Letteraria n. 6/2011

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Novembre Dicembre 2011 Anno 1 - Numero 6

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Cari amici ecco la nostra newsletter. Non solo novità e bestseller, ma proposte di libri che, secondo noi, sono meritevoli di essere letti. Nella speranza di aiutarvi nelle vostre scelte e di darvi idee sempre nuove di cultura.

Il Natale è alle porte: nuove proposte per un periodo speciale FACCIAMO UN GIRO TRA LE NOVITA’ CHE AFFOLLANO GLI SCAFFALI DELLE LIBRERIE

IL NATALE, PERIODO DI NOVITA’

L’arrivo della stagione natalizia coincide con l’uscita di numerose proposte da parte delle case editrici. Noi vogliamo dare uno sguardo ad alcuni dei libri pubblicati per l’occasione. Continua a pagina 2

IL RISCATTO DELL’UMORISMO INGLESE

Non sempre il cosiddetto “humor” inglese viene capito e apprezzato. Due grandi scrittori britannici, però, potrebbero farci cambiare idea. Continua a pagina 5

Due scrittori britannici: Edmund de Waal (pag. 3) e David Lodge (pag. 6) A sinistra, lo scrittore americano Jonathan Franzen (pag. 4), a destra l’autoritratto di Artemisia Gentileschi (pag. 8)

UNA CASA EDITRICE DEDITA ALL’ARTE

Gli appassionati d’atre per Natale possono trovare delle interessanti proposte sotto l’albero. La casa editrice Abscondita, per esempio, ha un catalogo dedicato all’argomento. Continua a pagina 8

INDOVINA L’AUTORE

La poesia del poeta da

In questo numero vi indovinare: proponiamo un brano di una poesia. Sapete dirci chi Il mare d’ottobre brilla freddo/Niente è rimasto a è l’autore? ricordare/il bianco vortice Per partecipare andate delle regate.... all’ultima pagina.

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Alessandro Baricco e la copertina del suo ultimo romanzo

NATALE, PERIODO DI NOVITA’ La prima proposta per un regalo, o anche per la lettura personale, riguarda uno scrittore italiano, molto noto quanto controverso. Alessandro Baricco è sicuramente una degli esponenti più famosi della narrativa italiana ed ha sempre suscitato commenti sia negativi che positivi, da parte dei lettori e anche della critica. Esaltato da alcuni (come Fernanda Pivano), odiato da altri perché considerato scrittore fortemente egocentrico, Baricco si è occupato anche di cinema, saggistica, musica, oltre ad avere aperto una notissima scuola di scrittura creativa (lodata e denigrata anch’essa da varie parti). AMORE E ODIO

Per tutti gli estimatori dello scrittore torinese, sarà una piacevole sorpresa scoprire che Feltrinelli ha da poco pubblicato l’ultima sua fatica letteraria. “Mr Gwyn” è un romanzo breve, il cui protagonista, Jasper Gwyn, è uno scrittore inglese che decide all’improvviso di non scrivere più, non perché in crisi d’ispirazione, ma per cercare altre forme di scrittura. E trova quello che vuole, inventandosi un’attività molto particolare: scrivere ritratti. Sua prima “cliente” e successiva assistente è Rebecca, giovane e florida segretaria dell’agente letterario di Gwyn, che asseconderà il nostro eroe senza chiedere spiegazione, nemmeno quando scopre che, per farsi “ritrarre”, dovrà stare completamente nuda per quattro ore al giorno per un mese di fila nello spazio che Gwyn ha affittato all’uopo. Sarà lei, Rebecca, che sceglierà i clienti e che manterrà il

segreto, fino a quando una diciannovenne annoiata e arrogante svelerà il misterioso nuovo lavoro dello scrittore Gwyn. Lui sparirà senza lasciare traccia, e nelle ultime pagine, le più vibranti, dal ritmo incalzante, in contrasto con la lentezza (tutta voluta) della prima parte, Rebecca finalmente riuscirà a dipanare il mistero di Mr Gwyn, scoprendo cosa davvero c’è dietro alla sua scelta di non essere più scrittore convenzionale. Baricco, o si ama o si odia. Non si può, però, negare che sia un grande affabulatore, nel senso classico del termine. Lui racconta storie, lo fa con la capacità di un abile narratore e chi ha già apprezzato altri romanzi come “Castelli di sabbia” o “Seta”, sicuramente non potrà non rimanere affascinato da quest’ultimo libro, dal suo personaggio e dall’intreccio della trama. Un Baricco da riscoprire, quindi, e magari un’occasione, per chi non lo ha mai amato, per capire se l’odio può trasformarsi in amore. Una curiosità: l’impronta di pollice della copertina è un brano del romanzo “Bartleby lo scrivano” di Melville, uno dei libri preferiti di Baricco.

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“Mentre camminava per Regent’s Park lungo un viale che sempre sceglieva, tra i tanti - Jasper Gwyn ebbe d’un tratto la limpida sensazione che quanto faceva ogni giorno per guadagnarsi da vivere non era più adatto a lui. Già altre volte lo aveva sfiorato quel pensiero, ma mai con simile pulizia e tanto garbo. Così, tornato a casa, si mise a scrivere un articolo che poi stampò, infilò in una busta, e portò personalmente, attraversando la città, alla redazione del “Guardian”. Lo conoscevano. Saltuariamente collaborava con loro. Lui chiese se era possibile aspettare una settimana prima di pubblicarlo.” incipit di “Mr Gwyn” di Alessandro Baricco

SCRIVERE RACCONTI PER SVELARE LA CONDIZIONE UMANA

I racconti, si sa, non hanno grande fortuna in Italia, dove si apprezza maggiormente la possibilità di immergersi nella lettura, a più ampio respiro, di un romanzo. A volte, però, il racconto, nella sua brevità, può essere più Continua a pagina 3

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La scrittrice canadese Alice Munro e il suo libro, la copertina del libro di Edmund de Waal e alcuni netsuke di sua produzione

incisivo del romanzo, e in qualche modo più appagante, proprio in virtù della necessità di arrivare subito “al sodo” della questione. Alice Munro è considerata la più grande scrittrice canadese e una delle maggiori scrittrici di racconti. Nata nello stato di Ontario, nel Canada Orientale, nel 1931, Munro inizia a s c r i v e r e g i ov a n i s s i m a , q u a n d o frequenta il college. Le sue raccolte, dalla prima pubblicata nel 1968 col titolo “La danza delle ombre felici”, sono tutte ambientate nella sua regione di nascita, ma nonostante questo, le hanno dato la fama internazionale. Protagonisti delle sue storie sono uomini e, soprattutto, donne alle prese con la vita quotidiana e con i problemi di tutti i giorni. Storie senza luogo e senza tempo, perché, sebbene quasi tutte le vicende siano ambientate nella contea di nascita dell’autrice, a volte in un passato non tanto lontano, quello che si rappresenta è il mondo in cui noi viviamo. Infatti, come spiegava il premio Nobel per la letteratura V.S.Naipaul solo chi è locale può essere universale. Storie di ordinaria quotidianità, si potrebbe aggiungere, anche quando è la follia a prendere il sopravvento. Un po’ quello che succede nella sua ultima raccolta, appena uscita per Einaudi, “Troppa felicità”. Il titolo è quello dell’ultimo racconto, che si eleva al di sopra degli altri sia per la diversità della storia, sia perché, a mio parere, è uno dei più belli della Munro. E’ un

omaggio che la scrittrice vuole fare alla matematica e saggista Sofja Kovalevskaja, morta di polmonite a 41 anni, prima donna in Europa ad ottenere la cattedra universitaria in una materia scientifica. Ancora una donna, dalla personalità forte e dalla vita movimentata. Negli altri racconti, l’autrice canadese, con una prosa sempre tersa, lineare, mai complicata, apre squarci sulle difficoltà del vivere e sui modi per affrontare e superare i problemi. Con un po’ di perversione, questa volta. Come nel primo racconto, “Dimensioni”, dove una madre scopre che il marito ha ucciso i suoi tre figli per farle capire chi comanda in famiglia. O come in “Bambinate”, dove una donna, solo da adulta e al capezzale dell’amica morente, si rende conto di essere responsabile della morte di una bambina quando lei e l’amica erano ragazzine. E’ un mondo che merita di essere esplorato, quello di Alice Munro, forse potremmo capir ne meglio certi atteggiamenti, a volte aberranti, che si nascondono dietro tanta normalità. L’ARTE E LA VITA LEGATE INSIEME DA UNA COLLEZIONE

D i t u t t ’ a l t ro g e n e re è i l l i b ro dell’esordiente Edmund de Waal, nato in Inghilterra nel 1964, discendente di una delle più importanti famiglie di banchieri europei prima della Seconda Guerra Mondiale e, soprattutto, uno dei più grandi

ceramisti inglesi, professore di ceramica alla University di Westminister, critico e storico dell’arte, nonché collezionista. Il suo libro, “Un’eredità di avorio e ambra”, pubblicato da Bollati Boringhieri, ha conquistato il pubblico di tutto il mondo, vincendo numerosi premi e balzando in testa alle classifiche in Europa e negli Stati Uniti. Il suo non è un romanzo vero e proprio, ma come un romanzo ci racconta la storia della sua famiglia, gli Ephrussi, banchieri ebrei originari di Odessa, che nella seconda metà del XIX secolo si trasferiscono prima a Parigi e poi a Vienna. Particolarità di questa famiglia, anzi di uno dei componenti, Charles, è la passione per gli oggetti d’arte provenienti dall’Estremo Oriente, Giappone in particolare, iniziando una collezione straordinaria di pezzi d’arte di ogni genere, in particolare di netsuke, sculture giapponesi di ambra o legno, così piccole da stare in una mano. Con grande maestria, degna di un artista, l’autore ci racconta la storia di questa collezione e del suo proprietario, ricostruendo gli eventi della famiglia senza tralasciare gli avvenimenti storici e i personaggi che hanno popolato la Parigi e la Vienna tra l’Ottocento e il

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LETTERARIA! Novecento. Dagli artisti, conosciuti e frequentati, come Zola, Proust, Monet, Schnitzler, Mann, ai casi politici e sociali, come il caso Dreyfuss, il primo conflitto mondiale e poi l’ascesa del nazismo, che travolgerà la ricca famiglia Ephrussi come tutte le altre famiglie ebraiche del tempo. Fino ad arrivare, sempre seguendo il filo d’Arianna lasciato dai piccoli capolavori scolpiti, ai giorni nostri. D e Wa a l t r at t e g g i a g l i a s p e t t i psicologici dei protagonisti, mettendo in evidenza i vari aspetti del carattere e legandoli al contesto storico e, soprattutto, alla presenza dei netsuke, in qualche modo i veri protagonisti del libro. La bellezza di questo racconto sta proprio nel seguire, passo dopo passo, le vicende, a volte meravigliose di una famiglia agiata e immersa nel bel mondo europeo, a volte tragiche, se si pensa alla catastrofe nazista, delle persone che sono caratterizzate dal forte amore per l’arte, al letteratura, la musica, unici valori che possono salvare gli esseri umani dalle brutture del mondo. IL GRANDE ROMANZO AMERICANO

Così è stato definito da più parti l’ultimo romanzo di Jonathan Fr a n z e n , s c r i t t o r e e s a g g i s t a statunitense nato nel 1959 nell’Illinois, asceso agli onori della fama internazionale con “Le correzioni”, uscito nel 2002. “Libertà” (Einaudi) è il titolo del romanzo uscito nella primavera di quest’anno. Non una strenna natalizia, quindi, ma meritevole di rientrare nella

PAGINA cesta dei doni degli amanti della letteratura nordamericana. I protagonisti, Patty e Walter Berglund, rappresentano la classica famiglia della “middle class” americana, benestanti, due figli, all’apparenza sembrano essere tutto quello che di meglio l’America del nuovo millennio possa offrire. Ma dietro all’apparenza, c’è sempre una realtà scomoda e difficile. Patty è una casalinga frustrata e depressa, divisa tra il marito e Richard, l’eterno amico di Walter e musicista rock, non privo di problemi esistenziali; Walter, nel suo sforzo di “salvare il pianeta” dalla catastrofe demografica, finisce per diventare arrogante ed eticamente compromesso; il figlio Joey, oppresso dal troppo amore di Patty, se ne va di casa ad abitare dagli odiati vicini; e infine Jessica, la figlia matura e assennata, non sopporta la madre e finisce per trovarsi anche in contrasto con il padre, quando quest’ultimo s’innamora di una ragazza più giovane. Siamo all’inizio degli anni Duemila, nell’era di Bush figlio e dell’operazione “Enduring Freedom”, ovvero “Libertà Duratura”. Ed è attorno al concetto di “libertà” che si basa la storia del romanzo di Franzen, che ha ricevuto le lodi da parte della maggior parte dei critici mondiali, guadagnandosi la copertina della rivista “Times”, privilegio riservato solo ai più grandi, con tanto di definizione, sotot la sua fotografia, di “Great American Novelist”. Grande romanziere americano, dunque, che in questa sua riflessione, possiamo dire, ci offre un romanzo spietato e divertente al tempo stesso, un

Le copertine dei due capolavori di Franzen, editi da Einaudi

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affresco storico della società americana di questi ultimi anni. Una società nuova, ma che basa sul concetto di libertà tutta la propria possibilità di essere felice, ma senza tener presente che, spesso, è proprio questa libertà che ci spinge a prendere delle decisioni, fare delle scelte, che non sempre sono giuste. Anzi, come accade ai protagonisti del romanzo (in special modo a Patty, figura centrale della storia, attorno alla quale ruotano le altre), il più delle volte queste scelte si rivelano degli errori a cui è impossibile rimediare. Ma anche questa è libertà. Come dice lo stesso Franzen: “L’America è il paese che ha il più alto concetto della libertà individuale, ma non è una pese così felice, anzi direi che è molto rabbiosa. Non mi sembra proprio che, nell’accezione americana, sia così automatico pensare alla libertà ed essere felici”. In qualunque modo la si voglia vedere, “Libertà” resta un grande romanzo, che getta una nuova luce su un concetto fondamentale per l’umanità e che ci mostra un aspetto della società americana di questi anni. Laura Fedigatti

“... - Ma questo succede perché la gente è libera, disse Joey. - La libertà non è proprio questo? Il diritto di pensare quello che si vuole? Cioè, lo ammetto, certe volte è una rottura di palle. Alcuni fra i commensali ridacchiarono. - Già, proprio così, - disse il padre di Jenna. - La libertà è una rottura di palle. E proprio per questo è indispensabile cogliere l’occasione che ci si è presentata quest’anno. Per indurre una nazione di gente libera ad abbandonare le idee sbagliate e appoggiarne di migliori, con ogni mezzo necessario.” da “Libertà” di Jonathan Franzen

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IL RISCATTO DELL’UMORISMO INGLESE Ridere fa bene. Eserciti di scienziati non fanno che ripeterlo, ma è opinione comune che gli inglesi abbiano un sense of humor così particolare da non essere compresi al di fuori dei confini del regno. Sbagliato! Ci sono autori, come P. G. Wodehouse e David Lodge, che ti fanno ridere, così di gusto che per me rappresentano il riscatto dell'umorismo inglese. Pelhalm Greville Wodehouse (1881-1975), insieme alla sua opera, è considerato la quintessenza dell'Inghilterra. In realtà trascorse buona parte della sua lunga e serena esistenza tra una villa in Francia, una a Long Island e frequenti soggiorni a Hollywood. Dopo un modesto tentativo di intraprendere la carriera bancaria, fece della scrittura la sua unica professione raggiungendo livelli tali da annoverare tra i propri ammiratori personaggi del calibro di Rudyard Kipling, Evelyn Waugh e Salman Rushdie. Nonostante tali premesse e una vita a dir poco rocambolesca, Wodehouse è “condannato ad una totale invisibilità letteraria”. Mentre il XX secolo era flagellato da una sequela di tragedie, Wodehouse si attenne a un unico principio di vita: appena finito un libro, cominciare immediatamente a scriverne un altro. Afflitto dal più totale disinteresse per la politica e gli affari mondiali, anche quando il mondo entrò in guerra per la seconda volta, continuò, seraficamente, a produrre ciò che definiva “musical comedies senza musica”. Fino a che la Storia, nelle vesti di un soldato della Wehrmacht in divisa grigioverde, stivali ed elmetto, non bussò alla porta della sua villa a Le Touquet e lo costrinse, per un anno, in un campo di internamento. Qui, Wodehouse ebbe la malaugurata idea di intrattenere dialoghi umoristici con altri prigionieri, ottenendo, così, di essere lasciato libero. Se di libertà si può parlare. Gli uffici stampa di Goebbles lo installarono a Berlino e gli permisero di parlare della propria prigionia senza particolari censure. Wodehouse accettò la proposta, pagando però un pesante scotto. Non mancarono infatti, tra i confini del regno, accuse di collaborazionismo e tradimento, il suo comportamento fu oggetto di interrogazioni parlamentari e le sue opere vennero ritirate dalle biblioteche pubbliche. Non è difficile capire con quanta facilità Wodehouse scelse di trasferirsi definitivamente negli Stati Uniti, di cui divenne cittadino nel 1955. Dopo l'agogna del periodo bellico, durante gli anni '40 più di una battaglia, in favore suo e della sua opera, venne combattuta, ottenendo successo nel 1975 quando, solo due mesi prima di morire all'età di 92 anni, Wodehouse ricevette il titolo di Cavaliere dell'Impero Britannico. Un tale riscatto, però, non gli valse alcun lustro letterario. La sua opera non è oggetto né di convegni né di edizioni critiche. Il disinteresse degli accademici ha il suo contraltare nell'incessante

pubblicazione dei suoi libri da parte della sua casa editrice, la Penguin. Tra gli scaffali delle librerie possono anche ridursi a cinque o sei titoli, ma periodicamente ritornano tutti. Il ciclo di Blandings Castle, le sentenze di Jeeves, le novelle golfistiche e i racconti di Mulliner, il club dei Fuchi e l'uomo con due piedi sinistri. Una miriade di personaggi che regalano quel tipo di “consolazione” che è possibile solo alla “comicità pura”. Non c'è malinconia, né satira velenosa, né crudeltà o cattiveria verso nessuno, ma solo il sano divertimento di “un mondo idilliaco, che non invecchierà mai”. È proprio questo che più mi piace di Wodehouse, il potermi rifugiare in un'altra dimensione, lontana dalle tragedie che ancora affliggono il mostro malandato mondo. Qualcosa di nuovo – recentemente ripubblicato da Guanda, principale editore di Wodehouse, insieme a TEA – è il primo della serie (1915) di Blandings, che si concluderà con il postumo (ed incompleto) Sunset at Blandings del 1977. Qualcuno ha scritto: “una volta che hai visitato Blandings, fittizia magione, e hai conosciuto chi lo abita, un altrettanto irreale nobiluomo inglese, Lord Emsworth, e la sua famiglia, desideri tornarci il più spesso possibile, con le lacrime (di riso) agli occhi”, per sentirti di nuovo leggero e in pace con tutto e tutti. Provare per credere. David Lodge (1935) è tanto satirico quanto Wodehouse non lo è. L'apoteosi di questa satira si trova in quello che Umberto Eco ha definito “uno dei libri più divertenti, più veri, più dannatamente ilari che siano usciti negli ultimi cento anni”. “Il professore va al congresso” (ed. Bompiani) regala la

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P.G. Wodehouse e uno dei suoi libri pubblicato da Guanda

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LETTERARIA! stessa comicità consolatoria che trovi nei romanzi di Wodehouse. Il titolo originale, Small World, non ha potuto essere tradotto letteralmente in italiano a causa di “Fogazzaro e di Guareschi che hanno occupato in anticipo il territorio di Mondi Piccoli e Piccoli Mondi. Ciò non toglie che sia un vero cult book, come ancora lo definisce Eco, che si spinge fino all'appellativo di “libro picaresco accademico”. Il piccolo mondo è quello universitario popolato da tracontanti accademici e sfortunati dottorandi, che pochissimo ha di fittizio. Edito nel 1984 è continuamente riletto dai sopraccitati accademici e dottorandi per la sua “comicità travolgente con cui tratteggia la verità, ai limiti del paradosso e del delirio, che contraddistingue il loro piccolo mondo”. Il titolo, però, non deve far credere che il libro sia solo per professori e studenti. Anzi. Tutti dovrebbero leggerlo e lasciarsi educare “dall'energia farsesca” con cui Lodge, egli stesso critico e insegnante, mette in scena il mondo universitario. Claudio Magris ritiene il romanzo la cosa più democratica in assoluto, per il semplice fatto di costringe ad entrare nella pelle di qualcun altro. Niente di più vero, dato che non tutti hanno conseguito una laurea o discusso una tesi di dottorato. Lasciamoci allora, o meglio, fatevi conquistare a vostra volta da un altro geniale scrittore comico inglese, permettetegli di mostrarvi, con una cattiveria senza pari, “quanto romanzesco possa essere l'universo dei congressi universitari”. Due sono i principali bersagli di Lodge. Il mondo accademico di cui sopra e i cattolici. Ne è la summa The Britisch Museum is Falling Down (“È crollato il British Museum” – ed. Bompiani) i cui temi di fondo sono appunto due, quello morale o religioso e quello letterario. Protagonista è Adam Appleby, giovane ricercatore universitario cattolico e squattrinato, sposato con Barbara e padre di Clare, Dominic ed Edward – vi garantisco, il divertimento non si esaurisce con la scelta dei nomi, rigorosamente in ordine alfabetico – costantemente afflitto dal terrore di generare un altro figlio (da mantenere). Un timore che la mia generazione condivide, seppur con altre motivazioni. Ritornello del romanzo è la frase che Adam continua a ripetersi. Barbara non è incinta, quando è felice e ottimista, o Barbara è incinta, quanto il pessimismo e la paura lo soverchiano. Per ben comprendere il dissidio di Adam, però, dobbiamo tener conto dell'anno in cui è ambientata la vicenda, il 1964, quando i dettami della Chiesa Cattolica Romana sul controllo delle nascite, cioè totale divieto per i metodi di contraccezione artificiale, erano dei veri gioghi. Una forza che la mia generazione, cresciuta nella Chiesa più liberale post Concilio Vaticano II, non può comprendere in pieno. I giovani cattolici praticanti arrivavano al matrimonio per sfogare l'energia erotica, fino a quel momento soffocata, e si ritrovavano a dover soggiacere a restrizioni ancor peggiori per le dirette conseguenze del sesso, i.e. i figli da mantenere. Come lo stesso Lodge ammette, “È crollato il British Museum vuole essere il contributo più laico a quel dibattito che per attirare e coinvolgere i lettori non cattolici né cristiani ha dovuto indossare gli abiti della comicità”. A tal proposito è illuminante una battuta di Adam. L'amico Camel lo accusa di non distinguere più la vita dalla letteratura, Adam ribatte: “Oh, sì che ci riesco. La letteratura

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tratta soprattutto di sesso e molto poco delle sue conseguenze concrete: i bambini. La vita, invece, è esattamente l'opposto.” Una comicità che non scade mai nel volgare, protetta com'è da un paracadute di citazioni letterarie di rara maestria. Basti pensare all'ultimo capitolo, in cui il lungo monologo di Barbara, la moglie, fa il verso al monologo interiore di un'altra sposa, la celeberrima Molly Bloom di James Joyce. Nella scelta dei regali di Natale vi esorto a seguire l'esempio di un illustre compatriota, Giacomo Leopardi, che negli ultimi anni della sua vita era fermamente convinto di come “soltanto lo scherzo poteva dare all'uomo un minimo sollievo dai suoi triboli”. E di triboli l'uomo moderno ne ha, ahimè, molti.

Francesca Protti

“Quando aprile con le sue dolci piogge la siccità di marzo ha penetrato e bagnato ogni vena della terra con quel liquido che col suo potere genera i fiori; quando anche lo zefiro, con il suo amabile respiro, ha alitato la vita nei nuovi teneri germogli per ogni landa e in ogni selva e il giovane sole ha corso metà del suo tragitto nel segno dell’Ariete e gli uccelletti, che a occhi aperti dormono la notte, iniziano il loro canto (così li spinge in cuore la Natura), allora, come osservò molti anni or sono il poeta Geoffrey Chaucer, la gente ha una gran voglia di far pellegrinaggi. Solo, però, che al giorno d’oggi li chiamano congressi.” incipit di “Il professore va al congresso” di David Lodge

Le copertine di due libri di Lodge pubblicati da Bompiani

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SOTTO IL TIGLIO* PICCOLA RUBRICA DI CULTURA TEDESCA A CURA DI FRANCESCA PROTTI

I miei nonni si sono sposati per amore, ma una volta non erano infrequenti le nozze combinate dai genitori. Pratica ancor più diffusa nel XIX secolo, quando a far la differenza era la comunione di interessi (economici) a scapito degli affetti. Effi Briest (1895) e Frau Jenny Treibel (1892) due romanzi di Theodor Fontane, un autore forse poco noto ai più, ben caratterizzano questo argomento. Effi Briest, insieme a Madame Bovar y e Anna Karenina, costituisce una trilogia sul matrimonio. Tutti e tre i romanzi hanno una donna come protagonista, tutti e tre si incentrano sull'esperienza matrimoniale, in tutti e tre si consuma la tragedia dell'adulterio. Anche Effi Briest è un stato un incontro scolastico, suggerimento di lettura per le vacanze estive. Mi piacque a tal punto che lo scelsi come argomento per l'esame di maturità. Nell'opera di Fontane mancano l'incandescenza del romanzo russo e la sottigliezza di quello francese e forse fu proprio questa sua neutralità che mi conquistò. Tra le pagine di Fontane non si trova alcuna violenza di sentimenti o passioni, mancano completamente la curiosità di intreccio o di personaggi, così come gli esperimenti tecnico- linguistici di fine '800 sono assenti. Non c'è niente di tracontante o romantico, anzi. Senso di irrealtà e una narrazione quasi irreale, né benevola né disperata, narrano la storia della baronessina Effi che, appena ventenne, viene data in sposa al vecchio corteggiatore di sua madre, il barone Von Instetten. La giovane non si innamorerà né di un aitante tenente, né di un giovane arrampicatore sociale. Effi consuma il suo tradimento con un anziano maggiore privo di qualsiasi fascino particolare e arriva a tradire il marito solo per sfuggire alla monotonia di un rapporto vuoto. Non c'è alcuna passione a spingerla, così come non sarà lei a cercare la morte, ma sarà il destino biologico a scegliere per lei. Non solo. Il tradimento viene scoperto in maniera del tutto casuale e il desiderio di vendetta di Von Instetten

rasenta la follia. A nulla importa che siano ormai trascorsi 7 anni da quel fugace bacio o che Crampas sia ormai un vecchio rudere dall'esistenza completamente vuota. Per il barone conta solo la vendetta, che sarà implacabile. C'è qualcosa di teatrale nello stile narrativo di Fontane, lo spazio lasciato ai dialoghi è enorme. Questa peculiare arte di Fontane, quella cioè non di raccontare una storia ma di ascoltare i suoi personaggi conversare, è ancor meglio rappresentata in Frau Jenny Treibel. Nella Berlino opulenta, imperiale e vittoriosa dopo Sedan, una città arrivista con velleità di capitale del mondo, fa la sua comparsa un'arrivista quanto mai particolare, in quanto donna, Jenny Treibel. Figlia di un droghiere, per un breve tempo nutre un romantico innamoramento per un giovane umanista, ma i mezzi (troppo) modesti del letterato ben presto allontanano Jenny, che preferisce farsi impalmare da un ricco e assai poco romantico industriale, il consigliere di commercio Treibel. Per Jenny, ora che è salita nella scala sociale, l'unica cosa che conta è il benessere, suo, della sua famiglia, della sua casa. Quando il secondogenito di Jenny, Leopold, si innamora di Corinna, figlia del suo squattrinato amore di gioventù, Jenny non ci pensa due volte a imporre a Leopold ciò che aveva imposto a se stessa. Annullare il sentimento in favore di un matrimonio vantag gioso. L'intelligenza, l'emancipazione, lo spirito progressista e la cultura di Corinna non hanno alcun effetto su Jenny, per la quale contano solo le modeste origini della ragazza. "Non si agisce così nelle case per bene: può succedere a teatro..." ma non a casa di Jenny, "Che tu sia stato sedotto ti scusa solo in parte ... non ho potuto impedirlo, ma il resto posso impedirlo, e lo impedirò...!". E su questo scontro tra donne (Jenny contro Corinna) si gioca tutto il romanzo. Nessuna malinconica sconfitta dei sentimenti come in Effi Briest, ma un ironico sorriso per

l'ipocrisia umana, una satira della borghesia arraffona e vorace dell'età guglielmina. Fo n t a n e ( 1 8 1 9 - 1 8 9 8 ) d i v e n n e romanziere solo in tarda età, dopo essere stato corrispondente dal fronte, durante le guerre franco-prussiane, e poeta, durante un soggiorno in Inghilterra. Questo gap produttivo tra la giovinezza e la vecchiaia, rende Fontane un autore fiducioso di sé, paterno, dal linguaggio pacato e poco inventivo, che semplicemente osserva i suoi personaggi confidarsi tra loro e che, come il lettore, li conosce pian piano, ascoltando le loro chiacchiere da salotto.

* Unter den Linden (Sotto il Tiglio) è uno dei più bei viali di Berlino, che prende il proprio nome dall'incipit di un canto d'amore di Walter von der Vogelweide, poeta medievale (1170 ca. – 1230 ca.).

Fontane e, sotto, la copertina di “Effi Briest” pubblicato da Garzanti

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ABSCONDITA E I RETROSCENA DELL’ARTE LIBRI DI ARTE E FORME ESPRESSIVE A CURA DI ALESSIA DELCRE’* “Che forma ha l’anima? Quella di un bruco che spinge dal suo bozzolo per iniziare presto a volare”

Alessia Delcré

Il volo è stato nel corso dei secoli ed è tuttora una metafora preziosa di ascensione spirituale, artistica, sociale, umana. La casa editrice Abscondita lo celebra nel particolare libro “Volare via dal mondo” di Peter Greenway, con una raccolta di disegni dai significati trascendentali. Così lo descrive il suo autore: “Il thesaurus di immagini del volo di tre millenni di cultura occidentale è senza soluzioni di continuità e quasi senza limiti. Un retaggio tanto vasto non può essere affrontato che un poco alla volta. Questa esposizione di disegni è un piccolo contributo alla Storia del Volo Immaginato e a tutte le frustrazioni ridicole che lo accompagnano. Ogni immagine è stata scelta quale indizio, insegnamento, traccia, direttiva, promemoria nei confronti dei misteri e del Thybris del volo, sia sacri che profani. Ogni immagine è un esempio degli estatici diletti di un volo riuscito o delle conseguenze di un volo fallito. Chissà se, messi insieme, positivo e negativo sarebbero in grado di formare un modello di come anche

noi potremmo prendere le vie dell’aria. Metaforicamente, senz’altro. E letteralmente? Può darsi”. Le edizioni Abscondita, incentrate sul mondo dell’arte e dei personaggi che hanno fatto la sua storia e le sue avanguardie, aprono finestre inattese e curiose che vanno ben al di là dei cataloghi e delle biografie che altre case editrici propongono. I suoi piccoli volumi, preziosi sin nella scelta del supporto cartaceo, ci svelano retroscena culturali e caratteriali di importanti artisti grazie al recupero e all’interpretazione di scritti, lettere, materiale storico che resta per lo più nascosto alle prime rivisitazioni. Nascono così piccoli capolavori di ingegno e sensibilità, che sanno cavalcare - con astuzia ed eleganza - le esposizioni di rilievo nel nostro paese. Attualmente, ad esempio, sono visitabili a Milano le mostre “Artemisia Gentileschi, storia di una passione” e “Cézanne, les ateliers du midi”, entrambe a Palazzo Reale. La prima, incentrata su una figura femminile dall’accesa personalità, vissuta nel ‘600 e figlia d’arte, è stata un’artista molto rinomata e attiva grazie alle numerose

committenze di personaggi di potere. Nel nostro secolo Artemisia viene ricordata tuttavia più per il suo temperamento forte e femminista famosa la storia di un processo per stupro che l’ha vista protagonista - che per la sua arte. La mostra a Palazzo Reale, in scena fino al 29 gennaio prossimo, vuole finalmente riaccendere i riflettori sulla sua valenza di pittrice, grande e stupefacente. La casa editrice Abscondita esce in tale occasione con il volume “Gentileschi, padre e figlia” di Roberto Longhi, che si sofferma sulle due spiccate personalità e sulle vicende che ruotano intorno a tale famiglia. Sempre nelle edizioni Abscondita, di qualche anno fa è Lettere precedute da “Atti di un processo per stupro”, della stessa Artemisia Gentileschi, sul tema della violenza sessuale da lei subita. La mostra “Cézanne, les ateliers du midi” è visitabile a Milano fino al 26 febbraio 2012. Abscondita celebra il grande pittore impressionista con Lettere, di Paul Cézanne, raccontate così

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A destra: Artemisia Gentileschi, La Vergine che allatta il Bambino (1616-1618 Firenze, Galleria Palatina), olio su tela in mostra a Milano I libri di Abscondita su Artemisia Gentileschi e il libro di Greenway Libreria Le mille e una pagina, C.so Garibaldi 7 27036 Mortara (PV) | 0384.298493 | www.lemilleeunapagina.com


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da Elena Pontiggia: “La prima lettera di Cézanne che conosciamo si apre con un’immagine della pioggia e della primavera. L’ultima inizia accennando alla pioggia e all’autunno. [...] Queste carte si possono leggere come un diario psicologico dell’artista, tanto più rivelatore quanto più involontario e inconsapevole: una testimonianza di quel passaggio dall’eccedenza alla contrazione che si riconosce nella sua pittura e si intuisce nella sua vita. Per questo, in molti punti, diventano quasi una didascalia indiretta dei dipinti.” Ugualmente interessante il libro Lettere su Cézanne, di Rainer Rilke, scritte dal poeta alla moglie Clara Westhoff nell’ottobre del 1907. Le opere di Cézanne sono in questo caso “l’illuminazione” che apre al Rainer una diversa visione del mondo e quindi dà impulso alla sua vena narrativa, prima di allora ancora debole. Le mostre d’arte a cui assistiamo ci aprono spesso nuove dimensioni mentali che da sole valgono la pena di un viaggio, di un pomeriggio trascorso all’interno di un museo. Alcune mostre più di altre ci sanno toccare nelle nostre corde più intime, perché ci riconosciamo in uno stile, in un messaggio, in un valore che l’artista ha saputo - e in questo si è reso portavoce di una collettività - esprimere al meglio. La partecipazione visiva e sensoriale a un’esposizione può essere corredata ed accentuata dalla lettura di testi che approfondiscono la vita di un artista e i suoi spazi vitali, cosicché l’ampliamento emotivo dovuto alla nostra comprensione della mostra trovi appigli culturali di cui nutrirsi e con cui approfondire questi innamoramenti. Vi invito quindi caldamente a partecipare alle esposizioni di Artemisia e Cézanne e ad approfondire culturalmente la vita e i retroscena di questi grandi interpreti dell’arte.

I libri di Abscondita su Cézanne

Cézanne, Grande pino e terre rosse (1890-1895) olio su tela

* Culture dal mondo, sito realizzato da Alessia Delcré e Francesca Desiderio, nasce dalla comune passione delle autrici verso la letteratura e tutte le forme di sapere e creatività umane. Attraverso il suo blog, propone articoli di arti e culture, viaggi e recensioni di libri stranieri non ancora tradotti in Italia. sito: www.culturedalmondo.it blog: culturedalmondo.blogspot.com

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CULTURA E’... ANCHE UNA BUONA TAVOLA! RUBRICA DI CUCINA E DINTORNI A CURA DI ALBERTA MAFFI Negli orti e nei giardini avvolti dalla nebbia lomellina, spuntano degli alberi che portano generosi frutti arancioni: i cachi. Ne bastano 5 o 6, di questi frutti dolci e succosi, per preparare una marmellata “coccolosa” da gustare in queste fredde

giornate invernali, mentre fuori la nebbia ci perseguita... Oppure, visto che il Natale si avvicina, potrebbe essere un regalo originale e un modo goloso per augurare un buon anno nuovo .

PRIMA UN PO’ DI STORIA....

Il Diospyros kaki è un albero da frutto originario dell’Asia orientale, ed è noto anche come Loto del Giappone. E’ una delle più antiche piante da frutta coltivate dall’uomo, nota già nella Cina di 2000 anni fa, mentre la sua descrizione botanica risale al 1780. In Europa e in America, si diffuse a partire dalla metà del XIX secolo; in Italia, i primi impianti sono del 1916, in Sicilia e da qui estendendosi particolarmente in Emilia. Oggi, l’albero del kaki (o cachi) è considerato un “albero della pace”, in quanto a Nagasaki, dopo il bombardamento con l’atomica del 9 agosto 1945, solo pochi alberi sopravvissero.

... E ORA LA RICETTA

Ingredienti: 5 - 6 cachi 2 mele 300 g di zucchero 1 limone Esecuzione: Pelate e tagliate a pezzetti i cachi e le mele e togliete la scorza al limone. Mettete i pezzi di frutta in una casseruola antiaderente, aggiungete lo zucchero e lasciate cuocere per circa un’ora sul fuoco. Nel frattempo, tagliate a striscioline la scorza del limone e sbollentatela per 2 minuti. Quando la miscela di frutta si sarà rappreso, mettete tutto nel mixer, fino a che si ottiene un composto omogeneo. Aggiungere le strisce di limone, mettere nei vasetti sterilizzati, capovolgere e lasciare raffreddare.

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Prossimamente in libreria: Il 27 novembre, alle ore 17,30, abbiamo presentato il libro “Amsterdam è una farfalla” di Marino Magliani, edizioni Ediciclo, in collaborazione con l’Associazione “Tracce di Territorio” e dello scrittore lomellino Angelo Ricci La casa editrice Ediciclo è specializzata in letteratura d a v i a g g i o, s o p r at t u t t o relativa alla bicicletta. In questo libro, l’autore ci offre un’originale visione di una città bellissima quanto misteriosa, Amsterdam appunto, in compagnia di un eccentrico scrittore, un editore collerico, un’irriverente giovane donna con il suo cane breton.

DA: L IB R E R IA L E M IL L E E U N A PA G IN A C .s o G ar ib al di 7 2 7 0 3 6 M or ta ra (P V ) 0 3 8 4 .2 9 8 493 in fo @ le m il le eu na pa gi na .c om

Indovina l’autore:

Libreria in collaborazione con l'Associazione TRACCE DI TERRITORIO presenta

“AMSTERDAM E' UNA FARFALLA” di Marino Magliani

Un eccentrico scrittore, un editore collerico, un'irriverente giovane donna col suo cane breton attraversano la città labirintica e misteriosa in bicicletta, la guardano dall'alto, si perdono nei suoi segreti che devono restare tali... perché Amsterdam è una farfalla

domenica 27 novembre ore 17,30 moderatore dell'incontro Angelo Ricci sarà presente l'autore presso la Libreria Le mille e una pagina C.so Garibaldi, 7 – Mortara INGRESSO LIBERO

Chi vuole partecipare, può inviare una mail oppure passare in libreria e lasciare la risposta. Il primo lettore che ci invierà o porterà la risposta giusta vincerà un buono da spendere nella nostra libreria.

Soluzione del numero precedente:

Nessuno ha indovinato la citazione più volte proposta. Si trattava di “Molto rumore per nulla” di Shakespeare (IV, 1, versi 315-320)

LETTERARIA Novembre - Dicembre 2011

A CURA DI:

Alessia Delcré Laura Fedigatti Alberta Maffi Francesca Protti

Anno 1 - Numero 6


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