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Luca Bagnarioldi COVID-19Quanto costa il
from N.29 FEBBRAIO 2020
by Scomodo
QUANTO COSTA IL ? COVID - 19
L’IMPATTO DELL’EPIDEMIA A LIVELLO ECONOMICO E POLITICO
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Una delle chiavi di lettura più interessanti che l’epidemia di Corona- virus è certamente il suo impatto a livello geopolitico ed economi- co. Lo scoppio dell’epidemia di COVID-19 è avvenuto infatti forse nel momento peggiore per il governo di Pechino, visto che il 2019 è stato l’anno in cui la Cina ha fatto maggiormente vacillare la leadership globale degli Stati Uniti tramite la sapiente strategia del Presidente Xi Jinping. In questo aspetto del pessimo timing di questa malattia certamente risiede il parallelismo più forte con l’epidemia di SARS, la quale nel 2003 scoppiò nel preciso momento in cui la Cina stava iniziando a proporsi al mondo come un partner politico-commerciale affidabile. Le somiglianze con la situazione del 2003 però si esauri - scono solo in questo aspetto, visto che Pechino ha compiuto in questi 17 anni degli enormi passi avanti a livello geopolitico, passando dallo status di paese emergente a quello di seconda potenza mondiale. Avendo assunto questa posizione, alla Cina non è stato possibile ma - scherare l’epidemia come fece tra il nei primi mesi del 2003, come testimoniato dagli inconcludenti rapporti volontariamente condivisi dal governo cinese con l’OMS per cercare di mostrare come quanto stesse accadendo nella provincia del Guangdong fosse totalmente irrilevante. Un atteggiamento che è costato alla Cina delle pesan - ti critiche che per lungo tempo l’hanno svantaggiata nello scenario internazionale: proprio per questo, nel caso del COVID-19, Pechino ha mantenuto un atteggiamento pressoché perfetto nei confronti dell’OMS, condividendo passo per passo ogni singola informazione vitale e non ritardando in alcun modo il lavoro dell’organizzazione.
IL PERICOLO AFRICANO
Questa Attenzione nei confronti della gestione del processo di ricer- ca di una cura risulta necessaria anche per il fatto che oramai la Cina rappresenta un paese cardine per un innumerevole numero di paesi a livello internazionale. In questo senso, i paesi africani sono certa- mente quelli che hanno maggiormente legato le proprie economie nazionali a quella del colosso cinese, che ha deciso di sfruttare il sempre maggiore disinteresse da parte dei governi occidentale nei confronti del continente Africano per imporre la propria leadership su uno dei mercati potenzialmente più remunerativi per l’alta pre- senza di possibili consumatori. L’Africa rappresenta al momento la più grande sfida per la Cina: nel caso in cui Pechino non riesca a con - tenere gli effetti del virus nell’unica parte del mondo in cui è riuscita ad imporsi al di sopra degli Stati Uniti, le mire espansionistiche di Xi Jinping subirebbero una brusca battuta d’arresto per un lungo tempo.
Per quanto concerne l’impatto economico della diffusione del COVID-19 all’interno dei nostri confi- ni nazionali, che rischia di bloccare per settimane il punto nevralgico dell’economia italiana, è dif- ficile ad oggi comprendere l’evolversi della situazione. Ogni analisi risulterebbe dunque priva di fondamento e per questo va rimandata ad un articolo futuro specifico sul tema. Con la notizia del primo caso confermato in Egitto, è sicuro che Pechino investirà pesantemente per permettere al continente africano di superare con il minor numero di danni possibile questa epidemia, anche se il costo economico di una manovra simile dovrebbe risultare estremamente elevato a causa dell’ar - retratezza del sistema sanitario della quasi totalità dei paesi africani. Dalla gestione del caso afri- cano passa quasi tutta la credibilità internazionale che Pechino ha costruito nel corso degli ultimi anni: una situazione che potrebbe essere sfruttata tranquillamente dall’eterno nemico cinese, gli Stati Uniti, che tramite una politica ancora più forte di aiuti sanitari all’Africa potrebbe riprendere la leadership sul continente, scacciando la Cina dall’unico luogo in cui essa sia riuscita effettiva - mente a superarli. L’Africa rischia di divenire lo scenario di una “guerra” a colpi di vaccini ed aiuti sanitari, in cui il contenimento dell’epidemia sarebbe un risultato totalmente secondario rispetto al mantenimento/superamento dello status quo geopolitico attuale all’interno del continente africano.
VECCHI PROBLEMI, NUOVA CINA
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Il Presidente della Repubblica Popolare non deve solo guardarsi da un possibile ritorno americano all’interno dell’Africa, ma anche dai possibili risultati economici che rischia - no di compromettere la crescita del paese. Rispetto alla SARS, l’impatto economico del COVID-19 con molta probabilità risulterà molto più devastante, raggiunse il costo globale di 40 miliardi di dollari. Le motivazioni di questo maggiore impatto sono mol - teplici: in primis, la crescita del PIL cinese aveva segnato un calo al 6,1% rispetto alle stime del Partito Comunista cinese, flessione dovuta principalmente alla guerra dei dazi fra Cina e Stati Uniti. Altro aspetto di rilevante importanza è il fatto che rispetto al 2003, si è totalmente ribaltato l’impatto di investimenti e consumi sul PIL cinese: se in precedenza i consumi contribuivano “solo” per il 45%, nel 2018 questa percen - tuale ha raggiunto un valore superiore al 75%. Cioè significa che, se nel caso della SARS il crollo dei consumi durante i mesi dell’epidemia non aveva così pesantemente influenzato il PIL, oggi le manovre di contenimento e il blocco di ogni forma di consu - mo interni al paese rischia di costare alla Cina quasi 1 punto percentuale (secondo le stime della S&P Ratings ed altre società internazionali, anche se molte sembrano ri - porre fiducia nelle capacità di recupero dell’economia cinese),risultando un durissimo colpo per la seconda economia mondiale. La “svolta consumistica” cinese degli ultimi anni rischia così di enfatizzare ancor di più i risvolti negativi dell’epidemia odierna.
L’economia cinese non è l’unica che in questo momento trema dinanzi al COVID-19, ma vi è un intero settore che rischia di dover rimandare di anni il proprio sviluppo a causa di questa epidemia: quello tecnologico. La Cina si è imposta infatti nel corso di questi anni come il leader mondiale per ospitare gli stabilimenti di assemblaggio e produ - zione di alcuni dei prodotti tecnologici di maggior rilievo a livello internazionale, come gli IPhone Apple, i cui componenti vengono forniti dagli stabilimenti della Foxconn di Shenzhen, al momento ancora chiuso poiché collocato all’interno del distretto di Hubei. Questo evento sta spingendo Apple e Foxconn a spostare la produzione degli IPhone 11 e 11 Pro Max in India, anche perché il resto degli stabilimenti cinesi oltre a quel - lo di Shenzhen risulta pesantemente condizionato dallo sviluppo del COVID-19. La scelta di Apple è di fondamentale importanza se vuole riuscire a mantener fede alla propria tabella di lancio, che prevede per la primavera di quest’anno il lancio dell’IPhone SE 2, modello economico che nella strategia dell’azienda di Cupertino dovrebbe fare concorrenza proprio al gran quantitativo di aziende cinese attive sul mercato come OPPO o Xiaomi e rispondere in parte al lancio della famiglia S20 da parte di Samsung. Proprio l’azienda coreana potrebbe trarre beneficio dalla presen - za del COVID-19, sfruttando i possibili ritardi di Apple e delle aziende cinesi, che non la possono veder coinvolta a causa della sua precedente scelta di abbandonare i propri impianti sul territorio cinese per i pessimi risultati ottenuti nel mercato lo - cale. Non è solo Apple a rischiare di rimanere pesantemente influenzata dal nuovo Coronavirus: anche Sony e Microsoft rischiano di dover rimandare il lancio delle loro nuove console di riferimento, la Playstation 5 e la X-Box Series X per la stes - sa motivazione, visto che gli stabilimenti di produzione dei componenti elettronici delle due si trovano anch’essi nella regione di Hubei. Tutti questi aspetti mostrano come il COVID-19 alla fine non riesca neanche ad avvantaggiare gli Stati Uniti sui mercati, visto che due delle maggiori aziende statunitensi rischiano seriamente di vivere un anno terribile a livello economico a causa dello svilupparsi dell’epidemia.
In chiusura, non si può che rivolgere un pensiero al nostro paese, che duran- te l’anno scorso sotto la guida del governo gialloverde si era pericolosamente avvicinato alla sfera d’influenza di Pechino. Uno degli aspetti maggiormente positivi del Memorandum firmato con la Cina sarebbe stato quello di aumenta- re il numero di turisti cinesi, già oggi quarta nazionalità per presenze annue e quella che spende maggiormente al giorno (circa 300 euro, secondo i dati ISPI). Lo scoppio dell’epidemia, soprattutto in un periodo come quello del Capodanno Lunare in cui i cinesi tendono a viaggiare molto, rischia di distruggere com- pletamente le più che positive previsioni d’inizio anno per quanto concerne il settore turistico. Per quanto concerne altri aspetti economici, al momento siamo in una fase troppo prematura per poter fare alcun tipo di previsione.
Il COVID-19 ha colpito in un momento molto delicato per l’economia mondia- le, visto che sempre più insistenti si fanno le voci di una nuova recessione economica alle porte. Al momento, non possiamo ancora del tutto prevede- re quanto l’epidemia impatterà in modo negativo sull’economia mondiale. Dai primi dati usciti appare chiara una cosa: il virus non colpirà gentilmen- te i mercati mondiali, visto che il proprio epicentro risiede nel paese che più degli altri nel corso di questi ultimi anni ha cercato di porsi al centro dell’economia globale. Se Pechino affonderà per colpa del COVID-19, molto probabilmente sarà lunga la fila di paesi che trascinerà con sé nel baratro.
il PLUS
di Luca Bagnariol