C’era una volta, in Persia, un Sultano che diede la più scintillante festa di Capodanno che si fosse mai vista. Per tutto il giorno si erano susseguiti a Schiraz gli spettacoli più strabilianti, i banchetti più deliziosi, i giochi più divertenti. Era quasi il tramonto, e il Sultano stava per dare l’ordine di terminare le celebrazioni, quando uno Stregone indiano apparve di fronte a lui. Lo Stregone indiano teneva le briglie della statua di un cavallo con la criniera intrecciata ad arte, una sella gioiello e il pelo scolpito tanto bene che il cavallo sembrava essere un animale in carne ed ossa.
«Sire», disse lo Stregone indiano con un inchino, «So che arrivo in ritardo, perdonatemi. Ma posso assicurarvi che il cavallo che avete di fronte ha dell’incredibile. Più di tutto ciò che avete visto oggi!»
«Ne dubito», rispose il Sultano, «Ammetto che l’artista che l’ha scolpito ha molto talento, ma non vedo altro che una statua molto ben fatta».
Lo Stregone indiano scosse il capo, e disse: «Vostra magnificenza, non vorrei mai contraddirvi, ma non parlo dell’aspetto del cavallo, bensì del suo potere. Quando lo cavalco immagino di essere in un luogo, chiudo gli occhi, e… in un istante sono arrivato!
Se me lo permettete, posso provarvelo».
Il Sultano di Persia era un uomo molto curioso, amava studiare e aveva letto e ricercato ogni tipo di magia esistente, ma non aveva mai sentito parlare di un cavallo che avesse tali poteri. Ordinò allo Stregone indiano di montare a cavallo e di raggiungere la cima della montagna che stava a tre leghe dalla città di Schiraz.
«Portatemi la foglia di una palma che cresce soltanto lì, così da provare di essere andato proprio su quella montagna!» concluse il Sultano.
Prima che finisse la frase, lo Stregone indiano montò a cavallo e scomparve. Riapparve non più di tre minuti dopo, tenendo tra le mani la foglia richiesta dal Sultano. Il Sultano batté le mani entusiasta.
«Meraviglioso!» esclamò, «Voglio che sia mio!»
Lo Stregone indiano piegò le labbra in un ghigno soddisfatto, e disse: «Vostra maestà, sapevo che un Sultano tanto saggio e lungimirante come voi avrebbe subito compreso il vero valore del Cavallo Incantato. Non sarò però io a scegliere il prezzo.
Dovete sapere che il Cavallo Incantato non fu costruito da me, ma da un inventore che mi chiese di pagarlo dandogli in sposa la mia unica figlia, e mi fece promettere che lo avrei venduto soltanto se avessi ricevuto in cambio qualcosa dello stesso valore… o qualcuno. Vi chiedo, pertanto, LA MANO DI VOSTRA FIGLIA».
La corte esplose in una fragorosa risata, mentre l’erede al trono, il Principe di Persia, si arrabbiò moltissimo. «Padre!» disse, «Non vorrai davvero acconsentire ad una tale oscenità! Mia sorella non può essere venduta!»
«Principe, figlio mio», rispose il Sultano, «Capisco la tua rabbia, ma se io rifiutassi l’offerta dello Stregone, lui la farebbe ad un altro regnante, e sono certo che il Cavallo Incantato ci causerebbe non pochi guai.
E poi, voglio essere io a possedere questa Meraviglia del Mondo!
Ciò non significa, però, che io voglia accettare subito. Vorrei esaminare il cavallo io stesso e, se lo Stregone lo permette, vorrei che tu lo provassi, figlio mio».
Lo Stregone indiano, sicuro che il Principe avrebbe acconsentito a dargli la mano di sua sorella una volta che avesse provato il Cavallo Incantato, fu felice di esaudire la richiesta del Sultano. Aiutò il Principe a montare a cavallo e iniziò a spiegargli come comandarlo, ma il Principe scomparve prima che lui potesse finire la spiegazione. Attesero per ore, ma il Principe non fece ritorno. «Vostra maestà», disse allora lo Stregone indiano, «Avrete sicuramente notato come l’impazienza del Principe ha fatto sì che io non potessi finire di spiegargli come guidare il Cavallo Incantato, e come tornare nel luogo di partenza. Non punitemi, ve ne prego. La sparizione del Principe non è colpa mia!
Sono certo che tornerà, e che non gli accadrà nulla di male».
Il Sultano ammise che la colpa era stata di suo figlio, e decise di non punire subito lo Stregone indiano. «Se entro tre mesi non avrà fatto ritorno o non mi avrà dato notizie, però, voi verrete giustiziato!» disse.
Ordinò poi alle guardie di imprigionarlo, e attese il ritorno del figlio.
Il Principe, nel frattempo, stava volando tra le nuvole.
Aveva attraversato monti e mari, città e villaggi, e il cavallo saliva e scendeva nel cielo. Ad un certo punto, quando fu soddisfatto, decise di tornare sulla terra.
Una volta atterrato, per prima cosa cercò di capire dove si trovasse.
Si guardò intorno, e si rese conto di essere sul soffitto in marmo di un grande palazzo.
Alcuni avrebbero esitato prima di entrare, ma non il Principe: lui era tanto coraggioso da non avere paura di niente! Scese le scale ed entrò nel palazzo, dove tutti stavano dormendo e russando. Passò accanto ad un gruppo di guardie e raggiunse un letto a baldacchino sotto al quale stava dormendo la Principessa del castello. Si avvicinò, e notò che la Principessa era bellissima, più bella di qualsiasi altra fanciulla avesse mai visto in vita sua. Si inginocchiò davanti al letto e tirò la coperta per svegliare la Principessa. Lei aprì gli occhi e, alla vista di uno sconosciuto, si spaventò.
«Non abbiate paura, ve ne prego», disse il Principe, «Sono il figlio del Sultano di Persia, e mi trovo qui per una bizzarra disavventura con un cavallo incantato. Ieri festeggiavo il nuovo anno alla corte di mio padre, e si è presentato uno Stregone indiano che voleva vendere a mio padre il cavallo in cambio della mano di mia sorella. Capite che non potevo permetterglielo, e ho acconsentito a provare il cavallo per dimostrare a mio padre che non avrebbe mai funzionato tanto bene come diceva lo Stregone. Non voglio farvi del male, voglio soltanto tornare al mio palazzo».
La Principessa, che era la figlia del Re del Bengala, rispose: «Anche in questo regno, come in Persia, l’ospitalità e il rispetto sono valori molto importanti.
Farò in modo che non vi accada nulla di male in questo palazzo, nonostante siate entrato in piena notte. Chiederò ai domestici di prepararvi una stanza e di darvi cibo e acqua». Nel giro di pochi minuti la Principessa svegliò tutti i domestici, che condussero il Principe in una stanza elegante e spaziosa. Gli fecero fare un bagno e gli offrirono la cena.
Nel frattempo, la Principessa del Bengala non riusciva a riprendere sonno: il Principe di Persia era un giovane tanto attraente e gentile da averla stregata con il suo fascino. Le tornavano in mente di continuo i suoi occhi neri, la sua pelle bruna, i suoi abiti colorati e regali. Nessuno dei pretendenti che aveva chiesto la sua mano l’aveva mai colpita a tal punto!
All’alba si alzò dal letto e ordinò alle domestiche di aiutarla a lavarsi, a truccarsi e a vestirsi, e le sue ancelle notarono che la Principessa non aveva mai posto tanta attenzione al suo aspetto come quella mattina.
«Perché oggi ci tenete tanto, Principessa?» osò chiederle una delle ancelle.
«Il Principe mi ha visto appena sveglia e con gli abiti da notte, e non vorrei sognare ad occhi aperti, ma mi è sembrato di averlo affascinato. Immaginate come rimarrà colpito quando mi vedrà nei miei abiti migliori, truccata e pettinata!» rispose la Principessa del Bengala. Le ancelle le intrecciarono i capelli, decorandoli con fili d’oro e con diamanti.
Poi la aiutarono ad indossare un abito di seta pura e le infilarono i braccialetti, gli orecchini e la collana più bella del tesoro reale.
Quando fu pronta, andò nella stanza del Principe di Persia. Era tanto bella che, quando si sedette accanto a lui, il Principe di Persia pensò di stare sognando.
«Parlatemi del vostro viaggio», disse la Principessa.
Il Principe raccontò i dettagli del suo viaggio, di come temesse che lo Stregone indiano volesse ingannare lui e suo padre, del viaggio nel cielo, e di come fosse infine giunto al palazzo. «Capite quindi, Principessa, che vi sono debitore.
E, non fraintendetemi, sono ben contento di esserlo. Non ho mai incontrato una fanciulla tanto buona, gentile e bella quanto voi. Il mio cuore è vostro, è stato vostro da quando ho messo piede in questo castello. Che dico… è probabile che sia sempre stato vostro, ma che io non l’abbia mai saputo».
Il rossore che colorò le guance della Principessa non fece altro che renderla ancora più adorabile agli occhi del Principe. «Principe», disse quando riuscì a riprendersi dall’imbarazzo e dalla confusione, «Vi ringrazio per le vostre parole, ma in quanto erede al trono di Persia immagino abbiate già una promessa sposa, e non vorrei mai mettermi tra voi e il bene del vostro regno».
Il Principe stava per rispondere, quando un’ancella della Principessa entrò nella stanza per dire che il pranzo era servito. Il Principe di Persia e la Principessa del Bengala pranzarono insieme, e poi fecero una passeggiata.
«Non pensavo avrei mai visto dei luoghi tanto belli come questi. Non pensavo ce ne fossero, al di fuori della corte di Schiraz», disse il Principe ammirando i meravigliosi giardini del palazzo del Re del Bengala. La Principessa sorrise e annuì, pensando che niente l’avrebbe resa più felice che sposare il Principe di Persia.
«Vi piacerebbe restare qui?» chiese la Principessa del Bengala.
Il Principe si rabbuiò: «Principessa, non posso negare di amarvi, anche se ci conosciamo da così poco tempo.
Tuttavia, sono sparito dal mio palazzo e immagino che mio padre, il Sultano, sia molto preoccupato per me.
Devo tornare a casa il più presto possibile. Sarei un ingrato se non mi curassi del fatto che la mia assenza gli sta sicuramente spezzando il cuore. Ma vi prometto che tornerò, mi presenterò a vostro padre e chiederò la vostra mano.
Non ho alcuna fanciulla ad attendermi, né una promessa sposa. Mio padre ha sempre voluto che mi sposassi per amore, e io scelgo voi».
La Principessa del Bengala non poté fare altro che accettare le parole del Principe di Persia, ma in cuor suo temeva che lui si sarebbe presto dimenticato di lei, e che non sarebbe mai tornato. Gli chiese quindi di restare con lei ancora per alcuni giorni, e il Principe fu felice di accettare.
Il Principe di Persia aveva accettato di restare ancora per qualche giorno con la Principessa del Bengala nella corte del re del Bengala. I giorni si erano però presto trasformati in settimane, e le settimane in mesi.
Due mesi erano passati da quando il Principe di Persia era giunto alla corte del Bengala, e lui e la Principessa erano sempre più innamorati. Un giorno, però, il Principe decise che non poteva più rimandare la partenza. Non voleva, però, lasciare la Principessa, così le chiese di sposarlo e di partire insieme a lui. La Principessa l’avrebbe fatto ben volentieri, ma ricordò al Principe che lui non sapeva guidare il Cavallo Incantato.
«Non preoccuparti di questo, mio amore», le disse il Principe.
Tuttavia, anche lui aveva le stesse paure della Principessa, quindi poi aggiunse: «Se però io dichiarassi a tuo padre che ti porto alla corte di Persia, e poi non ci arrivassimo… potremmo causare una guerra tra i nostri due regni. Partiamo di nascosto». Quella notte i due sgattaiolarono fuori dalle loro stanze e tornarono sul tetto del palazzo, dove montarono sul Cavallo Incantato e partirono. Volarono verso la Persia, ma quando furono sopra la città di Schiraz il Principe decise di atterrare nella residenza reale che stava nelle campagne appena fuori dalla città.
«Attendimi qui», disse il Principe di Persia alla Principessa del Bengala, «Devo aggiornare mio padre su tutto quanto è successo, e poi tornerò da te».
Il Principe di Persia attraversò la città e raggiunse il palazzo, lasciando il Cavallo Incantato alla Principessa del Bengala. Andò subito nella sala del trono, e si inginocchiò davanti al Sultano. «Padre», disse, «Sono tornato! Ho con me la Principessa del Bengala, che in questi mesi mi ha accudito e amato. Voglio sposarla! Mi avete sempre detto che avrei dovuto sposarmi per amore: eccola, finalmente, la mia amata! L’ho trovata!»
Il Sultano corse verso di lui e lo abbracciò, acconsentendo con gioia al suo matrimonio, e dicendo che sarebbe stato celebrato il giorno stesso.
Ordinò poi alle guardie di portare lo Stregone indiano al suo cospetto.
Quando lo Stregone fu nella sala del trono, il re gli disse: «Mio figlio
è ritornato. Siete libero, prendete il vostro cavallo e andatevene!»
Il Sultano gli raccontò poi delle avventure e del prossimo matrimonio del Principe, e allo Stregone indiano venne in mente un piano malvagio per vendicarsi dei mesi passati in prigione. Andò alla residenza reale in campagna, e disse alle guardie che il Sultano gli aveva ordinato di portare la Principessa a palazzo, a bordo del Cavallo Incantato. La guardia lo fece passare, e lo Stregone indiano, soddisfatto che il suo piano avesse funzionato, montò sul Cavallo Incantato con la Principessa del Bengala.
Il Principe e il Sultano arrivarono poco dopo, ma… la Principessa era già partita con lo Stregone indiano. La Principessa si accorse troppo tardi che in realtà quell’uomo non voleva affatto portarla a palazzo, e pianse lacrime amare, implorandolo di riportarla dal suo Principe. Lo Stregone, però, non la ascoltò. La portò nel regno del Kashmir.
In un primo momento la Principessa pensò di scappare, ma era molto stanca e affamata. Mangiò e, una volta riprese le forze, iniziò ad urlare e a chiedere aiuto. Proprio in quel momento stavano passando un gruppo di soldati capeggiati dal Sultano del Kashmir, che si fermò.
«Non datele retta. è mia moglie, ed è matta!» disse lo Stregone.
«Non è vero! Sono la Principessa del Bengala, e sono promessa sposa del Principe di Persia!» disse la Principessa. Il Sultano del Kashmir, incantato dalla bellezza della Principessa, la salvò dalle grinfie dello Stregone. Purtroppo, però, non riportò la Principessa in Persia, né nel Bengala! La portò invece al suo palazzo, dove la invitò a riposare e le disse che il giorno seguente avrebbe voluto ascoltare tutte le sue disavventure e l’avrebbe riportata dal suo amato. Ahimè!, non era vero! Il Sultano del Kashmir ordinò a tutti i domestici di preparare un banchetto, dicendo che il giorno dopo avrebbe sposato la Principessa del Bengala! Quando la mattina seguente lo disse alla Principessa, lei svenne all’istante.
Quando la Principessa del Bengala riprese conoscenza, il Sultano del Kashmir sedeva accanto al suo letto e le teneva una mano. La Principessa, non volendo tradire la promessa che aveva fatto al Principe di Persia, finse di essere pazza.
Iniziò ad urlare, a ridere, a raccontare le cose più assurde, con gesti strani e improvvisi. Il Sultano di Kashmir, preoccupato per la fanciulla, fece chiamare i migliori medici del regno, ma questi non riuscirono a mettersi d’accordo sulla diagnosi. La Principessa, infatti, si era comportata in modo diverso ad ogni visita. Il Sultano del Kashmir iniziò quindi a chiamare anche i medici dai regni confinanti, ma anche loro non poterono fare una diagnosi.
Nel frattempo, il Principe di Persia aveva viaggiato per lungo tempo, cercando la sua amata Principessa.
Un giorno sentì che la Principessa del Bengala viveva alla corte del Sultano del Kashmir, e che era così malata che il sovrano stava chiedendo aiuto a tutti i medici del mondo. Comprò quindi una veste da medico che, unita alla lunga barba che gli era cresciuta nei mesi passati in viaggio, lo faceva assomigliare proprio ad un dottore. Si diresse alla corte del Sultano del Kashmir e si offrì di visitare la Principessa.
Quando entrò nelle sue stanze la Principessa non lo riconobbe, e iniziò ad urlare parole senza senso.
Il Principe di Persia si avvicinò a lei e parlò a bassa voce, perché sapeva che il Sultano era fuori dalla porta e ascoltava tutto ciò che si dicevano: «Sono io, amore mio. Sono il Principe di Persia». La Principessa del Bengala si calmò all’istante, e il suo volto si dipinse di felicità. Raccontò al Principe di come avesse finto di essere impazzita per scampare al matrimonio con il Sultano del Kashmir, e lui le chiese che fine avesse fatto il Cavallo Incantato. «Non lo so», rispose la Principessa, «Ho parlato al Sultano del Kashmir del suo valore, penso che lo tenga nel castello». Il Principe uscì dalla stanza, e chiese al Sultano del Kashmir come avesse fatto la Principessa del Bengala a raggiungere la sua corte.
«Con un Cavallo Incantato», rispose il Sultano del Kashmir.
Il Principe del Bengala, allora annuì, borbottando qualcosa che il Sultano del Kashmir non capì.
«Che c’è?» lo incalzò il Sultano del Kashmir.
«Come sospettavo. Non è la prima volta che vedo un caso come questo», disse il Principe del Bengala.
«Il Cavallo Incantato l’ha maledetta. Devo vedere il cavallo, per poter curare la Principessa».
Il Sultano del Kashmir ordinò che il Cavallo Incantato fosse portato nella sala del trono, perché voleva che la Principessa guarisse e lo sposasse.
«Deve esserci anche la Principessa.
Dobbiamo riportare la magia dentro alla statua», aggiunse il Principe.
Il Sultano del Kashmir fece chiamare anche la Principessa, e quando lei fu vicino alla statua, il Principe saltò sul Cavallo Incantato, prese in braccio la Principessa e partì per tornare a casa. Finalmente di nuovo insieme, il Principe di Persia e la Principessa del Bengala invitarono il Re del Bengala al palazzo di Schiraz, dove i due innamorati si sposarono.
E vissero per sempre felici e contenti.