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IMMAGINI, STORIE E NOTIZIE DAL MONDO GEOvision

Prospettiva su un dramma

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Il Liberty State Park, a Jersey City, ha sempre regalato magnifici scorci. Infatti proprio di fronte alla città, nello Stato del New Jersey, si scorge l’estremità meridionale di Manhattan. Nel parco, il monumento Empty Sky (cielo vuoto) ricorda gli attacchi dell’11 settembre, e da più di tre anni mostra una prospettiva del tutto particolare sullo skyline newyorkese: due pareti parallele recano incisi i nomi delle 749 vittime residenti nel New Jersey, e al tempo stesso il monumento induce a dirigere lo sguardo verso il sito in cui sorgevano le Torri Gemelle e il nuovo One World Trade Center.

Non solo rosso, sulla Piazza Rossa

Colorate come caramelle, le cupole della Cattedrale di San Basilio si ergono verso il cielo di Mosca, all’estremità sud della Piazza Rossa. In origine la cattedrale, fatta costruire dallo zar Ivan IV, “il Terribile”, tra il 1555 e il 1561, era bianca con le cupole dorate; la sgargiante policromia è un’aggiunta fatta dalle generazioni successive. Oggi l’edificio funge da museo e solo occasionalmente vi si tengono ancora funzioni religiose. L’immagine è stata scattata da un drone del fotografo Sergej Semënov, specializzato in panorami aerei.

Una magia di luci

Un blocco di appartamenti che pare un caleidoscopio: la calda luce delle lampadine dietro alle tende colorate, o la luminescenza dei televisori e dei tubi al neon rischiarano i minuscoli spazi interni di un complesso abitativo popolare di Hong Kong. Per la sua serie Stacked (Accatastati) il fotografo Peter Stewart ha ripreso dal basso torri di appartamenti di questa metropoli da 7 milioni di abitanti: ripide pareti che convergono in prospettiva intorno a piccoli rettangoli di cielo notturno.

GEO ILLUSTRATION CHALLENGE 2015 Superare i confini. E trasformare l’immagine della Terra

Con questo motto GEO, in collaborazione con l’Esa, Agenzia Spaziale Europea, ha indetto un concorso internazionale di grafica. Illustratori, designer o appassionati di Photoshop potranno divertirsi a dare alla Terra un altro volto. Il primo premio consisterà in una visita al centro spaziale di Kourou, in Guyana francese, per assistere al lancio di un satellite dell’Esa.

Come denti aguzzi, le dune del deserto si protendono verso la fertile valle del fiume Tsauchab, in Namibia. La fotografia è stata ripresa dal satellite Kompsat-2, da una quota di 685 chilometri.

Dallo Spazio si riconoscono nitidamente: ecco i confini tra deserto e terra fertile, tra regioni abitate e disabitate, tra fitta foresta pluviale e superfici deforestate. Questo è il volto della Terra. Meno facile, se non impossibile, è scorgere i confini tracciati dall’uomo: tra gli Stati, le etnie, le religioni, e tra i poveri e i ricchi. Le loro conseguenze, però, sono varie: a volte positive, altre meno, come mostrano le immagini dei campi profughi, dei barconi di immigrati o delle bidonville. E poi c’è anche un confine tra Terra e Spazio, marcato da una sottile striscia azzurrina: l’atmosfera. Gli oltre 30 satelliti che alimentano il Programma Copernicus di osservazione della Terra con immagini e dati di misurazione tengono tutti questi confini costantemente sott’occhio. I principali compiti del Programma Copernicus sono relativi al supporto e alla protezione dell’ambiente, del clima e degli oceani, nonché alla gestione delle catastrofi umanitarie, come stabilito dai suoi sponsor: l’Agenzia Spaziale Europea Esa, la Commissione Ue e l’Agenzia Europea dell’Ambiente Eea. Copernicus è il più grande programma

esistente di osservazione della Terra, e ogni anno il Copernicus Master premia le nuove idee per l’utilizzo dei dati forniti dai satelliti, per fare in modo che gli strumenti di osservazione che scrutano la Terra dallo Spazio possano svolgere nel migliore dei modi il loro compito ufficiale, ovvero: “contribuire a plasmare il futuro del pianeta a vantaggio di tutti”.

ATG madialab/ESA

Giorno e notte il satellite del programma Copernicus, Sentinel-1A, fornisce immagini radar della superficie terrestre.

IL CONCORSO

Il concorso di grafica “Transcending Borders-Superare i confini” indetto da GEO si colloca nel contesto del Copernicus Master di quest’anno, con il patrocinio dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa). Possono partecipare artisti, illustratori, grafici, designer, studenti e chiunque altro sia interessato. Il compito assegnato consiste nell’elaborare artisticamente, in base al tema proposto, immagini satellitari rese disponibili in una banca dati a partire dal 2 febbraio 2015.

LA PARTECIPAZIONE

È possibile accedere a tutte le immagini satellitari dal sito internet geo.copernicus-masters.com. Dal 15 aprile 2015, gli interessati potranno iscriversi al concorso attraverso questo sito e inoltrare il loro contributo. La GEO Illustration Challenge termina il 13 luglio 2015, e i lavori inviati dopo questa data non verranno presi in considerazione. Per eventuali chiarimenti si prega di contattare per iscritto (in tedesco o in inglese) Lena Klemm, all’indirizzo e-mail klemm@anwendungszentrum.de

I PREMI

Una giuria valuterà gli elaborati. I 20 lavori ritenuti migliori saranno pubblicati online a partire dal 10 agosto, e tra di essi saranno selezionati i tre destinati a essere pubblicati su GEO e premiati. Il primo classificato riceverà un invito da GEO ed Esa a un viaggio in Guyana francese, dove in qualità di ospite potrà assistere nel 2016 al lancio di un satellite dal centro spaziale di Kourou, appartenente all’Agenzia Spaziale Europea.

UN VIAGGIO NEL CUORE DELL’ASIA. TORNANO IN EDICOLA A GRANDE RICHIESTA

GEO. OGNI MESE UNA NUOVA IMMAGINE DEL MONDO

Dimagrire con il freddo

Le basse temperature aiutano a combattere il sovrappeso.

Il freddo rende grassi? Al contrario! Basta mettersi una borsa di ghiaccio per 30 minuti sulla pancia o sulle cosce, per perdere un po’ di calorie. Il freddo, infatti, trasforma le cellule adipose bianche, cioè quelle che immagazzinano energia, in grasso bruno (che ha funzioni termiche). Il grasso bruno si trova principalmente nei neonati, e serve a evitare che il loro corpo disperda calore troppo rapidamente. Negli adulti, invece, il corpo immagazzina quasi esclusivamente grasso bianco, ma a basse temperature questo cambia in parte colore, come ha scoperto recentemente un gruppo di ricercatori diretto da Philip Kern, dell’Università del Kentucky. Soprattutto in inverno il grasso corporeo diventa nettamente “più bruno”; queste cellule di colore beige generano calore corporeo e in tal modo bruciano energia. Lo stesso effetto è stato riprodotto artificialmente in un gruppo di soggetti di studio. Si può dire, insomma, che abbassare un po’ il riscaldamento nelle giornate fredde non sia una cattiva idea per buttar giù un po’ di peso. Purtroppo questo metodo per il dimagrimento soffre di un grave inconveniente: proprio nelle persone più sovrappeso (con indice di massa corporea superiore a 30) la trasformazione del grasso sembra funzionare in modo più inefficiente.

Col freddo si dimagrisce più facilmente.

imagebroker/ alamy

Cetacei col talento per le lingue

Le orche sono in grado di imparare il linguaggio dei delfini, lo hanno scoperto alcuni ricercatori a San Diego, California.

Getty Images

Qui si parla la stessa lingua: le orche marine comunicano con i cugini delfini.

Il gruppo diretto da Ann Bowles, dell’Hubbs-Sea World Research Institut, ha registrato i segnali acustici emessi da 10 orche marine in cattività. Tre di loro vivevano da anni, in parchi divertimento acquatici, insieme a delfini tursiopi (Tursiops truncatus). Le altre sette avevano avuto contatti solo con esemplari della propria specie. Alla fine gli scienziati hanno confrontato i suoni emessi dalle orche con quelli dei delfini. Il risultato è sorprendente: le orche che erano rimaste esclusivamente con altre orche emettevano solo i richiami profondi e intermittenti che sono tipici della comunicazione sociale della loro specie. Le altre tre, invece, emettevano normalmente anche fischi e ticchettii: suoni che fanno comunque parte del repertorio delle orche, ma molto più comuni tra i delfini tursiopi. Una delle orche aveva perfino imparato a riprodurre una sorta di richiamo cinguettante che un addestratore aveva insegnato ai delfini prima che questi fossero messi in comunicazione con le orche. La capacità di generare suoni che non sono catalogati nel repertorio genetico della propria specie è rara. Nel mondo animale ci sono solo tre gruppi di mammiferi e tre di uccelli ad avere questa capacità di apprendimento vocale: tra i mammiferi, oltre all’uomo, ci sono balene e pipistrelli, mentre tra gli uccelli, pappagalli, colibrì e alcuni uccelli canori. Era noto che le orche fossero in grado di imitare i richiami emessi dai leoni marini in modo da attirarli come prede. Con il “delfinese” dimostrano, però, di sapersi appropriare di una variante linguistica senza che sia legata a un’utilità dal punto di vista predatorio. Forse alle orche riesce facile l’apprendimento di “lingue straniere” perché sono abituate a cimentarsi con i “dialetti” della propria specie: ogni gruppo di orche, infatti, ha un modo proprio di comunicare.

Brevi verdi GAS DAI POZZI ABBANDONATI

Che l’estrazione di petrolio sia dannosa per l’ambiente è cosa nota. Finora, però, non si era tenuto conto del danno che i pozzi petroliferi abbandonati possono arrecare alla natura. Alcuni studi della Princeton University hanno riscontrato che i vecchi fori di trivellazione sono responsabili delle emissioni di metano nell’ambiente circostante fino al 7 per cento. Le emissioni di questo gas, che inquina l’acqua e danneggia il clima, potrebbero essere impedite se i fori venissero chiusi. Solo negli Stati Uniti ci sono tre milioni di fori abbandonati.

MOSCHE IN VIA DI ESTINZIONE

Quando orsi polari o farfalle rischiano di estinguersi, l’opinione pubblica è molto sensibile alla questione; la scomparsa di parassiti, al contrario, lascia tutti indifferenti. Non è giusto, dicono gli zoologi ungheresi Lajos Rósza e Zoltán Vas, chiedendo che nella “lista rossa” vengano inseriti anche i parassiti che si estingueranno con gli animali che li ospitano: come la Gyrostigma rhinocerontis, una mosca le cui larve si sviluppano nello stomaco dei rinoceronti. Con questi animali, infatti, andranno perse anche preziose conoscenze.

La buona notizia! | 118

milioni di euro

verranno destinati alla Liberia, se da qui al 2020 metterà fine all’abbattimento delle foreste vergini e riserverà almeno un terzo della loro estensione ad aree protette. Per il momento, ancora metà della superficie di questo Paese dell’Africa Occidentale è coperta da foresta, ma nell’ultimo decennio il governo ha venduto, in parte illegalmente, concessioni di taglio per il 58 per cento delle aree forestali. Per salvare questa riserva naturale unica, la Norvegia ha stanziato questa cifra che rappresenta comunque una benedizione per un Paese dilaniato dalla guerra civile.

PERCHÉ... I POLLI MUOVONO LA TESTA A SCATTI?

Juniors Bildarchiv GmbH/alamy

Un pollo costretto a muovere continuamente la testa per poter vedere.

Proviamo a immaginare come si comporterebbero le persone se facessero come i polli: a ogni passo dovrebbero far scattare la testa in avanti, per poi ruotarla subito all’indietro. Da impazzire. Ma allora, perché la natura ha messo i polli in condizione di dover muovere incessantemente la testa a scatti? Questo comportamento consente al volatile di avere una visione più accurata di ciò che lo circonda. Le sue pupille, infatti, hanno una scarsa mobilità, quindi durante la corsa gli si offuscherebbe la visuale. Compensa questa mancanza facendo in modo, durante il movimento, che la testa venga mantenuta ferma relativamente all’oggetto per un tempo sufficiente a fissare un’immagine che possa essere elaborata dal cervello. Dopodiché, la testa scatta di colpo in avanti per ripetere l’operazione. Con questa tattica di ritardo gli uccelli simulano la visione tridimensionale, che a causa della posizione laterale degli occhi non sarebbe loro possibile. Per determinare la posizione di un verme, lo fissano prima con un occhio, poi lo riprendono da un altro angolo visuale e infine elaborano il tutto in una sola immagine in tre dimensioni.

Più allevamenti, più effetto serra

Aumenta la produzione di carne, olio e zucchero, con prevedibili conseguenze per l’ambiente.

Da qui al 2050, le emissioni di gas serra dovute all’attività agricola e alla produzione alimentare sono destinate ad aumentare dell’80 per cento. È l’allarme lanciato dai ricercatori statunitensi David Tilman e Michael Clarke, dell’Università del Minnesota. Attualmente il settore alimentare è responsabile di circa un quarto delle emissioni mondiali di gas serra. In questo ha un peso preponderante l’allevamento di bestiame. L’aumento dei redditi e la crescente urbanizzazione fanno sì che i menu tradizionali, basati su vegetali, siano sempre più spesso arricchiti da pietanze a base di carne, il che induce a un’incessante crescita degli allevamenti con pesanti conseguenze ambientali, sia dal punto di vista delle emissioni di metano, sia da quello della perdita di specie selvatiche. Quanto sia cruciale un’elevata biodiversità per la stabilità degli ecosistemi è stato dimostrato da David Tilman in una dozzina di esperimenti sul campo portati avanti per decenni presso il Cedar Creek Ecosystem Science Reserve nel Minnesota. Con grande pazienza, e indagini approfondite, Tilman ha dimostrato che le comunità vegetali caratterizzate da maggiore biodiversità sono più produttive e, grazie alla cosiddetta complementarietà di nicchia, sono anche molto più resilienti. Allo stesso tempo, ha sviluppato una teoria sulla competizione nelle comunità vegetali che permette di prevedere in che modo le varie specie di piante coesistono una a fianco dell’altra quando devono competere per una quantità limitata di risorse vitali. Per i suoi fondamentali contributi all’ecologia delle piante, e per le sue valutazioni su questioni applicative come la sicurezza globale dell’alimentazione o i biocombustibili, David Tilman è stato insignito a Roma del Premio Balzan 2014. Questo premio, considerato il Nobel del sud, viene assegnato dalla Fondazione Balzan, italosvizzera, in quattro categorie scientifiche, e ha un valore di un milione di franchi svizzeri. Gli altri vincitori del premio 2014 sono Ian Hacking (teoria della conoscenza), Dennis Sullivan (matematica) e Mario Torelli (archeologia). Il premio speciale “Per l’umanità, la pace e la fratellanza tra i popoli” è stato assegnato all’associazione Vivre en Famille.

David Tilman (a sinistra) con l’ex presidente Giorgio Napolitano alla consegna del Premio Balzan.

Immagini della morte

Ecco cosa riferiscono le persone che hanno subito una rianimazione cardiaca.

Sarà così la strada verso l’aldilà?

Sono sempre di più le persone che sopravvivono a un arresto cardiaco grazie alla rianimazione. E sono sempre di più quelle in grado di raccontare quello che è successo durante questo breve viaggio nella morte. Queste percezioni descritte, in realtà, sarebbero impensabili visto che dopo 20-30 secondi di mancato apporto sanguigno tutte le funzioni cerebrali vengono completamente meno. Recentemente, però, un gruppo di ricerca ha catalogato alcune caratteristiche delle “esperienze di pre-morte” nell’ambito di quello che finora si può considerare lo studio più esaustivo sull’argomento. Il gruppo ha seguito 2.060 pazienti cardiaci dal 2008. Di essi, 330 sono sopravvissuti a un arresto cardiaco, e quasi la metà ha riferito sensazioni su quanto sperimentato. Il 39 per cento degli intervistati ha detto di avere provato, in concomitanza con l’arresto cardiaco, una “percezione di consapevolezza”; 27 pazienti hanno dichiarato di avere avuto una cognizione del tempo fortemente rallentata, o al contrario accelerata; 22 persone hanno descritto una sensazione di pace. Solo 13 i sopravvissuti che si sono sentiti “separati” dal proprio corpo: un uomo è stato perfino in grado di riferire impressioni concrete sul trattamento ricevuto e sui medici coinvolti. Altri hanno descritto esperienze di pre-morte “classiche”, come luci abbaglianti, immagini di animali, paura o la sensazione di annegare.

Scopri di più su: www.sentieromatilde.it

SENTIERO MATILDE

Segui i passi della Grancontessa di Canossa

Parti alla scoperta del cuore matildico dell’Appennino Reggiano e Modenese. Una terra dove la storia si intreccia con paesaggi di incanto e con una tradizione culinaria unica al mondo.

I canguri dai piedi di piombo

I simpatici marsupiali dall’andatura a balzi non sono sempre stati così agili nel corso della loro storia evolutiva.

Lo schizzo di un canguro dalla faccia corta in marcia.

Brian Regal Quando un canguro attraversa saltando la prateria australiana, ai nostri occhi appare come una creatura leggera. Tutt’altra impressione dovevano dare i suoi predecessori 100 mila anni fa: dovevano sembrare creature dal passo lento e pesante. Lo sostiene la biologa dell’evoluzione Christine Janis, della Brown University nel Rhode Island. La ricercatrice ha analizzato dal punto di vista biomeccanico fossili di canguro dalla faccia corta (Sthenurinae), una specie estinta, mettendoli a confronto con specie attuali. Ne è risultato che rispetto alle forme moderne, i canguri dalla faccia corta avevano una colonna vertebrale molto più rigida. In questi animali, l’andatura a balzi avrebbe comportato probabilmente feroci dolori alla schiena, soprattutto perché questi marsupiali pleistocenici erano molto grossi e pesanti. Gli esemplari più imponenti dovevano raggiungere un’altezza intorno ai due metri, e un peso di 240 chilogrammi. Anche la conformazione dei loro piedi, più adatta per camminare, depone a favore della teoria della Janis. È molto raro, invece, che un canguro, oggi, si metta a camminare per passettini. Questo comportamento si può osservare sporadicamente soltanto nel canguro arboricolo (Dendrolagus).

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