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Stepwell. Architetture per l’acqua nel Gujarat
INDICE
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Premessa India: avventure, scoperte e magie
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Le architetture per l’acqua nel Gujarat Stepwells, kund, tank, ghats
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Stepwells: tipologia, spazi e usi
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Le forme degli stepwells 41
Adalaj ni vav: tra conservazione, recupero e valorizzazione
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Bai Harir vav: un’articolata sequenza di spazi
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Amritvarshi vav: uno stepwell nascosto
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Rani ki vav: la monumentalità dello stepwell
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L’attualità degli stepwells: tra variazione tipologica e permanenza
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Il ruolo del progetto nel recupero e nella trasformazione degli stepwells
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Bibliografia
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Ringraziamenti
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Stepwell. Architetture per l’acqua nel Gujarat
LE ARCHITETTURE PER L’ACQUA NEL GUJARAT Stepwells, kund, tank, ghats
Da secoli la conservazione e l’approvvigionamento quotidiano d’acqua in India rappresentano una questione vitale e urgente, alla quale si legano rituali e miti. Le abluzioni nelle acque sacre del Gange, per esempio, rappresentano una forma di purificazione e rivestono un ruolo decisivo nella tradizione induista. Avvicinarsi all’acqua è un rituale antico: avviene attraverso una serie di ampi gradoni che consentono una lenta discesa al fiume fatta di pause, preghiere e riflessioni per raggiungere il massimo raccoglimento spirituale1. Nella tradizione indiana, intorno all’acqua si sono costruiti numerosi rituali, abitudini e impressionanti architetture volte a proteggere un bene prezioso e sempre più a rischio. Tipologie diverse che descrivono una ricca tradizione di manufatti destinati alla conservazione dell’acqua e alla sua raccolta, il pozzo (stepwell) è solo una di queste e, forse, la più affascinante. Nel Nord del Gujarat2, e più in generale nelle parti più aride e deserte dell’India, troviamo diverse architetture che sono destinate a raccogliere sia le acque di superficie, sia le acque sotterranee. Sono manufatti di scala, forma e tipologia diverse che raccontano di una relazione con l’acqua che va oltre gli aspetti utilitaristici rafforzando un legame culturale, spirituale e mistico con questo elemento. Le meravigliose fotografie di Henri Cartier-Bresson3 ritraggono le sponde del fiume Sabarmati, nella città di Ahmedabad, e le innumerevoli attività che avevano luogo nel corso della giornata; le donne si recavano al fiume per lavare i sari, per discutere e scambiarsi beni, le lunghe strisce di tessuti stesi lambivano le acque del fiume costruendo un nuovo affascinante paesaggio fatto di colori e 1. Si fa riferimento al capitolo “Guai se non credi” di Julia Lauter, pubblicato su The Passenger India, Iperborea, 2020. 2. Il Gujarat è uno stato federato dell’India centro-occidentale, la capitale è la città di Gandhinagar, ma il centro più grande è Ahmedabad. 3. Henri Cartier-Bresson ha descritto, attraverso diversi scatti, la città di Ahmedabad e il suo rapporto con il fiume Sabarmati nel 1966. Le fotografie di Cartier-Bresson sono consultabili nel catalogo online del MoMA “Henri Cartier-Bresson – India 1966”, a questo link: https://www.moma. org/collection/works/89264.
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Agrasen ki baoli, New Delhi. Fotografia di Roberto Conte.
riflessi. Gli scatti di Cartier-Bresson provano a fermare il delicato rapporto tra il paesaggio, l’acqua e le diverse attività quotidiane che prendevano vita lungo il corso del fiume. In India, infatti, per lunghi secoli, il rapporto tra acqua, architettura e natura è stato profondo e diretto, fatto di reciproca cura e attenzione, attraverso la realizzazione di architetture e infrastrutture capaci di convogliare l’acqua per aspetti utilitaristici ma preservandone i caratteri paesaggistici e naturali. Lo studio e l’interpretazione delle architetture per l’acqua nel Gujarat è anche un viaggio alla scoperta della città di Ahmedabad che, nel corso dei secoli, ha costruito e sviluppato un rapporto complesso e, forse, privilegiato con l’acqua e con il fiume Sabarmati. Ahmedabad è situata nel nord-ovest dell’India, nota come la “Manchester dell’Est”, è una città di cinque milioni di abitanti, cresciuta sul commercio e sulla produzione industriale, prevalentemente di natura tessile (Spodek, 2011; Yagnik, Sheth, 2011; Torri, 2007). È nota – tra architetti e urbanisti – per ospitare alcuni tra i più significativi edifici costruiti da 14
Stepwell. Architetture per l’acqua nel Gujarat
Le Corbusier e Louis Kahn4 negli anni ’50 e ’60 del Novecento, in India. Negli ultimi decenni, la crescente attenzione verso la conservazione del patrimonio architettonico, presente ad Ahmedabad, ha consentito di inserire il centro storico della città (Old City) tra i siti UNESCO, proteggendolo da un futuro incerto e fragile, valorizzando le diverse tipologie residenziali e collettive, nonchè la forte commistione tra architettura induista e islamica, a lungo oggetto di conflitti e tensioni (Gualdrini, Setti, 2019). Il fiume Sabarmati attraversa la città e la divide a metà, lungo l’asse nord-sud, è, da sempre, un elemento fondamentale per la vita sociale, pubblica e produttiva di Ahmedabad; negli ultimi decenni le sponde del fiume Sabarmati sono state oggetto di un ampio progetto urbano per la costruzione del nuovo waterfront5. Il progetto ha trasformato la fruibilità e il contatto diretto con l’acqua, che le celebri fotografie di Cartier-Bresson avevano immortalato, controllando l’andamento del fiume e disegnando nuove sponde che consentono sia di ridurre gli allagamenti nella stagione dei monsoni, sia di consentire la costruzione di una serie di passeggiate, parchi, giardini e spazi pubblici destinati agli abitanti. Il progetto, iniziato nel 2005 e aperto gradualmente a partire dal 2012, è in buona parte realizzato; la trasformazione delle rive del Sabarmati e del rapporto che la città aveva con l’acqua è stato un processo delicato, non senza conflitti e opposizioni; l’architettura disegnata del nuovo waterfront restituisce alla città un affaccio diretto al fiume ma, al contempo, ne limita gli usi informali, pubblici e privati, che sono avvenuti ciclicamente per secoli e che contraddistinguono il modo di utilizzare lo spazio pubblico nel contesto indiano. Ahmedabad nasconde, però, altri importanti tesori, tra questi, come vedremo, l’architettura degli stepwells. Questo saggio racconta di un viaggio, intenso e profondo, iniziato nel 2014 e, forse, non ancora concluso, che ha portato a continue scoperte, in un paese affascinante e, talvolta, sconosciuto, utili a costruire nuovi punti di vista sull’architettura (Gillion, 1968; Shah, 2015). Tra le molte rivelazioni di questo percorso – di studio, di ricerca e di vita – un posto di rilievo è occupato dalla scoperta e dalla fascinazione per l’architettura degli stepwells che proverò a raccontare, insieme a molti altri dettagli e frammenti raccolti nel corso delle diverse esplorazioni in India.
4. Tra i più significativi ricordiamo il Mill Owners’ Association Building, la Villa Sarabhai e il Sanskar Kendra Museum costruiti da Le Corbusier tra il 1951 e il 1956 e l’Indian Institute of Management completato da Louis Kahn nel 1974. 5. Maggiori informazioni sul progetto: https://sabarmatiriverfront.com/ Le architetture per l’acqua nel Gujarat
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Ghats, Varanasi. Addizioni e innesti lungo il confine con l’acqua. Fotografia di Giulia Setti.
balneazione o di cremazione, quindi luoghi spesso sacri o destinati alla preghiera, come nel caso delle città di Varanasi e di Pushkar. A Varanasi, i ghats si sviluppano lungo il fiume Gange e rappresentano uno spazio di transizione dove si intrecciano moltissime attività pubbliche e religiose, intorno agli ampi gradoni si svolgono rituali di cremazione, di preghiera, insieme ad attività di carattere ricreativo. I ghats di Varanasi sono i più antichi esemplari di queste architetture che disegnano il fronte della città verso il fiume Gange, rappresentano uno spazio pubblico aperto e continuo, costituito da più di 84 ghats posti in successione e ognuno dedicato a una precisa attività (Gupta, 2017: 134). La costruzione di questi spazi è particolarmente affascinante perché è la rappresentazione di un luogo di passaggio e di attesa che porta all’acqua sacra del fiume. I gradoni sono intervallati da piazze e spazi di sosta che gradualmente conducono al fiume, le barche si fermano nei pressi dei ghats e la sequenza di spazi è arricchita dal profilo delle architetture tradizionali che si stagliano sullo sfondo. L’atmosfera e le suggestioni che si percepiscono sono la fusione, tipica dell’India, tra sacro e profano, la moltitudine di attività che hanno luogo 26
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Ghats, Varanasi. Fotografia di Giulia Setti.
sui ghats si sovrappongono, intrecciano e raccontano di spazi capaci di adattarsi a condizioni molto diverse nell’arco della giornata. Particolarmente suggestive sono le preghiere collettive che si svolgono lungo i gradini e, parzialmente, nel fiume; descrivono come l’architettura dei ghats diventi il palcoscenico della vita e della morte. Molto simile è la costruzione e il disegno dei ghats di Pushkar, anche in questo caso i gradoni che scendono al lago, che raccoglie e conserva l’acqua piovana, sono il palcoscenico di differenti attività e descrivono una sequenza di spazi diversi, scalinate, piazze, piscine artificiali che si susseguono lungo il bordo del lago. È interessante leggere questi spazi perché, attraverso semplici elementi architettonici posti in sequenza, si sono costruiti spazi pubblici che, da secoli, caratterizzano il rapporto tra acqua, architettura e usi collettivi. Tra le forme più diverse di architetture per l’acqua, descritte in questa parte del volume, si è scelto di guardare e studiare da vicino gli stepwells, a partire dalle varie tipologie che caratterizzano il pozzo sotterraneo, dalle forme, dagli usi e dal futuro prossimo di questo affascinante dispositivo. Le architetture per l’acqua nel Gujarat
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Adalaj ni vav e Bai Harir vav: tipologie di stepwells a confronto. Elaborazione grafica di Giulia Setti.
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Stepwell. Architetture per l’acqua nel Gujarat
Le forme degli stepwells
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Amritvarshi vav: il sistema di archi a ogiva. Fotografia di Yona Schreyer.
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Amritvarshi vav. Elaborazione grafica di Giulia Setti e Ottavio Pedretti. Le forme degli stepwells
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L’ATTUALITÀ DEGLI STEPWELLS: TRA VARIAZIONE TIPOLOGICA E PERMANENZA
La selezione dei casi scelti indica possibili variazioni alla tipologia classica dello stepwell, nella stessa Ahmedabad troviamo, infatti, declinazioni significative sia per dimensione che per configurazione spaziale e tipologie di usi collettivi che vengono praticati. Le principali variazioni tipologiche si colgono nella disposizione e configurazione planimetrica del pozzo che assume dimensioni e posizioni diverse a seconda dei casi o nella dimensione stessa del pozzo, nel numero di livelli e nella grandezza dello spazio ipogeo. In alcuni rari esempi, come per Amritvarshi vav, si modifica l’impianto planimetrico, non più basato su un’asse centrale, ma con una pianta a “L”, che si conclude con il pozzo circolare. Nel caso di Ambe maata vav, la pianta a croce presenta due accessi ortogonali che, intersecandosi, determinano uno spazio di sosta comune prima di giungere al pozzo. Come si coglie dalle immagini e dai diagrammi che accompagnano questo volume, la comparazione tra stepwells è un modo, tra tanti, per individuare le caratteristiche e le scelte progettuali di queste architetture; le informazioni e i documenti che descrivono gli stepwells sono materiali ancora parziali e non esaustivi che, però, permettono di evidenziare alcuni tratti principali e numerose variazioni su manufatti ancora poco esplorati. L’aspetto dimensionale è quello più evidente e significativo nello studio dei pozzi in India; tra gli stepwells descritti e analizzati possiamo facilmente distinguere tra “monumenti”, veri e propri palazzi ipogei, di estrema forza e suggestione e, al contempo, architetture di piccola scala, che rappresentano delle oasi e dei rifugi dal clima o dal rumore. Se, come nel caso di Rani ki vav o Adalaj ni vav, lo stepwell si mostra in tutta la sua magnificenza e nelle dimensioni monumentali che mostrano le abilità delle maestranze locali nella costruzione di questi edifici, in altri casi, come per Amritvarshi vav o Ambe maata vav, il pozzo è un oggetto quasi nascosto, difficile da raggiungere e intimo, che protegge il bene prezioso che una volta veniva qui conservato, l’acqua. Lo spazio disegnato dagli stepwells descrive un rapporto continuamente variabile con il cielo, una relazione che talvolta si disvela, nei punti più drammatici 75
Adalaj ni vav, decorazioni degli elementi strutturali dello stepwell. Fotografia di Yona Schreyer.
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rappresentazioni e spettacoli pubblici. Adalaj ni vav ha ospitato, nel corso degli ultimi anni, molti eventi collettivi (festival, celebrazioni) legati ai riti e agli usi del villaggio, a sottolineare la natura eccezionale dello stepwell e la sua capacità di adattarsi per accogliere eventi di diversa natura. I processi di musealizzazione, molto diffusi in India nel corso degli ultimi anni, hanno permesso di lavorare sia sulla conservazione dei manufatti, sia sulla loro apertura a forme controllate di turismo. È una condizione in parte nuova per il contesto indiano, ma molto urgente perché, attraverso progetti puntuali e interventi mirati a favorire l’accessibilità dei siti archeologici, ha permesso la riscoperta di architetture preziose e poco documentate. In altri casi, molto diffusi nel Gujarat, gli stepwells sono diventati proprietà delle comunità locali, spesso convertiti in luoghi di preghiera. Ciò ha portato a diverse alterazioni nella forma e nella tipologia originaria dei diversi stepwells necessari per accogliere le nuove funzioni di culto. Gli stepwells soggetti a questi processi di trasformazione vedono l’aggregazione di piccoli santuari, di immagini votive e altri elementi destinati alla preghiera (AA.VV., 2020b: 71). È un cambiamento radicale nell’uso delle architetture per l’acqua ma altrettanto comune nella società indiana, dove i riti e le pratiche religiose si svolgono liberamente in luoghi diversi dagli spazi collettivi delle città alle corti residenziali o alle piazze (Setti, 2017). Un esempio di questa categoria è Ambe maata vav caratterizzato da profonde trasformazioni che ne hanno alterato la forma originaria ma hanno permesso di dare una nuova funzione a questi spazi. Lo stepwell, a pianta cruciforme, non più utilizzato per la raccolta dell’acqua, è stato convertito a tempio; lo spazio è stato decorato con dipinti accesi e colorati per celebrare le divinità femminili venerate. La riconversione del pozzo a spazio collettivo e religioso mostra la dinamica e fertile relazione tra gli stepwells e le comunità che li utilizzano con grande intensità. In contrapposizione con le virtuose pratiche di riuso e con i progetti informali che provano ad adattare gli stepwells a nuovi usi pubblici, molti pozzi si trovano in condizioni di rovina e incuria perché non più utilizzati come contenitori per l’acqua né sono in grado di riconvertirsi in spazi collettivi (AA.VV., 2020b: 72). Sono i casi più difficili perché l’esteso stato di abbandono ha reso fragili le strutture e i materiali dei pozzi e la natura ha spesso già conquistato gli spazi ipogei rendendone complesso l’accesso e acuendo la mancanza di cura e di interventi. Il numero di stepwells e, più in generale, di architetture costruite per la raccolta e la conservazione dell’acqua è molto elevato in Gujarat, e testimonia un tratto peculiare e unico di questa regione: un’eredità da documentare, preservare e valorizzare. In particolare, gli stepwells costituiscono un significativo corpus di Il ruolo del progetto nel recupero e nella trasformazione degli stepwells
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