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Da Ruberti alla Gelmini
from N.29 FEBBRAIO 2020
by Scomodo
Da Ruberti alla Gelmini il mondo della formazione sotto attacco
L’analisi di Taviani ci consente di cogliere il significato di un movimento breve e spesso dai più ignorato e dimenticato come quello della Pantera, che ha rivestito invece un ruolo decisivo per la formazione non solo della generazione che lo ha vissuto e animato ma anche per quelle successive che ne hanno inconsapevolmente raccolto l’eredità. Il moto che attraversa l’Italia nel 90, infatti, per la prima volta mette in luce quelle che poi si sarebbero rivelate essere le grandi criti cità della società contemporanea proprio nel momento in cui queste iniziavano a palesarsi in modo più evidente. Un progressivo processo di privatizzazione che avanzava in tutti gli ambiti della so cietà, non solo in quello della formazione universitaria, come sottolinearono più volte gli stessi attivisti della Pantera, spiegando come la riforma Ruberti costituisse solo la spia di un processo più ampio. Lo smantellamento dello Stato sociale e il galoppante pro tagonismo delle logiche del mercato che ridisegnavano anche i luoghi della formazione. Da ultimo l’esigenza di immaginare una sinistra alternativa a quella istituzionale che sempre più di fatto, da una parte, sotto la spinta di Craxi, si allineava ai nuovi valori neoliberisti-lo stesso ministro Ruberti artefice della contestata riforma era socialista- dall’altra viveva una forte crisi di identità che avrebbe poco dopo portato nel 91 allo scioglimento del PCI e alla formazione del PDS. Il movimento della Pantera dimostrò quindi di avere una notevole capacità di analisi politica del presente e di lucidità teorica, in quanto riuscì a cogliere nel suo divenire un fenomeno emergente caratterizzante gli istituti universitari e cioè “la distruzione capitalistica delle università italiane” come sottolinea Raul Mordenti, ex-militante in diversi movimenti universitari, oggi politico e professore dell’Università di Tor Vergata.
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“E ciò significa privatizzazione, precariato, violazione della libertà di ricerca e di insegnamento attraverso i meccanismi di valutazione etc.”. Mordenti sottolinea come tutte queste dinamiche fossero state lette dalla Pantera che elaborò dei documenti con proposte concrete che non arriva rono neppure in Aula in quanto “il consenso che si era costruito intorno alla figura del ministro Ruberti era pressoché totale. Lo considero il punto più alto dell’egemonia del pensiero craxiano sulle università, tant’è vero che tutti i successivi ministri della pubblica istruzione hanno mantenuto la stessa linea. C’è una continuità assoluta da Ruberti alla Gelmini tra governi di centro-destra e centro-sinistra nelle politiche relative alle università, che non ha corrispettivi in nessun altro settore”. Dal 90 in poi le riforme che si sono succedute hanno contribuito a smantellare l’istituzione scolastica e universitaria con i guasti che tutti conosciamo oggi. Così le problematiche che animavano le proteste in cui si raccolsero diverse università italiane al grido: “ la pantera siamo noi!”, e che nell’evoluzione del movimento coinvolsero anche tanti studenti medi, non sono diverse da quelle che in tempi più recenti hanno spinto alla contestazione. Paradigmatico è il caso dell’Onda del 2008- come anche dei più contenuti moti del decennio succes sivo-nata per protestare contro i tagli all’istruzione proposti dal IV governo Berlusconi che, con la proposta di legge Gelmini, riduceva ulteriormente i finanziamenti pubblici alle Università e sanciva ancora una volta la parola d’ordine privatizzazione. Se nel 90 gli studenti della Pantera distribuivano i primi volantini con gli slogan “No alla privatizzazione della cultura” e “ Basta libri di testo costosi, vogliamo le fotocopie libere”,i militanti dell’Onda (studenti e precari in rivolta) scendevano in piaz za affermando di volersi riappropriare del futuro, “combattendo il mezzo attraverso il quale le istituzioni avevano compiuto questo furto: la precarizzazione”. Il contesto delle manifestazioni, certo, era profondamente diverso, eppure è impossibile non cogliere la linea di continuità tra la lotta alla privatizzazione e al principio di autonomia degli ate nei del 1990 e il moto di protesta dell’Onda che si scaglia contro una delle sue concrete espressioni.