Smiljan Radic Archetipi Fragili

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Andrea Ambroso

SMILJAN RADIC ARCHETIPI FRAGILI La costruzione in tre opere dell’architetto cileno



Indice

07 Premessa Carlo Magnani 11 Introduzione 21 Casa Chica Un objet trouvé primitivo 81 Casa Habitación Una costruzione antropologica 161 Il Ristorante Mestizo La struttura dell’equilibrio 217 Conclusioni 223 Guida dell’abbandono Smiljan Radić 233 Fragile Fortuna Smiljan Radić 247 Smiljan Radić Architetto Breve Biografia 250 Bibliografia



Premessa Carlo Magnani

«[…] Vedi, in questi silenzi in cui le cose s’abbandonano e sembrano vicine a tradire il loro ultimo segreto, talora ci si aspetta di scoprire uno sbaglio di Natura, il punto morto del mondo, l’anello che non tiene, il filo da disbrogliare che finalmente ci metta nel mezzo di una verità […]» (E. Montale,“I limoni” in Ossi di Seppia, 1925, 1982). «la voce dell’origine non si cristallizza in un Testo, non forma un linguaggio vincolante […]» (M. Tafuri, Venezia e il Rinascimento, 1985).

Rifugio temporaneo autocostruito con materiali recuperati e raccolti in loco. Costruzioni fragili. Foto Smiljan Radić

Il Dottorato di Composizione Architettonica Iuav invita i dottorandi a sviluppare il loro lavoro di ricerca concentrando l’attenzione più sulle opere che sugli autori approfondendo l’indagine sui procedimenti morfogenetici e sui dispositivi che presiedono all’apparire della forma architettonica. La ricostruzione del testo (progetto-opera) è il primo passo onde lasciare a disposizione di successivi studiosi i materiali raccolti e quindi, attraverso disegno e ridisegno interpretativo come specifica forma di argomentazione, restituire voce al contesto culturale della realizzazione dell’opera al fine di rendere evidente la natura di ricerca, attraverso il progetto, dell’attività dell’autore. Tutto ciò sapendo bene che qualsiasi forma di interpretazione è sempre dall’oggi e le conclusioni dovrebbero collocare il testo analizzato come contributo al dibattito contemporaneo.

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Casa Chica Un objet trouvé primitivo

La Casa Chica: manifesto per un’architettura del materiale

Casa Chica, vista esterna. Sullo sfondo la Cordigliera delle Ande. Foto Smiljan Radić

La Casa Chica1, prima abitazione autocostruita da Radić con l’aiuto della moglie, la scultrice Marcela Correa, viene edificata a partire dal 1995 in un terreno di proprietà della famiglia Correa a circa 67 chilometri dalla città di Talca, nelle montagne di Vilches, a sud di Santiago del Cile. Si tratta di un piccolo rifugio usato dalla coppia per le vacanze fino al 2008 e poi oggetto di trasformazioni. L’area della costruzione, ampliata nel tempo dal mezzo ettaro iniziale ai successivi trentadue, è situata su un altopiano di basalto dominato da una grande foresta di querce, stretta tra il fiume Lircay e la catena montuosa delle Ande. La casa, al bordo di un pendio, prospetta il fiume. A pianta rettangolare libera, 3,66 x 5,92 metri e 2,26 metri di altezza – rispettando i dettami del Modulor di Le Corbusier –, incorpora nella stessa unità spaziale i servizi indispensabili, una piccola cucina a legna e un bagno. Un muro di contenimento in pietra – spesso circa 40 centimetri, con pianta a “C” e ali ad altezze diverse – funge da parete di fondo dell’intera abitazione. Il lato corto, più basso, è completato da un collage di frammenti, un patchwork di oggetti recuperati e collezionati nel tempo da Radić e dalla moglie: quattro finestre di raulì – legno tradizionalmente usato nella costruzione locale –, in cui il vetro è sostituito da una sottile lastra di marmo portoghese, e una porta a bilico con inserti di vetro trasparente. Il pavimento, il soffitto e la terrazza sono rivestiti da un tavolato in legno grezzo. All’interno, a lato dell’ingresso, si colloca il bancone della cucina con una vecchia stufa a legna in ghisa, sul lato opposto un piccolo bagno e all’esterno la doccia. Questo spazio abitativo, fisicamente compresso, fa da contraltare alla grande apertura vetrata che guarda verso il fondo della valle.

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Casa A (2008). Foto Gonzalo Puga. Le foto articolo: Smiljan Radić, Marcela Correa Casa A, Vilches, Cile Casabella 776 Con l’ingrandimento della famiglia dovuto alla nascita dei due figli, Radić e Marcela Correa abbandonano la Casa Chica e iniziano la trasformazione di una casa esistente all’interno del terreno. Radić elimina tutte le superfetazioni accumulate durante la vita dell’abitazione, semplificando la forma e la struttura e riportando la casa alla tipologia iniziale della “Frame A”. A causa del grande terremoto del 2010 la casa crollò

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Alla Casa Chica (1996) si affiancheranno, nel corso di circa vent’anni, la Casa A (2008), la Casa di Heidegger (2009), la Casa del Poema dell’Angolo Retto (2012), la Casa Trasparente (2012) e l’Atelier Corral (2015). In ognuno di questi edifici, realizzati per la sua famiglia, Radić elabora allo stesso tempo il recupero di memorie e tradizioni e l’attuazione di nuovi principi costruttivi e insediativi. I prototipi abitativi, concepiti come un’unica stanza, sono abitazioni-rifugio, spazi minimi che soddisfano le necessità primarie dei suoi abitanti. Ambienti transitori tra natura e mondo antropizzato, rappresentano il luogo più prossimo alla natura e alla solitudine. In queste opere Radić entra in contatto con le forze della materia, con i materiali ritrovati, assemblati e rivitalizzati attraverso la mano e lo sforzo fisico, sperimentando l’autocostruzione che trascina inevitabilmente con sé l’errore, l’improvvisazione e, di conseguenza, soluzioni innovative nella risoluzione di problemi costruttivi. Questi progetti non vengono conclusi e neppure dominati, ma consistono in un continuo avvicendarsi di tentativi, indicazioni, sperimentazioni e gesti, da cui emerge un “possibile divenire”, verso una costante trasformazione.


Casa Heidegger (2009). Foto Smiljan Radić Il nome deriva dalla similitudine formale della casa con il noto rifugio di Heidegger nella Foresta Nera. La casa, anch’essa acquisita con l’aumento del terreno, venne completamente rivestita in fonola, un materiale ondulato di cartone impermeabilizzato, povero, economico e fragile. In Cile, come osserva Radić, una casa di fonola è il materiale minimo con cui si può costruire trenta metri quadrati

Se generalmente il processo costruttivo dell’opera è sintetizzato nel disegno, al contrario, l’autocostruzione si propone come momento linguisticamente rinnovato, incidendo nella costruzione sia come prassi, sia come studio e riflessione, diventando quindi metodo di progettazione, pensiero manuale, partecipazione corporea diretta al concepimento dell’opera. Questa cultura materiale che si esprime, secondo Richard Sennet, nel concetto più ampio di “uomo artigiano”, è una sintesi di pratica e di immaginazione: pratica intesa come abilità tecnica, tramandata nel tempo, e immaginazione come strumento di trasformazione dell’intelligenza tecnica. La prima acquisisce la conoscenza attraverso la mano, la ripetizione, la regola, la seconda trasforma il linguaggio che guida l’abilità corporea. La materia di questi edifici è essenzialmente naturale, grezza, non-finita, prossima a quella “poetica dell’imperfetto” che recupera ciò che le città depositano ai loro margini. Qui l’architettura rifonda o azzera il suo linguaggio6, “riciclando” materiali poveri che diventano performativi, rinnovabili e rinnovati nel significato e nelle funzioni. Una ricerca paziente che si compie “per prove e per errori” e che si sedimenta nel tempo sul corpo vivo dell’architettura.

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Casa Rurale. Foto Pablo Casals. Vista Interno. La tipologia abitativa informale è tecnologicamente concepita in funzione dei materiali naturali reperiti in loco

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Casa Rurale. Foto Pablo Casals. Vista interna abitazione. La cucina a legna è il nucleo principale dell’abitazione. Attorno a essa si organizzano tutti gli spazi dell’abitazione

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Casa Habitación Una costruzione antropologica

Il legno. Il materiale di una cultura

Casa Habitación, trasformazione, 2007. Archivio Smiljan Radić

Casa Habitación si trova nell’Isola Grande di Chiloé – un’isola a 400 metri dalla costa all’interno della baia di San Miguel – ed è posizionata su una collina e circondata da un fitto bosco di olmi. La casa è progettata, secondo la concezione iniziale, come prototipo per una futura costruzione in serie, ed è pensata come un kit di elementi in legno prefabbricati e costruiti a Santiago del Cile per essere successivamente trasportati e assemblati in loco. L’idea di costituire un prototipo ha caratterizzato fin dall’inizio la progettazione, le cui caratteristiche principali dovevano essere la facile trasportabilità, anche in luoghi geograficamente impervi, e un montaggio agevole che non richiedesse l’ausilio di manodopera specializzata. Originariamente l’edificio era costruito su due livelli: al piano terra un unico volume, simmetrico, definito da un reticolo in legno a guisa di scaffali e completamente vetrato; al piano superiore, invece, tre volumi opachi rivestiti di lastre in lamiera di zinco ondulato. Anche in questa istanza, quindi, come per Casa Chica, il programma funzionale è molto semplice e lineare: al piano terra un unico spazio aperto e trasparente, al cui interno si trovano un piccolo volume – che contiene il bagno – e una cucina a legna addossata a quest’ultimo, mentre al piano superiore i tre volumi opachi che ospitano lo sbarco della scala, una piccola camera e una centrale elettrica per la produzione dell’acqua calda. Nel 2007 Casa Habitación viene modificata: in questo intervento Radić elimina i tre volumi superiori sostituendoli con una tenda in plastica rossa a forma di capanna.

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Casa Habitación, prospetto laterale e sezione longitudinale. Ridisegno Andrea Ambroso

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The boy hidden in an egg, Mostra Biennale Venezia, 2010. Archivio Smiljan Radić

Si instaura una relazione osmotica tra contenuto e contenente costantemente reversibile: ciò che è luogo diventa contenuto, e ciò che è contenuto diventa luogo. L’ambiente si fa soggetto e il soggetto ambiente. Questa inversione topologica continua disfa i contorni e i limiti tra soggetto e ambiente e ne inverte i ruoli. L’interazione non è semplicemente composizione degli elementi, ma assume rapporto di scambio topologico. È quest’ultimo a definire la fase di fluidità, il luogo in cui tutto entra in contatto con tutto, e arriva a mescolarsi e a confondersi senza però perdere la forma e la materia propria. Il rapporto tra interno ed esterno in architettura diventa simbolico di quello tra mondo interiore psicologico e un mondo naturale. Tra questi

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Casa del Poema dell’Angulo Recto, Vilche, Cile, 2012. Archivio Smiljan Radić

due mondi vi è un’unità che si esprime nella ricerca formale della continuità nella discontinuità (o della discontinuità nella continuità) attraverso la compenetrazione tra interno ed esterno, pieno e vuoto, concavità e convessità. In quest’ottica l’architettura si dilata, fino a comprendere l’ambiente costruito e il paesaggio, visti come opera in continua trasformazione. La funzionalità, tanto cara ai modernisti, diventa essa stessa un concetto mutevole, che deve adattarsi al continuo riassetto degli equilibri uomo-natura-cose.

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Il Ristorante Mestizo La struttura dell’equilibrio

Il Parco Bicentenario

Particolare appoggio pietra di basalto e trave di cemento. Foto Gonzalo Puga

Il progetto del Parco Bicentenario, ad opera dell’architetto Teodoro Fernandéz Larrañaga (Premio nazionale di Architettura del 2014), nasce a seguito di un concorso pubblico indetto dalla municipalità di Vitacura (Santiago del Cile) nel 1998. Il parco è stato realizzato in due fasi: la prima è terminata nel dicembre 2007, la seconda nel novembre 2011. Con i suoi ventisette ettari di estensione, si configura come lo spazio pubblico più vasto e più lungo della città di Santiago e si sviluppa longitudinalmente lungo il rio Mapocho, confinando a est con la nuova espansione della città, la Nueva Costanera, a sud con la rotonda Los Saldes, a ovest con il rio Mapocho e le colline montuose, mentre a nord è delimitato dal ristorante Mestizo e dall’infrastruttura stradale Isabel Montt. Sullo sfondo fa da scenografia l’imponente cordigliera delle Ande, dando vita a un paesaggio di grande forza e bellezza. Il parco è programmaticamente diviso in tre settori che ne permettono la fruizione attraverso rampe e scalinate. A sud, vicino alla rotonda Los Saldes, si apre una zona adibita alle esposizioni all’aperto a cui sono adiacenti il Museo Astronomico di Santiago e una caffetteria. La zona centrale è caratterizzata da una piazza ellittica che funge da cerniera tra il centro civico comunale con espansione commerciale della Nueva Costanera e l’edificio della Cepal, a formare uno spazio che caratterizza il distretto della municipalità di Vitacura. Nel terzo e ultimo settore sono presenti una serie di giardini, con l’alternarsi di specchi d’acqua, spazi attrezzati per le attività sportive e per il pic-nic e, infine, il ristorante Mestizo, che funge da trait d’union tra il parco e la sovrastante infrastruttura stradale Isabel Montt.

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Sopra: Ristorante Mestizo, vista prospettica. Sotto: Ristorante Mestizo, pianta copertura. Archivio Smiljan Radić

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Ristorante Mestizo, vista frontale. Foto Gonzalo Puga

Tra interno ed esterno, tra terra e cielo L’assenza di muri perimetrali e l’utilizzo di sole pareti vetrate mobili enfatizzano la ricerca di continuità tra interno ed esterno. Le grandi pietre in basalto, strutture puntuali che sorreggono la copertura, contribuiscono alla costruzione di uno spazio fluido e dinamico. Come afferma lo stesso Radić, «questi massi, posizionati all’esterno e all’interno dell’edificio, denunciano la loro relazione e appartenenza al giardino e in senso più ampio alla natura dalla quale provengono e dalla quale traggono senso e ragione d’essere»15. Inoltre, il desiderato effetto di compressione viene aumentato dalla ridotta altezza del tetto (circa 2,60 metri), che contribuisce ad ampliare percettivamente la dilatazione dello spazio verso l’esterno, verso il parco e la città. A tale effetto si associa il colore nero che «serve a placare la luce interna e produce una cornice di riferimento che consente di incorporare i giardini d’acqua vicini e il parco in generale, all’interno di un recinto estremamente permeabile»16. 181


sezione AA

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sezione DD

Ristorante Mestizo. Sezioni costruttive. Disegno interpretativo Andrea Ambroso

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sezione EE


Ristorante Mestizo. Punto A. Particolare appoggio trave-pietra. Si nota la posizione asimmetrica della pietra rispetto l’appoggio Particolare dell’appoggio esterno riferito alla sezione AA

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