Apprendista a Taliesin

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Versi di un canto Navajo Tutto quello che hai visto, ricordalo, perché tutto quello che dimentichi ritorna a volare nel vento.1


INDICE

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Prefazione William J.R. Curtis

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Premessa Taliesin Arizona dall’Arizona al Wisconsin Wisconsin dal Wisconsin all’Arizona Taliesin West Conclusione

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note

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Bibliografia

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ELENCO DEI MEMBRI E DEGLI APPRENDISTI DELLA COMUNITÀ DI TALIESIN

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SELEZIONE DEI RIFUGI NEL DESERTO DEGLI APPRENDISTI DELLA COMUNITÀ DI TALIESIN

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Indice dei luoghi, dei nomi e delle architetture

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FONTI ICONOGRAFICHE E CREDITI FOTOGRAFICI RINGRAZIAMENTI


1. Taliesin West, Scottsdale, Arizona (1938) vista in direzione sud lungo la piattaforma diagonale dallo studio di Frank Lloyd Wright verso le capriate di legno inclinate della sala da disegno, ottobre 2018. 6

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PREFAZIONE William J.R. Curtis

Memorie, sogni, riflessioni: l’universo di Frank Lloyd Wright “Il passato riappare perché è un presente nascosto”.2 Octavio Paz

Questo libro è stato scritto in un capanno di legno all’interno di un piccolo bosco sulla costa nordoccidentale della Sicilia, un posto magico che ha ispirato l’autore con le sue viste aperte sul Golfo del Cofano, un paesaggio stregato dall’Antichità. Mentre la brezza del mare soffia tra le fronde dei carrubi e delle palme che circondano il suo rifugio rurale, l’autore proietta la sua mente su un altro paesaggio, quello dell’arido deserto dell’Arizona con i suoi cactus saguaro, i suoi ruscelli sabbiosi e i vasti orizzonti delle montagne dove trent’anni prima aveva passato un periodo fondamentale della sua gioventù. Francesco Santoro ha utilizzato il confinamento forzato del 2020 per rivivere eventi e luoghi che aveva sperimentato nel lontano 1989 quando aveva lasciato l’Italia e intrapreso un viaggio di ricerca e di scoperta di se stesso, frequentando per un anno e mezzo la Comunità di Taliesin di Frank Lloyd Wright. Quest’ultima aveva sede a Taliesin West, il capolavoro nel deserto dell’architetto, progettato e costruito a partire dal 1938 a Scottsdale, non lontano da Phoenix. Con le sue piattaforme rocciose, i muri di pietra grezza e cemento e i tetti inclinati simili a tende sostenuti da capriate di legno, questo progetto straordinario richiamava un paesaggio mitico ricco di echi archetipici. Rappresentava l’inno di Wright al deserto del Sud Ovest, alla sua prorompente natura e alle sue ancestrali memorie indiane.3 8

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Stanco della sterilità dell’educazione architettonica italiana e motivato dal paladino dell’architettura wrightiana Bruno Zevi, il ventenne studente italiano aveva fatto un salto nell’ignoto. Questa è l’avventura raccontata in questo libro che delinea una ricerca giovanile di conoscenza architettonica. Il testo ha il carattere di un viaggio personale condotto attraverso lo spazio e il tempo. Ma Apprendista a Taliesin, una esperienza personale nella scuola di Frank Lloyd Wright è molto più di una semplice memoria autobiografica. Corroborata da una solida ricerca storica sull’evoluzione e sulle personalità presenti nella Fondazione di Taliesin di Frank Lloyd Wright sin dalla sua costituzione negli anni '30, la descrizione di Santoro della vita quotidiana di Taliesin offre approfondimenti sul patrimonio del sistema di valori originari (“l’imparare facendo” e “la filosofia organica”) e sui modi in cui si è trasformata nel tempo. L’autore racconta i metodi educativi usati alla fine degli anni '80 e le comuni attività lavorative e ricreative. E poi ci sono le personalità: William Wesley Peters, un rappresentante della vecchia generazione, e soprattutto Bruce Brooks Pfeiffer, il custode della memoria collettiva e degli archivi dei disegni conservati in una cripta blindata. Non esiste probabilmente maniera migliore per imparare i fondamenti dell’architettura che sperimentare un grande progetto in prima persona, svelando gradualmente la filosofia ed i principi guida che si celano oltre le sue forme e le sue apparenze. Ciò avviene ancora meglio quando si possono vivere questi luoghi per un lungo arco di tempo, assorbendone gli spazi, i materiali e le atmosfere lungo l’intero arco della giornata, della notte e nell’alternarsi delle stagioni. L’architettura comunica in silenzio, coinvolgendo la mente e tutti i sensi, rivelando gradualmente se stessa e la sua aura pervasiva a chi la vive. Se a questo aggiungiamo la possibilità di essere coinvolti nello stile di vita e nella visione sociale per cui la struttura era stata inizialmente immaginata, allora le lezioni da assorbire assumono una dimensione e un significato completamente nuovo. In effetti si riesce a vivere l’edificio ed il luogo, giorno dopo giorno, rievocando le intenzioni e l’immaginazione di chi lo progettò inizialmente. La descrizione dell’autore è piena di acute osservazioni riguardo all’architettura di Taliesin West, in particolare la relazione con il paesaggio circostante. Santoro riesce a scoprire le intenzioni originarie, inclusa l’orchestrazione delle viste delle montagne principali in lontananza. La planimetria di Taliesin West è come una mappa di relazioni umane che tracciano il flusso ed il Prefazione

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PREMESSA

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Chandler Arizona, aprile 1997

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i trovo ai piedi di un piccolo promontorio roccioso nel deserto dell’Arizona, alla base delle Salt River Mountains. È un sabato pomeriggio, sono arrivato con Jamie, un mio amico americano, come me ex apprendista alla Comunità di Taliesin. Abbiamo parcheggiato il pick-up in una stradina all’interno di un sobborgo periferico di villette americane tutte uguali. La lottizzazione ha lasciato miracolosamente integro questo fazzoletto di terra rialzato e allungato tra i limiti delle diverse particelle, forse proprio a causa della sua differente orografia. Non so esattamente perché siamo venuti qui a Chandler, molti chilometri a sud di Phoenix e molti più a sud di Taliesin West. Jamie inizia ad arrampicarsi sul promontorio rialzato e io lo seguo a poca distanza. Camminiamo all’ombra dei pochi cactus saguaro superstiti, mentre qualche residente innaffia distratto il prato del proprio backyard. A un tratto Jamie si china a raccogliere degli oggetti tra le pietre bruciate del deserto e mi mostra dei cocci nel terreno, frammenti di gesso, isolatori elettrici di porcellana, pezzetti di legno.

8. Cactus saguaro, Ocatillo, Chandler, Arizona, aprile 1997. 9. Il sito di Ocatillo, Chandler, Arizona, aprile 1997. 19


ARIZONA

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Taliesin West,. febbraio 1989.

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Una splendida giornata di sole nel caldo inverno dell’Arizona. Mi muovevo tra gli edifici dell’accampamento come un bambino alla scoperta del mondo, cominciando a conoscerne la dislocazione e a capirne l’uso e la spazialità. Il famoso soggiorno con il suo ingresso labirintico, chiamato Garden Room per la sua apertura sul giardino interno, la grande sala da disegno con la luminosità diffusa dei suoi pannelli traslucidi di copertura, la cucina con la sala da pranzo, il teatro e lo studio di Wright, il tutto collegato da pergole, terrazze, scalinate, passaggi in penombra o riscaldati dal sole cocente del deserto, e ancora cortili, giardini, vasche e fontane a portare refrigerio, intervallate da torri dell’acqua e campanili. Grosse pietre incise da petroglifi indiani alternate a teatrini cinesi in ceramica incassati nella muratura e alle sculture in calcestruzzo realizzate dallo scultore Alfonso Iannelli per il progetto dei Midway Gardens, punteggiavano gli snodi cruciali dell’accampamento, marcando in una sorta di processione ideale i cambi di direzione e le sequenze di attraversamento del campo.35 Un paio di settimane dopo il mio arrivo il crittoanalista di adozione indiana LaVan Martineau, in visita a Taliesin West, ci aveva spiegato il significato dei petroglifi che Wright aveva collocato nei punti strategici dell’accampamento. Con lui, dopo avere esaminato le incisioni sulle pietre, ci eravamo diretti alla base della retrostante Maricopa Hill, dove erano state originariamente trovate e trasportate dai primi apprendisti, risalendo poi la collina per studiarne altre orientate ad ovest.36 Il sito su cui sorgeva Taliesin West era stato abitato sin dall’epoca preistorica dalle tribù indiane degli Hohokam, ed in seguito dagli Hopi e dagli Apaches, che lo avevano utilizzato come territorio di caccia e per motivi rituali e cerimoniali, come testimoniato dalle incisioni rupestri che Wright aveva trovato sul posto. Proprio la presenza di questi antichi insediamenti alla base della montagna aveva convinto Wright della presenza dell’acqua e, nonostante le affermazioni contrarie del demanio governativo, era stata trovata una sorgente vulcanica di acqua calda alla profondità di 146 metri.37 Wright era arrivato in Arizona nella primavera del 1937 con l’intento di fondare la sede invernale della Comunità. Dopo diversi tentativi fatti alla ricerca del luogo migliore, nel dicembre dello stesso anno, aveva finalmente acquistato 250 ettari di terra desertica alla base delle McDowell 37


che venivano disposte sopra i massi per contenere il gocciolamento del calcestruzzo e in tal modo completare il caratteristico aspetto variopinto della muratura. Wright aveva inoltre fatto aggiungere dai suoi apprendisti delle scanalature orizzontali, che segnavano le masse murarie ad altezze diverse, a riecheggiare le linee lasciate dall’erosione dell’acqua e del vento che aveva osservato sulle pareti rocciose dei canyon durante le visite fatte con la Comunità nel nord dell’Arizona. Con la muratura del deserto erano state costruite le tre torri presenti nell’accampamento. Di profilo tronco piramidale e con coronamento in legno di sequoia la torre campanaria della cucina e la torre dell’acqua, utilizzata come riserva idrica e torre di ventilazione. Con due piani inclinati e sfalsati era stata invece realizzata la torre di entrata con il cancello in ferro, il faro di segnalazione e una piccola vasca con fontana sul retro. Particolarmente complessa era stata la realizzazione di quest’ultima torre, collocata come landmark scultoreo all’entrata del campo. Sprovvisti di idonei macchinari di sollevamento, Wright e i suoi apprendisti si erano visti costretti a recuperare le tecniche costruttive del passato, compattando il terreno in una serie di piani inclinati per raggiungere l’altezza necessaria al getto di calcestruzzo e utilizzando la carrozzeria di una vecchia Cadillac come armatura interna della torre, per sopperire alla penuria di materiali a disposizione. Nella costruzione della grande cassaforma in legno, gli anziani apprendisti mi avevano raccontato divertiti della improvvisa scomparsa del nuovissimo martello da carpentiere di cui si vantava un loro collega particolarmente vanitoso, attrezzo che era poi stato ritrovato cementato in bella vista nel getto di calcestruzzo della facciata laterale della torre. Proprio sotto la bandiera americana issata sulla torre, a marcare il punto iniziale all’entrata dell’accampamento, Wright aveva fatto in un secondo momento costruire una piattaforma quadrata di cemento dipinta di rosso con iscritta in lettere dorate la poesia di Walt Whitman: e tu, o America... anche tu hai assorbito tutto abbracciando, vincendo, dando il benvenuto a tutti, anche tu per le tue vie ampie e nuove tendi all’ideale. Le compassate fedi di altre terre, le grandezze del passato non sono per te, ma le tue proprie grandezze 44

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27. Taliesin West, torre di entrata, inverno 1989. Arizona

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DALL’ARIZONA AL WISCONSIN

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Eravamo quasi alla fine di maggio ed era arrivato il momento di migrare ad est. Con l’avvicinarsi della calda stagione, seguendo la tradizione della Comunità, era necessario fare i bagagli e lasciare l’Arizona per passare l’estate nel più fresco Wisconsin. Durante il viaggio tra le due Taliesin, vera e propria traversata on the road del grande paese nordamericano, gli apprendisti si dividevano in piccoli gruppi e programmavano il tragitto per visitare lungo il cammino quante più località di interesse e opere di architettura possibili, per poi ricongiungersi nel Wisconsin. La grande carovana dei membri della Comunità di Taliesin tornava così nella valle dove tutto aveva avuto inizio seguendo, anno dopo anno, l’alternarsi delle stagioni nello spirito nomade del loro fondatore. Avevamo anche noi iniziato a programmare il viaggio. In un gruppo ridotto di quattro apprendisti, con Todd, Bill e Eva, ci saremmo alternati alla guida di una station wagon e di un piccolo truck, e avremmo attraversato il vasto territorio degli Stati Uniti, dai deserti del Southwest alle pianure del Midwest, per poi risalire verso nord e concludere il nostro viaggio a Taliesin. Dopo essere arrivati nel Wisconsin, avremmo ripreso la strada subito dopo con l’obiettivo di raggiungere Chicago

Taliesin WISCONSIN

Taliesin West ARIZONA

Bartlesville OKLAHOMA

Springfield ILLINOIS Saint Louis MISSOURI

Cadillac Ranch TEXAS

76. Frank Lloyd Wright, Torre Price, Bartlesville, maggio 1989. 77. Tragitto dall’Arizona al Wisconsin, maggio 1989. 101


per l’inaugurazione della grande retrospettiva su Wright prevista per il 7 giugno, alla vigilia del compleanno dell’architetto americano, e visitare in seguito le splendide architetture della “città del vento”. Una volta caricato il truck con bagagli e equipaggiamenti vari, tra cui gli strumenti musicali dei membri della Comunità, eravamo finalmente pronti per partire. Avevamo così lasciato Taliesin West alle prime luci dell’alba. Mentre Todd era alla guida del truck e Bill e Eva ci seguivano in macchina, io osservavo il paesaggio circostante mutare. La vegetazione del deserto del Sonora stava lasciando spazio alle alte conifere delle montagne al confine con il New Mexico, mentre attraversavamo il parco della Tonto National Forest. Ancora non mi ero reso conto che di lì a poco, continuando a viaggiare verso nord, avremmo raggiunto la strada interstatale numero 40 che coincideva con la storica Route 66, che avremmo percorso a ritroso in direzione di Chicago, attraversando gli stati del New Mexico, del Texas, dell’Oklahoma e del Missouri, fino al verde Illinois descritto da Jack Kerouac in On the Road, leggendario manifesto della contro cultura beat. La US Route 66, la Strada Madre usata dai contadini che migravano ad Ovest, come invece l’aveva soprannominata John Steinbeck nel romanzo Furore, era stata una delle prime highways federali costruite per attraversare gli States e collegava Chicago con le spiagge dorate di Santa Monica nella contea di Los Angeles, immortalata da Nat King Cole e Chuck Berry nei celebri versi dell’omonima canzone che ascoltavamo alla radio a tutto volume…well it winds from Chicago to L.A., more than two thousands miles all the way, get your kicks on Route 66… Procedevamo spediti col sole in faccia e dopo avere passato Albuquerque eravamo già da qualche ora in Texas. In prossimità di Amarillo, poco prima del tramonto, avevamo sostato presso il Cadillac Ranch, cantato da Bruce Springsteen nell’album The River. L’installazione, costituita da dieci Cadillac rottamate conficcate diagonalmente nel terreno in direzione ovest, era un monumento di land art che veniva riverniciato periodicamente e arricchito costantemente di graffiti. Ci eravamo arrampicati di corsa sulle vecchie Cadillac, facendoci scattare delle foto che avrebbero fissato per sempre nella nostra memoria quel momento spensierato della nostra giovinezza. C’era ancora un poco da guidare nella notte. Dopo essere entrati in Oklahoma e avere superato Tulsa, potevamo finalmente riposare per qualche ora in un motel lungo la strada, prima di riprendere il cammino. 102

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78. Francesco Santoro, Eva Guhl, Bill Schoettker, Todd Sarantopulos in visita a Cadillac Ranch, Amarillo, maggio 1989.

L’indomani avremmo visitato la piccola cittadina rurale di Bartlesville, al centro degli Stati Uniti, dove Wright aveva costruito uno dei progetti più importanti della sua vita. La mattina seguente, dopo un meritato sonno ristoratore e una ricca colazione americana, eravamo pronti per una intensa giornata di architettura. In programma la visita alla famosa Price Tower, progettata da Wright per Harold Price nel centro di Bartlesville, insieme con la casa usoniana costruita per il figlio primogenito nei dintorni della piccola cittadina. Accanto alla torre avremmo poi visitato il Community Center progettato da William Wesley Peters con gli architetti di Taliesin, per concludere la giornata con la visita della casa del figlio secondogenito di Price, progettata dall’eclettico architetto del Midwest Bruce Goff. La Price Tower era stata progettata nel 1952 e sarebbe stato l’unico grattacielo realizzato da Wright, dopo la torre-laboratorio per gli edifici della S.C. Johnson & Son Company a Racine. La torre era la risposta concreta Dall’Arizona al Wisconsin

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WISCONSIN

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Taliesin, giugno 1989

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Era l’inizio dell’estate nella valle dove sorgeva Taliesin, a pochi chilometri al di là del fiume dalla piccola cittadina di Spring Green, tra le dolci colline alberate e i verdi campi del Wisconsin meridionale. Qui avremmo passato tutta l’estate sino all’arrivo dell’autunno, quando ci saremmo rimessi in cammino alla volta dell’Arizona. Con gli altri apprendisti avevamo preso possesso dei nostri alloggi, delle piccole stanzette allineate che cingevano la grande sala da disegno di Hillside, costruita da Wright dopo la costituzione della Comunità. Gli edifici della Hillside Home School avevano subito numerose modifiche nel corso della loro esistenza. Alle prime strutture in stile Shingle progettate da Wright per le zie Nell e Jane nel 1887, durante gli anni di praticantato svolti presso lo studio di Joseph Silsbee, era seguito l’edificio attuale del 1902, modificato da Wright e dai primi apprendisti nel 1932. Al corpo principale del soggiorno a doppia altezza erano state aggiunte le cucine, collegate al volume allungato della sala da pranzo, il teatro,

96. Frank Lloyd Wright, pompa a vento “Romeo e Giulietta”, estate 1989. 97. Taliesin, Spring Green, vista dalla valle a sud, estate 1989. 121


121. Frank Lloyd Wright, Jacobs House I, Madison, ottobre 1989. 122. Frank Lloyd Wright, Pew House, Madison, ottobre 1989. 152

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123. Frank Lloyd Wright, Rudin House, Madison, ottobre 1989. 124. Frank Lloyd Wright, Rudin House, soggiorno, vista dell’interno, ottobre 1989. Wisconsin

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128. Frank Lloyd Wright, Fallingwater, Bear Run, finestra angolare a tre piani vista da sudovest, ottobre 1989. 158

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Qualche mese prima, quando eravamo ancora nel pieno dell’estate, era arrivata a Taliesin la notizia della morte di Edgar Kaufmann Jr. Figlio del facoltoso commerciante di Pittsburgh che aveva legato il suo nome all’opera più famosa di Wright, Edgar Jr. era stato un apprendista della Comunità a partire dall’ottobre del 1934 e aveva avuto un ruolo importante nella decisione del padre di affidare all’architetto americano il progetto della propria casa di vacanze. Dopo pochi mesi dall’inizio del suo apprendistato, Wright aveva infatti ricevuto l’incarico di progettare una casa nella proprietà di famiglia nelle foreste della Pennsylvania occidentale. Come Edgar Jr. aveva raccontato, in occasione del primo sopralluogo a Bear Run Wright era stato condotto sulla piattaforma rocciosa che si adagiava alla base della cascata, dove i Kaufmann solevano passare i fine settimana per godere del refrigerio del torrente. Era stato allora che Wright, dopo avere osservato il paesaggio circostante immerso nella luce che penetrava dall’alto e ascoltato a lungo il silenzio della foresta, smorzato dallo scroscio dell’acqua e dal fruscio degli alberi, aveva infine deciso di ancorare la casa al costone di pietra che si ergeva isolato sopra la cascata. A partire da quel punto, che sarebbe stato il cuore della struttura, Wright aveva iniziato a proiettare nella sua immaginazione gli spazi della casa, lasciandoli liberi di penetrare nella foresta e di essere da questa penetrati. L’attenta lettura delle caratteristiche spaziali del luogo aveva permesso a Wright di comprendere le possibili linee di azione secondo cui disporre le masse, secondo quella che Edward Frank chiamava “l’interpretazione del reticolo dinamico del campo plastico”.119 Ispirato in particolare dalle stratificazioni rocciose dei salti della cascata, Wright vi aveva sovrapposto le ampie terrazze a sbalzo in cemento armato, allineandole parallelamente alle loro direzioni e contrapponendo al loro sviluppo orizzontale la massa verticale in muratura del camino con la lunga finestra angolare, a configgere la struttura sulle rocce sottostanti. Una volta tornato a Taliesin Wright non avrebbe disegnato niente per mesi, lasciando sviluppare il progetto nella sua mente in tutti i suoi dettagli fino alla visita inaspettata del cliente alla fine dell’estate. In quell’occasione, come ci aveva raccontato Cornelia Brierly, Wright aveva iniziato a lavorare molto presto la mattina e gli apprendisti si erano stupiti di trovare il progetto quasi completo sul tavolo da disegno prima di scendere a fare colazione. Wisconsin

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DAL WISCONSIN ALL’ARIZONA

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Era tutto pronto per la partenza. Il van che avrei guidato, insieme alla collega tedesca Nicola, era stato caricato all’inverosimile con i bagagli e le vettovaglie della Comunità, compreso il violoncello di uno degli apprendisti. Per il ritorno in Arizona avevo scelto un tragitto più a nord di quello percorso all’inizio dell’estate per raggiungere il Wisconsin, programmando di attraversare gli Stati Uniti da est a ovest lungo le vaste pianure dell’Iowa e del Nebraska per poi piegare sul Colorado e scendere lungo la dorsale delle Montagne Rocciose fino ai maestosi deserti del Southwest e concludere infine il viaggio a Taliesin West. Avevo previsto di giungere a destinazione in quattro giorni di cammino, in tempo per partecipare alla conferenza di Bruno Zevi presso la comunità di Paolo Soleri. Qualche mese prima di partire per il Wisconsin avevo infatti ricevuto una sua lettera che mi comunicava che avrebbe preso parte al ciclo di conferenze organizzate annualmente da Paolo Soleri ad Arcosanti, l’esperimento urbano che l’architetto italiano stava costruendo nel deserto a nord di Phoenix.125 Avevo inoltre ricevuto dai membri anziani della Comunità l’incarico di invitare Zevi a Taliesin West una volta ultimati i lavori della conferenza.

Vail COLORADO Monument Valley UTAH Taliesin West ARIZONA

Kearney NEBRASKA

Taliesin WISCONSIN Grinnel IOWA

Denver COLORADO Flagstaff ARIZONA

133. Forrest Gump Point, Mexican Hat, ottobre 1989. 134. Tragitto dal Wisconsin all’Arizona, ottobre 1989. 169


Utah e lasciata l’interstate 70, avevamo preso infine l’uscita per Moab e puntato diritti a sud passando per i parchi nazionali di Arches e Canyonlands in direzione della Monument Valley. Il truck procedeva spedito e vista l’esiguità del carico dovevo stare attento alle raffiche di vento che di tanto in tanto lo facevano oscillare pericolosamente. Nicola al mio lato faceva finta di non accorgersi di niente tranne quando tentavo dei sorpassi azzardati lungo i fantastici rettilinei che iniziavano finalmente ad aprirsi davanti a noi, tra i profili arrossati delle montagne della riserva indiana. Stavamo infatti entrando nel territorio dei Navajo, di fronte a noi una striscia di asfalto rettilinea che si perdeva all’infinito nello skyline frastagliato delle montagne che cominciavano ad apparirmi familiari. Stavamo percorrendo la famosa US 163 Scenic Drive, che superato il profilo surreale del Mexican Hat ci stava portando dritti tra i butte sacri della Monument Valley, ritratti in una infinità di spot pubblicitari e film western. A un certo punto, sul farsi del tramonto, ci eravamo fermati ed eravamo scesi dal truck per osservare la strada che si estendeva interminabile di

136. Francesco Santoro alla Monument Valley, ottobre 1989.

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fronte a noi fino all’orizzonte. Stavamo fermi lì in piedi, nel mezzo della strada silenziosa, con la brezza che ci soffiava fra i capelli e sul viso il tepore del sole basso del deserto che cominciava a tingere di arancione le montagne tutte intorno. Ricordo di avere scattato alcune foto in direzione della linea di asfalto che si perdeva tra le montagne disegnate sullo sfondo, nello stesso punto che molti anni dopo sarebbe stato chiamato Forrest Gump Point, a ricordo delle scene del famoso film lì girate. Nemmeno mezz’ora di guida ci separava ormai dalla Monument Valley e percorsa la polverosa strada di accesso ci eravamo fermati ad osservare assorti il paesaggio, per poi proseguire lentamente sino al parcheggio del Visitor Center, dove ci eravamo uniti a una folla di turisti intenti a fotografare in silenzio il profilo del Mitchell Butte illuminato dal sole che tramontava. La vista principale della Monument Valley, con i profili erosi dal vento e le caratteristiche dita di roccia rialzate del mitten orientale e di quello occidentale accanto al Merrick Butte, si stagliavano davanti a noi in una atmosfera irreale. Alla nostra sinistra il profilo rassicurante della Sentinel Mesa sembrava chiamarci e in quella direzione avevo deciso di guidare il truck, lungo il sentiero di terra che si spingeva sino al limitare dell’altopiano aperto sulla valle. Lì lo avrei parcheggiato, rivolgendo il cassone in direzione dei profili caratteristici dei butte e, sistemati i sacchi a pelo al suo interno, avevamo dormito con gli sportelloni aperti in attesa della più spettacolare alba a cui avremmo pensato di assistere. Le nostre aspettative non erano state tradite. All’alba il sole ci aveva svegliato sorgendo lentamente dal piatto deserto, insinuandosi orizzontalmente tra i profili scolpiti delle maestose torri di roccia e sabbia e illuminando come un nastro dorato la pista di terra giù a valle, che ci accingevamo a percorrere alla scoperta della geologia di quel luogo magico. Citando il geologo John Strong Newberry, Banham li aveva paragonati alle rovine di antichi edifici ciclopici erosi dal tempo, opere artistiche dell’uomo erette in contrasto con la natura.126 Passando sotto la mole del Merrick Butte, giù a valle nel basso plateau, non potevo fare a meno di riconoscerne il profilo tripartito e ricordare le piattaforme gradonate degli antichi ziggurat e delle piramidi mesoamericane, che della natura reinterpretavano l’aspetto in forma di montagne sacre in comunicazione tra la terra e il cielo. E mi tornavano alla mente le parole di Wright: Le stratificazioni di roccia in una cava di pietra rappresentano per me una storia e un desiderio. Ci sono tracce negli strati e carattere nelle formazioni. Mi piace stare seduto ad osservarle, così come sono. Ho pensato spesso che Dal Wisconsin all’Arizona

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