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LETTERARIA
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Marzo Aprile 2012
Anno 2 - Numero 8
La lettura, strumento di svago ma anche di riflessione DALLA GUERRA DI VONNEGUT, ALLE RISATE “A DENTI STRETTI” DI BENNETT E MALVALDI
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Cari amici ecco la nostra newsletter. Non solo novità e bestseller, ma proposte di libri che, secondo noi, sono meritevoli di essere letti. Nella speranza di aiutarvi nelle vostre scelte e di darvi idee sempre nuove di cultura.
Lo scrittore Marco Malvaldi (qui nella libreria Le mille e una pagina) esce con una nuova avventura dei vecchietti del BarLume (pag. 4)
QUANDO LA LETTERATURA CI RACCONTA GLI ORRORI DELLA GUERRA
Grazie al suo capolavoro, “Mattatoio n.5”, Kurt Vonnegut è considerato lo scrittore simbolo dell’antimilitarismo. Ed anche uno dei più grandi scrittori americani della seconda metà del Novecento. Continua a pagina 2
MARCO MALVALDI, UN UMORISMO TUTTO ITALIANO
A quasi un anno dalla presentazione del suo libro “Odore di chiuso” nella nostra libreria, e in occasione dell’uscita di un nuovo romanzo (“La carta più alta”, Sellerio), Francesca Protti ci parla dello scrittore toscano, tra gli autori più amati dai lettori italiani.
Ambientato in Birmania, il romanzo del tedesco Sendker è una delicata storia d’amore (da pag. 8) A destra, un’immagine giovanile dello scrittore britannico Alan Bennett
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INDOVINA IL ROMANZO ALAN BENNETT: UN AUTORE MOLTO “BRITISH STYLE”
Drammaturgo, autore di teatro e narrativa, attore: l’eclettico Alan Bennett, con il suo tagliente humor nero britannico, è diventato uno scrittore di culto, non sono in Inghilterra. Antonio Segrini vi propone uno dei suoi romanzi più “cattivi” ed esilaranti. Continua a pagina 6
Il protagonista di questo romanzo scrive una lettera allo scienziato Stephen Hawking, che dà la risposta riportata qui a fianco. Qual è il romanzo? Per partecipare andate all’ultima pagina.
La frase del romanzo da indovinare:
“Grazie della sua lettera. purtroppo a causa della quantità di corrispondenza che ricevo, non sono in grado di scrivere risposte personali[...] La saluto con viva cordialità Stephen Hawking”
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Lo scrittore americano Kurt Vonnegut e le copertine dei romanzi “Mattatoio n.5” e “Madre Notte”
VONNEGUT: COME LA LETTERATURA PUO’ ESORCIZZARE IL TRAUMA DELLA GUERRA Recentemente, ho rivisto un film del grande regista Stanley Kubrick che mi ha fatto ripensare a un libro letto un po’ di tempo fa. Il film in questione è “Orizzonti di gloria”, del 1957, il primo capolavoro del regista americano. Ambientato nella Prima guerra mondiale, narra la vicenda di un colonnello dell’esercito francese, interpretato da Kirk Douglas, che tenta di salvare dal plotone di esecuzione tre soldati condannati a morte per codardia, a seguito dell’ordine folle di un generale invasato e pieno di arroganza militare. Dopo aver ordinato un attacco impossibile da portare a termine, il generale fa scegliere a caso tre soldati, che diventano il capro espiatorio per la presunta codardia dei plotoni coinvolti. L’assurdità della guerra, la violenza, la mancanza totale di umanità di certi ufficiali, la follia che, a volte, prevale sulla ragione anche in uomini che mai, in tempo di pace, si sarebbero lasciati andare a comportamenti criminali, viene resa in modo lucido e agghiacciante dal film, che è diventato un famoso manifesto contro la guerra e a favore della pace.
Il romanzo che mi è tornato in mente è a l t r e t t a n t o f a m o s o, a l t r e t t a n t o agghiacciante nel denunciare gli orrori della guerra, diventando a sua volta un simbolo dell’antimilitarismo. Sto parlando di “Mattatoio n. 5 o la crociata dei bambini” (edito in Italia da Feltrinelli), dello scrittore americano Kurt Vonnegut. Nato a Indianapolis nel 1922, di origini tedesche, e morto a New York nel 2007, dopo le prime opere di genere fantascientifico, la sua produzione letteraria è caratterizzata da una mescolanza di elementi fantastici, satirici e di humor nero. Nel 1940 si iscrive a biochimica all’università, ma nel 1943, si arruola nell’esercito statunitense impegnato nella Seconda guerra mondiale. Fatto prigioniero nel ’44 durante l’offensiva delle Ardenne, viene trasferito a Dresda, dove nella notte tra il 13 e il 14 febbraio 1945 assiste a uno dei più t r a g i c i e v e n t i d e l c o n fl i t t o , i l bombardamento dell’antica e bellissima città tedesca (soprannominata “la Firenze sull’Elba”) da parte forze aeree inglesi e americane. Il risultato è la
totale distruzione della città e la morte di 135.000 persone. Vonnegut resterà per sempre segnate da questo drammatico avvenimento, a cui sopravvisse grazie al suo rifugio: una grotta scavata nella roccia sotto un mattatoio, adibito a deposito di carni. E questa sua ferita verrà trasferita integra nel romanzo, scritto nel 1968, ben 23 anni dopo la fine della guerra, dove Vonnegut si dimostra maestro di quel genere grottesco e visionario che lo caratterizzerà in tutta la sua opera. Protagonista del libro è Billy Pilgrim, americano medio, un uomo qualunque, che però possiede una particolarità straordinaria: è in grado di spostarsi nello spazio e nel tempo. Si può, così, trovare all’improvviso sul pianeta Tralfamadore (una presenza assidua dei romanzi fantascientifici di Vonnegut), dove viene esposto nello zoo come rappresentante della razza umana.
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LETTERARIA! Oppure si trova catapultato nella Dresda bombardata dagli Alleati, alter ego dello scrittore, utile filtro per poter elaborare la tragedia del dramma vissuto. Pilgrim vive in una sua dimensione, che raggruppa passato e futuro, e lo trasporta da un luogo all’altro, da un tempo all’altro. E, nel mezzo, scorre la sua comune vita, preso dalle banali cose quotidiane, dal matrimonio, dai figli. Tutto nell’illusione che ogni uomo abbia una possibilità di scelta. Ma il “libero arbitrio”, secondo Vonnegut, non esiste, e tutti dobbiamo piegarci ai capricci del destino privo di logica. “E’ tutto accaduto, più o meno. Le parti della guerra, in ogni caso, sono abbastanza vere.”. Così inizia questo capolavoro, uno dei più importanti libri scritti contro la guerra, dove i viaggi nel tempo, gli alieni del pianeta Tralfamadore, sono solo un pretesto per avere il distacco necessario all’autore di raccontare la sua guerra e il suo dramma interiore. Un romanzo visionario, dalla comicità grottesca e paradossale, che affianca dolore e sorriso, pena e leggerezza. Dice Vonnegut: “Non vi dirò quanto mi è costato, in soldi, tempo e ansietà, questo schifoso libretto. Ventitré anni fa, quando tornai dalla Seconda guerra mondiale, pensavo che mi sarebbe stato facile scrivere della distruzione di Dresda, dato che non avrei dovuto fare altro che riferire ciò che avevo visto. E pensavo anche che sarebbe stato un capolavoro o per lo meno che mi avrebbe fatto guadagnare un mucchio di quattrini, dato che il tema era così forte. Ma allora non mi venivano molte parole da dire su Dresda, o almeno non abbastanza da cavarne un libro. E non me ne vengono molte nemmeno ora, ora che sono diventato un vecchio rudere con i suoi ricordi e le sue Pall Mall e i figli grandi.” Per nostra fortuna, lo scrittore ha trovato le parole giuste per lasciarci quello che è, non mi stancherò mai di ripeterlo, un capolavoro della letteratura americana del dopo guerra. Non si può parlare di Vonnegut senza nemmeno nominare gli altri suoi romanzi (Vonnegut fu anche autore di racconti e saggi), editi in Italia da Feltrinelli e Bompiani: “Piano meccanico”, il primo romanzo scritto nel 1952; “Le sirene di Titano” (1959); “Ghiaccionove” (1963); “Dio la benedica, Mr Rosewater” (1965); “La colazione dei campioni” (1973); “Un pezzo da galera” (1979); “Il grande tiratore” (1982); “Galàpagos” (1985);
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“Barbablù” (1987); “Hocus pocus” (1990); “Cronosisma” (1997). Mi sento di dover menzionare a parte un altro romanzo fondamentale dell’opera di Vonnegut, “Madre notte” (1961). Howard W. Campbell, il protagonista del romanzo, che compare anche tra i personaggi secondari di “Mattatoio n.5”, americano, si trasferisce in Germania con i genitori dopo la Prima guerra mondiale. Vi resta anche dopo la presa del potere da parte di Hitler, diventando un estimatore del regime nazista. Sposa un’attrice tedesca, diventa ufficiale della Wermacht e un famosissimo scrittore e commentatore radiofonico per la propaganda in lingua inglese per Goebbels. Ma Campbell è anche una spia al soldo degli americani, che passa informazioni alla madre patria durante la guerra. Tornato in America, deve fare i conti col suo passato da “nazista”. Il romanzo inizia, e finisce, con Campbell prigioniero in Israele al tempo del processo contro Eichmann, nei primi anni ’60. Lui stesso deve essere processato per crimini di guerra, in quanto non può provare che la sua efficiente attività come nazista era in realtà una copertura. Sempre la guerra, dunque, con tutti i suoi risvolti sul destino degli esseri umani, con lo stesso linguaggio ironico e immediato, senza fronzoli e a tratti malinconico, in questo romanzo di cui il critico e saggista italiano Daniele Brolli ha detto: “In un paese civile, ‘Madre Notte’ di Kurt Vonnegut dovrebbe essere diffuso nelle scuole al pari di ‘Se questo è un uomo’ di Primo Levi”. C’è una grande saggezza nei romanzi di Vonnegut, mascherata dietro le situazioni paradossali e fantastiche che lo scrittore era maestro nel creare, ma che affiora in superficie e che ci ricorda quanto illogica possa essere la nostra esistenza. Perché, come Vonnegut non manca mai di sottolineare, “così va la vita”.
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“- Dresda venne distrutta la notte del 13 febbraio1945 - cominciò Bill Pilgrim. - Noi uscimmo dal nostro rifugio il giorno dopo. Raccontò a Montana delle quattro guardie che, nel loro stupore e nella loro angoscia, sembravano un quartetto vocale di dilettanti. Le parlò del macello con tutti i pali di cinta spariti, con i tetti e le finestre andati; le disse di aver visto qua e là dei piccoli ceppi carbonizzati. Erano le persone rimaste intrappolate nell’incendio. Così va la vita.” da “Mattatoio n.5” di Kurt Vonnegut (Feltrinelli)
Laura Fedigatti
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RIDI E AVRAI LE RUGHE GIUSTE RUBRICA DEL BUON UMORE A CURA DI FRANCESCA PROTTI
I libri di Marco Malvaldi, il chimico romanziere, non sono solo dei piacevoli gialli stile Agatha Christie, sono anche divertenti. E molto, per giunta. Ti fai delle grasse risate quando li leggi e non mi riferisco solo ai romanzi ambientati al Bar Lume, ma anche al giallo di ambientazione storica “Odore di chiuso”, di cui si parlerà più avanti. Quando non scrive, Malvaldi lavora come ricercatore presso il dipartimento di chimica biorganica dell'Università di Pisa e questo suo essere scienziato ritorna nel suo protagonista, Massimo, che come gli altri personaggi è un misto di reale e di fantasia. Massimo, che ha studiato matematica, ma preferisce fare il barista, non perde occasione per impartire qualche lezione di matematica o di fisica ai vecchietti coprotagonisti della storia e, di riflesso, ai lettori. “Non considero la scrittura il mio lavoro, anzi. È sbagliato per un autore non vivere una vita “normale”. Chi scrive deve partire dalla realtà, anche se per raccontarla in un certo modo”. Con queste parole Malvaldi riassume il suo essere scrittore e biochimico allo stesso tempo. Le storie che inventa e narra con una prosa cristallina, leggera da assorbire, eppure ricca di spunti, nascono da modelli semplici, capaci di rendere una certa situazione umana in modo efficacie. Qui non si parla mai di serial killer o della brutale violenza che costituisce la cifra stilistica dei thriller americani e nordeuropei, dove spesso il gusto per il macabro e lo splatter si impone sulla storia. Tutt'altro. Malvaldi mette in scena vicende comprensibili. Questioni di soldi, ricatti, passioni non corrisposte o spintesi troppo oltre. Non racconta mai dell'uccidere per il mero gusto di farlo. Alla fine, una parte di te si ritrova persino nell'assassino e fatica a condannarlo del tutto. Come ne “Il Re dei Giochi”, dove se anche arrivi a capire l'assassino, non altrettanto facile sarà capirne il movente. Leggendo varie interviste rilasciate dall'autore e recensioni all'uscita dei nuovi romanzi, si viene a scoprire come la scelta del genere giallo è stata dettata, oltre che da un profondo piacere personale per la tipologia testuale, soprattutto dal suo essere il genere d'evasione per eccellenza, giacché è raro entrare (spesso) in contatto con un omicidio. Per di più, esorcizza la paura della morte in quanto in un giallo, essa non è la fine di tutto, ma l'inizio della storia.
Marco Malvaldi regala ai suoi lettori intrecci godibili e ben strutturati, una splendida caratterizzazione dei personaggi, dialoghi esilaranti. Questi ultimi sono senz'ombra di dubbio il suo piatto forte, fatti di battute rapide, salaci, che tengono alto il ritmo della narrazione e ben tratteggiano i rapporti tra i personaggi. Nei quattro romanzi del “Bar Lume”, “La Briscola in Cinque” (2007), “Il Gioco delle tre Carte” (2008), “Il Re dei Giochi” (2010), “La Carta più Alta” (2012), attorno a Massimo ruotano, insieme al commissario Fusco e a Tiziana la cameriera, i quattro vecchietti, Ampelio, Aldo il ristoratore, il Rimediotti e il Del Tacca del Comune. Un vero e proprio A-Team di ottuagenari dal vernacolo toscano tagliente e dall'occhio fino. Ma non solo. Un lettore attento ed esperto di letterature antiche non faticherà a ritrovare nei quattro echi del coro tipico della tragedia greca. Ampelio, Aldo, il Rimediotti e il Del Tacca si muovono e parlano come una persona sola e come il coro delle tragedie classiche commentano le azioni del protagonista Massimo.
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LETTERARIA! Le trame ben oliate, il gioco condotto con sapienza artigianale, il gusto per la lingua trovano nel, per ora unico, romanzo non ambientato a Pineta, piccola ed immaginaria località sul litorale toscano, “Odore di chiuso”, un ottimo esempio. Il lavoro linguistico è stato sicuramente importante, contraddistinto da vere e proprie ricognizioni nel lessico e nei costumi dell'epoca, il 1895 Sono gli anni di “un'Italia da poco unita ma ancora impastoiata nei particolarismi nobiliari”. I riferimenti storico letterari rieccheggiano, con garbo, alla realtà odierna e creano una solida struttura di appoggio a un romanzo che ... si legge da solo. Qui siamo davanti al vero e proprio giallo classico. Un gruppo eterogeneo di persone, un castello su cui piomba gelido il delitto, l'impossibilità di sfuggire al terrore che il tuo commensale sia un assassino e tu la possibile prossima vittima, la necessità di investigare, interrogare, trarre conclusioni deduttive ispirate da geniali intuizioni. Sempre, ovviamente, in uno stile che è ormai diventato la particolarità del suo autore.
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“Non come me, urlava al mondo la camminata del signorino Lapo; lenta e distaccata, i pollici nelle tasche dei pantaloni, lo sguardo che girava intorno. Abiti nuovi, stivaletto inglese da passeggio, la visione che Lapo aveva del modo di comportarsi con gli altri esseri umani era semplice e lineare: se donna, e bella, la si tromba. Se donna, e brutta, si tromba qualcun’altra. Se uomo, ci si va al casino insieme. Il resto della vita - mangiare, chiacchierare, andare a cavallo e qualche occasionale partitina di caccia - era un dovere morale dell’autentico uomo di mondo, che si intrattiene con tutti, anche con gli esseri inferiori come la signorina Barbarici: una sorta di intermezzo che, quando gradevole, avrebbe reso più lieve l’attesa e, quando sgradevole, avrebbe aggiunto un po’ di pepe e smania al gran momento. ” da “Odore di chiuso” di Marco Malvaldi (Sellerio)
Una curiosa immagine di Malvaldi, con Francesca Protti e con Riccardo Sedini di “Giallo Mania” durante la presentazione di “Odore di Chiuso” in libreria nell’aprile 2011.
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NUDI E CRUDI, LA PERDITA E IL RISCATTO Nel celebrare, in questi giorni, i 60 anni di regno della regina Elisabetta, ogni TG non ha mancato di sottolineare la scarsa passione della sovrana inglese per le arti in genere e per la lettura in particolare; ne "La sovrana lettrice", quel geniaccio di Alan Bennett ironizza alla sua maniera su questo tema con effetti esilaranti. In "Nudi e crudi" (Adelphi) invece, mette alla berlina i costumi di certa borghesia britannica raccontando la strana disavventura capitata ai coniugi Ransome, lui avvocato con la passione di Mozart, lei casalinga "con un sacco di tempo libero": una sera, tornando dalla rappresentazione del Così fan tutte, si ritrovano la casa "svaligiata", come dice in maniera appropriata il marito correggendo il "rapinata" pronunciato dalla moglie e svelando sin dalle prime righe una pedanteria agghiacciante che ritroveremo più volte nel corso del romanzo, con il risultato di far precipitare il livello di comunicazione tra loro ad una quota che rasenta lo zero. Il fatto curioso è che i ladri hanno portato via tutto, ma proprio tutto, comprese la moquette, il forno, gli apparecchi telefonici e persino lo scopettino del gabinetto... Mrs.Ransome, in assoluta la figura più disincantata del romanzo, è la sola che prova a cercare un lato positivo nel disagio della "nudità" assoluta e scopre che si può anche fare colazione al caffè sotto casa con uova, pancetta e fagioli leggendo il Mirror, che si può fare la spesa in un negozio asiatico gestito da un tizio che le può pure risultare simpatico e realizza, non senza una punta di intimo compiacimento, che tutto sommato il furto le ha dato modo di sbarazzarsi di una montagna di cose inutilizzate.
Mr.Ransome invece sembra una sfinge, la sua unica ragione di vita fino a quel momento sembrava essere la ricerca dell'esecuzione perfetta di Mozart tanto da fargli dimenticare anche la più elementare forma di calore umano e ora non trova neppure grande comprensione in coloro ai quali racconta l'incredibile vicenda, in quanto sono tutti intenti a rimarcare che "poteva andargli anche peggio" e che gli prestano ascolto solo per poter poi riportare quanto accaduto a loro di simile. Fermamente contrario alle innovazioni tecnologiche, che a suo dire sono inutili e rivelano una mancanza di organizzazione, è sensibile solo al fascino degli impianti hi-fi (per perfezionare le sue esperienze d'ascolto mozartiane) ed è solo la possibilità di dotarsi di un nuovo stereo che apre qualche crepa nella sua granitica riluttanza a vedere l'accaduto sotto una luce diversa.
Un Alan Bennett giovanissimo in compagnia degli attori Jonathan Miller, Dudley Moore e Peter Cook, nella fortunatissima commedia da loro ideata e portata in scena nei teatri londinesi e di New York a partire dal 1960.
Un’immagine recente di Alan Bennett Libreria Le mille e una pagina, C.so Garibaldi 7 27036 Mortara (PV) | 0384.298493 | www.lemilleeunapagina.com
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Alcuni dei personaggi "minori" sono avvolti da una spessa coltre di indolenza, dal portiere che non si vede mai perché è sempre rintanato in uno stanzino a dormire, all'indisponente poliziotto che fa il primo sopralluogo in compagnia di un giovane agente petulante, altri ostentano saccenza fuori luogo, si pensi alla psicologa che di nome fa Fine ma che di aggraziato non ha proprio nulla, altri ancora trasudano un implacabile cinismo (le presentatrici dei talk-show televisivi) ma tutti contribuiscono a rendere uno spaccato di umanità divertente fino ai limiti della perfidia. Il romanzo, tutto pervaso da un'ironia fulminante, come testimonia per esempio la soddisfazione che prova Mrs.Ransome quando passa al marito per pulirsi il programma dell'odiato Così fan tutte (unico pezzo di carta rimasto in casa perché i ladri si sono portati via anche la carta igienica), prosegue con numerosi ed imprevedibili colpi di scena: Bennett è abilissimo nel cambiarne continuamente la prospettiva e nel farci sorridere malignamente dei pruriti sessuali dei protagonisti principali, malamente occultati ma che covano sempre sotto la cenere spenta...verrebbe da dire, niente sesso siamo inglesi! Comico, dissacrante, ilare e a tratti quasi spietato, Nudi e crudi mantiene pienamente tutte le promesse del titolo. Alan Bennett è nato nello Yorkshire nel 1934. Scrittore e drammaturgo popolarissimo in Inghilterra, ha al suo attivo numerose opere, tra le più conosciute ricordiamo “Gli studenti di storia”, “La pazzia di Re Giorgio” e “La sovrana lettrice”. Il pubblico mortarese ha avuto modo di apprezzarne un corposo spaccato grazie a Marta Comeglio e alla compagnia teatrale I Riso e Amaro che l’hanno portato in scena nell’ottobre del 2009.
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“Casa Ransome era stata svaligiata. “Rapinata” disse Mrs Ransome. “Svaligiata” la corresse il marito. Le rapine si fanno in banca; una casa si svaligia. Mr Ransome era avvocato e riteneva che le parole avessero la loro importanza. Anche se in questo caso era difficile trovare un termine preciso. Di solito un ladro sceglie, fa una cernita, prende un oggetto e ne lascia altri. C’è un limite a ciò che riesce a far sparire: per esempio, è raro che porti via una poltrona, ancor più raro un divano. Questi ladri, però, l’avevano fatto. Avevano preso tutto.” incipit di “Nudi e crudi” di Alan Bennett (Adelphi)
I libri di Alan Bennett sono pubblicati in Italia dalla casa editrice Adelphi
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SOTTO IL TIGLIO* PICCOLA RUBRICA DI CULTURA TEDESCA A CURA DI FRANCESCA PROTTI
Quest'anno mi sono ammalata. Eh già, capita anche alla figlia di un medico. Vuoi per le temperature incredibilmente rigide vuoi per troppi straordinari in ufficio, due giorni a casa in malattia non me li ha tolti nessuno. La maggior parte degli ammalati rimane a letto fino alla guarigione, io leggo un romanzo in due pomeriggi. “Mia amata Mi Mi, sono passati cinquemilaottocentosessantaquattro giorni da quando ho sentito battere il tuo cuore per l'ultima volta”. Una pura, indimenticabile lettera d'amore sconvolge Julia Win a tal punto da decidere di allontanarsi dalla sua amata New York City per scoprire la verità sull'improvvisa scomparsa di suo padre. A Kalaw, un piccolo villaggio fra le montagne birmane, entrerà in contatto con una cultura in cui la tradizione rappresenta il presente. Qui non solo scoprirà il senso dell'accettazione, la profonda saggezza del Buddha, l'importanza e il valore dei sentimenti autentici, ma le sarà anche svelato più di un mistero che aleggia intorno alla figura tanto amata del padre. Jan-Philipp Sendker, giornalista per la rivista Stern, ha imposto il suo talento sulla scena letteraria internazionale grazie a un romanzo di poche centinaia di pagine. “Con L'arte di ascoltare i battiti del cuore lo scrittore natio di Amburgo crea un'opera incantevole, viva, avvincente, misteriosa e commovente” ... così puoi leggere sulla quarta di copertina. Non può essere – mi son detta – non nella lingua che ha inventato parole gentili come raus o termini facili facili come Schreibwarengeschäft. Eppure le recensioni intonano tutte la medesima litania. “Una magnifica storia d'amore, che conduce nel cuore della magica Birmania”, “La storia di un amore che supera i tempi e i confini in un romanzo imperdibile”. Ne ero così poco persuasa che mi sono fatta regalare il libro per Natale e ... beh, mi sono dovuta ricredere. Tin Win nacque un sabato di dicembre e questo non era un buon presagio. “Il bambino darà molte preoccupazioni ai suoi genitori”. profetizzò l'astrologo. “Grandi preoccupazioni di vario genere. Prima di tutto per la salute” continuò il vecchio. “Alla testa ... negli occhi”. Per la madre di Tin Win quelle parole furono un tale trauma da arrivare a partire e ad abbandonare dietro di sé il figlio senza esitazione. Tin Win verrà cresciuto da una vicina, Su Kyi, che lo affiderà alle cure del maestro U May. Questi insegnerà al ragazzo una grande verità. “È la paura che rende ciechi e sordi ed esiste solo una forza più grande della paura”. Tin Win non vede, o meglio, non vede ciò che la maggior
parte delle persone vede. È però in grado di osservare e notare cose invisibili ai più. Tin Win soffre di cataratta congenita, ma lo scoprirà solo molti anni dopo, quando U Saw, un lontano zio si prodigherà per lui al fine di scongiurare una profezia. Fino a che è bambino, prima, e adolescente, poi, per Tin Win il mondo può semplicemente essere visto e conosciuto in un altro modo. Con l'udito, per esempio, un senso che si fa pian piano sempre più acuto.
Lo scrittore tedesco Jan-Philipp Sendker
“Stava andando verso il focolare quando udì un rumore sconosciuto, un ritmo particolare, monotono. Un suono del genere non l'aveva mai sentito ... gli sembrava che pian piano si stesse aprendo un sipario che avrebbe rivelato il regno nascosto dei sensi. Il dono dell'udito ... “Credo provenga da te”. Era lì, il battito del suo cuore.”
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Fu il palpito del cuore di Mi Mi ad attirare Tin Win verso la fanciulla. Sedeva in un angolo della strada, aspettava il fratello di ritorno dal mercato per rincasare con lui. Per Mi Mi era impossibile andare da sola, i suoi piedi non potevano muoversi. Erano rigidi e rivolti verso l'interno. “In molti credevano che quella disgrazia fosse, per la famiglia della ragazza, il prezzo da pagare per i buoni raccolti degli anni precedenti. Tanta
La copertina del libro “L’arte di ascoltare i battiti del cuore” pubblicato in economica da Beat editore
fortuna doveva essere punita in qualche modo.” Mi Mi e Tin Win sono uniti dalle reciproche infermità. Se Mi Mi non può camminare, Tin Win camminerà per lei portandosela in spalla. Gli ostacoli che non gli sono percepibili all'orecchio, gli sono indicati da lei ed insieme esplorano la città e i dintorni, arrivando a conoscersi profondamente. Tin Win e Mi Mi sono uniti da un legame così forte che per la madre di Mi Mi è naturale pensare che si sposeranno, che vivranno per sempre insieme, che sua figlia non sarà mai costretta a strisciare per le strade. È sul punto di parlarne al marito quando lo zio di Tin Win lo fa chiamare e il ragazzo, ubbidiente per natura ed educazione, lo raggiunge a Rangoon. Con Mi Mi si scambia la promessa di scriversi ogni giorno, ed entrambi mantengono la parola data. Sono le lettere che non vengono recapitate, per il crudele volere di U Saw, ma l'amore che li lega fa pensare ad entrambi che non si tratta di dimenticanza, ma solo di incapacità di scrivere come assicurato. Entrambi, comunque, confidano che
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presto si rincontreranno e ricongiungeranno per sempre. U Saw, però, ha ben altri progetti per Tin Win, piani che porteranno il ragazzo a frequentare un'importante scuola a Rangoon, prima, e un'altrettanto rinomata università americana. Giunto a New York nel 1942 Tin Win diventerà cittadino americano e avvocato di grido, senza mai dimenticare, però, Mi Mi. Non conta l'essersi sposato, aver avuto due figli, aver lottato per una carriera forense di prestigio. Improvvisamente, una mattina Tin Win sa che è gitornare da Mi Mi, qualcosa gli dice che non può più tergiversare, riunendosi a lei appena in tempo. L'idea di questa rubrica era nata dalla volontà di diffondere maggiormente la letteratura in lingua tedesca, che trovo sempre un po' sacrificata, e non solo quella classica, canonica, che si impara sui libri, ma soprattutto quella di oggi, degli autori vivi e attivi in questi anni. Anche questa volta credo di aver scovato qualcosa che si adatta perfettamente allo schema.
Un’immagine notturna del centro di Rangoon (Yangon), la città più popolosa della Birmania e capitale del paese fino al 2005
* Unter den Linden (Sotto il Tiglio) è uno dei più bei viali di Berlino, che prende il proprio nome dall'incipit di un canto d'amore di Walter von der Vogelweide, poeta medievale (1170 ca. – 1230 ca.).
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CULTURA E’... ANCHE UNA BUONA TAVOLA! RUBRICA DI CUCINA E DINTORNI A CURA DI ALBERTA MAFFI Arriva la primavera e molti di voi si dedicheranno alle attività relative all’orto, al giardino o semplicemente ai vasi di fiori che abbelliscono i nostri balconi. Orto vuol dire verdura che arriva sulle nostre tavole. Di questa verdura, una parte diventa “scarto”. Così come un bel giardino deve essere potato, si devono raccogliere le foglie morte, e così via. Avete mai pensato di riciclare questo scarto per “rimetterlo in circolazione” da dove è venuto? Ovvero, perché non ricicliamo i rifiuti vegetali trasformandoli in concime, da usare nei nostri orti e giardini? E’ un tipo di concime sicuramente non inquinante e a costo zero. Gli scarti possono venire sia dalla cucina, ma anche da quello che potiamo in giardino o dalle foglie cadute. Presso il proprio comune, ci si può informare per avere l’apposito bidone (ne esistono di diverse misure), oppure, per chi avesse un giardino, in alternativa al bidone, può scavare una buca profonda 50 cm.
Nel bidone, o nella buca, si alternano strati di terra a strati di foglie e rametti di potatura, meglio se sminuzzati, erba falciata, resti di frutta e verdura, così come anche fondi di caffè, gusci di uova e tutti quei prodotti di scarto che siano biodegradabili, come salviettine di carta, tovagliolini, cartone triturato (sempre tenendo conto delle proporzioni). Le bucce degli agrumi e delle banane le foglie coriacee si degradano molto lentamente, quindi utilizzateli solo in minima parte. Il terriccio così ottenuto sarà pronto dopo una decina di mesi (naturalmente, nei mesi estivi i tempi di degradazione si riducono). Il composto potrà essere utilizzato a diretto contatto con semi e radici. E, a questo punto, muniti di guanti da giardino e tutto il necessario, siamo pronti per dedicarci al nostro angolo verde. Buon lavoro! Per avere altre idee sul riciclo, sulla scelta dei prodotti che usiamo quotidianamente, e su tanti altri gesti che compiamo abitualmente e che possono influenzare l’esistenza del nostro pianeta, vi consiglio questo interessante volumetto edito da Gribaudo “Dipende da te. 101 cose da fare per salvare il pianeta e vivere meglio”. Rigorosamente stampato su carta riciclata. Mentre per chi vuole coltivare frutta, verdura e fiori secondo metodi naturali, “Orto e giardino biologico” (editore Giunti) è un libro importante e prezioso, giunto già alla 24° edizione, una guida completa per chi voglia fare giardinaggio e coltivare un orto rispettando l’ambiente.
Libreria Le mille e una pagina, C.so Garibaldi 7 27036 Mortara (PV) | 0384.298493 | www.lemilleeunapagina.com
Prossimamente in libreria: Un incontro importantissimo si terrà ad aprile, precisamente sabato 14 alle ore 17,30. Presentiamo il romanzo di Mariapia Veladiano edito da Einaudi “La vita accanto”. Vincitore del prestigioso Premio “Italo Calvino” come migliore opera prima nel 2010, è entrato nella cinquina finalista al Premio “Strega” dello scorso anno. Un libro davvero bello, toccante, profondo che noi presentiamo con piacere.
Indovina l’autore:
Chi vuole partecipare, può inviare una mail oppure passare in libreria e lasciare la risposta. Il primo lettore che ci invierà o porterà la risposta giusta vincerà un buono da spendere nella nostra libreria.
Soluzione del numero precedente:
La frase finale dello scorso numero è tratta dal romanzo di Stefan Zweig “Paura” (Adelphi)
DA: L IB R E R IA L E M IL L E E U N A PA G IN A C .s o G ar ib al di 7 2 7 0 3 6 M or ta ra (P V ) 0 3 8 4 .2 9 8 493 in fo @ le m il le eu na pa gi na .c om
LETTERARIA Marzo - Aprile 2012
A CURA DI:
Laura Fedigatti Alberta Maffi Francesca Protti Antonio Segrini
Anno 2 - Numero 8