Indice
Ai margini della città:
di polverizzazione
condizione
di transizione
urbano e rurale
incertezza
Strategie progettuali di approssimazione e rimisurazione
spazio aperto
interagire
la compagine rurale
Lo scalo di San Cristoforo: ipotesi di trasformazione
‘Agenti
Prefazione
Gabriele Pasqui
Ci sono diversi modi per connotare la fragilità dei territori italiani, caratterizzati da una varietà straordinaria e per molti aspetti unica anche nel panorama europeo. Le aree fragili non coincidono con i soli territori marginali, con le aree interne e montane. Anche i contesti urbani e metropolitani presentano diverse dimensioni della fragilità, intesa come condizione di disequilibrio, che rende possibile l’emerge re di eventi critici.
Il libro di Lavinia Dondi, che ha preso le mosse nel contesto del programma di ricerca Dipartimenti di Eccellenza - Fragilità territoria li, propone una rappresentazione orientata al progetto relativa ad una specifica famiglia di contesti fragili: quella dei territori e dei paesaggi periurbani.
Il volume di Dondi mostra chiaramente in quale senso la maglia periurbana prossima alla campagna, caratterizzata da logiche di fram mentazione e soggetta a fenomeni di marginalità e al rischio di proli ferazione di ambienti residuali, possa essere considerata un territorio fragile. In questi contesti, che sono propri di aree urbane di diverse dimensioni, morfologia e consistenza, coesistono processi di diversa natura: ecologici e ambientali, economici e sociali, infrastrutturali e insediativi, urbanistici e architettonici. Nel loro complesso questi pro cessi possono generare discontinuità, frammentazione, sottoutilizzo e abbandono. A loro volta, tali fenomeni rendono soggetti i paesaggi periurbani alla possibilità di una vera e propria “rottura” degli equilibri consolidati, esponendoli a rischi antropici e naturali ma anche a un più complessivo degrado che è insieme paesaggistico e sociale.
Osservare ‘dall’interno’ i paesaggi di transizione
Un pensiero progettuale che focalizza il paesaggio urbano nelle sue complessità rappresenta oggi un punto di vista importante da assumersi anche per soddisfare la «domanda di relazione» insita nella realtà che ci circonda. La dimensione relazionale, e non quella og gettuale, diventa fondamentale per rifondare la ricerca progettuale su un rapporto dialettico tra «forme e corpi» ed esigenze reali e non costruite in astratto (Emery 2007, 17). Tale dinamica va di pari passo al superamento ormai consolidato del volume architettonico come obiettivo cardine del progetto: dall’edificio, quale unità attraverso cui conformare lo spazio urbano, al “piano orizzontale”, sul quale or ganizzare sequenze di spazi al chiuso e all’aperto, consentendo una reale interazione tra le parti (Waldheim 2016).
Con l’elaborazione della città moderna, le modalità fino ad al lora consuete di concepire i pieni e lo spazio “tra” di essi subisco no un progressivo scardinamento, configurando strategie rinnovate attraverso le quali disegnare i nuovi agglomerati urbani1. Ciò che si verifica è un’inversione dei rapporti proporzionali tra edificato e spazio aperto: se nella città storica la dinamica è quella di un solido compatto innervato dal tessuto connettivo, la città moderna si dise gna a partire dallo spazio aperto, all’interno del quale si posizionano,
1. Pierre Alain Croset definisce la città moderna una «città aperta», ovvero una tipologia di inse diamento la cui connotazione peculiare è l’apertura e il problematico dilatarsi dello spazio aperto, sul quale, però, paradossalmente, non è maturata una riflessione coeva altrettanto dirompente: lo spazio aperto rimane il “vuoto” risultante dalla disposizione dei volumi (Croset 1993).
1. Ai margini della città
Scenari di polverizzazione tra urbano e rurale
Perifericità e residualità di una maglia incerta
Le sfide che animano ancor oggi il dibattito sui territori periurba ni sono numerose e fortemente interconnesse. Tuttavia, possono es sere riassunte attraverso due macro-obiettivi principali: da una parte, il riscatto rispetto ai fenomeni di perifericità delle compagini urbane più esterne, con implicazioni di tipo sociale ed economico; dall’altra, un’azione di contrasto rispetto alle manifestazioni di residualità lega te alla morfologia degli insediamenti e, di conseguenza, allo spazio aperto, anche nella sua relazione conflittuale con la campagna limi trofa, sempre più fagocitata dall’urbanizzato. Inoltre, le aree periur bane hanno sempre rappresentato un luogo di sperimentazione, non solo per l’acuirsi di problematiche ormai consolidate, ma anche per le opportunità che detengono: una maglia più incerta nei suoi spazi, meno radicata nel tempo e notevolmente dilatata ha contribuito, e continua tuttora, all’innescarsi di riflessioni architettoniche connesse a possibili interventi migliorativi (Berger et al. 2017). Le compagini periurbane – «one of the most problematic types of land use that the twentieth century has bequeathed to the twenty-first [including] extensive housing and extensive agriculture» (Fromonot 2020, 26) –continuano quindi a richiedere l’attenzione degli studiosi.
In Europa, un grande sconvolgimento di questi territori ha coinciso con la ricostruzione del secondo dopoguerra, momento in cui una con dizione di povertà diffusa legata alle ristrettezze della guerra induce un esodo di massa verso le città e, conseguentemente, una crisi connessa alla produttività della campagna. Allo stesso tempo, le amministrazioni
Lo scalo dismesso di San Cristoforo e l’urbanizzato eterogeneo a nord dei binari.
Il sovrappasso carrabile con corsia ciclabile di via Pietro Giordani che attraversa l’area dello scalo dismesso di San Cristoforo.
Diversi parchi periurbani si trovano, inoltre, in prossimità del tracciato ferroviario suburbano che ospiterà la Circle Line o appa iono potenzialmente relazionabili ad esso: il Parco delle Risaie, di recente istituzione, si trova nei pressi dello scalo di San Cristoforo, nella campagna poco distante, che appartiene anche al più consolida to Parco Agricolo Sud Milano. L’enclave rurale, che confina ad ovest con le cittadine di Corsico, Buccinasco e Assago, è caratterizzata principalmente dalla coltivazione del riso, che porta con sé l’esigenza di un fitto ed efficiente reticolo idrico. La rete delle cascine, spesso impreziosita dalle tracce degli antichi mulini, rappresenta uno stori co presidio per il territorio: oggi gli edifici sono solo in parte legati alla produzione agricola, diversi sono stati rifunzionalizzati e altri, al contrario, versano in condizioni di abbandono.
Risulta significativo completare la ricognizione alla scala vasta fa cendo emergere anche la relazione tra i sistemi già evocati e il reticolo idrico della città di Milano. Oltre alla presenza della fitta rete di cana lizzazioni nella campagna adiacente, lo scalo di San Cristoforo è for temente relazionato a due linee d’acqua: in primo luogo, è interamen te costeggiato, nella parte sud, dalla presenza del Naviglio Grande, un canale storico di origini prerinascimentali; e in secondo luogo, l’area è tagliata in trasversale, nella porzione ovest, dal Deviatore Olona, rea lizzato verso la metà del secolo scorso per diminuire il carico del fiume Olona, spesso soggetto ad allagamenti. Il Deviatore Olona raggiunge il Parco delle Risaie, a sud dello scalo, dopo aver già lambito lungo il suo tragitto diversi parchi periurbani e urbani tra cui – partendo da nord – il Bosco in Città, il Parco delle Cave e il Parco dei Fontanili, oltre ad incrociare un giardino pubblico in corso di realizzazione nei pressi di Bisceglie, poco prima dello scalo2.
Infine, è importante focalizzare il sistema delle acque anche alla luce del progetto di riapertura dei Navigli Milanesi, altra gran de operazione di rigenerazione prevista per la città dagli strumenti
2. Si tratta di un parco urbano progettato dallo studio francese di Michel Desvigne. La soluzione per l’area lavora proprio sulla valorizzazione della linea d’acqua artificiale, assumendola come un segno dirimente rispetto alla riconfigurazione del contesto.
Scenari di polverizzazione tra urbano e rurale
Reticolo idrico Naviglio Grande Deviatore Olona reticolo minore tratti tombinati bacini artificiali/cave
Spazi aperti verde pubblico verde privato verde sportivo spazio attrezzato/area gioco
spazio attrezzato/area sport spazio attrezzato/area cani orto alberatura/gruppi di alberature area/fascia boscata filare
Suolo agricolo seminativi semplici risaie prati permanenti boschi di latifoglie
Una vista dell’urbanizzato a sud dello scalo dismesso di San Cristoforo e lungo il Naviglio Grande: il tessuto è in gran parte caratterizzato da un sistema di spazi aperti dilatati e attrezzati.
Uno dei due “tasselli di innesto” interposti tra le due compagini di urbano e rurale: il territorio è stato oggetto di una recente trasformazione legata alla nuova linea M4 e ai relativi depositi.
Elementi dello spazio urbano e agricolo intorno allo scalo di San Cristoforo. Elaborato a cura di Lavinia Dondi e Marta Annunzi. Laddove non sono specificate altre fonti, la mappatura è stata effettuata a partire dai dati contenuti nel PGT della città di Milano (2019), opportunamente integrati attraverso interpretazioni di immagini satellitari o sopralluoghi.
Scenari di polverizzazione tra urbano e rurale
2. Strategie progettuali di approssimazione e rimisurazione
Ricucire paesaggi mutevoli attraverso l’acqua
Dall’antropizzazione alla rinaturalizzazione
Le aree periurbane – dove generalmente la densità del costrui to diminuisce mentre i luoghi all’aperto si dilatano – rappresentano una preziosa occasione per restituire spazio ai corsi d’acqua e ai loro ambiti di pertinenza, che nel tempo sono stati fagocitati dall’urba nizzazione o dalla produzione agricola intensiva (Balderas Guzmán 2017). La questione delle linee d’acqua come «dispositivi di appros simazione» alla città interessa non tanto lo scenario mediterraneo, dove reticoli idrici più esigui con periodi di siccità prolungata diffi cilmente diventeranno strumenti cardine dei processi di rigenerazio ne, quanto invece le aree metropolitane dell’Europa centrale, Pianura Padana compresa, che offrono paesaggi periurbani dove la risorsa idrica solitamente si presenta in modalità molteplici.
I corsi d’acqua hanno bisogno di ritrovare la qualità dei loro am biti di deflusso dopo ben due secoli legati ad un’azione di antropiz zazione aggressiva: nel corso dell’Ottocento, la visione olistica en tro la quale si operava riusciva perlomeno a massimizzare i vantaggi economico-sociali e a minimizzare il degrado ecologico, mentre il secolo scorso ha alimentato perlopiù interventi settoriali che hanno prodotto gran parte delle conseguenze negative che oggi ci troviamo ad affrontare (Becciu et al. 2021, 84). In particolare, la tendenza eu ropea legata alla manomissione dei corsi d’acqua acquista un primo slancio decisivo tra le due guerre, periodo che corrisponde alle grandi bonifiche e a una politica di infrastrutturazione determinante per le aree urbane. Gli alvei dei fiumi lasciano il posto alle arterie stradali,
Casi studio europei. Elaborato a cura di Lavinia Dondi. I quattro casi studio contrassegnati da un colore più chiaro sono quelli approfonditi nel testo, mentre laddove si indica solo un contorno si fa riferimento a progetti non ancora realizzati.
Parchi e linee d’acqua da abitare ai margini della città: casi studio in Europa
Il percorso di ricerca si è avvalso di una raccolta di casi studio in ambito europeo relativa principalmente agli ultimi due decenni. Negli interventi studiati convergono i temi di progetto discussi: sce nari periurbani con relazioni conflittuali con la compagine agrico la adiacente si assumono quali ambiti di ricucitura in cui lo spazio aperto e le linee d’acqua diventano i «dispositivi di approssimazione» privilegiati. Coinvolgendo i tracciati irrigui nell’azione progettuale, i casi studio significativi si collocano nel cuore dell’Europa, come già accennato: è proprio la parte centrale del continente ad offrire nume rose suggestioni sul tema.
Così, laddove la risorsa idrica è presente più o meno in abbon danza diventa anche materia di progetto per operazioni di ricucitura, da intendersi sempre in un’ottica di riconfigurazione del tessuto di relazione del quartiere, o almeno di una sua parte cospicua. Infatti, ciò che emerge è una visione territoriale declinata, almeno negli am biti di transizione ritenuti strategici, anche alla scala architettonica e di dettaglio, al fine di concretizzare azioni transcalari non solo di approssimazione ma anche di “addomesticamento” dei luoghi in questione. Al di là di operazioni di pianificazione, che sicuramen te hanno alimentato le progettualità indagate, l’analisi si sofferma quindi sui risvolti spaziali che determinano l’abitabilità dei contesti periurbani.
Gli interventi progettuali presi in esame testimoniano anche la possibilità, legata alla maglia dilatata, di riattribuire all’acqua spazi adeguati al deflusso e alla permanenza nel territorio, contribuendo, allo stesso tempo, a valorizzarne la relazione con gli abitanti attraver so reali possibilità di fruizione e di loisir.
I casi studio sono raccolti in una mappa sinottica attraverso la qua le si ha un quadro geografico della loro collocazione, che restituisce, all’interno dell’ambito europeo, le diverse intensità attribuite ai temi progettuali discussi, testimoniate dalla relativa numerosità delle pra tiche riportate. Tra i casi studio collezionati, la scelta è stata quella di presentarne quattro particolarmente significativi rispetto alle strate gie spaziali indagate; in particolare, negli ultimi due il contrasto alle fragilità di tipo idraulico e ambientale diventa un aspetto trainante.
Reticoli minori alimentano sistemi articolati di ricucitura
Tra le soluzioni progettuali prese in considerazione nell’arco degli ultimi vent’anni, di sicuro il progetto per il parco lineare di Noordrand (2011-2015) dello studio olandese Hosper rappresenta un caso esemplificativo1. A cavallo tra gli insediamenti di Rhoon e
1. Il progetto è stato approfondito attraverso materiali forniti direttamente dai progettisti e in parte consultabili al seguente link [https://www.hosper.nl/landschapen-recreatiegebied/ rhoon-barendrecht-landschapspark-noordrand/].
Ricucire paesaggi mutevoli attraverso l’acqua
Hosper, Parco lineare di Noordrand, Rhoon e Barendrecht, Rotterdam, 2011-2015. Credits Hosper. Rielaborazione della planimetria di progetto a cura di Lavinia Dondi.
Ricucire paesaggi mutevoli attraverso l’acqua
minerale – probabilmente con lo stesso trattamento al suolo riserva to ai due punti di risalita della passerella esterni allo scalo – in parte al coperto e direttamente connessa all’alzaia del Naviglio Grande. L’idea è quella di un ambito di accesso al sistema parco – un vero punto di svolta rispetto alle soluzioni precedenti – relazionato anche alla compagine agricola sottostante e da adibirsi periodicamente al mercato o allo svolgimento delle attività culturali legate alla presenza del Naviglio. Come nella soluzione del gruppo guidato da baukuh, anche i due spazi urbani di risalita per la nuova passerella diventano nodi strategici del progetto: da una parte, la riconfigurazione non tanto di piazza Tirana ma dello spazio di pertinenza della stazione di San Cristoforo, con i volumi di supporto ai lati e la connessio ne allo spazio dedicato allo sport; dall’altra, la nuova piazza presso Ronchetto sul Naviglio, che si conforma riprendendo alcuni conno tati del boschetto di Restocco Maroni e, in generale, della campagna sottostante, ovvero la vegetazione lussureggiante e la presenza di una linea d’acqua.
In contrapposizione rispetto al rafforzamento delle relazioni in direzione nord-sud, il bacino rettilineo previsto rappresenta l’asse longitudinale portante del masterplan proposto, un tracciato d’acqua che non presenta attraversamenti trasversali se non oltre la piattafor ma minerale, presso le vasche di fitodepurazione. Infatti, la porzione più a ovest del bacino, dove si prevede la balneabilità, avrebbe forse bisogno di una maggiore interazione trasversale tra le due sponde, con la possibilità di un coinvolgimento attivo del manufatto rossiano.
Quest’ultimo si immagina, invece, completamente immerso nel verde, una grande «stanza all’aperto» dove ripararsi dal sole e da gli insetti grazie ad un rivestimento semitrasparente che avvolge lo scheletro esistente. Si asseconda, così, uno status acquisito di “monu mento sospeso” nel tempo e nello spazio, valorizzandone la distanza dall’ambiente costruito e restituendo una “rovina” del postmoderno da abitare a cavallo tra interno ed esterno. Al di là delle specificazioni funzionali, su cui gran parte delle altre soluzioni puntavano, ciò che emerge qui è l’idea di un luogo che volutamente rimane incompiuto nella relazione con il contesto, pur ospitando nuovi usi possibili.