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Il Cavaliere di Smeraldo

THE GREEN KNIGHT

Racconto da “Eventi fra Jylland”, di Evald Tang Kristensen, tradotto dallo svedese all’inglese da Mrs Skovgaard-Pedersen.

Dalla versione di Andrew Lang, The Olive Fairy Book.

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Tanto tempo fa, in un regno lontano, vivevano un re e una regina che avevano un’unica figlia, che era per loro il tesoro più prezioso del mondo.

Un brutto giorno, quando la principessa aveva soltanto dodici anni, la regina si ammalò, e nessun dottore del regno fu capace di guarirla. Il re mandò quindi a chiamare i più bravi medici del mondo, ma nessuno capì quale fosse il male che affliggeva la donna, che peggiorava giorno dopo giorno.

Una sera la regina, stremata e consapevole che la fine era vicina, fece chiamare il re.

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«Promettimi che esaudirai qualsiasi desiderio di nostra figlia. Il tuo obiettivo più grande deve essere la sua felicità», gli disse. Il re, in un primo momento, esitò. «Devi promettermelo, affinché io possa trovare la pace dopo questa vita», aggiunse la regina. Il re, allora, che era molto triste per le condizioni della sua amata, acconsentì, e la regina morì con il sorriso. Vicino al palazzo del re viveva una nobildonna vedova che aveva una figlia della stessa età della principessa, e le due bambine erano sempre insieme. Giocavano, correvano, leggevano insieme, e si divertivano molto. Dopo la morte della regina, la principessa implorò il re perché

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la nobildonna e la figlia andassero a vivere a palazzo con loro. Il re, però, sapeva che la nobildonna era nata molto povera, aveva un tempo sposato un conte soltanto per acquisire ricchezze, e non per amore. La contessa era vile e approfittatrice, e il re non voleva che vivesse a palazzo, per paura che elaborasse qualche progetto malvagio, ma la principessa lo pregò in ginocchio.

«Ti scongiuro padre, mi sento molto sola», gli disse, «E nessun regalo al mondo sarebbe mai tanto prezioso quanto la compagnia della mia più cara amica. Se lei e sua madre si trasferissero a palazzo, mi sentirei come se avessi di nuovo una mamma, e guadagnerei anche una sorella».

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Il re, ricordando la promessa che aveva fatto alla moglie sul letto di morte, acconsentì, e pochi giorni dopo la contessa e la figlia si trasferirono a palazzo. La principessa era contentissima, e per lungo tempo tutto procedette bene. La contessa e la figlia erano davvero una mamma e una sorella per la principessa. La piccola si lasciò alle spalle la tristezza per la morte della regina. Finché, un giorno, mentre la principessa e la contessina giocavano nei giardini, la contessa si presentò a loro in abiti da viaggio, tenendo tra le mani una valigia. Baciò la principessa sulla fronte e le disse:

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«Arrivederci bambina mia, la contessina e io dobbiamo partire per un lungo viaggio, e non so se mai ritorneremo. Ricordati che sarai sempre nel mio cuore».

La principessa iniziò a piangere disperata: «Perché dovete andare via?

Non abbandonatemi, per favore! Come farò senza di voi? Dovete restare!»

La contessa scosse il capo con fermezza. «L’idea di lasciarti mi spezza il cuore», disse la contessa, «Ma non ho altra scelta. Devo partire, e mia figlia dovrà venire con me».

«Non c’è nulla che posso fare per farti cambiare idea?» chiese allora la principessa. La contessa chiuse gli occhi e sospirò, poi disse: «Una cosa ci sarebbe, ma tuo padre non sarebbe d’accordo. Sarebbe impossibile».

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La principessa scosse il capo e disse: «Niente è impossibile! Dimmi come posso farvi restare!»

«Se tuo padre, il re, mi sposasse e facesse di me la sua regina, allora, e solo allora, rimarremmo con te», disse la contessa.

«Ma certo! Posso aiutarti, parlerò con mio padre. Rimanda la partenza di alcuni giorni, e fidati di me», concluse la principessa asciugandosi le lacrime.

Corse subito dal re, per chiedergli di sposare la contessa. Il re, nel vederla, si accorse subito che aveva pianto.

«Che è successo piccola mia?», le chiese.

«Oh no, papà, adesso va tutto bene», rispose la principessa, «Vedi, devi sapere che stamane la contessa mi ha detto che lei e sua figlia, la mia

più grande amica, sarebbero presto

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partite per un lungo viaggio. Ma ha anche aggiunto che, se tu la sposerai e farai di lei la tua regina, potranno restare! Sposala papà, te ne prego.

Lei è già una mamma per me, e tu non hai mai rifiutato alcuna mia richiesta». Il re impallidì: eccolo, il piano malvagio della contessa! Una cosa era lasciarla vivere in un’ala del palazzo, ma sposarla… non poteva farlo!

Lui non la amava, anzi, la disprezzava!

E, in più, il suo cuore apparteneva ancora alla defunta regina, unico suo vero amore. «Non posso farlo, bambina», disse alla principessa. La principessa, nel sentire queste parole, scoppiò di nuovo in lacrime. Piangeva tanto disperata che, pochi minuti dopo,

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anche il re iniziò a piangere e, tra le lacrime, ricordò della promessa che aveva fatto alla moglie. Doveva pensare alla felicità di sua figlia, anche a discapito della sua.

Si alzò dal trono e si avvicinò alla principessa, la abbracciò e le disse:

«Non piangere, bambina mia.

Se questo ti renderà felice, allora sposerò la contessa, la renderò regina e lei diventerà ufficialmente la tua matrigna».

«Sì, papà, mi renderebbe molto felice», rispose la principessa.

Così, pochi giorni dopo venne celebrato il matrimonio, con una grande festa che coinvolse tutto il regno. Ma, nonostante ciò, il re era pallido e magro, e per niente felice.

Temeva che alla contessa non bastasse

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essere regina, temeva che lei volesse di più. E, purtroppo, era proprio così.

Non era passato neanche un anno dalle nozze che la regina divenne invidiosa delle attenzioni che il re dava alla principessa, e del fatto che lei rimanesse l’unica erede al trono, lasciando la contessina al di fuori della linea di successione. La principessa, inoltre, diventava ogni giorno più dolce e bella, mentre la contessina era sempre più brutta, dentro e fuori. Così la matrigna e la contessina iniziarono a trattare la principessa molto male, sempre con grande distacco e crudeltà.

Il re notò che ciò turbava profondamente la principessa,

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che non sorrideva più come un tempo, e un giorno che la matrigna e la contessina erano a cavallo fece chiamare a sé la figlia.

«Piccola mia, non sorridi più», le disse, «E temo che ciò sia dovuto alla tua matrigna e alla tua sorellastra. Ti ho fatto costruire un castello sull’isola in mezzo al lago, e se vuoi puoi partire anche subito. Non posso sopportare che ti trattino con tanta cattiveria. Il castello sarà soltanto tuo, e né la tua matrigna né la tua sorellastra potranno entrarvi».

La principessa si rallegrò alle parole del padre, e il giorno stesso si trasferì nel palazzo sull’isola in mezzo al lago.

Il castello era molto bello, luminoso e ricco di finestre dalle quali la principessa poteva ammirare

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le acque cristalline che risplendevano sotto i raggi del sole. C’era un giardino fiorito nel quale avrebbe potuto leggere e cavalcare, e una barca per navigare sul lago. Il re andava a trovarla ogni giorno, e la principessa ritrovò presto il sorriso.

Per lungo tempo andò tutto bene, e la principessa si trasformò in una meravigliosa giovane donna, bella e gentile, che tutti i domestici amavano e apprezzavano. Quando parlavano tra di loro, dicevano sempre che la principessa era la creatura più adorabile del regno, ed essere al suo servizio era piacevole e soddisfacente. Al contrario, la matrigna e la sorellastra erano entrambe altezzose e crudeli.

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Un giorno il re venne invitato ad un banchetto in un regno vicino, al quale avrebbero partecipato i re, i nobili e i cavalieri più valorosi di tutti i regni confinanti. Le festività erano in onore del principe del regno, che sarebbe diventato maggiorenne a breve. Prima di partire, il re andò a trovare la principessa, e le chiese cosa avrebbe potuto portarle dal viaggio.

La principessa desiderava forse un libro, oppure abiti e gioielli?

O, forse, preferiva delle spezie provenienti dall’Oriente?

Niente di tutto ciò, in realtà.

«Non voglio alcun dono, papà. Voglio soltanto che porti i miei saluti al Cavaliere di Smeraldo», rispose lei.

Il re rimase interdetto: non aveva mai sentito parlare del Cavaliere di

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Smeraldo, ma assicurò alla figlia che avrebbe fatto di tutto per trovarlo. Partì a cavallo e, quando arrivò al regno vicino, la prima cosa che fece fu informarsi a riguardo. «Sapete dirmi dove posso trovare il Cavaliere di Smeraldo?» chiese, ma tutti scossero il capo.

Nemmeno loro ne avevano mai sentito parlare. E, tutte le volte che il re chiedeva informazioni, la risposta era sempre la stessa: «No, vostra maestà, non so chi sia».

Pensando che la principessa si fosse sbagliata, il re ripartì verso casa una volta concluse le celebrazioni. Era triste e deluso, perché sarebbe stata la prima volta che non esaudiva una richiesta della principessa.

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Era tanto sovrapensiero che non si accorse di dove stava andando il suo cavallo, e si ritrovò presto nel bel mezzo di una foresta.

Provò a tornare indietro per cercare la strada verso casa, ma il sole iniziò a calare e lui continuava a girare in tondo. Per fortuna, prima che le tenebre della notte lo circondassero, vide un pastore che stava riportando le pecore nel recinto, e si fermò.

«Scusami, buon uomo. Mi sono perso, potresti dirmi dove sono?» gli chiese.

«Questa è la foresta del Cavaliere di Smeraldo», rispose il pastore, e il re fece un salto di gioia.

«Il Cavaliere di Smeraldo?

Che meraviglia, finalmente l’ho trovato!

Ti prego, dimmi dove vive», disse il re.

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«Non arriverai prima di domattina, ma se prosegui dritto su questo sentiero giungerai al suo castello», esclamò il pastore. Il re, rinvigorito dalla buona notizia, si dimenticò della stanchezza e del buio, e continuò sulla strada indicata dal pastore. Raggiunse un meraviglioso giardino, al centro del quale si stagliava il più imponente castello che il re avesse mai visto. Sul bordo di una fontana in marmo bianco sedeva un giovane alto e affascinante, che indossava una splendente armatura verde smeraldo. «Deve essere lui!» esclamò il re entusiasta, e si avvicinò al ragazzo. «Vengo a portare i saluti di mia figlia, la principessa», gli disse con un inchino.

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Il Cavaliere di Smeraldo, però, fece un’espressione confusa. «Non so chi sia tu, né ho mai conosciuto tua figlia», rispose il Cavaliere. «In ogni caso ti dò il benvenuto nel mio castello. Sembri stanco e affamato, entra e raccontami tutto».

Il re lo ringraziò, si lavò e il Cavaliere gli fornì abiti puliti, poi si ritrovarono intorno al tavolo per la cena.

Il re raccontò della richiesta della principessa, e disse che lui era l’unico Cavaliere di Smeraldo che avesse trovato, quindi non potevano esserci dubbi: il messaggio era per lui. Conversarono per il resto della serata, e il Cavaliere fu con lui tanto gentile e si dimostrò tanto intelligente che il re volle invitarlo al suo palazzo.

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«Verrò, ma non subito», rispose il Cavaliere di Smeraldo, «Intanto portate questo cesto di gioielli a vostra figlia, e insieme ad esso anche i miei saluti e questo mio ritratto». Il re ripartì e tornò nel suo regno, dove la principessa lo attendeva con ansia. Quando consegnò il regalo del Cavaliere di Smeraldo, la principessa fu contentissima. Prese il ritratto e lo abbracciò, poi disse: «È proprio lui, papà! È il cavaliere che ho visto nei miei sogni!» Ben presto il Cavaliere di Smeraldo andò a trovare il re e la principessa, e restò nel loro regno per lungo tempo. Andò dalla principessa ogni giorno, e i due giovani si innamorarono, proprio come era accaduto nei loro sogni.

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Anche il Cavaliere di Smeraldo, infatti, aveva sognato la bella principessa per lungo tempo, prima di imbattersi nel re. La principessa non era mai stata tanto felice in vita sua, ma aveva anche molta paura. «La mia matrigna e la mia sorellastra non devono sapere di noi», disse un giorno al Cavaliere di Smeraldo, «Tu sei molto bello, ricco e intelligente, e loro, invidiose come sono, farebbero di tutto per separarci». «Voglio che tu sia felice mia amata. Passerò il resto della mia vita su questa isola, se sarà necessario», rispose il Cavaliere. «Ti prometto che starò attento: la regina cattiva non vedrà la mia barca, continuerò a venire ogni giorno di nascosto».

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I segreti, però, come tutti sanno, possono essere mantenuti soltanto per un certo periodo di tempo, e una mattina la sorellastra vide il Cavaliere di Smeraldo sgattaiolare dal palazzo. Lo seguì e lo vide prendere una barca e remare fino all’isola dove viveva la principessa. Andò subito a svegliare sua madre e le raccontò tutto.

La regina cattiva, sapendo che sua figlia non aveva alcun pretendente, si arrabbiò moltissimo. La principessa non doveva sposarsi prima di sua figlia! Doveva fare qualcosa, perciò escogitò un piano malvagio.

In piena notte raggiunse la barca del principe, e attaccò ad uno dei remi una spina avvelenata, poi rise crudele e tornò a dormire.

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Il giorno seguente, quando il Cavaliere sgattaiolò verso la barca e prese in mano il remo, si punse. «È solo un graffio», si disse, e passò la giornata con la principessa, come faceva sempre. Tuttavia la sera, quando tornò nelle sue stanze, iniziò a stare male.

I dottori del regno non seppero riconoscere la malattia che lo affliggeva, e il Cavaliere di Smeraldo decise di tornare al suo palazzo. Nel frattempo, però, la principessa era all’oscuro di tutto, perché il padre era in viaggio e non aveva potuto avvertirla riguardo alla malattia del Cavaliere. La principessa passava tutti i giorni alla finestra, attendendo di vedere il suo amato che, però, non arrivava più.

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Un giorno, mentre le lacrime le solcavano le guance, un pettirosso si appoggiò al davanzale della finestra. «Il tuo amato è molto malato», cantò il pettirosso. «Devi tornare al palazzo di tuo padre! Lì troverai un serpente con nove cuccioli. Prendili, e portali al palazzo del Cavaliere di Smeraldo! Travestiti da cuoca, e prepara una zuppa di serpenti. Falla bere al Cavaliere per tre volte, e lui sarà curato!»

La principessa annuì, prese la barca e andò nel giardino del palazzo di suo padre, cercando di non farsi vedere. Come aveva detto il pettirosso, lì trovò il serpente con i nove piccoli. Aveva molta paura a toccarli, ma il pensiero di rivedere e salvare il suo amato le diede coraggio,

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quindi li prese in mano e, uno per uno, li mise in una cesta. Poi rubò un cavallo dalle scuderie e partì verso il palazzo del Cavaliere di Smeraldo. Prima di raggiungerlo si fermò nella foresta e chiese di poter parlare con la figlia del pastore. «Vorresti scambiare i tuoi vestiti con il mio abito di seta?», le chiese la principessa.

La figlia del pastore era molto stupita dalla domanda, ma non se lo fece ripetere due volte, e le fanciulle si scambiarono gli abiti. Seguendo le istruzioni del pettirosso, la principessa si presentò alla porta del castello del Cavaliere di Smeraldo, e si offrì come cuoca. La principessa si mise subito al lavoro, e nel frattempo

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chiese agli altri domestici informazioni sulle condizioni di salute del Cavaliere di Smeraldo. «Sta molto male», rispose lo stalliere, «Temiamo abbia ancora poco da vivere. Nessun dottore può far niente».

«La mia famiglia ha la ricetta di una zuppa che cura ogni malanno. Potrei provare», disse la principessa.

I domestici erano molto scettici, ma la lasciarono fare: provare una cosa in più non costava nulla. Volevano tutti che il Cavaliere di Smeraldo si riprendesse, perché era gentile, intelligente e buono. Provavano un grande affetto nei suoi confronti.

La principessa preparò la zuppa di serpenti e la diede al Cavaliere.

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Dopo la prima razione, il Cavaliere mosse le dita di una mano.

Dopo la seconda razione, riuscì ad alzarsi dal letto e a vestirsi.

Dopo la terza razione, fu come se non fosse mai stato malato.

«Chi è stato capace di curarmi?

Voglio parlargli e portare i miei ringraziamenti di persona», disse il Cavaliere.

I domestici chiamarono la principessa, e la portarono al cospetto del Cavaliere, che quando la vide sentì il cuore risplendere di gioia.

Era la sua amata principessa!

La abbracciò e la baciò, la ringraziò per averlo salvato

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e le chiese di sposarlo. La principessa, lieta di rivederlo sano e in salute, acconsentì con gioia. Il matrimonio venne celebrato, e la notizia delle festività raggiunse tutti i regni vicini. Il re accompagnò la principessa all’altare, piangendo di felicità, mentre la matrigna e la sorellastra vennero bandite, e nessuno seppe più nulla di loro.

Il re e la principessa, insieme al Cavaliere, trovarono tanta felicità che riuscirono a dimenticarsi di loro e della loro crudeltà. E vissero per sempre felici e contenti.

Fine!

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