ISBN 978-88-6242-756-2
Prima edizione italiana dicembre 2022
© LetteraVentidue Edizioni
© Marianna Ascolese
Questo libro è stato pubblicato con il sostegno del DiARC - Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.
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Progetto grafico: Francesco Trovato
LetteraVentidue Edizioni S.r.l.
Via Luigi Spagna 50 P
96100 Siracusa, Italia
www.letteraventidue.com
marianna ascolese
strade di città
Letture interpretative dello spazio del “tra” nella città occidentale
I disegni e le fotografie raccolti all’interno del volume narrano una lettura parallela dello spazio della strada che investiga, attraverso un’interpretazione visuale, percettiva e sintetica, le condizioni spaziali di alcuni frammenti urbani osservati o attraversati. Le immagini, elaborate specificamente per la costruzione del libro, divengono un ulteriore momento di analisi ed esplorazione dello spazio della città.
Indice
Progettare lo spazio della strada
Ferruccio Izzo
Premessa
Uno sguardo sulla città
Osservazioni
Brevi note sullo spazio della strada
Spazio fisico vs spazio immateriale
Letture
Postille interlineari di un discorso sulla strada
La strada come traccia
La strada come vuoto, la strada come poché
La strada come margine
La strada come stanza urbana
La strada come teatro urbano
La strada come arena sociale
La strada come immagine
Epilogo
Stesure in divenire: la strada, uno spazio di relazioni
La strada è morta, lunga vita alla strada!
Umberto Napolitano
Indice dei nomi
15 21 23 33 39 51 67 81 103 113 129 147 155
Bibliografia
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Progettare lo spazio della strada
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Ferruccio Izzo
Negli ultimi anni alcuni eventi critici, e tra questi l’epidemia di Covid-19 più di ogni altro, hanno fatto emergere sempre più le fragilità delle nostre città a tal punto da mettere a repentaglio quel collante che ne ha costituito l’origine. Mi riferisco all’insieme di idee e di convenzioni culturali che hanno generato le basi della vita sociale e permesso alla gente di vivere insieme per ricavarne benefici e supporto reciproco. Un patrimonio che ha assicurato la formazione di comunità, di vere opportunità di integrazione e di relazioni positive tra spazi costruiti e processi sociali. Oggi la perdita della dimensione pubblica e comunitaria prende sempre più il sopravvento nelle città, a completo discapito della qualità della vita. Questa pubblicazione affronta la questione dal punto di vista dell’architettura, studiando il dominio pubblico della strada in una dimensione esplorativa che indaga l’individuale e la sua realtà fisica in relazione alla più grande totalità, concentrandosi sulle caratteristiche essenziali della questione in modo da offrirne una messa a fuoco tale da poter costituire un fondamentale punto di riferimento, aperto a sviluppi ulteriori e a un utilizzo diretto al progetto piuttosto che a un interesse meramente speculativo.
È evidente che ad aver fatto le spese di questa contemporanea perdita di dimensione pubblica e comunitaria sia stata, innanzitutto, l’architettura con la sua instancabile e universale ricerca di bellezza inequivocabilmente riversata nelle città costituendo mondi inseparabili e interagenti.
Le città storiche hanno sostenuto la vita delle forme nel tempo, la stratificazione resiliente di continui adattamenti, nuovi usi, trasformazioni spaziali che non tradiscono le idee originarie né gli ancestrali legami con le comunità.
Il progetto di un singolo edificio così come la trasformazione di uno spazio pubblico possono mettere in discussione la modalità di costruzione della città e, viceversa, essere davvero assorbiti dall’incessante “divenire”
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Progettare lo spazio della strada
Il disegno degli spazi vuoti che definiscono la struttura dell’antico impianto urbano della città di Napoli evidenzia il carattere di porosità e complessità della città antica in cui la struttura regolare dei cardini e decumani cede il posto a una sequenza di spazi articolati e mai uguali.
38 Letture
La
come traccia
I più antichi segni della potenza insita nella strada come traccia fondativa dei primi insediamenti emergono migliaia di anni fa quando essa stessa viene identificata come l’origine dei luoghi abitati dall’uomo15 . Questo concetto resiste nel tempo e nello spazio e all’inizio del Novecento alcuni studiosi e teorici della storia, della teoria urbana e della geografia avviano riflessioni sulla strada intesa come traccia fondante della città, dato permanente. Alcuni di questi concetti, già presenti in diversi trattati16 dell’età classica e nei simboli di antiche civiltà17, sono stati ripresi da più recenti studi. L’idea di strada come traccia, struttura primaria, ha il suo fondamento nel suolo urbano, ovvero «dato naturale e opera civile»18, a cui è legata la vita e la composizione della città. All’inizio del Novecento, Marcel Poëte nella sua opera Introduction à l’Urbanisme, specifica che i due elementi che favoriscono la nascita della città sono la posizione e il comprensorio geografico, entrambi si esplicitano nella via, «l’elemento attivo per eccellenza»19. La traccia, che sottende simbolicamente e fisicamente la strada, la si ritrova nell’idea di permanenza del piano, che è la base della lezione del Poëte che influenzerà anche l’analisi di Pierre Lavedan che interpreta «la persistenza come la generatrice del piano»20. Questi studi attribuiscono alla strada un ruolo necessario per il
15 Cfr. Kostof Spiro K., The City Assembled, in ÇeliK Zeynep, favro Diane, e ingersoll Richard (a cura di), op. cit.
16 Confronta in particolare strabone, Geografia, (circa 64 a.C.-19 d.C.).
17 Cfr. ryKwert Joseph, The idea of a town: The Anthropology of Urban Form in Rome, Italy, and The Ancient World, 1963, ed. it. L’idea di città. Antropologia della forma urbana nel mondo antico, Adelphi, Milano, 2002; sennett Richard, The Conscience of the Eye (1990); ed. it. La coscienza dell’occhio. Progetto e vita sociale nella città, Feltrinelli, Milano, 1992.
18 Cfr. rossi Aldo, L’architettura della città, Città Studi, Milano, 1966, p. 42.
19 PoËte Marcel, op. cit., p. 57.
20 rossi Aldo, L’architettura della città, cit., p. 42.
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strada
La strada come traccia
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Letture
Via Carbonara, Napoli, 2017.
La strada come margine
La strada, come raccontano il surreale lavoro del fotografo belga Filip Dujardin e le sofisticate immagini di Berenice Abbott, si manifesta come uno spazio tra, una condizione del mezzo che risiede tra il costruito e le persone. Si esplicita in differenti forme: spazio tra il pieno e il vuoto, spazio delimitato da un margine, limen, soglia-ingresso, forme attraverso cui assume la consistenza di una linea profonda e densa che si trasforma in spessore o superficie. In entrambi i casi, si confronta perentoriamente con il suo sfondo. Delimitata e in relazione con il contesto, genera quegli ambiti che consentono di abitare lo spazio.
La pianta di Roma del Nolli del 1748 descrive la complessa relazione che le strade, in quanto figura, stabiliscono con gli edifici che le delimitano e i vuoti della città vengono rappresentati alla stessa maniera degli accessi degli edifici. Questo modo di raffigurare lo spazio influenzerà radicalmente il modo di vedere la città. Colin Rowe e Fred Koetter proveranno a teorizzare, più di due secoli dopo, il concetto contenuto in questa pianta e che, più in generale, si evolverà in una metodologia di lettura dello spazio urbano: il rapporto tra figura e sfondo. In Collage City studiano in che modo la composizione geometrica della città può divenire uno strumento di mediazione tra la condizione della città storica e quella moderna. Nelle città tradizionali, la consistenza e la tessitura degli edifici, che contemporaneamente assolvono alla funzione di space occupiers1 mantenendo la loro individuale presenza e di space definers provando a contribuire alla continuità della conformazione urbana, infondono energia allo spazio vuoto, definito come specific space. E più specificamente in merito alla questione figura/sfondo, propongono una nuova strategia compositiva che ricerca una condizione di equilibrio tra il pieno e il vuoto. Questa non si identifica in una forma compiuta, bensì
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La
margine
1 rowe Colin e Koetter Fred, Collage city, The MIT Press, Cambridge, 1978, p. 79.
strada come
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Piazza Guglielmo Marconi, Mantova, 2022.
La strada come arena sociale
La strada è espressione e manifestazione dello spazio pubblico per eccellenza, accoglie i riti, le celebrazioni e gli eventi sociali. Già i primi insediamenti riconoscono la strada come un luogo che «racconta a sé stessa una storia su sé stessa» 1, dove appropriazioni spaziali, azioni religiose e manifestazioni collettive davano forma e struttura alla scena urbana. Se nel Rinascimento, proprio in corrispondenza del passaggio dalla città ad accrescimento spontaneo alla città pianificata, la strada costituisce la nuova scenografia della città, nell’Ottocento la ritroviamo «nella sua funzione feconda dal punto di vista urbano»2. Le grandi operazioni di trasformazione ottocentesche, apparentemente volte a migliorare le condizioni di benessere sanitario e a identificare il potere e la forza politica del tempo, disegnano una nuova dimensione urbana. Con il Funzionalismo le città, private di strade e piazze, si pongono l’obiettivo di soddisfare diverse condizioni di comfort: aria, luce e spazi verde. Gli edifici non hanno più relazione con la strada che da luogo di aggregazione in cui si manifestava una promiscuità di usi e funzioni, diviene uno strumento di connessione: le grandi highway invadono il territorio e l’automobile regola e governa gli spazi della strada. Le riflessioni del Movimento Moderno invitano a considerare la strada uno strumento per comunicare in cui si esaltano le infrastrutture, le automobili, la circolazione, la comunicazione e la velocità. Cambiano il concetto di tempo e spostamento con conseguenze dirette sul modo di vivere e percepire il contesto urbano: la città si separa dal suolo e l’uomo di conseguenza si separa dalla città. Queste riflessioni sull’architettura e lo spazio urbano, radicali ed estreme, inducono a un superamento dell’idea di strada come componente urbana compiuta e intorno alla metà
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1 Çelik Zeynep, favro Diane, e ingersoll Richard (a cura di), op. cit., p. 4.
2 Poëte Marcel, op. cit., p. 75.
La strada come arena sociale
del secolo scorso, essa stessa viene ripensata come elemento necessario per comporre la scena pubblica con una visione molto più spinta sugli aspetti sociologici che riconoscono in questo spazio un luogo di comunità. Diversi autori, tra cui Bernard Rudofsky, Jan Gehl, Vikas Mehta, hanno osservato e indagato il suo ruolo sociale, di interazione e relazione, di scambio collettivo e rituale.
Negli anni Cinquanta del Novecento Peter e Alison Smithson apportano un fondamentale contributo teorico che rendono esplicito nelle proposte progettuali, dove «la strada non è solo un mezzo di accesso, ma anche l’arena per una espressione sociale»3. Nei loro progetti questo elemento urbano non è semplicemente legato a un’organizzazione funzionale, ma diviene il luogo in cui sperimentare e indagare nuovi modelli di
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Letture
3 smithson Alison e Peter, Urban structuring. Studies of Alison and Peter Smithson (1967); trad it. di Giulio Petti e Adriana Pelucca, Struttura urbana. Studi di Alison e Peter Smithson, Calderini, Bologna, 1971, p. 17.
Diagrammi dei flussi di persone e veicoli in due stralci di via Duomo, Napoli.
Il concetto di public realm si identifica con lo spazio della strada, quel luogo capace di dare equilibrio alle diverse componenti, fisiche e immateriali, pubbliche e private. Questa commistione di contenuti invita a riflettere sull’idea di uno spazio comune, libero e della convivialità.
vita collettiva. In queste nuove strutture organizzative dello spazio della città, l’automobile, viene riconosciuta come parte integrante del territorio e strumento per leggere e progettare i nuovi spazi urbani. Al tipo di strada tradizionale si propone un “sistema-infrastruttura”: il progetto per la Golden Lane4 propone una nuova idea di città dove le strade divengono strumenti necessari per il suo funzionamento tutto interno e mobilizzato, in cui, però, permane il senso di comunità degli spazi di prossimità delle case dove le persone si incontrano, le azioni si manifestano, le vita si attiva. La strada diviene un luogo in cui si combinano e si mescolano insieme diversi attori, una scena urbana che si caratterizza di tutte quelle componenti che la rendono prima di tutto uno spazio per l’uomo.
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4 “Golden Lane”, progetto di Alison e Peter Smithson, London, 1952-53.
La strada come arena sociale
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Letture
Scala di San Potito, Napoli, 2022.
La strada come immagine
Negli ultimi anni, la contrapposizione tra dentro e fuori sembra essere divenuta estrema e labile e i confini che separano queste due condizioni appaiono sempre meno tracciabili laddove la definizione di uno spazio interno ed esterno non è più chiaramente evidente. È essenzialmente cambiata l’idea di immagine che si ha dello spazio pubblico.
L’immagine, sin dai tempi più antichi1, ha legato l’uomo al mondo visibile e agli aspetti immateriali a esso connesso. «L’occhio è nel mondo, il mondo è nell’occhio»2 con questa inclusione Merleau-Ponty apre una nuova teoria della percezione che trova le sue fondamenta nell’inseparabile condizione del vedere e dell’essere visto, stato che conferma la relazione esperienziale dell’uomo con la realtà. Nei primi anni del Novecento Belà Balàzs introduce il concetto di “cultura visuale” come quella capace di affermare la superiorità della immagine e delle visioni e in cui «si ha una riscoperta della dimensione qualitativa e “atmosferica” delle cose e degli spazi»3.
1 È da attribuire a Platone l’indissolubile relazione che lega l’idea e all’immagine eidos ed eidolon, in quanto entrambi i termini hanno la comune radice vedere (idein). Questo legame conduce a quello che secoli dopo esprimerà Georges Didi-Huberman come l’impossibilità di pensare senza immagini. Il rapporto tra idea e immagine trova tra la metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento nella Bildwissenschaft (Scienza dell’immagine) una serie di personaggi – Gottfried Semper, Jacob Burckhardt, Aby Warburg, Franz Wickhoff, Alois Riegl, Heinrich Wölffin, Erwin Panofsky – capaci di apportare una sostanziale rivoluzione nella metodologia della storiografia artistica andando ben oltre il campo disciplinare dell’arte. In questo contesto le arti maggiori (Pittura, Scultura e Architettura) vengono comparate con le produzioni artigianali e si dà il via a ibridare le tecniche tradizionali dell’interpretazione dell’immagine con le nuove possibilità delle allora nascenti fotografia e cinema. Nell’Ottocento si sviluppano numerose teorie che hanno investigato il campo dell’immagine, la percezione sensoriale e lo sguardo. Konrad Fiedler che all’interno dei suoi studi sull’arte figurativa riconosce l’autonomia del vedere dalla coscienza filosofica e il suo ruolo autonomo descrivendolo come un’attività dinamica e autodeterminata: «Tale attività visiva […] è in sé movimento espressivo, un vedere che coopera con l’attività della mano, riunendo in sé intuizione e poiesis». Pinotti Andrea e somaini Simone (a cura di), Teorie dell’immagine. Il dibattito contemporaneo, Raffaello Cortina, Milano 2009, Introduzione, pp. 46-47.
2 merleau-Ponty cit. in Pinotti Andrea e somaini Simone (a cura di), op. cit., p. 48.
3 Pinotti Andrea e somaini Simone (a cura di), op. cit., p. 22.
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La strada come immagine