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Copyright 2023 © Le Storie del Gatto Blu
Copyright 2023 © Silvia Festa
Tanto tempo fa, in un’antica era di cavalieri e dame, una famiglia molto felice viveva in una casetta nella campagna del Giappone.
Il padre e la madre avevano dato alla luce la più bella fanciulla che avesse mai camminato nelle terre dell’impero: la loro figlia era tanto bella da fare impallidire il primo raggio dell’alba.
Vissero diverse stagioni di prosperità, e non c’era null’altro che potessero desiderare.
Ma un brutto giorno il tempo cambiò e, anno dopo anno, il raccolto iniziò a diminuire sempre di più, fino a diventare pressoché inesistente.
Il padre, la madre, e la figlia, si
ritrovarono senza niente. I loro vicini, che gli volevano bene, li aiutavano come potevano, ma non era abbastanza, e il padre decise così di partire alla ricerca di un nuovo terreno. «Sono un contadino e coltivo la terra», disse, «Ma il clima qui sembra non tornerà più come era prima. Dobbiamo trovare un nuovo campo!» Così, senza nulla se non la compagnia l’uno dell’altro, i tre partirono alla ricerca di fortuna.
Trovarono un terreno vasto e fertile, che avrebbe potuto portargli grandi ricchezze, e si stabilirono lì. Il problema, però, era che il padre doveva fare tutto da solo. Non voleva, infatti, che né la moglie né la figlia
lavorassero nei campi. «Vi rovinereste le vostre belle mani, e non potrei sopportare di vedervi faticare», aveva detto loro. Le due donne si occupavano di cuocere il pane e mescolare i formaggi, e preparavano ogni tipo di prelibatezza da vendere al mercato. Con tutto il lavoro che aveva da fare, il padre diventava ogni giorno più debole, finché non giunse il triste momento in cui non riuscì più ad alzarsi dal letto e, in una notte buia e piovosa, morì. La moglie e la figlia lo piansero, ma non poterono crogiolarsi nel dolore: dovevano occuparsi del campo, altrimenti non avrebbero potuto cucinare e vendere il cibo al mercato, e sarebbero così morte di
fame. Un giorno, mentre seminavano il grano, la madre guardò la figlia, e si rese conto che stava diventando ogni giorno più splendente. Pur mentre arava i campi e sudava era la più bella creatura che avesse mai visto.
E NON LO PENSAVA SOLTANTO PERCHÉ ERA LA SUA MAMMA!
Però, ora che il padre era morto, la sua bellezza era un gran pericolo. Chissà che briganti avrebbe attirato, se fosse girata la voce! La madre andò quindi dal falegname, e gli chiese di fare una maschera di legno, chiusa con un lucchetto, del quale soltanto lei avrebbe avuto la chiave.
«A cosa vi serve?» chiese il falegname.
«Voi non preoccupatevi!
Vi pagherò quanto volete, costruitela e mandatemi un colombo non appena l’avrete finita».
Alcuni giorni dopo, mentre mescolava il latte per il formaggio, la madre vide alla finestra un colombo con un messaggio legato alla zampa.
La maschera di legno era finalmente pronta! Andò in paese, pagò il falegname e ritirò il casco.
Quando tornò a casa, poi, chiamò la figlia: «Devi promettermi che non lo toglierai mai davanti a nessuno. MAI!
Non puoi immaginare le sventure che la tua bellezza potrebbe portarti».
La figlia, a malincuore, annuì, e indossò il casco. Avrebbe voluto protestare,
ma sua madre sembrava tenerci così tanto, e lei non voleva deluderla. Gli anni passarono, e anche la madre iniziò ad invecchiare. Un brutto giorno, mentre il cielo era coperto da nuvole grigie e inquietanti, la madre morì, e la ragazza si ritrovò sola al mondo.
Pianse per molti giorni, poi si rese conto che doveva fare qualcosa. Non avrebbe potuto mandare avanti la fattoria da sola: doveva partire e cercare un altro lavoro.
Mise tutti i suoi averi in un fagotto e si incamminò, arrivando alla casa di un ricco contadino. «Sono molto brava a fare il pane di segale e i formaggi di capra… e aspettate di
assaggiare la mia crostata alla zucca!
Vi prego, prendetemi a lavorare per voi», lo supplicò.
L’uomo, incuriosito dalle doti culinarie della ragazza, accettò e la assunse.
Era stranito dal fatto che la ragazza indossasse sempre un casco di legno, ma quando assaggiò un suo piatto smise di curarsene: poteva anche essere deforme, ma era davvero un’ottima cuoca! I suoi affari sarebbero andati a gonfie vele, se lei avesse preparato le leccornie da vendere al mercato. I mesi passarono, e la ragazza si ambientò nella fattoria del ricco contadino e nel paese vicino. Non si curava di coloro che la chiamavano Testadilegno, e continuava ad indossare il casco,
come aveva promesso alla madre. In paese cominciarono a girare voci che, in realtà, la fanciulla non stesse nascondendo deformità, bensì una bellezza fuori dal comune.
Molti giovani, attratti dalla storia di Testadilegno la Bella, si ritrovarono nel paese. Lei, però, rifiutava di incontrarli e, soprattutto, di togliere il casco per mostrare il suo vero aspetto.
Un giorno tornò al paese anche il figlio maggiore del ricco contadino, che era andato a studiare a Kyoto.
Dopo alcuni anni in città, il ragazzo voleva tornare a godersi la tranquillità del suo villaggio natale. Quando vide Testadilegno rimase senza parole, e corse subito dalla madre.
«Chi è quella ragazza? E perché porta un casco di legno?» le chiese. «È la nostra cuoca, ed è grazie ai suoi prodotti se tu hai potuto vivere un anno in più in città. Tutti adorano le sue creazioni, e quando il mercato finisce il banchetto è sempre vuoto», rispose la madre.
Il figlio, però, non riusciva a fidarsi di Testadilegno. Cosa voleva nascondere?
Voleva forse derubare la sua famiglia?
La seguì per alcuni giorni, ma non vide nulla di sospetto. Allora andò da lei, e le chiese di togliere il casco di legno.
«Non posso farlo, l’ho promesso a mia madre sul letto di morte», disse
la ragazza scuotendo il capo, e i sospetti del primogenito del contadino
aumentarono ancora di più.
Un giorno, finito il mercato, il ragazzo seguì Testadilegno fino al fiume.
Si nascose dietro ad un albero e aspettò. Come previsto, poco dopo Testadilegno sganciò il casco e… che sorpresa! Era tanto bella che davanti a lei avrebbe sfigurato persino l’imperatrice. Il ragazzo tornò a casa, e andò subito da suo padre.
«Voglio sposarla, padre», affermò.
«Vuoi sposare Testadilegno? Va bene, ma lei è d’accordo?» disse il padre.
«Non saprei, a lei non ne ho parlato», rispose il figlio.
Il padre si inalberò. «Testadilegno non
è la tua schiava!» disse, «La sposerai soltanto se lei lo vorrà!»
Il primogenito andò allora da
Testadilegno, e si inginocchiò davanti a lei. «Vuoi sposarmi?» le chiese. Testadilegno, però, scosse il capo. Ogni giorno il primogenito le chiedeva di sposarlo, e ogni giorno Testadilegno rifiutava, anche se dentro di lei stava nascendo un dolce sentimento nei confronti del ragazzo. Era colto, le insegnava tante cose, come lei gli faceva vedere come fare un pane perfetto, o una marmellata di zucca coi fiocchi. Si completavano l’un l’altra. Quello che lui non sapeva, lei gli spiegava. Quello che lei non sapeva, lui le spiegava.
Una notte, poi, Testadilegno sognò sua madre. «Accetta di sposarlo, Testadilegno! È un brav’uomo, e ti ama.
Ti rispetta, e ti lascia libera di essere chi sei. Sposalo, Testadilegno, sposalo e poi potrai togliere il casco di legno», le disse.
La mattina dopo, quando il primogenito le chiese di sposarlo come faceva tutti i giorni, Testadilegno annuì. Fuori di sé dalla gioia, il ragazzo la prese per mano e insieme corsero ad avvisare il ricco contadino.
Quando tutti i preparativi per le nozze furono pronti e mancavano poche ore alla cerimonia, Testadilegno consegnò la chiave del casco al parrucchiere, che avrebbe dovuto farle
l’acconciatura più bella di sempre.
CHE DISASTRO QUANDO LA CHIAVE
SI RUPPE NEL LUCCHETTO!
Chiamarono un fabbro e un falegname, ma il lucchetto non si apriva, così Testadilegno dovette sposarsi ancora con il casco. La cerimonia fu solenne e molto tenera, e anche se in cuor suo Testadilegno avrebbe preferito che suo marito la vedesse senza il casco, non lasciò che la cosa rovinasse la giornata.
Gli sposi brindarono e ballarono con gli invitati, finché non giunse il momento del taglio della torta.
Appena i due misero le mani sul coltello, e il coltello sulla torta… ci fu un forte CLAC, e il casco si ruppe in mille pezzi di legno, che quando toccarono terra si trasformarono
in pietre preziose! Tutti gli invitati rimasero con la bocca spalancata, ma non tanto per le pietre preziose…
...TESTADILEGNO ERA TANTO BELLA CHE
NESSUN DIAMANTE AVREBBE POTUTO RISPLENDERE QUANTO LEI!
«Ho i capelli tutti in disordine!» si lamentò Testadilegno.
Il primogenito rise e le passò una mano tra i capelli, poi le accarezzò una guancia e la baciò.
«Per me saresti bella anche se i tuoi capelli fossero fatti di paglia», le disse tenero.
Testadilegno e il primogenito vissero felici ed ebbero molti figli che, a loro volta, ebbero molti figli.
Si dice che, ancora oggi, per il Giappone, passeggino i discendenti di Testadilegno e del ragazzo, e che siano tanto belli da fare impallidire i ciliegi in fiore.