INDICE
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Silvia Lanteri, Davide Simoni, Valentina Rossella Zucca NOTA DEI CURATORI Come leggere questo libro
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Arturo Lanzani INTRODUZIONE Un viaggio progettuale lungo le coste italiane dopo la stagione della crescita e a fronte di crescenti fragilità
GEOGRAFIE ALLARGATE ATTRAVERSO UN ARCIPELAGO DI LUOGHI E PROGETTI 24
Antonio De Rossi, Laura Mascino Sulla necessità di uno sguardo progettuale rigenerativo
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Silvia Lanteri Sull’importanza di costruire immagini e scenari. Una Sicilia pulviscolare
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Marco Navarra Architettura geologica
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Paolo Pileri Lentezza ed esplorazione: paradigmi rigenerativi per l’Italia di mezzo
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Chiara Nifosì Tra mare e terra. L’acqua nel disegno litoraneo
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Mariavaleria Mininni Litoranei interni e profondità costiere
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Enrico Formato La costa come bene di consumo. Origini ed esiti del processo di spoliazione e spunti per una inversione di tendenza
SARDEGNA UN VIAGGIO TRA LE SUE RUGHE E I SUOI FIANCHI 138
Pietro Clemente Per una antropologia storica del paesaggio. Note sulla Sardegna
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Ester Cois Passaggi(o) a Sud-Est. Solanas: tre popolazioni, tre rappresentazioni
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Davide Simoni Suoli del turismo in Sardegna
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Valentina Rossella Zucca Piccola pedagogia delle recenti progettualità in Sardegna. In equilibrio tra urbanità e naturalità, un agire progettuale
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Alessandra Casu Echi dal margine
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Roberto Dini “In Sardegna non c’è il mare”. Appunti per un’esplorazione geografico-progettuale dell’entroterra
LA VALLATA DI SOLANAS COSTRUIRE NUOVE NARRAZIONI ATTRAVERSO IL PROGETTO 246
Silvia Lanteri, Davide Simoni, Valentina Rossella Zucca Il caso della vallata di Solanas, nel Sud Sardegna
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NOTE BIOGRAFICHE
Arturo Lanzani
INTRODUZIONE Un viaggio progettuale lungo le coste italiane dopo la stagione della crescita e a fronte di crescenti fragilità
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TeMa Territori Marginali
Le
coste italiane hanno conosciuto nel corso del Novecento una trasformazione radicale. Come è noto per tutto il secolo, ma con una grande accelerazione nel secondo dopoguerra, si è registrato un enorme movimento della popolazione dalle aree interne alle aree costiere e un processo di urbanizzazione ed edificazione. I fattori di questa crescita sono assai noti: la capacità attrattiva di un nuovo sistema infrastrutturale, in molte zone del paese disposto in prossimità della costa (strade statali, ferrovie, autostrade); le possibilità di insediamento e di iniziale sviluppo agricolo in molte aree bonificate; lo sviluppo di molteplici forme di industrializzazione (di tipo fordista e talvolta distrettuale), sulla linea di costa e nei tratti finali di fondovalle; infine lo sviluppo turistico balneare più frequentemente sostenuto dalla costruzione di seconde e terze case, oltre che di alberghi, per popolazioni vicine (che danno carattere definitivo e solido a forme storiche di presenza costiera stagionale) e soprattutto popolazione di città ‘lontane’. Il tutto accompagnato dalla crescita di attrezzature di servizio e commerciali che ora seguono quei fenomeni, ora diventano esse stesse nella loro autonomia fattori di crescita in un meccanismo circolare cumulativo. Nel complesso si è trattato di una crescita quasi sempre priva di schemi ordinatori in grado sia di evitare la distruzione di uno straordinario bene posizionale – la linea di costa – con un eccessivo carico insediativo sia di garantire un certo livello di nuova urbanità e di naturalità diffusa, capace di costruire uno spazio dell’abitare di qualità diverso ma non minore da quello delle tradizionali città compatte, un nuovo tipo di spazio collettivo e di servizio. Persino la spiaggia in molti casi non è riuscita a rimanere spazio in comune, privatizzato con il regime delle concessioni o letteralmente distrutto con edifici che vi insistono. Certo tutto ciò è avvenuto con qualche eccezione. Ne segnaliamo tre: qualche più felice urbanizzazione destinata tuttavia a una minoranza di privilegiati, secondo una logica di valorizzazione ‘oligopolista’ che da sempre si configura come l’alternativa alla distruzione di massa e ‘democratica’ di beni posizionali; qualche tratto dove il tradizionale insediamento a mare di centri urbani e borghi costieri è stato recentemente riscoperto e riqualificato attraverso apprezzabili politiche integrate urbane; infine, qualche tratto dove, grazie alla commistione di buoni vincoli paesistici-ambientali e particolari condizioni orografiche e di difficile accessibilità, il territorio e il paesaggio delle “aree interne” arriva ancora al mare. Con il nuovo millennio qualcosa cambia in questo processo. Innanzitutto su tutte queste urbanizzazioni si registrano dinamiche abbastanza generalizzate di fragilizzazione. Queste dinamiche da un lato sono dovute alla congestione delle reti infrastrutturali sovralocali (le molte statali e provinciali costiere) su cui si sono appoggiate le nuove urbanizzazioni, o alla cattiva qualità tecnica, al sovraccarico o addirittura assenza di urbanizzazioni primarie – fogne, acquedotti, strade, soprattutto laddove ha prevalso la costruzione abusiva – e alla cattiva qualità del patrimonio edilizio costruito in fretta, che INTRODUZIONE Arturo Lanzani
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in alcune sue porzioni subisce una obsolescenza più veloce per la corrosione marina, oltre che ad una carenza strutturale non solo di quelli spazi di urbanità (piazze, accessi al mare, spazi per i pedoni e per la mobilità dolce, spazi verdi fruibili) di cui si è detto, ma anche di basilari servizi di welfare educativi e sanitari (in particolare nell’Italia meridionale). Dall’altro lato segni di fragilizzazione e di criticità nascono dal fatto che queste urbanizzazioni sono state costruite senza alcuna sapienza ambientale: sono cresciute talvolta in zone franose e in ambiti ad alto rischio sismico e vulcanico, ancor più spesso a ridosso di fiumi, risultando soggette a periodiche esondazioni che frequentemente hanno distrutto i sistemi dunali che alimentavano le spiagge e stabilizzavano la linea di costa; infine con prelievi non di rado incontrollati hanno favorito fenomeni di salinizzazione della falda. Una fragilizzazione dovuta inoltre ad un cambiamento climatico i cui impatti sono più rilevanti proprio sulle coste: con bombe d’acqua che gonfiano fiumi che proprio alla foce trovano maggiori strozzature e generano danni umani più rilevanti e con l’innalzamento del livello del mare che ha impatti assai differenti, ma talvolta molto pesanti, sulla linea di costa. In relazione a questi elementi crescenti di fragilità, ma anche in ragione di dinamiche interne socio-economiche, il quadro delle urbanizzazioni costiere si fa molto più differenziato. In alcune sue porzioni si registrano dinamiche di filtering up di costose e selettive valorizzazioni, accompagnate da intensi investimenti e talvolta ulteriori privatizzazioni. Altrove prevalgono dinamiche di filtering down di marginalizzazione sociale. Due dinamiche contrapposte che investono la stessa non irrilevante componente di edilizia abusiva. In taluni casi più limitati si manifesta più radicalmente qualche dinamica di decrescita demografica e di contrazione, con conseguente abbandono e persino qualche demolizione di edifici. Infine, nei tratti costieri non stravolti dall’urbanizzazione recente (nelle città storiche di costa e nelle zone ancora naturali o agricole che arrivano al mare) emergono nuove ipotesi di sviluppo, talvolta assai discutibili e ancora distruttive, talvolta virtuose e in un qualche dialogo con nuovi approcci allo sviluppo e al progetto e alle politiche maturati nelle aree interne. Insomma non tutto cambia, ma di certo il lungo ciclo di trasformazioni che ha caratterizzato il Novecento sembra definitivamente chiuso e si delinea un futuro incerto, che in qualche misura può essere orientato.
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TeMa Territori Marginali
Se questo è a grandi linee il divenire, proviamo ora ad immaginare un viaggio sulle coste italiane al fine di segnalare i diversi depositi di questa urbanizzazione, scoprire le loro linee di recente trasformazione ed iniziare ad immaginare i loro futuri possibili.
VIAGGIANDO LUNGO LE COSTE, UNA VARIETÀ DI TEMI PROGETTUALI _
Laddove la campagna e la montagna boscata incontrano ancora il mare Il primo contesto che incontriamo in questo viaggio è quello che riguarda i non numerosi, ma comunque presenti, tratti di costa dove questo fenomeno di urbanizzazione non si è dato, dove la campagna, il bosco o la macchia mediterranea, quindi la natura prima o seconda, ancora incontrano il mare. Questo contesto è al centro dei tentativi di salvaguardia dei non molti piani paesaggistici redatti, in primis di quello sardo (approvato nel 2006). A questo proposito vanno dette due cose. In primo luogo si deve insistere sul fatto che il tema della tutela è ancora attuale, poiché le minacce dell’urbanizzazione ci sono ancora e portano a modificare piani e vincoli paesaggistici – o ad aggirarli, o a non redarli – e perché il consumo di suolo sulle fasce costiere è ancora elevato, come evidenziano i dati ISPRA. In secondo luogo bisogna ribadire che tutelare questi contesti non vuol dire fare nulla: in alcuni tratti di campagna pianeggiante che arriva al mare vanno sostenute le forme più ecologiche e virtuose di agricoltura, va incentivata la biodiversità e possono essere ricostituiti i fondamentali sistemi dunali, mentre nelle aree scoscese e boschive è necessario promuovere un'azione manutentiva troppo spesso carente. In tutti i casi molte di queste azioni, specialmente di ricostruzione dunale, di introduzione di elementi di biodiversità nelle campagne, possono essere affiancate alla costruzione di alcuni percorsi di mobilità lenta (sentieri e ciclabili), di nuovi belvedere, di recupero di vecchie architetture (agricole, militari, civili, ecc.) e di inserimento al loro fianco di nuovi elementi (con gusto innovativo e non becero mimetico ambientalismo), di qualche puntuale nuova attrezzatura di servizio, ed anche di selettiva demolizione di edifici paesaggisticamente incongrui, dentro un complessivo progetto di infrastrutturazione leggera, di ripensamento ecologico e paesaggistico. Questo incontro tra terra e mare non filtrato dall’urbanizzato non è solo un valore da difendere, ma può essere motore di un progetto di sviluppo, di territorio e di paesaggio nuovo.
Nei borghi e centri storici marini Anche questo contesto, come il precedente, non è stato direttamente coinvolto dal fenomeno trasformativo di cui si è detto. Inizialmente fattosi ‘periferia’ nella nuova urbanizzazione, a partire dalla fine degli anni ottanta è stato ‘riscoperto’ ora dalle pratiche diffuse di riuso turistico, ora grazie a delle politiche pubbliche di rinnovo urbano. Certo permangono situazioni con INTRODUZIONE Arturo Lanzani
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Milano
Venezia
Torino Ostana
Durazzo Castel Volturno Napoli Lecce
Giampilieri Salemi
P. Armerina Gela
Caltagirone Pachino
Valona
GEOGRAFIE ALLARGATE ATTRAVERSO UN ARCIPELAGO DI LUOGHI E PROGETTI
Antonio De Rossi Laura Mascino
Sulla necessità di uno sguardo progettuale rigenerativo
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TeMa Territori Marginali
Rigenerazione, al pari di resilienza o QUESTIONI sostenibilità, è un termine che pur nella sua _ genericità e ambiguità, nel suo utilizzo inflazionato e talvolta improprio, si configura come prezioso, perché indicatore di un preciso cambiamento di stato e di paradigma. La rigenerazione infatti porta con sé la presa d’atto di processi di infragilimento, allentamento, disgregazione delle consuete modalità di funzionamento delle realtà urbane e territoriali non più affrontabili con le tradizionali policies di inclusione sociale, riattivazione economica, riqualificazione fisica. Con una sottolineatura: tali processi non sembrano più concernere le sole periferie urbane e aree interne, ma, a macchia di leopardo, l’intero sistema territoriale italiano ed europeo, anche negli spazi storicamente più consolidati. Nella letteratura urbanistica questi esiti – determinati dalle poderose trasformazioni della recente fase neoliberista – sono ricondotti a diverse concause, come ad esempio le dinamiche competitive di centralizzazione-concentrazione-specializzazione sulle grandi città e al contempo i fenomeni di dispersione insediativa e uso allargato del territorio, il ritrarsi del welfare e della presenza pubblica, la riorganizzazione dei sistemi produttivi e di distribuzione delle merci, l’ampliamento a dismisura del patrimonio costruito, la diffusione di tecnologie come l’e-commerce. Tutti questi temi – enfatizzati e resi evidenti dalla recente crisi sanitaria del Covid-19 – hanno determinato in modo diffuso sul territorio il venir meno di condizioni di urbanità e ‘massa critica’ in termini di funzioni e condizioni di cittadinanza, di welfare e socialità. Una progressiva rarefazione e svuotamento di usi che genera abbandono e sottoutilizzo dei patrimoni costruiti – con relativo degrado e perdita di valore – anche in spazi ritenuti finora sicuri e stabili, come quelli abitati dai ceti medi. In termini più radicali, utilizzando il lessico di Saskia Sassen, si potrebbe dire che la costruzione di «margini sistemici» a scala planetaria va di pari passo, a livello microfisico, con la creazione di margini interni in cui vengono meno le consuete modalità di produzione del valore (economico, immobiliare, ecc.). Non più capaci di generare valorizzazione ed estrazione di profitti, questi spazi sono oggetto di un processo di espulsione a favore di altri territori. Non si tratta quindi di un semplice ‘di più’ rispetto ai consueti fenomeni di esclusione sociale o di impoverimento del tessuto economico, che richiede un conseguente ‘di più’ in termini di policies. È un cambiamento di stato che fa saltare i meccanismi usuali di funzionamento dei territori, e che mostra come le progettualità incentrate sull’idea di riqualificazione, innanzitutto fisica – come quelle della stagione dei programmi urbani complessi della fine dello scorso secolo – non siano più sufficienti. Spazialmente e geograficamente, questo richiede una radicale mutazione di sguardo: la fragilità non è più solamente confinata fuori, verso le periferie esterne, ma prende corpo sempre più DD-Social. © Laura spesso dentro, generando fenomeni di crisi che oltre a creare mille linee di Mascino SULLA NECESSITÀ DI UNO SGUARDO PROGETTUALE RIGENERATIVO Antonio De Rossi, Laura Mascino
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Silvia Lanteri
Sull’importanza di costruire immagini e scenari Una Sicilia pulviscolare
San Berillo, Catania. © Gianluca Basile
In un quadro generale di rinnovato inALLARGARE LO teresse dell’architettura per il ‘non-urbano’ si SGUARDO VERSO assiste ad una crescente attenzione mediatica rivolta a un (auspicabile) ‘ritorno alla ruraliI MARGINI tà’, tema che negli ultimi anni trova sempre _ più spazio all’interno del dibattito disciplinare attraverso l’eco di vetrine importanti. Ne sono alcuni esempi il lavoro curato da Mario Cucinella – Arcipelago Italia – all’interno della Biennale Architettura di Venezia nel 2018, o la mostra di Rem Koolhaas al Guggenheim Museum di New York – Countryside: The Future, accompagnata dal manuale Countryside, A Report – del 2020. In particolare negli ultimi mesi, a causa dell’insieme di cambiamenti e riflessioni imposto dalla pandemia, il dibattito si è intensificato, sfociando in un’alternanza di autorevoli voci che si sono contese la parola talvolta tra semplificazioni e banalizzazioni della questione, interpretata da alcuni architetti in chiave bucolica1. Tuttavia, se guardiamo agli ultimi decenni, la riflessione sui concetti di ‘fragilità’ e ‘marginalità’ si è articolata e complessificata nell’intreccio di varie discipline: a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso la sociologia rurale e del territorio associa il concetto di ‘marginalità sociale’ a quello di ‘marginalità territoriale’, indagando per la prima volta i processi di innovazione ai margini e l’importanza del locale all’interno di scale più ampie (Carrosio, 2019). Da queste prime ricerche muove il dibattito portato avanti dalla comunità di pratica Aree Fragili che si riunisce ogni anno a Rovigo2, nonché il lavoro intrapreso attraverso l’istituzione di politiche a scala nazionale in contrasto allo spopolamento, quali la SNAI3. Nel nostro paese il territorio al di fuori dei centri urbani maggiori si costituisce attraverso una densa rete policentrica di centri minori, villaggi, aree rurali e ‘paesaggi scarichi’. Come osservato fra gli altri da De Cunto e Pasta (2021), malgrado una parte di sistema territoriale graviti sulle principali aree metropolitane, «il resto del territorio presenta una marcata marginalizzazione fisica e vocazionale ed è affetto da oggettive criticità, come lo scarso accesso ai servizi (sanità, istruzione, trasporti, telecomunicazioni), i bassi livelli di reddito e produttività, l’invecchiamento della popolazione, la vulnerabilità ambientale e il progressivo abbandono». Negli ultimi decenni si è infatti assistito a una forte trasformazione del legame insito tra piccoli e medi insediamenti e paesaggio circostante, risultante talvolta in un vero e proprio sconvolgimento degli stessi, con il venir meno di un rapporto di cura reciproca consolidatosi nel tempo lungo. La messa in crisi di questi equilibri, ossatura portante del paesaggio italiano, ha acuito alcune vulnerabilità sociali, economiche e ambientali in Teatro del Carmine, modo sbilanciato, tracciando solchi più profondi ‘lungo i bordi’. a Salemi, progettato Seppur nei suoi evidenti limiti, l’attuale dibattito attorno alla ne- da Marcella Aprile, Venezia e cessità di ristabilire questi equilibri tornando ad una dimensione rurale Francesco Roberto Collovà. © – o se non altro distogliendo l’attenzione dai grandi centri per indirizzarla Alessandro Depaoli SULL’IMPORTANZA DI COSTRUIRE IMMAGINI E SCENARI Silvia Lanteri
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Spazi occupati da Periferica, Mazara del Vallo. © Silvia Lanteri
Spazi occupati da Periferica, Mazara del Vallo. © Silvia Lanteri
Street art nella cornice di Farm Cultural Park, Favara. © Gianluca Basile
Street art nella cornice di Farm Cultural Park, Favara. © Gianluca Basile
Marco Navarra
Architettura geologica
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TeMa Territori Marginali
Nature is the maker. It is the giver of presences. You can have a thought, but a thought has not presence until you call on Nature to exercise its powers of order to make it manifest (…) Material is spent light you’re spent light, the trees are spent light, the atmosphere is spent light, water is spent light. All material is spent light. Louis I. Kahn1 Le rapide trasformazioni, che in questi NELLE PIEGHE DEL tempi stanno piegando i destini degli uomini PAESAGGIO e della Terra, reclamano la messa a punto di strumenti di lettura e descrizione rigorosi e _ rinnovati per interpretare e misurare le nuove configurazioni che appaiono e si susseguono rapidamente. Occorre interrogare e intrecciare vecchi e nuovi strumenti che muovano l’osservazione e la rappresentazione verso l’immaginazione e la prefigurazione. In questa direzione mi pare di grande utilità indagare esempi del passato spesso dimenticati che ad uno sguardo attento possono riservare inaspettate sorprese e impensate potenzialità. Nel 1963 Aldo Sestini cura per il Touring Club Italiano il libro “Il paesaggio” che costituisce il settimo volume della collana “Conosci l’Italia”. Si tratta di un viaggio attraverso l’Italia, da Nord a Sud, che presenta la varietà dei paesaggi mostrando e spiegando le differenze, i caratteri e le ragioni, spesso invisibili, delle forme apparenti. Il libro descrive i paesaggi geografici italiani intesi come «elementi oggettivi manifesti all’osservazione diretta, in sé e nei reciproci rapporti spaziali» (Sestini, 1963: 11). Nell’introduzione l’autore chiarisce meglio alcuni punti e, a partire dall’idea che «alla base del paesaggio sta […] la superficie terrestre, non nell’insieme, ma nei suoi singoli tratti» (Sestini, 1963: 9), esplora quel sottile confine che, nella parola paesaggio, intreccia tra loro «vedute reali» e vedute possibili, percezione e dati oggettivi. In questo modo il concetto di paesaggio si libera dall’idea di una veduta determinata e diventa «complessa combinazione di oggetti e fenomeni legati tra loro da mutui rapporti funzionali (oltre che di posizione) si da costituire un’unità organica» (Sestini, 1963: 10). Il testo è accompagnato da foto a colori e in bianco e nero, da disegni analitici e illustrativi e da mappe. La loro sequenza e il loro accostamento si compone con la scrittura, precisando le descrizioni e illuminando le parole con immagini chiare e incisive. Le fotografie sono stampate su una carta diversa da quella del testo e sono composte all’interno di tavole, ognuna delle quali occupa una pagina. Le foto mostrano i paesaggi percepiti attraverso visioni aeree o panoramiche. Ci restituiscono gli aspetti sensibili, il peso del cielo, le forme del tempo. Ogni foto è un Marco Navarra Nowa, grumo di vita, un intreccio di tempi diversi. Le inquadrature selezionano Giardino-arena al San Michele gli oggetti significativi e ce li mostrano con ricchezza di dettagli e grande Tempio, di Ganzaria 2002. © profondità di campo. Sono immagini che colgono in estrema sintesi le P. Maisto. ARCHITETTURA GEOLOGICA Marco Navarra
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Sinnai
ex SS 125
Costa Rei
Castiadas ex colonia penale
Cagliari
nuova SS 125
Torre delle Stelle Solanas Villasimius
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TeMa Territori Marginali
LA VALLATA DI SOLANAS COSTRUIRE NUOVE NARRAZIONI ATTRAVERSO IL PROGETTO
«IN SARDEGNA NON C’È IL MARE» Roberto Dini
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IL CASO STUDIO DI SOLANAS, AL CROCEVIA TRA CITTÀ METROPOLITANA E AREE INTERNE _
Il settore sud-orientale della Sardegna è contraddistinto dal massiccio granitico dei Sette Fratelli, a nord una depressione ne segna il confine netto con il Sarrabus, sui lati la pianura del Campidano a ovest e di Castiadas a est. Sul versante sud-est dal mare si agganciano una serie di valli profonde, segnate dai processi erosivi dei vari rii che le attraversano, che si estendono verso nord-ovest e disegnano un’aspra increspatura su tutto il massiccio. La valle di Solanas si solleva fin quasi a toccare quella di Castiadas, percorsa dall’omonimo rio che le ha dato il nome, ha visto costituirsi un suolo alluvionale (Aru et al., 1991) che ne contraddistingue il paesaggio e che nel tempo ha accolto una serie di relazioni e usi legati al mondo rurale. La storia recente di Solanas, annessa al Comune di Sinnai dopo lo scioglimento delle cussorge che ne gestivano le relazioni, ci parla di una crescita insediativa di tipo residenziale-turistico a partire dagli anni Settanta, con un picco negli anni Ottanta. L’insediamento di seconde case rimane oggi sospeso tra permanenze di ruralità e adesione a modi di abitare temporanei turistico-balneari. La litoranea ha costituito fino al 2010 – data di apertura della nuova statale 125, che corre lungo l’entroterra – l’accesso privilegiato alla costa, costruendo una narrazione e un tipo di fruibilità che ha in qualche modo alterato le relazioni con l’intera vallata nella sua profondità
Maquette di lavoro. Solanas.
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TeMa Territori Marginali
interna e con il sistema dei Sette Fratelli. Il Comune di Sinnai di cui fa parte, pur con 17.000 abitanti, soffre una condizione di marginalità rispetto al peso ingombrante della città metropolitana di Cagliari, compreso in un sistema territoriale storicamente connesso più alla montagna che non alla piana del Campidano3. Anche la vallata di Solanas è stata a lungo caratterizzata da una vocazione pastorale, legata alla transumanza estiva, e agricola, con la coltura dei mandorli e dei vigneti. Di quel passato rurale permane ancora qualche traccia, anche se molto risulta cancellato dall’arrivo dell’infrastruttura e delle seconde case, come descritto. Tuttavia, l’essere a margine di due sistemi territoriali – quello della Città Metropolitana di Cagliari da un lato, e della vallata di Castiadas dall’altro – rappresenta per Solanas una risorsa importante su cui costruire un nuovo immaginario, reso oggi possibile anche dal nuovo tracciato della strada statale che ne modifica importanti gerarchie. Tracce di un passato rurale, storica residenza ricreativa dei sinnaesi e nuovo possibile margine abitato della città metropolitana costituiscono degli importanti elementi su cui costruire una nuova narrazione, distante dal modello turistico che le vicine Villasimius e Costa Rei propongono, che sia in grado di valorizzare forme di turismo più lente, caratterizzate da una dimensione domestica, favorendo la ripresa di relazioni indebolite tra tessuto abitativo, mare, campagna e montagna. La struttura geologica stessa costituisce un’importante presa su cui costruire progettualità più ‘aderenti al suolo’, che esaltino le specificità di questo paesaggio. La località di Solanas incarna alcune delle fragilità e dei limiti descritti dai saggi raccolti in questo libro, situandosi tuttavia, come sopra descritto, in quello che Di Campli (2019) – riprendendo le affermazioni di Jurdao (1979) – definirebbe ‘turismo residenziale’, concetto nato alla fine degli anni Settanta per osservare i caratteri spaziali dei processi di urbanizzazione legati alla costruzione di seconde case per vacanze, soprattutto in contesti balneari, un termine «stridente, scaturito dalla tensione insita tra due termini in contrapposizione. Il primo connesso alla temporaneità, il secondo espressione di stabilità» (Di Campli, 2019: 35). Il workshop di progettazione TeMa si concentra su questo piccolo centro costiero, cercando di esplorarne i tratti caratteristici mantenendosi in bilico tra le due dimensioni che lo compongono: quella della stagionalità e dell’intermittenza, legate a un intenso turismo vacanziero che si concentra quasi unicamente sulle spiagge, e quella della permanenza, riguardante le pratiche dell’abitare stanziale, in continuità con il passato, che da sempre instaurano un rapporto di cura con la vallata. Riprendendo le parole di Settis riferite al pensiero di Tullio Pericoli (2019: 9), il paesaggio è come un volto noto, la lingua materna che risuona nella nostra mente dall’infanzia: «in essa ogni solco, ogni albero, ogni tratto d’acqua, ogni collina racconta millenni di presenza umana, ne assorbe la memoria e la rispecchia» andando a costituire le tracce di quel palinsesto esplorato da Corboz nei propri scritti (1985). Uno degli obiettivi del lavoro IL CASO DELLA VALLATA DI SOLANAS, NEL SUD SARDEGNA Silvia Lanteri, Davide Simoni, Valentina Rossella Zucca
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IL CASO DELLA VALLATA DI SOLANAS, NEL SUD SARDEGNA Silvia Lanteri, Davide Simoni, Valentina Rossella Zucca
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