«Nella mondialità, (che esiste nella misura in cui dobbiamo fondarla) non apparteniamo in modo esclusivo a “patrie”, a “nazioni” e ancora meno a “territori”, ma facciamo parte ormai di “luoghi”, di rivoluzioni linguistiche, di dèi liberi che non pretendono di essere adorati, di terre natali che saremo noi a scegliere, di lingue che saremo noi a desiderare, di geografie intessute di materie e visioni che saremo noi a creare.»