Il Gatto con gli Stivali
PUSS IN BOOTS
Fiaba di Charles Perrault.
Dalla versione di Andrew Lang, The Blue Fairy Book.
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C’era una volta un mugnaio che aveva tre figli, un mulino, un asino e un gatto.
Quando il mugnaio morì, lasciò il mulino al primogenito, l’asino al secondogenito e il gatto al terzogenito.
Che sfortuna per il terzo figlio!
Quando lo seppe diventò subito tristissimo! «Come posso guadagnarmi da vivere con un gatto??» si lamentò, «Morirò di fame! La vita, a volte, è davvero ingiusta!»
Il gatto, che era un gattone muscoloso ma soprattutto molto furbo, udì il pianto del ragazzo, e si avvicinò a lui, poi gli disse: «Non disperare, capo!
Portami un sacco di tela e un paio di stivali della mia misura».
Il ragazzo lo guardò storto, e rispose: «Cosa te ne fai di un paio di stivali? E del sacco?»
«Gli stivali perché odio che le mie zampe si sporchino di fango, e il sacco… òh, ma insomma, non c’è tempo di spiegare! Fà ciò che ti dico e fidati di me, capo, ti prometto che non te ne pentirai!» ribatté il gatto. Il ragazzo non credeva che il gatto potesse aiutarlo, e soprattutto non si fidava di lui. Il gatto era solito dire molte bugie. Le diceva sempre ai topi quando gli prometteva di non inseguirli, e le diceva anche al ragazzo e ai suoi fratelli.
«Miao! Non ho ancora mangiato! Miao, miao! Ho molta fame! Miao, miao, miao!» miagolava sempre.
Invece era una bugia, perché ogni volta aveva già mangiato, e si lamentava della fame soltanto per avere una doppia razione!
Non avendo altra scelta, però, il ragazzo decise di fidarsi del gatto, e il giorno dopo gli portò gli stivali e il sacco di tela. Quando il ragazzo gli consegnò gli stivali, le pupille del gatto si allargarono tanto da rendere quasi invisibile l’iride azzurra dell’occhio.
Il gatto, soddisfatto, indossò gli stivali, poi prese il sacchetto e andò in un campo poco distante, dove c’erano moltissimi conigli.
Sistemò il sacco di tela e preparò una trappola, poi si nascose dietro ad un cespuglio, attendendo le sue prede.
Poco dopo quattro conigli sbucarono da dietro uno degli alberi, saltellando veloci, e il gatto con gli stivali fu molto fortunato, perché fu proprio il coniglio più grasso di tutti a finire nella sua trappola. Il gatto con gli stivali, soddisfatto, prese il sacchetto di tela con dentro il coniglio e andò al palazzo del re, chiedendo udienza. Quando fu nella sala del trono si inchinò e disse: «Vostra Maestà! Sono il Gatto con gli Stivali, e sono un servitore del Marchese di Carabas. Egli mi manda a consegnarvi questo dono, in segno della sua lealtà e del suo rispetto».
Il Gatto con gli Stivali tirò fuori il coniglio dal sacco e lo consegnò al re, che fu molto contento.
«Dì al tuo padrone, il Marchese di Carabas, che accetto il dono con grande piacere, e che lo ringrazio», rispose il re.
Il Gatto con gli Stivali salutò il re, i nobili e le guardie, e tornò al mulino.
Il giorno dopo sgattaiolò in una fattoria confinante, e preparò nuovamente la trappola con il sacco di tela, questa volta fuori dal pollaio.
Ci volle poco tempo perché una gallina uscisse di corsa e, con un sonoro coccodè, finisse nel sacco.
Ancora una volta, il Gatto con gli Stivali andò al palazzo del re, e gli consegnò il dono. Il re, felice della lealtà che il Marchese di Carabas continuava a dimostrargli, donò al Gatto con gli Stivali una botte di vino e due monete d’oro.
La scena si ripeté tante volte nei mesi successivi, e il ragazzo si arricchiva sempre di più.
Non sapeva dove il Gatto con gli Stivali prendesse il denaro, il cibo e le botti di vino, ma poco gli importava: non rischiava più di morire di stenti, il che era un’ottima notizia.
Un giorno, poi, il Gatto con gli Stivali disse al ragazzo: «In questi mesi ti ho sempre aiutato: fidati di me un’ultima volta, e ti prometto che non dovrai mai più preoccuparti del denaro, né dovrai mai più lavorare. Andiamo al fiume, e quando te lo dirò spogliati e fatti un bagno. Io penserò al resto».
Il ragazzo, che ormai conosceva le abilità e la furbizia del Gatto con gli Stivali, e si fidava ciecamente di lui, lo seguì fino al fiume, si spogliò ed entrò in acqua per un bagno rinfrescante. Il Gatto con gli Stivali, allora, prese i suoi vestiti e li nascose sotto ad un sasso molto grande, poi tornò sulla strada e finse un’espressione sconvolta. «Aiuto!» urlò, «Aiuto!! Il mio padrone è in pericolo! Il mio padrone sta affogando!»
Proprio in quel momento stava passando la carrozza del re che, riconoscendo il Gatto con gli Stivali, ordinò al cocchiere di fermarsi e alle guardie di andare in soccorso del Marchese di Carabas.
Mentre gli uomini del re aiutavano
il ragazzo ad uscire dall’acqua e lo rivestivano con abiti nobili, il Gatto con gli Stivali andò dal re e gli disse:
«Sono stati dei ladri, dei briganti!
Hanno rubato al mio maestro tutto
ciò che portava con sé: abiti, gioielli, e persino il suo cavallo preferito!
Ho provato a chiedere aiuto, ma voi siete stati gli unici a fermarsi!»
Il re scosse il capo, deluso, e borbottò
qualcosa contro i briganti che avevano
attaccato un uomo tanto nobile come il Marchese di Carabas.
Poi disse che avrebbe ordinato la ricerca e la cattura dei briganti una volta rientrato a palazzo, e che avrebbe accompagnato a casa
il Gatto con gli Stivali e il Marchese di Carabas.
«Io corro più volentieri a quattro zampe. Ma sono certo che il mio padrone accetterà la vostra offerta!» rispose il gatto, e poi indicò la figlia del re, che era seduta accanto a lui, e aggiunse: «Sempre che anche la principessa sia d’accordo». La principessa, svogliata, annuì, mentre il Marchese di Carabas saliva sulla carrozza. La giovane alzò lo sguardo, e… fu come se un arcobaleno di cuori e colori l’avesse avvolta.
Sorrise, e si spostò per fare spazio al Marchese di Carabas, che le sorrise a sua volta. Il Gatto con gli Stivali notò la simpatia che stava nascendo tra i due e, soddisfatto che tutto stesse andando secondo i suoi piani, indicò la strada al cocchiere e poi corse via.
Giunse presto ad un campo di grano, e disse ai contadini: «Se non direte al re che questi sono i campi del Marchese di Carabas, farò in modo che tutti i gatti del regno rovinino il vostro raccolto!»
Quando arrivò la carrozza, il sovrano chiese ai contadini di chi fossero i campi di grano, e questi risposero: «Del nostro signore e padrone, il Marchese di Carabas!»
Il re guardò il Marchese fiero, e ordinò al cocchiere di proseguire. Il Gatto con gli Stivali, che ancora li precedeva, arrivò nelle vicine risaie, e disse ai lavoratori: «Se non direte al re che questi sono i campi del Marchese di Carabas, farò in modo che la siccità vi perseguiti!»
Quando arrivò la carrozza, il re chiese ai lavoratori di chi fossero le risaie, e questi risposero: «Del nostro signore e padrone, il Marchese di Carabas!»
Ancora una volta, il re fu soddisfatto della risposta, e ordinò al cocchiere di proseguire. Nel frattempo, il Gatto con gli Stivali raggiunse un allevamento di mucche, e ordinò ai mandriani:
«Se non direte al re che questi sono gli animali del Marchese di Carabas, farò in modo che il disonore ricada su di voi e sulle vostre mucche!»
Quando arrivò la carrozza, il re chiese ai mandriani di chi fossero le mucche, e questi risposero: «Del nostro signore e padrone, il Marchese di Carabas!»
Quanto era potente, questo Marchese!
Il re vedeva la principessa rapita dal Marchese di Carabas, ed era molto felice. Erano mesi che invitava la figlia a cercare un marito, ma lei sembrava non essere interessata ad alcuno dei pretendenti. Con il Marchese, invece… forse era proprio lui il pretendente giusto! Intanto, il gatto giunse alla fine della strada, al castello di un orco, e chiese di essere ricevuto.
Quando fu nella sala del trono, disse: «Ho saputo che siete in grado di trasformarvi in qualsiasi genere di creatura! Ho sentito che potete persino trasformarvi in un leone!»
«Certo che posso farlo!» rispose l’orco, «E adesso te lo mostrerò!»
Così dicendo, l’orco si trasformò in un leone, e ruggì tanto forte che il Gatto con gli Stivali si spaventò e si arrampicò sulle travi, e non senza fatica visto che indossava gli stivali!
«Impressionante!» commentò il Gatto con gli Stivali cercando di non pensare alla paura che aveva del leone, «Ma scommetto che non riuscireste a trasformarvi in un animale piccolo e innocuo. Un bruto come voi non potrebbe mai diventare… che ne so… un TOPO!»
L’orco rise di gusto, e poi urlò: «Questo lo vedremo!»
In un istante, l’orco si trasformò in un topolino, come quelli che il Gatto con gli Stivali aveva inseguito per tanti anni al mulino.
Fu proprio grazie alla lunga esperienza al mulino che il Gatto con gli Stivali riuscì a balzare in avanti e a mangiare l’orco in un sol boccone!
Il Gatto con gli Stivali andò poi da tutti i domestici e dalle guardie del castello, rassicurandoli sul fatto che il terribile orco era finalmente stato sconfitto, e che avrebbero avuto un padrone buono e gentile, se solo avessero detto al re di essere al servizio del Marchese di Carabas. Lieti di essere finalmente liberi dalle grinfie dell’orco e speranzosi che il Gatto dicesse il vero sulla bontà del loro nuovo padrone, i domestici e le guardie accolsero la carrozza del re dicendo che il castello era di proprietà del Marchese di Carabas.
Il Gatto con gli Stivali ordinò che fosse preparato un gran banchetto, durante il quale il Marchese di Carabas chiese alla principessa di sposarlo e, una volta che lei ebbe acconsentito, chiese la sua mano al re. Il re acconsentì al matrimonio con grande gioia, affascinato dai modi e dai possedimenti del Marchese di Carabas. Il ragazzo, ormai divenuto ufficialmente il Marchese di Carabas, sposò la figlia del re, erede al trono, e divenne così il Principe Consorte del regno. Il Gatto con gli Stivali visse per sempre felice e contento, e da quel giorno non fu più costretto ad inseguire i topi… tranne che per divertimento.