7 minute read
Un'eredità invisibile che arrva fino ad oggi
from N.29 FEBBRAIO 2020
by Scomodo
Un’eredità invisibile che arriva fino ad oggi
Riannodando il filo dell’evoluzione dei movimenti s tudenteschi, partendo dalla Pantera fino all’Onda del 2008, le cui proteste si sono protratte fino al 2010-2011, arriviamo agli ultimi dieci anni di contestazioni che conosciamo più da vicino. Molto sembra essere cambiato nelle forme di partecipazione e di protesta, e, più in generale, nelle motivazioni e nelle modalità di approcciarsi alla politica e allo stesso tempo, tanto altro sembra essere rimasto, implicitamente, nel dna dell’attivismo studentesco che ci vede protagonisti. In linea generale possia mo osservare come nell’ultimo decennio, la partecipazione politica degli studenti, e con seguentemente la loro attività di prote sta, ha continuato a seguire, forse accelerando, un trend discendente iniziato già negli anni Novanta, quando la crisi delle ideologie e il disfaci mento dei partiti di massa, dopo Tangentopoli, hanno portato all’avvento del Berlusconismo e dell’antipolitica. Se guar diamo al macro contesto non stupisce che i giovani non abbiano fiducia nelle istituzioni e nella politica, e dunque non partecipino attivamente, spesso nemmeno nella forma del voto (i dati elettorali delle elezioni europee di maggio 2019 ci dicono che il 50,7% degli elettori tra i 18 e i 34 anni non è andato a votare). Siamo infatti la generazione che, cresciuta in un clima di generale disaffezione verso la po litica, ha vissuto la grande crisi economica che sembra averci condannato ad un futuro di precarietà occupazionale se non di disoccupa zione; la stessa generazione formatasi in un clima profondamente improntato all’ l’individualismo, favorito anche dalle nuove tecnologie.
Advertisement
L’evidenza di questo trend discendente nell’inte resse dei giovani per la cosa pubblica è innegabile e si riflette in alcuni dati importanti rispetto ai volumi e alla forza delle ultime mobilitazioni. Rispetto alle proteste di piazza così come alle “classi che” occupazioni scolastiche, si registra un calo rispetto al passato sia in frequenza che in partecipazione. Ripercorrendo gli anni dal 2012 al 2018 scopriamo infatti che si è tenuta ogni anno nelle più gran di città italiane una manifestazione studentesca “di rito”, con una partecipazione che non ha mai superato i 100 mila presenti in tutto il Paese. Le motivazioni erano prettamente legate a pro blematiche del momento riguardanti il mondo della scuola: contro l’austerity del governo Monti e per il diritto allo studio (2012-2013), contro la riforma della “Buona scuola” e contro l’alternanza scuola lavoro (dal 2014 al 2017), contro i continui tagli all’istruzione e contro il governo M5S-Lega (2018). Anche la “tradizionale” pratica delle occupazioni, pur rimanendo una costante nel repertorio di pro testa dei movimenti studenteschi, ha progressivamente perso la sua forza, svuotandosi spesso del significato originario. Per un decennio, quindi, (dall’Onda al recentissimo movimento globale dei Fridays For Future) l’attivismo studentesco è ri masto una presenza silenziosa, non incisiva nel tessuto sociale. Ma ridurre le motivazioni di questa situazione di stallo dell’attivismo studentesco all'anacronismo delle forme della protesta, ci sembra semplicistico e anche inesatto. Pratiche come l’occupazione e le manifestazioni di piazza, piuttosto che l’utilizzo di spazi come i centri sociali come luoghi di incontro e di formazione di una coscienza politica, pur essendo eredità di una cultura inaugurata negli anni 90, non hanno smesso di funzionare in quanto vecchi, quanto piuttosto perché tali erano le rivendicazioni portate avanti, sconnesse da ciò che veniva percepito come urgente dalle nuove ge nerazioni. A differenza di un movimento come FFF, infatti, queste proteste avevano minore forza non solo in quanto centrate su tematiche di carattere locale, e non globale (l’ennesima riforma della scuola, la politica portata avanti dal governo di turno,
i diritti degli studenti), poco attraenti quindi per le nuove generazioni, distanti dalla politica nazionale e proiettate nel mondo globalizzato, ma soprat tutto perché ormai prive del carattere di necessità, di priorità che intanto si era spostato altrove. I Millennials, infatti, e ancor di più i membri del la generazione Z, sono cresciuti in un contesto che aveva già completamente assimilato i va lori del neoliberismo e che, pertanto, si ribellava debolmente alle ennesime riforme all’interno di un paradigma ormai ritenuto immodificabile. Per questi motivi per risvegliare la contestazio ne studentesca occorreva dunque una tematica più urgente, globale, unificante. Qualcosa che si potesse vivere sulla propria pelle, che facesse anche paura: i cambiamenti climatici. La posta in gioco non è più una prospettiva di benessere sfumata ma la prospettiva di vita in quanto tale. E’ in questo cambio di priorità che nasce il movi mento che, giunto in Italia all’inizio del 2019, ha riportato migliaia di giovani nelle piazze: Fridays For Future. La novità di FFF risiede innanzitutto nella causa perorata: la crisi climatica. FFF è un movi mento ambientalista che chiede azioni concrete da parte dei governi di tutti i Paesi per diminuire drasti camente le emissioni di CO2 e dunque mantenere l'aumento della temperatura media globale sotto il livello limite di +1.5°C. Si tratta di un movimento in ternazionale largamente diffuso, nato in Svezia ad agosto 2018 grazie all’azione della sedicenne Greta Thunberg, che ne è il volto. E’ certamente evidente la distanza tra questo movimento e quelli ‘novecenteschi’. Dal contenuto centrale, la questione climatica, passando per la radicale trasformazione del tessuto sociale e del ruolo dei partiti di massa e delle forme della politica tradizionale, fino alle piattaforme usate per chiamare alla mobilitazione. Si ricordi come uno strumento fondamentale per il grande successo delle giornate del Global Strike for Future sia stato sicuramente quello dei social network, seguendo un pò la traccia dell’Onda che per prima aveva inaugurato l’uso del web per una mobilitazione efficace. Diverse sono anche le mo dalità della protesta. Se dalla Pantera all’Onda l’attivismo studentesco nasceva dalle occupazioni di atenei e scuole per poi uscire all’esterno, FFF si configura come un movimento prevalentemente di piazza, che agisce tramite scioperi, presidi, cortei, lezioni pubbliche, die-in e sit-in. Tuttavia, nonostante le tante differenze, sarebbe miope affermare che il movimento che si oppone al cambiamento climati co sia un’erba spontanea cresciuta per caso e improvvisamente in un campo di fiori di un altro colore.
“ I movimenti non sono isole, i movimenti non finiscono mai”- commenta Raul Mordenti- “ A me piace la metafora della barriera corallina: i movi menti non finiscono nel nulla, si inabissano in un percorso carsico, hanno delle deviazioni, cambiano di forma e poi in qualche modo riemergono. E’ sempre stato così ed è vero anche per la Pantera, certo il fatto è che non è indifferente se riemergono da una vittoria o da una sconfitta”. E la Pantera pri ma, il movimento del G8 di Genova nel 2001 e infine l’Onda, sono stati tutti movimenti calpestati. Morden ti cita a tal proposito un vecchio proverbio cinese: “quando si calpestano i fiori non ci si può lamentare di non raccogliere i frutti”. “Questi tre movimenti, le gati l’uno all’altro per ragioni diverse, erano di una bellezza e di una vivacità incredibili, erano per la sinistra un’occasione da cogliere e sono stati silenziati”. La Pantera, a differenza del ‘68 che fu accolto sostan zialmente da una parte della sinistra, “fu umiliata e vide come risposta lo stringersi compatto del quadro politico intorno alla riforma”. Solo comprendendo le responsabilità di quella sinistra si può capire “il grande freddo” degli anni 90 e 2000 e l’egemonia del berlusconismo. Lo stesso avvenne più tardi con gli altri movimenti studenteschi e non, per capire quei vuoti durati anni, quel disincanto, “da ultimo il silenzio de precato della vostra generazione, bisogna riflettere su tutto questo”. Forse solo attraverso questa consa pevolezza è possibile riannodare alla storia dei movimenti studenteschi la stagione scialba dell’ultimo decennio e quella nuova dei Fridays For Future che si battono per la tematica ambientale. “Questa -si leg ge in un documento programmatico del movimento- può avere una forte lettura politica, come quella di chi sottolinea che i danni prodotti all’ambiente sono la naturale conseguenza di un sistema eco nomico senza scrupoli quale è quello capitalistico”. Oggi i Fridays rivendicano nelle piazze la propria au tonomia, la distanza dalle varie formazioni partitiche, ma si caratterizzano anche per una vocazione emi nentemente politica. Tra loro i protagonisti sono i giovanissimi, figli di un mondo profondamente diverso ma anche gli insegnanti, i genitori, i fratelli e le sorelle più grandi i quali tutti, ognuno con il proprio bagaglio di esperienza, contribuiscono a tenere insieme le fila di una storia iniziata più di trent’anni fa.
Sara De Benedictis Maria Sole Dassiè Annachiara Mottola di Amato Marina Roio