Siracusa città di luce. I luoghi di Santa Lucia

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Storie di città

I luoghi, la storia, la bellezza

Collana diretta da Lucia Trigilia

Comitato Scientifico

Beatriz Blasco Esquivias, Universidad Complutense - Madrid

Vincenzo Cazzato, Università del Salento - Lecce

Leonardo Di Mauro, Università di Napoli Federico II Marcello Fagiolo, Università di Roma La Sapienza Marco Rosario Nobile, Università di Palermo Rosa Tamborrino, Politecnico di Torino

NEPTIS

Ringraziamenti:

Archivio di Stato di Siracusa

Archivio Storico Diocesano di Siracusa

Biblioteca Alagoniana di Siracusa

Biblioteca Comunale di Siracusa

Galleria Regionale di Palazzo Bellomo Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi

Questo volume è stato pubblicato grazie al contributo del progetto NEPTIS.

ISBN 978-88-6242-671-8

Prima edizione dicembre 2022

© LetteraVentidue Edizioni

© Centro Internazionale di Studi sul Barocco (CISB)

© Simona Gatto, Lucia Trigilia

È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l'autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l'acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura.

Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo ai copyrights delle illustrazioni saremo lieti di correggerlo nella prossima ristampa.

Ricerca documentaria: Andrea La Rosa

Impaginazione: Alberto Scalia

LetteraVentidue Edizioni S.r.l.

Via Luigi Spagna 50 P 96100 Siracusa, Italia

www.letteraventidue.com

Siracusa città di luce.

I luoghi di Santa Lucia

Percorsi d’arte e spettacolarità barocca

Simona Gatto e Lucia Trigilia

Vivere equivale a dire che ogni nostro agire possa, con il tempo, tramutarsi in ricordo.

Alessandro Odierna

In memoria di Alessandro, studente della Scuola di Architettura di Siracusa, prematuramente scomparso.

Indice

Ouverture Lucia Trigilia

Santa Lucia e le simbologie luministiche nella Divina Commedia Emma Di Rao

Lucia di Siracusa, barlumi di vita quotidiana: Lanam fecit domum servavit Cettina Pipitone Voza

L’occhio e la luce, ancora un omaggio a Lucia Concetta Ciurcina

Santa Lucia nella collezione della Galleria Regionale di Palazzo Bellomo di Siracusa Michele Romano

Storia delle chiese e dei monasteri di Santa Lucia a Siracusa nel Medioevo Giuseppe Michele Agnello

Gli spazi urbani e la festa. Percorsi, macchine e apparati per Santa Lucia a Siracusa Lucia Trigilia

Lucia “Santa eroina” siracusana: i percorsi del sacro Simona Gatto

Appendice documentaria

Andrea La Rosa

Percorsi di luce a Siracusa. I luoghi di Santa Lucia

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1. Lectura Dantis, Miniatore lombardo (inizio XV sec.), ms. Firenze, BNC (da R. Rusconi 1989).

afferma Mauro Gagliardi, «il principio architettonico trasversale dell’intero poema»1. L’assenza di luce sottolinea, naturalmente, la distanza da Dio; da qui l’aria eternamente buia degli abissi in fernali, ad eccezione di un unico, esemplare caso: la luminosità che avvolge il nobile castello del Limbo in cui abitano i pagani virtuosi vissuti prima di Cristo, gli eroi dell’azione e gli eroi del pensiero, i degni di grande onore in virtù della loro magnani mità, di quella megalopsychìa che rappresenta uno dei concetti fondamentali dell’etica classica e, in particolar modo, di quella aristotelica. L’immagine del nobile castello in cui il poeta col loca, gli uni accanto agli altri, Ettore, Cesare, Enea, ma anche Socrate, Aristotele, Platone, Avicenna e Averroè, potrebbe ascri versi all’angoscia intellettuale di Dante che, pur riconoscendo il mistero della Giustizia divina, non rinuncia all’ammirazione verso quegli spiriti eccelsi e riserva loro non solo una collocazione diversa nella struttura dell’Inferno, ma anche la possibilità di fruire di un elemento del tutto estraneo ad esso.

Come è noto, il paesaggio dei tre regni è il paesaggio stesso dell’anima di Dante e la luce risulta tutt’altro che un mero elemento paesistico, poiché «nella sua più riposta ed autentica sostanza, si carica di una più vasta responsabilità, di ordine schiettamente teologico»2.

Appare anche superfluo notare che il termine ‘luce’ è sicu ramente una parola chiave insieme ai suoi numerosi termini affini che di volta in volta la definiscono ancor meglio: chia rore, splendore, fulgore, fuoco. Anche i beati sono indicati col nome di forme luminose, lumi, fiamme, soli, stelle, o con il nome di pietre preziose che riflettono la luce dei cieli. Perfino nel trattare temi dottrinali, Dante ricorre spesso a vocaboli che fanno parte del campo semantico della luce, come ‘ardore’ (di carità) o ‘accendere’, nella sua accezione di acuire il desiderio di conoscenza. Peraltro è opinione concorde degli studiosi che il poeta abbia fatto propria la concezione neoplatonica dell’universo come emanazione di luce divina che si affievolisce nella misura in cui si allontana dalla fonte. A suggerirlo contribuisce anche l’immagine della “eterna fontana”, al v. 93 del trentune simo canto del Paradiso, che sembra tradurre in chiave cristiana l’emanatismo di Plotino.

Di sicuro, il luminismo appare costante nella terza canti ca: come luce metafisica, ovvero come espressione della po tenza, sapienza e amore di Dio, come luce fisica, visibile nel

1. Gagliardi 2011, p. 89.

2. Getto 1947, in Di Salvo 1993, p. 568.

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Nella pagina seguente:

Nella città, operativo da subito, da strenuo “Atleta di Cristo”, come è stato definito, la sua predicazione aveva aperto i cuori, e certamente a partire da quella decisa eco si era atte stata la prima chiesa, comunità di fedeli in ascolto della Parola, in azione nelle opere.

L’iscrizione sulla navata centrale della Cattedrale di Siracusa, «Syracusana Ecclesia, qua secunda post Antiochenam Cristo dicata asseritur », ricorda il dettato della tradizione della fondazione apostolica della chiesa siracusana ad opera di Marciano, protovescovo inviato dall’apostolo Pietro, da Antiochia, nell’anno 39/40 circa che nella città subì il martirio ad opera dei giudei), e la successiva sosta di Paolo nel 61.

A quella pia comunità agente appartenevano già Lucia e la madre vivendo quella sofferta libertà di culto che sembrava aver aperto la via della Pace della chiesa, ma destinata a subire gli ultimi soprassalti di un paganesimo agonizzante, come avvenuto appunto con la grande Persecuzione di Diocleziano che la vide vittima eccelsa.

Nell’epigrafe che prima la ricorda, risulta Lei, La Luminosa, sublime controparte di Euskia, “L’Ombrosa”. Il ritrovamento avvenuto nel cimitero comunitario di S. Giovanni a Siracusa, risulta il più antico documento siciliano che si possa mettere in relazione col martirio. (Tra il IV e gli inizi del V sec. e pre cedente la Passio, elaborata successivamente).

Quell’epigrafe, in lingua greca, che si data di un secolo posteriore rispetto alla fine di Lucia, avvenuta nel 304, è la laudazione funebre rivolta dal marito alla giovane moglie, “pri vilegiata” dall’essere morta, proprio nel giorno della sua Santa!

Evidenti le implicazioni storiografiche, la forza evocati va e la valenza documentaria quale testimonianza, per così dire, di prima mano, riguardante l’inizio del culto avvenuto nell’immediatezza del martirio. Le care parole rivolte collo quialmente dal marito alla moglie defunta, “amabile, di molte grazie”, illuminano di riflesso un aspetto della vita quotidiana dell’epoca, sì di Euskia ma anche di chi la precorse nel “dies natalis”, Lucia!

Una rapida scorsa alle coeve epigrafi funerarie, evidenziano in quelle siciliane la peculiarità dell’uso della lingua greca, mentre il latino è espressione della classe dominan te e del potere ufficiale. Ad es. il sarcofago di Adelfia, stesso sito ed epoca, la cui titolarità è della “clarissima femina” mo glie del “comes Balerius”, ci mostra, in lingua latina, esaltata, quale principale virtù femminile quella di buona moglie, gui da e punto di riferimento del benessere della casa, che “domum

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servavit” e “lanam fecit”, mantenne la casa e fu operosa nel tessere. Più che una suggestione viene dall’enfasi data a questa virtù, che trasmigra dal piano manuale e oggettivo per con figurarsi metaforicamente in un’azione, filosofica direi, estesa alla esistenza. Come un’Arianna rinnovata, la donna tiene nel le sue mani il filo, il bandolo, con il quale costruire la trama della sua vita, ma soprattutto quella della famiglia: un ordito intrecciato dal quale dipendono molte esistenze!

Una delle reliquie più delicate, il rosso vestito che certamente coprì in età tarda il corpo della martire, preziosa e documentata memoria, permette un accostamento, quasi fisico, a quel mondo che si configura Celeste, ma che parte da umanissima terrena, esperienza. «Noi filiamo la lana, noi raccogliamo in cesti le matasse, noi torciamo il fuso pieno di fili sottili, meglio della stessa Penelope e più veloci di Aracne». Risuona il canto domestico delle ancelle, con i versi di Sidonio Apollinare, immaginate a tessere quella vestina, che una pun tuale scheda di analisi, definisce «di rosso damasco tramato di foglie e di fiori». Era accompagnata la veste da rosse scarpette «per volare nell’eternità»!

La stessa armoniosa colonna sonora avrà accompagnato il lavoro domestico nel ristretto coro formato dalla sapienza di

Lucia di Siracusa, barlumi di vita quotidiana: Lanam fecit domum servavit

3. Scrigno d’argento del 1651 contenente le scarpette rosse di Santa Lucia (Cattedrale di Siracusa, Centro Luciano).

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3. Museo Archeologico

Regionale Paolo Orsi, A lamina bronzea dal Mendolito, B coppa “ad occhioni” dalla necropoli del Fusco, C lekythos dalla necropoli di Rifriscolaro di Camarina.

In età greca arcaica, poi, la simbologia dell’occhio si rin viene pure in ceramiche, come le coppe attiche, a figure nere, dette appunto “ad occhioni”, così in una dalla necropoli sira cusana del Fusco, la più antica e più esterna alla città, che con le successive di Giardino Spagna, di Ospedale Civile, di viale Paolo Orsi, di Via Ermocrate, testimonia nei corredi tombali, esposti nel settore B del Museo, la ricchezza della città, docu mentata dalla varietà di oggetti raffinati di importazione di varie provenienze24.

Le coppe attiche “ad occhioni”, con scene dionisiache, uti lizzate nel convivio, coprivano il volto del convitato quando beveva, stabilendo quasi un rapporto con la divinità, e avevano la finalità di proteggere il bevitore, appunto con i grandi occhi dipinti, dagli eccessi e pure di scongiurare la degenerazione del banchetto25 [3, B]; quella riprodotta si data dal contesto

24. Zirone 2011, pp. 193-204, in particolare le pp. 196-198.

25. Kylix attica a figure nere: lato A due figure femminili stanti di profilo, centralmente tra gli occhioni e tralci di vite, Lato B al centro figura femminile di fronte personaggio maschile nudo con asta nella mano destra, sempre tra gli occhi e tralci di vite, dalla tomba 74 della necropoli del Fusco, inv. n. 12601, cfr. Orsi 1893a, p. 466; Cutore 2004, pp. 26-27, figg. 17-17/A con bibliografia precedente; Zisa 2007, p. 49, che la classifica come

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nel 525-500 a.C. Occhi sono spesso dipinti anche sul fondo di coppe, come sulla spalla di un’hydria, a figure nere, sempre di produzione attica, attribuita al pittore di Rycroft, risalen te al 550-500 a.C., che presenta sul corpo una quadriga con Hermes, Apollo ed altre figure, proveniente da una necropoli di Gela26.

Una interessante lekythos funeraria a fondo bianco, databi le al 450 a.C., dalla necropoli di Passo Marinaro a Camarina, rappresenta un guerriero, in atteggiamento pensoso e mesto; sulla visiera dell’elmo con cimiero, un occhio con finalità pro filattica [3, C ]27 .

La funzione apotropaica dello sguardo, è individuata, tradizionalmente, nelle lastre di gorgoneia come decorazioni kylix “ad occhioni” del tipo A, databile nel 540-530 a.C.

26. Dalla necropoli gelese di Predio Romano Lo Bartolo, sep. 13, inv. 21950, sulla spalla, tra occhioni, due cavalieri, preceduti da cane con testa rivolta indietro, nella parte centrale dell’hydria quadriga guidata da Hermes su cui sale figura femminile; Apollo citaredo e altro personaggio femminile dietro i cavalli, cfr. Storaci 2004, pp. 28-29, figg. 19,19/A, con bibliografia precedente.

27. Dalla tomba n. 686, inv. 23949, cfr. Lanza 1990, pp 37 38, tav. XV: Ciurcina 2004, p. 29, figg. 20-20/A, con bibliografia precedente.

4. Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi, A gorgoneion dell’Apollonion, B volto di sfinge dal tempio ionico.

L’occhio e la luce, ancora un omaggio a Lucia

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1. G. Serenario, Viatico di santa Lucia, prima metà del sec. XVIII, olio su rame, 50x35 cm, Siracusa, Galleria Regionale di Palazzo Bellomo, deposito (ph. D. Marino).

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Questo documento manoscritto dall’archeologo Bernabò Brea documenta l’entrata nella collezione aretu sea di un tassello delle opere caravaggesche del Minniti, un artista che ha reso aulica la città di Lucia e che pur confrontandosi con il Seppellimento di santa Lucia del Caravaggio riesce ad esprimere quel senso di aulica de vozione e misticismo nella luce dia fana che fa emergere la posa in estasi della martire aretusea, anche se il ge sto crudele dell’uccisore, la figura del testimone oculare e l’arco del man tello rosso rievocano modelli della bottega caravaggesca1.

Ma il percorso museale e cultuale della Galleria Regionale di Palazzo Bellomo evidenzia un fil rouge lucia no che nasce da una committenza il luminata e aristocratica, ben visibile nei polittici quattrocenteschi presenti nella nuova distribuzione museale, dove il medioevo catalano-aragonese dialoga con le nuove sperimentazione rinascimentali gaginesche. Dal polittico di S.Maria dove la complessa composizione tardogotica della cornice architettonica (colonne tortili e capitelli ad uncino) fa emergere dal fondo oro delle figure eleganti e cortesi. Una Madonna in trono con il bambino circondata da un cenacolo di santi, tra questi santa Lucia [4] incoronata di rose e che regge con la destra il pugnale, simbolo del suo martirio, e con l’altra mano una ampolla dalla fiamma divina. Secondo l’attento studio di Francesca Campagna Cicala «la personalità di questo pittore, gli studi più recenti sono concordi nel mettere in relazione la provenienza con l’area spagnola, valenzana, specialmente con l’ambito di Marcal de Sax e Pedro Nicolau»2.

Tra queste opere emerge un modesto dipinto seicentesco, oggi nei depositi museali, che raffigura Santa Lucia con lo stemma della Regina Isabella [5]. Opera di ignoto autore che

1. Per uno studio più approfondito della produzione artistica dell’artista siracusano Mario Minniti vedasi: Romano, Bottaro 2021, pp. 46-47; Barbera, Greco, 2004, pp. 106-107.

2. Mauceri 1908, p. 201; Ozzola 1909, pp. 46-50; Longhi 1953, pp. 13-14; Santucci 1981, p. 202; Campagna Cicala 1987, p. 479.

Santa Lucia nella collezione della Galleria Regionale di Palazzo Bellomo di Siracusa

2. M. Minniti, Martirio di santa Lucia, 16301640, olio su tela, 197144 cm, Siracusa, Galleria Regionale di Palazzo Bellomo, sala X (ph. D. Marino).

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7. Giuseppe Cassone, Disegno del Carro per la festa di S. Lucia di maggio del 1869.

sono espressione del gusto borghese56 ottocentesco e dell’e sigenza di guardare la città da un campo visivo rinnovato e rappresentativo dei nuovi tempi. Esempi emblematici di tale processo sono il Piano del Poggi a Firenze, le trasformazioni di Palermo e, a livello europeo, il piano di Parigi e del Ring di Vienna. I Lungomare di Ortigia, la Marina e il Passeggio Adorno sacralizzano l’idea della passeggiata, del paesaggio e della città come luogo della trasformazione. Sappiamo come dopo l’Unità d’Italia questo fosse uno dei principali intendimenti di modificazione della città antica da parte della nuova classe dirigente per aprirla all’espansione verso la terraferma.

56. Emblematica la trasformazione urbana di Firenze col piano Poggi: Fanelli 1980, pp. 202-208. In generale: Borsi 1966.

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Dopo il 1860, prima ancora del totale abbattimento delle mura spagnole (avvenuto dal 1870 circa fino all’inizio del ’900) è già realizzata la sistemazione a passeggio della banchina della Marina, fino al Baluardo Santa Lucia (ulteriore ingrandimento della passeggiata e della banchina dal 1793 e dal 1836); nel 1866 viene costruito il passeggio Adorno, sulla parziale demolizione delle mura del Col legio (tra il Baluardo Santa Lucia e quello della Fontana). Scrive il Privitera, ben interpretando l’idea nuova di città: «si è aperto ad uso di pubblico passeggio il Forte San Giacomo, essendosene atterrata la porta, la polveriera, la caserma, le troniere. Questo luogo, già chiuso e inaccessibile, oltre che dar aria alla Maestranza, offre ai cittadini un bel punto di diporto a orien te e a spaziare la vista sull’ampio mare, e sull’Etna lontano, e sulla campagna dove un tempo sorgeva la vasta Acradina a sinistra, e sull’altra del Plemmirio a destra. Se lo stesso si facesse delle altre batterie Siracusa diver rebbe un incanto»57.

Se cambia la scena urbana cambia anche la scena della fe sta. La prima sontuosa festa ricordata dalle Cronache e storie dopo l’Unità d’Italia è proprio quella citata di Santa Lucia di Maggio del 186958 quando «nel piano di S. Francesco era stato messo ad ordine e compiutamente apparecchiato il maestoso carro trionfale, opera eccellente, tutta a bassorilievi e scudi e dipinti e fregi in oro, ideata e costruita a pezzi numerati dal siracusano sacerdote Giuseppe Cassone, per lavori di stucco e argilla, nella statuaria e nell’arte delle dorature valentissimo… Rappresentava il carro come una nave sollevata da sporgenti sirene, la quale torreggiante in tre ordini si ergeva acuminata in alto, dove alla cima in aria svelta e graziosa posava una statua della santa verginella, che al roseo colorito della veste, al verde

57. Privitera 1879, II, pp. 474-475.

58. Privitera ms. (infra p. 21); Magnano 1980, p. 199.

Gli spazi urbani e la festa. Percorsi, macchine e apparati per Santa Lucia a Siracusa

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Giuseppe Cassone, Carro trionfale per la festa di S. Lucia di maggio del 1869.

Nella pagina seguente:

1. Antonello Gagini, Santa Lucia, 1530, marmo di Carrara, Cattedrale, Siracusa.

1483; a quest’epoca è infatti ascrivibile la lastra marmorea con Santa Lucia sorreggente gli attributi iconografici posta tra due angeli con in alto l’anno 1483 in numero romano inserita, secondo il Capodieci5, in una porta del Convento di Santa Lucia. Prova della devozione nobiliare è anche il dipinto6 di S. Lucia con le armi regie di autore ignoto, datato fine XVIII sec., in cui la figura di Lucia sorregge lo stemma reale, un tempo posto nel refettorio della chiesa e oggi custodito, insieme alla lastra marmorea summenzionata, presso la Galleria Regionale di Palazzo Bellomo.

Anche Germana di Foix si mostrò interessata a migliorare e rafforzare il culto verso Santa Lucia: infatti «istituì quattro Cappellani Reginali colla dote annuale di onze ventiquattro, acciocchè fosse ben assistita la sua Chiesa, e venerato il suo Sepolcro: da soddisfarsene lo assegno in perpetuo sulle rendite del di lei Reginale Appannaggio»7.

Le regine spagnole diffusero oltre i confini dell’isola la devozione per la Santa siracusana.

Solo per citare un esempio, a Valencia, grazie all’impulso della regina Costanza8, figlia di Manfredi, re di Sicilia e moglie di Pietro III d’Aragona, fu costruito l’eremo9 di Santa Lucia e Sant’Agata, probabilmente per volere della confraternita di Santa Lucia già esistente a metà del XIII secolo. Il luogo in cui è collocato l’eremo corrisponde, oggi, al cuore della città, accanto alla Biblioteca pubblica Pilar Faus di Valencia, all’in crocio tra le vie Guillem de Castro e Hospital. Qui, ogni anno, il 12 dicembre si rinnova la tradizione del Tabalà; quasi due cento musicisti con tabal e dolçaina (tamburo e dulciana) si riuniscono in piazza e lungo le vie con l’intenzione di invocare Santa Lucia, attraverso il rumore, affinché nel giorno più corto dell’anno le ore di luce si allunghino ancora una volta.

A Siracusa, a voler potenziare il culto di Santa Lucia, insie me a quello dell’altro importante santo locale, Marciano10, fu il Vescovo Ludovico Platamone (1518-1540).

5. Capodieci, manoscritto, sn Il riferimento è riportato anche in Amenta 2017, p. 85.

6. Per il dipinto si veda Insolia, Fazzina, Romano, Bottaro 2021, p. 31.

7. Agnello 1891, pp. 59-60.

8. Cruilles 1876, pp. 431-433.

9. L’Eremo acquisì il patrocinio della Casa d’Aragona quando regnava Martin I, re d’A ragona tra il 1396 e il 1410. Per un’analisi più approfondita sull’eremo si veda: Cavero 1883; Company I Mateo 1986; Del Mar Calvo Lambru 2013-2014.

10. San Marciano è ritenuto il primo vescovo di Siracusa. La sua più antica raffigurazione si trova nelle catacombe di Santa Lucia. Sull’iconografia del Vescovo Marciano da Siracusa si veda: Massara 2010, pp. 275-291.

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Percorsi di luce a Siracusa. I luoghi di Santa Lucia

Extramoenia

SCULTURE DIPINTI INCISIONI EDICOLE VOTIVE PALIOTTI

Cattedrale

Chiesa di Santa Lucia alla Badia

Arcivescovado, Biblioteca Alagoniana

Chiesa del Carmine

Chiesa di S. Filippo Neri

Chiesa di Santa Maria dei Miracoli

Palazzo Bellomo

Chiesa di S. Martino

Chiesa dell’Immacolata

EXTRA MOENIA

Basilica di Santa Lucia

Chiesa di Santa Lucia al Sepolcro

Chiesa di San Giovanni Evangelista (Catacombe)

Chiesa dei Frati Minori Cappuccini

Elaborazione della carta: Gatto S., Trigilia L.

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