: ci si passano ore e ore. Jamaa el Fna, la piazza, è un altro luogo dove si torna ogni giorno, ci si promette ogni volta di non farsi incantare dagli incantatori ma si finisce con il rimanere a bocca aperta davanti al cobra che danza al suono del piffero o alle fiamme del mangiafuoco. Al tramonto è imprescindibile un tè sulla terrazza di uno dei mille bar che vendono bevande di pessima qualità ma offrono vedute indimenticabili sulla piazza e sulla distesa di baracchini che accendono le luci al crepuscolo. Sono tutti ristoranti mobili che scompaiono dopo poche ore e propongono di tutto un po’, fra odori che vanno dall’ottimo all’orribile. Da provare con coraggio e determinazione: quasi tutti gli stomaci la fanno franca. Palazzi e tombe monumentali a Marrakech A Marrakech non mancano i monumenti, i musei, i palazzi e le tombe: un trionfo di storia, cultura e colori per i quali non basta certo un weekend lungo. Chi ha la possibilità di stare in città qualche giorno, non può non visitare la Madrasa di Ben Youssef, un palazzo di meravigliosa fattura araba che ospitava la Scuola Coranica più grande del Maghreb. Capolavoro dell’architettura tradizionale marocchina è Palazzo Bahia, che si estende su un’area di ben 8 ettari ed è composto da 150 stanze decorate con marmi, legno di faggio e cedro, e stucchi di zellige.






La città ospita anche quello che è il più importante mausoleo dell’intero nord Africa: le Tombe Sa’dite, una necropoli ornata da finissime decorazioni, che custodisce i corpi di circa sessanta membri della dinastia Sa’diana. Meritano una passeggiata al loro interno i Jardin Majorelle, nella parte nuova di Marrakech, abbelliti da fontane e piante esotiche. Lasciando le mura alle spalle: ecco il deserto. E le montagne. Fuori dalle mura, oltre la città moderna c’è il profumo del deserto; non ancora le dune del Sahara – per quello ci vuole un altro viaggio, ma quel deserto pedemontano che si distende all’ombra delle cime maestose dell’Atlante (il monte Toubkal sfiora i 4200 metri d’altitudine). Un deserto


dove bastano poche gocce di pioggia per assistere a una fioritura immediata e tumultuosa. In questa zona (solo 40 minuti a sud della città) sono sorti un paio di insediamenti che offrono al visitatore l’opportunità di prospettive inaspettate. Si possono fare passeggiate con i cammelli, escursioni in quad, e si può passare una serata romantica che va dall’aperitivo con vista alla cena raffinata in una tenda berbera, fino al dopocena intorno al fuoco. Volendo, è possibile passare la notte in una delle lussuose tende, oppure si può tornare in pick-up a Marrakech dopo cena. Per un’esperienza davvero bella e per niente scontata, uno dei migliori camp dove alloggiare è Agafay Desert Camp. Testo e foto di Marco Santini © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA

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CONTRIBUTORS

MARCO SANTINI - giornalista e fotografo Giornalista e fotografo da oltre 20 anni, Marco è specializzato nei reportage di viaggio, da quelli enogastronomici a quelli in condizioni estreme, dall’Antartico alla Groenlandia. Da sempre ha lavorato con apparecchiature Pentax, prima con le 645 in


pellicola, oggi con le digitali. Per questo reportage ha scelto le Pentax K5 che coniugano prestazioni notevoli (16 megapixel, ampia gamma ISO e stabilizzatore d’immagine nel corpo) con pesi e ingombri assai contenuti. “Un plus per il mio lavoro? La buona tropicalizzazione e la possibilità di effettuare riprese in HD”.


ES U TIT

Marrakech classica con stile

Marrakech

Come arrivare: Voli diretti dai principali aeroporti italiani.

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Quando andare: Clima: I periodi migliori per visitare Marrakech sono marzoaprile e da fine settembre a metà novembre, per evitare i periodi di caldo più intenso, a patto di accettare qualche pioggia e un po’ di freddo notturno, soprattutto a marzo e novembre. Dove dormire: “Riad Enija”, Rahba Lakdima, Derb Masfioui 9, Marrakech. Tel. +212 524 440926, sito: www.riadenija.com “Agafay Desert Camp”. Tel. +212 608 015015, sito: www.lvdstravel.com Dove mangiare: “Al Fassia” 55 Blvd Zerktouni, Rés. Tayeb 1°, Marrakech. Tel. +212 524434060, sito: www.alfassia.com

Documenti: Per viaggiare in Marocco è sufficiente essere in possesso del passaporto.

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Lingua: Arabo. Ma spesso si riesce a comunicare anche in francese, inglese o spagnolo.


L

Valuta: Dirham marocchino. 1 euro equivale a 10,64 dirham.

U TIT

Viaggio organizzato suggerito da Latitudes * “Il viaggo Travel Atelier�, Via Schiaparelli 18, Milano. Tel. +39 02 67390001, sito: www.ilviaggio.biz

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Incontro con le

ANIME

di

N APOLI u

Il viaggio attraverso Napoli di un gruppo di giovani uniti dalla passione per ogni tipo di arte: la città vista dagli occhi dei personaggi storici che l’hanno abitata nel corso dei secoli. Testo di Erika Quercia Foto di Vittorio Sciosia www.vittoriosciosia.com


MAP Napoli

Lat 40,50 N






P

asseggiare per Napoli e accorgersi di tutta la bellezza che l’attraversa è complicato anche per chi la abita. Partenope è stratificata, perché tra i vicoli e i palazzi che si affastellano, ci sono epoche storiche e popoli che si rincorrono senza sosta. Inizia così il viaggio di un gruppo di giovani storici dell’arte che nel 2007 fonda NarteA, associazione culturale impegnata nella creazione di format teatrali per valorizzare i luoghi storici di Napoli. I giovani professionisti di questa realtà comprendono che per conoscere la città non basta una semplice visita guidata: c’è una complessità data dalle pagine degli scrittori così come dalle leggende e dalla sua musica, che deve essere restituita, se si vuole penetrare il segreto più profondo di Napoli.







Leggende, storia e musica che attraversano i vicoli del centro storico sono condensati nel format Santa Chiara in fabula, ambientato presso il Complesso Monumentale di Santa Chiara. Siamo nel 1656, Napoli fu messa in ginocchio dalla peste. Il Monastero di Santa Chiara con suo splendido chiostro maiolicato era considerato un’isola sana dove molte persone si rifugiavano per sfuggire al morbo. Per trascorrere i giorni, alcuni ragazzi decidono di ispirarsi al Decameron di Boccaccio. Così fiabe, storie, pettegolezzi, tessono un racconto che ha un’unica protagonista: Napoli. Da via Benedetto Croce si prosegue verso Piazza San Domenico e da lì salendo verso Via Francesco de Sanctis, si trova uno dei gioielli della Città esoterica, Cappella Sansevero. Tra storia, alchimia, leggende e studi scientifici,


NarteA ambienta la visita teatralizzata Il Testamento di Pietra, in cui si fa luce sulla figura del principe Raimondo di Sangro, che si intreccia a quella dello scultore napoletano Giuseppe Sammartino e del medico palermitano Giuseppe Salerno. Qui si possono ammirare il Cristo Velato, la Pudicizia e il Disinganno e la Cavea sotterranea, concepita dal principe di Sansevero come tempietto sepolcrale destinato ai suoi discendenti, dove oggi sono conservate le famose Macchine Anatomiche. Ancora nel cuore della Napoli esoterica, presso il Complesso Monumentale di San Lorenzo Maggiore - uno dei vertici magici della cittĂ - frutto di una lunga stratificazione storica, NarteA realizza la visita teatralizzata Napoli, fantasmi ed altre storie.


N A P O L I


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Tra storia, alchimia, leggende e studi scientifici, NarteA ambienta la visita teatralizzata Il Testamento di Pietra





Un viaggio nel tempo nella Neapolis sotterrata, in cui il pubblico incontra Maria D’Avalos e Fabrizio Carafa con il loro amore ricoperto di sangue; Eleonora Pimentel Fonseca, eroina della resistenza repubblicana e illuminista; e ancora, la figura carismatica e trascinatrice di Masaniello, il pescivendolo rivoluzionario. Proseguendo verso via dei Tribunali, sul decumano maggiore, si incrocia il Pio Monte della Misericordia, dove sono conservate Le Sette Opere di Misericordia del Caravaggio. NarteA con il format “Time circle”, Merisi - Le verità dal buio, catapulta il pubblico faccia a faccia con il più grande pittore del Seicento. A pochi passi c’è Palazzo Ricca, sede dell’Archivio Storico del Banco di Napoli, vicino alla sede del tribunale di Castel Capuano, dove ambienta Anime - Ombre e segreti della Vicaria, un viaggio sensoriale, in cui il pubblico incontra gli spiriti che aleggiano, tra le strade della città, assetate di giustizia. Le interpretazioni degli attori qui si incrociano con le suggestioni multimediali di Kaleidos di Stefano Gargiulo Kaos Produzioni. Percorrendo tutto il decumano si arriva su via Toledo. Al civico 55 di quella che un tempo era l’antica strada dei bordelli, in un palazzo storico, per molti anni dimora della famiglia de’ Medici, oggi sede del Club55, NarteA ha risvegliato storie e personaggi di una Napoli scabrosa, quella delle veneri operanti nelle case chiuse prima della legge Merlin.






N A P O L I


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Al civico 55 di quella che un tempo era l’antica strada dei bordelli, in un palazzo storico


Non tutti sanno che Napoli oltre la sua caratteristica estensione orizzontale, si estende su tre livelli di profondità: nella cava tufacea degli antichi rifugi antiaerei della Galleria Borbonica, NarteA ambienta Noi vivi, dedicato alle Quattro Giornate di Napoli e Sub Urbe, spettacolo che conduce gli spettatori al cospetto di colui che per primo esplorò la “città di sotto”, Melisurgo, per percorrere in sua compagnia


i cunicoli che hanno permesso ai napoletani di salvarsi durante i bombardamenti della II Guerra Mondiale. Questa città-teatro può essere restituita solo recuperandone l’anima creativa, quella capace di comporre e scomporre i suoi innumerevoli volti, restituendo corpo, voce e anima a quel respiro magico che l’attraversa. Testo di Erika Quercia e foto di Vittorio Sciosia © LATITUDESLIFE.COM RIPRODUZIONE RISERVATA

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Si laurea con lode in Conservazione dei Beni Culturali, insegna lettere alla scuola secondaria di primo grado dal 2010.Adora il suo lavoro e, spinta dall’amore per la sua terra, si impegna quotidianamente nella promozione e nella valorizzazione del territorio attraverso l’organizzazione di eventi culturali teatralizzati.

CONTRIBUTORS

ERIKA QUERCIA - giornalista


VITTORIO SCIOSIA - fotografo Vittorio nasce a Milano ma cresce a Napoli. Durante gli anni universitari comincia a viaggiare per il mondo con una reflex, a pellicola, Fuji. Da qui la passione per i reportage di turismo che poi si allarga anche ad altri ambiti fotografici, come l’architettura, il food, la macro.Tiene corsi di fotografia in giro per il mondo cosÏ come in Italia per piÚ brevi periodi.


ES U TIT

Incontro con le anime di Napoli

Napoli

Informazioni: Per informazioni relative Nartea: web: www.nartea.com email: nartea@gmail.com tel: 3397020849- 3333152415 fb: Associazione Culturale NarteA NarteA è un’associazione culturale che offre Visite guidate, percorsi didattici, itinerari, cene teatralizzate, concerti della tradizione classica napoletana e tutto ciò che unisce l’intrattenimento alla cultura.

Dove dormire: Non lontano dal Complesso Monumentale di Santa Chiara, teatro del format Santa Chiara in fabula, si trova il b&b “Dante’s suites” (Piazza Dante, Vico Carceri S. Felice, 13, 80135 Napoli NA). Su via Toledo si trova il b&b “Le 4 stagioni“ (Via Toledo, 16, 80134 Napoli NA). Dove mangiare: Ottimi consigli sono: “Trattoria Medina” (Via Medina, 43, 80133 Napoli NA). “Pizzeria Imperatore 1906” (Via Duomo, 218, 80138 Napoli NA). “Pizzeria Da Attilio” (via Pignasecca, 17, 80134 Napoli NA). Ristorante “Januarius” (Via Duomo, 146/148, 80138 Napoli NA).


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U TIT TORNA ALLA COVER


La coppia dorata - Foto di Marsel van Oosten, Cina


Wildlife Photographer of the Year

LA NATURA VISIONI SELVAGGIA D’AUTORE VA IN SCENA

Il Wildlife Photographer of the Year, la mostra di fotografie naturalistiche più prestigiosa al mondo, va in scena anche quest’anno a Milano nei suggestivi spazi della Fondazione Luciana Matalon Wildlife Photographer of the Year



Wildlife Photographer of the Year

Il riposo del leopardo - Foto di Skye Meaker, Botswana



Il vincitore Foto di Adam Hakim Hogg, Malaysia Affascinato, Adama rimase ad osservare una furiosa battaglia per la vita e la morte tra una lucertola arboricola spinosa e un aggressivo centopiedi. Solo alla fine dello scontro Adam si ricordò di avere la fotocamera e, velocemente, saltò nel fosso strisciando verso il rettile, per avere un ritratto rasoterra della sua posa fiera dopo aver vinto lo scontro. Le spine che spuntano dalle orbite di questa lucertola sono l’ispirazione per il suo nome comune; purtroppo si tratta di una specie molto ricercata dai bracconieri per il commercio illegale di animali da allevare in cattivitĂ . Questa pratica causa un forte stress alle lucertole catturate e lascia un grosso vuoto negli ambienti naturali.


Wildlife Photographer of the Year

Civette nel tubo - Foto di Arshdeep Singh, India



La scia incendiata Foto di Christian Wappl, Thailandia Alla una di notte la foresta era tranquilla, ma la sua fauna notturna brillava dalla lettiera. La star dello show era una grossa larva di lucciola di 7 centimetri di lunghezza, che emetteva un bagliore continuo da quattro organi luminosi posti sulla sua estremità posteriore. Con esposizione lunga e flash, Christian riuscì a ritrarre la larva come se lasciasse una scia di fuoco. Le lucciole passano la maggior parte della propria vita come larve, mangiando invertebrati come chiocciole e lumache, anche di molto più grandi di loro. La luminescenza è dovuta agli organi appositi, e molto probabilmente avverte i predatori della sua non commestibilità.




Wildlife Photographer of the Year

Frustata di vento - Foto di Orlando Fernandez Miranda, Namibia



Visita alla scuola Foto di Adrian Bliss, Ucraina Distrutta e saccheggiata, Pripyat si trova nella Chernobyl Exclusion Zone, stabilita dopo il disastro nucleare del 1986. Disabitata, la città si è arresa alla natura: questa volpe rossa trotterellava in una classe abbandonata, e si fermò qualche istante su un tappeto di maschere antigas per bambini, giusto il tempo di una foto. Incontrarla è stato ‘completamente inaspettato’, dice Adrian. Gli effetti a lungo termine del disastro di Chernobyl non sono affatto chiarite ancora. Di sicuro, in assenza di umani, Pripyat sembra pullulare di vita: la foresta circonda gli edifici da ogni lato e favorisce l’ingresso di cinghiali, castori, lontre, cervi e alci. Con alti livelli di radiazioni ancora oggi, solo il tempo dirà se la rigenerazione naturale sia davvero un segno di speranza per questo posto abbandonato.


Wildlife Photographer of the Year

Duello onirico - Michel d’Oultremont, Belgio



L’anatra dei sogni Foto di Carlos Perez Naval, Norvegia Durante le sue vacanze di Pasqua, al mattino presto, Carlos scese dal bordo dell’imbarcazione, infilandosi in un capanno galleggiante: era il luogo perfetto per osservare uccelli artici. Al sorgere del sole apparvero dozzine di morette codone, e Carlos ne ritrasse una che riposava con la luce riflessa nell’acqua. Il mare di Barents sostiene una delle più grandi concentrazioni di uccelli marini del mondo, incluse le morette codone. Questo maschio ha ancora l’abito invernale, una versione meno vivace dei suoi colori estivi. Si crede che l’aspetto prevalentemente bianco serva a ridurre le interazioni aggressive tra maschi, che tendono a vivere insieme in grandi gruppi durante l’inverno.




Wildlife Photographer of the Year

Il pagliaccio triste - Foto di Joan de la Malla, Indonesia



La visione Foto di Jan van der Greef, Perù Dal giardino del suo hotel, Jan notò che quando il colibrì ruotava attorno ai fiori di questa pianta, e chiudeva la sua coda per un istante, appariva una bellissima croce. Dalla posizione bassa della sua sedia a rotelle, impiegò due mezze giornate per scattare la foto perfetta, e di questo dice: ‘i loro movimenti veloci rappresentano per me la libertà della nostra immaginazione’. Endemico del Perù, questo colibrì detto “alpinista barbuto” passa il giorno succhiando il dolce nettare delle piante. Al contrario, il vistoso fiore di giglio che si vede in foto non è nativo della zona, ma è diventato una comune fonte alimentare per questi colibrì, attratti dal delizioso nettare dei suoi fuori rossi.


Wildlife Photographer of the Year

Mister Baffo - Valter Bernardeschi, Norvegia



La madre di guardia Foto di Javier Aznar González de Rueda, Ecuador Javier trovò questa cicadella vicino alla cucina del lodge in foresta dove stava, e provò per tanti giorni a fotografare la scena, ma la pioggia costante era un problema. Alla fine, riuscì a creare questo toccante ritratto della madre che cura i suoi giovani sul lato inferiore del ramo, con un bell’azzurro del cielo sullo sfondo. La spina sul dorso della cicadella è detta elmetto, e serve a scoraggiare i predatori. Questa piccola femmina, lunga 1 centimetro, è capace di muovere il corpo per orientare la spina verso qualunque predatore. Una volta schiuse le sue uova, i giovani si sviluppano attraverso 5 stadi ninfali, prima di diventare adulti, e la femmina li cura per tutto il tempo.




Wildlife Photographer of the Year

Gli sfecidi appallottolatori - Foto di Georgina Steytler, Australia



Gattone al fresco Foto di Isak Pretorius, Zambia ‘Amo creare foto d’impatto’ dice Isak, che spesso è alla ricerca degli animali più iconici dello Zambia. Mentre stava fotografando un gruppo di leoni, questa leonessa si staccò dagli altri e, intuendo che stesse andando a bere, il fotografo si posizionò alla pozza d’acqua più vicina. Difatti, poco dopo la leonessa si materializzò nell’erba alta, circondata da un muro di verde vivido. I leoni uccidono il 95% delle loro prede durante la notte, passando il giorno a riposare. Anche se bevono ovviamente quando l’acqua è disponibile, sono in grado di idratarsi a sufficienza già con le prede e le piante, essendo perfettamente adattati ad ambienti aridi. Ciononostante, le popolazioni di leoni sono in calo drammatico.


Wildlife Photographer of the Year

La piscina di ghiaccio - Cristobal Serrano, Antartide



Il guardiano della casa di vetro - Foto di Wayne Jones,Filippine

Wildlife Photographer of the Il Wildlife Photographer of the Year è Fondato nel 1965 dal BBC Wildlife M di Londra è il più ambito nella fotogr dal 4 ottobre al 22 dicembre 2019.


the Year è la mostra di fotografie naturalistiche piÚ prestigiosa al mondo. Magazine, oggi il concorso promosso dal Natural History Museum rafia di settore. Fondazione Luciana Matalon in Foro Buonaparte 67,








S f oglia gli ult im i n u m eri di

129 Settembre 2019

128 Luglio - Agosto 2019

127 Giugno 2019

126 Maggio 2019

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