THE PRINCE AND THE DRAGON
Racconto dalla tradizione serba, raccolto da Vuk Stephanovic Karadzic in Volksmärchen der Serben.
Dalla versione di Andrew Lang, The Crimson Fairy Book.
C’era una volta un vecchio imperatore che aveva tre figli. Erano tutti e tre molto intelligenti, di bell’aspetto e colti.
Una mattina, mentre il sole sorgeva a est, il più grande dei tre fratelli partì con il suo cavallo alla volta della foresta vicina, alla ricerca di un animale selvatico da cacciare.
Non aveva ancora lasciato i confini del regno, quando una lepre guizzò tra le zampe del suo destriero, che per poco non lo disarcionò.
QUALE INSULTO!
Il più grande dei fratelli cominciò ad inseguire la lepre per tutto il bosco e oltre una collina, fino ad un vecchio mulino accanto ad un fiume.
Il principe scese dal cavallo per entrare nel mulino ma, quando aprì la porta, di fronte a lui non vide una lepre… bensì un dragone rosso, nero e gigantesco, che sputava fiamme! Il più grande dei fratelli provò a fuggire, ma il drago aprì la bocca e, con un solo movimento della lingua, inghiottì il giovane. Passò una settimana, e a palazzo tutti iniziarono a chiedersi che fine avesse fatto il primogenito dell’imperatore. Nessuno l’aveva più
visto: che gli fosse accaduto qualcosa?
Alcuni giorni dopo, il fratello di mezzo chiese permesso all’imperatore di poter andare a cercare il principe.
L’imperatore acconsentì, ma gli chiese di stare molto attento: stava già soffrendo per la scomparsa del
primogenito, non avrebbe mai potuto sopportare di perdere un altro figlio. Così, il fratello di mezzo partì. Appena fuori dalle mura del palazzo, però, ecco che una lepre passò tra le zampe del suo destriero, che per poco non scaraventò a terra il principe.
QUALE INSULTO!
Come accaduto con il primogenito, anche il fratello di mezzo si mise ad inseguire la lepre, e anche lui si ritrovò di fronte al mulino. Purtroppo, anche di fronte a lui comparve il drago rosso, che allungò la lingua e lo inghiottì in un sol boccone!
I giorni passarono, e a palazzo erano tutti molto tristi. Due principi persi in meno di un mese! CHE DISGRAZIA per
l’imperatore, sia come padre che come regnante.
Il più piccolo dei suoi figli era molto colto e intelligente, ma non aveva ancora compiuto alcuna impresa, al contrario dei fratelli maggiori.
«Padre, vi prego, lasciatemi partire per cercare i miei fratelli!»
disse il figlio minore all’imperatore.
«Non se ne parla nemmeno!
Cosa ne sarebbe di me e di questo impero, se tu non dovessi tornare?»
rispose l’imperatore con la fronte arricciata.
«Tornerò padre, ve lo prometto.
Sapete che non sono un grande cacciatore, ma mantengo sempre le mie promesse», insistette il figlio.
Il padre si mise una mano sul mento e ci pensò su per alcuni istanti. Era proprio vero: il figlio più piccolo aveva sempre mantenuto tutte le promesse che aveva fatto!
«E va bene, figlio mio, ma dovrai tornare a casa, per il bene mio e del nostro impero!» concluse l’imperatore.
Così, alcuni giorni più tardi, dopo aver preparato una piccola borsa da viaggio e dopo aver studiato tutte le mappe dei regni vicini, il figlio più piccolo sellò il cavallo e partì alla ricerca dei suoi fratelli.
Ancora una volta, appena fuori dalle mura, una lepre balzò tra le gambe del destriero, e per poco il ragazzo non cadde a terra. «Guarda dove vai!»
borbottò il principe alla lepre.
Al contrario dei suoi fratelli, però, decise di non inseguirla. Era stata sciocca a correre tra le zampe del cavallo, sì, ma non per questo il principe avrebbe perso tempo con lei. Il figlio più piccolo cavalcò per ore, e poi per giorni, visitò tutti i regni confinanti con il suo, ma dei fratelli non c’era nemmeno l’ombra.
Stanco e sconsolato, decise di riposarsi accanto ad un mulino.
Una vecchia che sedeva su una sedia a dondolo e faceva la maglia lo salutò
cordialmente: «Buongiorno figliolo».
«Buongiorno a lei signora», rispose il principe mentre, ben educato com’era, faceva un inchino.
«Voi siete stato il primo a non inseguire la lepre», constatò la vecchia. «Come sapete della lepre che è passata tra le zampe del mio cavallo?» chiese il principe stupito.
«Mio caro, io conosco molte cose», rispose la vecchia, «E so che la lepre, in realtà, È UN DRAGO! Si trasforma in selvaggina per attirare principi e cacciatori e poi... LI MANGIA!»
«Ecco cosa è successo ai miei fratelli!
Se questo è vero, allora per loro non c’è più nulla da fare.
Venite con me, vi porterò al mio palazzo», la invitò il principe.
«Giovanotto, il drago rosso ha reso prigioniera anche me!
Non posso muovermi da qui», disse la vecchia sconsolata.
Quando il drago rosso tornerà, cercate di scoprire il suo punto debole. Non c’è speranza per i miei fratelli, ma in quanto erede al trono è mio dovere impedire che altri cadano vittime del mostro», disse il principe.
Così, il figlio più piccolo rientrò a palazzo, promettendo che sarebbe ritornato al mulino una settimana più tardi.
Quella sera, quando il drago rosso ritornò al mulino, la vecchia lo accolse e gli chiese: «Dove sei stato oggi? Hai viaggiato lontano?»
«Certo che sì!» rispose il drago rosso. La vecchia gli fece tanti complimenti, e gli disse che soltanto una creatura
forte come lui avrebbe potuto fare
«Allora potete aiutarmi!
tanta strada in un solo giorno. Quando pensò di averlo idolatrato a sufficienza, la vecchia esclamò:
«Mi sono sempre chiesta da dove venga la tua forza. Mi piacerebbe tanto poter baciare la fonte della tua grandezza!»
«Il segreto della mia forza sta nella pietra del mulino!»
rispose il drago rosso.
Allora la vecchia si mise a baciare la pietra del mulino, e il drago rosso scoppiò a ridere.
«Scherzavo, vecchia! In realtà, la mia forza è contenuta nel grande albero che fa le radici nel fiume», disse.
La vecchia si avvicinò all’albero e abbracciò il tronco, riempiendolo di tanti piccoli baci, e il drago
ricominciò a ridere, questa volta
ancora più forte di prima.
«Vecchia stolta, sei proprio ridicola! La mia forza è custodita molto lontano da qui. Nell’ultimo regno conosciuto, la cui capitale è costruita su un lago.
Nel lago giace un drago, e nella pancia del drago un cinghiale.
Nella pancia del cinghiale c’è un gabbiano, e nella pancia del gabbiano un passero. Dentro a quel passero è custodita la mia forza. Non potrai mai, mai, raggiungerlo e baciarlo!
Bacia le mie zampe, invece», disse il drago rosso.
Come promesso, la settimana seguente il principe tornò al mulino mentre il drago rosso era in viaggio. La vecchia
gli rivelò ciò che aveva scoperto
riguardo alla forza del drago, e il
principe decise che sarebbe partito alla volta dell’ultimo regno conosciuto. Per il bene del suo stesso impero doveva sconfiggere il drago, il cinghiale, il gabbiano e il passero!
Partì immediatamente, attraversò boschi, villaggi e città, e infine giunse all’ultimo regno conosciuto.
Andò al palazzo dello Zar, e chiese come avrebbe potuto fare per battersi con il drago che viveva nel lago.
«Te lo dirò soltanto dopo che tu ti sarai preso cura delle mie pecore!»
rispose lo Zar.
Il principe rimase interdetto.
«Che c’entrano le pecore? Voglio
sconfiggere il drago nel lago, poi il cinghiale, poi il gabbiano, e poi il
passero. È l’unico modo per salvare i miei sudditi dal drago rosso che infesta i boschi del mio regno!» disse.
«Devi fidarti di me, principe. Porta al pascolo le mie pecore sulla collina accanto al lago, e bada bene! Non deve accadere nulla a nessuna di loro! Solo quando ritornerai ti rivelerò il segreto del mostro del lago!»
rispose lo Zar.
Il principe acconsentì, e partì con il gregge di pecore. Le portò sulla collina accanto al lago, e ben presto vide l’acqua incresparsi.
«Drago!» urlò il principe, «So che sei tu! Esci allo scoperto! Se non sei un codardo, accetta la mia sfida!»
Una voce giunse dalle profondità del lago: «O principe, ti stavo aspettando!
Soltanto un minuto, poi uscirò da
queste acque e ti lancerò tanto in alto da farti toccare le nuvole!»
«Non cantare vittoria così presto. Se solo la figlia dello Zar fosse qui con me, mi darebbe tanta forza che io ti lancerei tanto in alto da farti toccare la Luna!» disse il principe. Il drago, però, non rispose, e le acque si fecero di nuovo quiete.
Giunta la sera, il principe tornò al palazzo dello Zar con il gregge di pecore, e tutt’intorno a lui i passanti vociavano: nessun gregge era mai tornato dal pascolo sulla collina accanto al lago! Andò a parlare con lo Zar, che però lo invitò a tornare ancora una volta con le pecore sulla collina accanto al lago.
«Non hai ancora dimostrato la tua vera forza. Ho bisogno di un altro
giorno!» disse lo Zar. La mattina seguente, il principe si alzò molto presto, radunò il gregge e tornò sulla collina accanto al lago.
Ancora una volta, dall’acqua giunse uno strano borbottio.
«Drago!» urlò il principe, «So che sei tu! Esci allo scoperto! Se non sei un codardo, accetta la mia sfida!»
Una voce giunse dalle profondità del lago: «O principe, ti stavo aspettando!
Soltanto un minuto, poi uscirò da queste acque e ti lancerò tanto in alto da farti toccare le nuvole!»
«Non cantare vittoria così presto. Se solo la figlia dello Zar fosse qui con me, mi darebbe tanta forza che io ti lancerei tanto in alto da farti toccare la Luna!» disse il principe.
Di nuovo, il drago non rispose,
e un’altra giornata passò senza che il principe riuscisse a scontrarsi con lui. Quando il principe tornò al palazzo dello Zar, i passanti erano ancora più stupiti della sera prima: due intere giornate a pascolare sulla collina accanto al lago, e il gregge era ancora intero! Quella notte il principe tornò a parlare con lo Zar, e gli fece una richiesta.
«Ve ne prego», disse, «Lasciate che vostra figlia venga con me domani. La proteggerò a costo della mia stessa vita! Ma, con lei accanto a me, potrei avere la forza di uccidere il drago».
Lo Zar acconsentì: nessuno era mai
tornato con il gregge dalla collina accanto al lago, mentre questo
giovane l’aveva fatto per ben due volte. Non c’era dubbio che avrebbe
protetto sua figlia! Così, il mattino dopo il principe partì con il gregge di pecore e con la figlia dello Zar.
La ragazza aveva tanta paura.
«Non piangete», le disse lui, «Dovrete soltanto darmi un bacio sulla fronte quando ve lo chiederò. Il drago non vi farà alcun male, ve lo prometto».
Giunsero alla collina del lago, e il principe chiamò il drago: «So che sei tu! Esci allo scoperto! Se non sei un codardo, accetta la mia sfida!»
Una voce giunse dalle profondità del lago: «O principe, ti stavo aspettando! Soltanto un minuto, poi uscirò da queste acque e ti lancerò tanto in alto da farti toccare le nuvole!»
«Non cantare vittoria così presto.
Se solo la figlia dello Zar fosse qui con me, mi darebbe tanta forza che io ti
lancerei tanto in alto da farti toccare la Luna!» disse il principe. La principessa si avvicinò a lui e gli diede un bacio sulla fronte, e il principe si gettò nell’acqua, colpì il drago con la sua spada e lo lanciò tanto in alto da fargli toccare la Luna. Il drago non si vide più, ma dal cielo cadde un grosso cinghiale, che iniziò a correre per la collina, minacciando le pecore. Il principe sguainò l’arco, si leccò un dito per valutare il vento, mirò e scoccò la freccia, che colpì il cinghiale. Questo si dissolse in polvere, e subito dalle ceneri emerse un piccione, che spiccò il volo.
Ancora una volta, il principe mirò e scoccò una freccia, che andò subito a segno, e il piccione si fece cenere.
Il principe corse verso il passero che si stava liberando dalle ceneri del piccione, e lo strinse tra le mani.
«Dimmi come sconfiggere il drago rosso che affligge le mie terre!»
ordinò al passero.
«Ti dirò tutto quello che vuoi sapere, se non mi farai del male! I tuoi fratelli sono ancora vivi! Vai al mulino, e taglia i ramoscelli che bloccano le pale. La porta del mulino si aprirà, e dentro troverai tutti coloro che sono stati inghiottiti dal drago rosso!
Io volerò via, e il drago rosso con me».
Il principe lasciò andare il passero e tornò dalla principessa. La abbracciò e la ringraziò di averlo aiutato:
senza di lei, non sarebbe riuscito
a sconfiggere il drago!
Le promise di corteggiarla
e di chiedere la sua mano allo Zar, e così fece. Partirono insieme, e raggiunsero il mulino. Tagliarono i rami che intrappolavano le pale, che iniziarono a girare al soffio del vento e fecero aprire il portone.
Come aveva detto il passero, tutti coloro che erano stati mangiati dal drago rosso erano lì!
C’erano i due fratelli maggiori, e anche la vecchia signora.
«Fratello mio, ti abbiamo sempre sottovalutato!», disse il fratello di mezzo.
«Ci hai salvato la vita, grazie!» disse il fratello più grande.
«Il nostro impero aveva bisogno
dei suoi legittimi eredi», rispose il principe. «Sei tu l’erede migliore per il nostro impero», disse il fratello più grande. «Sono d’accordo: sei intelligente, colto e coraggioso. E sei molto meno impulsivo e vendicativo di noi.
Sarai sicuramente un imperatore migliore!» annuì il fratello di mezzo.
Il principe li abbracciò e li ringraziò, e insieme tornarono a casa.
Il padre abdicò, e il principe divenne imperatore.
Dopo diversi mesi di corteggiamento, la principessa accettò di sposarlo, e vissero sempre felici e contenti.