19 Collana Alleli / Project Comitato scientifico Edoardo Dotto (ICAR 17, Siracusa) Antonella Greco (ICAR 18, Roma) Emilio Faroldi (ICAR 12, Milano) Nicola Flora (ICAR 16, Napoli) Bruno Messina (ICAR 14, Siracusa) Stefano Munarin (ICAR 21, Venezia) Giorgio Peghin (ICAR 14, Cagliari)
ISBN 978-88-6242-758-6 Finito di stampare nel mese di Maggio 2022 presso PressUp srl © LetteraVentidue Edizioni © Caterina Barioglio È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo ai copyrights delle illustrazioni saremo lieti di correggerlo nella prossima ristampa. LetteraVentidue Edizioni s.r.l. Via Luigi Spagna, 50 P 96100 Siracusa www.letteraventidue.com
Caterina Barioglio
UniverCity Il campus universitario come esperimento urbano
Indice
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Introduzione Il campus come luogo della città
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L’università come spazio sociale Il contributo delle scuole politecniche nel ripensare il campus come piattaforma multifunzione
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Architettura dell’università e architettura della città Il caso del Campus Luigi Einaudi di Foster+Partners a Torino
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L’azione di progetto tra strategie e tattiche L’esperienza del Masterplan per il Politecnico di Torino
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Verso una università della città Il Politecnico e Torino: paradigmi di una relazione
147
Riconoscere la reciprocità Il progetto dei campus tra luoghi straordinari e tessuti ordinari
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Note
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Crediti
Introduzione
Il campus come luogo della città
The university is indeed a key institution of the Creative Economy, but what’s not so widely understood is the multifaceted role that it plays. It doesn’t simply crank out research projects that can spun off into companies. […] universities help to establish the broader quality of place of the communities in which they are located1. Richard Florida, 2002
C
ome afferma Richard Florida le università sono istituzioni chiave nello sviluppo dei territori e giocano un ruolo multiforme, ancora da comprendere nella sua interezza, rispetto alle comunità che le ospitano2. Florida evidenza almeno tre modi con cui l’università può contribuire allo sviluppo locale: come centri di ricerca sono una risorsa importante nella produzione di innovazione tecnologica; sono un attrattore straordinario di talenti, e quindi di nuove imprese, alimentando circuiti virtuosi di sviluppo e crescita; promuovono un clima di apertura, tolleranza e progresso, contribuendo alla qualità dei luoghi per le comunità in cui si trovano3. Se le università sono da sempre motore di sviluppo, l’espansione che le istituzioni universitarie hanno avuto in tutti il mondo in particolare dagli anni Settanta portano ad interrogarsi su come si siano trasformati i paradigmi della relazione tra l’istituzione universitaria e il territorio che la ospita, e su come si possano alimentare modelli basati su una stretta interconnessione istituzionale con le attività sociali, economiche e culturali, ossia per un’università della città, piuttosto che nella città, prendendo a prestito una felice espressione di Thomas Bender4. L’università nel corso del ventunesimo secolo si è dovuta misurare con sfide sempre più complesse, riformulando le sue missioni non solo per rispondere ad una sempre crescente bisogno di formare esperti ed élite amministrative o professionali5, ma riposizionando al centro il loro ruolo rispetto all’economia urbana, alla struttura sociale e alla vita comunitaria nelle quali sono radicate. Ambienti creativi e promotori del cambiamento, le università generano ricerca e innovazione attraverso le scienze e le discipline umanistiche e alimentano la crescita – non solo economica – di una città e un territorio. Il ruolo di primo piano che compiono le istituzioni universitarie nel sistema locale a cui appartengono, si
Introduzione • 7
L’università come spazio sociale
Il contributo delle scuole politecniche nel ripensare il campus come piattaforma multifunzione
L’
immagine tradizionale del ricercatore universitario che lavora chiuso nel suo studio, separato dal resto del mondo e circondato dai suoi libri è ormai superata. Nelle istituzioni universitarie sono sempre più diffusi modelli di apprendimento e ricerca basati sulla socializzazione e sullo scambio, sia tra discipline, sia tra università e mondo esterno30. Come affermano Herman Hertzberger e Laurens Jan ten Kate31, il modello tradizionale di campus anglo-americano, dove gli edifici separati sottolineano l’indipendenza delle rispettive discipline, non sembra più adatto a rispondere alle esigenze della società contemporanea. In un contesto in cui la definizione di professione è sempre più incerta, e l’interdisciplinarietà e la transdisciplinarietà sono identificate come realtà decisive per le attività di formazione e ricerca, l’attenzione delle istituzioni universitarie si sta spostando verso
il ruolo che può avere una disciplina in relazione ad un’altra, integrando nelle proprie modalità operative modelli di collaborazione, dialogo e scambio. A questa sfida per il progetto degli spazi delle università se ne aggiunge un’altra. La trasformazione delle strutture universitarie negli ultimi vent’anni riflette un cambiamento di paradigma da una società della conoscenza ad una società delle competenze32. Studi e documenti di indirizzo per lo sviluppo delle università, anche a scala europea, mostrano un consolidamento nell’utilizzo delle competenze come nuova “unità di misura” per indirizzare le forme di apprendimento, anche al fine di comparare e riconoscere i titoli di studio e le qualifiche a livello europeo33. Il progetto architettonico e urbano delle università si trova quindi a dover rispondere a nuove esigenze: da un lato a condizioni di crescita,
L’università come spazio sociale • 17
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1 Aule per didattica frontale 2 Gallery 3 Prototyping 4 3D design 5 Painting & drawing 6 Printmaking Funzione individuata progettuale Funzione non individuata progettuale Spazi di connettivo
24 • L’università come spazio sociale
4. Visual Arts Building, University of Iowa. Gli spazi per una scuola hands-on.
des beaux-arts a Parigi, emerge una organizzazione degli spazi strutturata intorno a cortili e grandi ambienti collettivi, destinati allo scambio e al dialogo della comunità universitaria. In molte scuole di architettura realizzate nel corso del XX, si possono riconoscere soluzioni progettuali che valorizzano gli spazi di connessione, dedicati a quelle attività di confronto (workshop, esposizioni, attività studentesche) necessarie alla discussione dell’attività progettuale. Il potenziale di questi ambienti può essere esteso oltre l’insegnamento dell’architettura: lezioni attorno a prototipi costruttivi, mostre, esercitazioni, surveys riguardo all’uso di oggetti o di prodotti possono convertire questi spazi in piattaforme per ibridare modalità tradizionali di trasmissione delle conoscenze con attività critica e di discussione sui risultati dell’attività progettuale e dell’esperienza diretta.
Scuola hands-on L’esperienza del Bauhaus fu un tentativo di ricomposizione tra l’intellettualizzazione del sapere, propria delle scuole della Francia rivoluzionaria, e il sistema dell’apprendistato. Risultato di un lungo sforzo di riforma della scuola tedesca di arti applicate, la Staatliche Bauhaus fu fondata nel 1919 come fusione delle due istituzioni esistenti di Weimar (l’antica Accademia di Belle Arti e la Kunstgewerbeschule, la Scuola di Arti e Mestieri), e compromesso tra le due affermazioni ideologiche delle scuole: l’accademia d’arte tradizionale e il modello didattico basato sui laboratori40. Al di là di successi
e insuccessi che la scuola ebbe nel tentativo di riconciliazione interdisciplinare tra arte, tecnologia, architettura e ingegneria, il ruolo culturale di questa esperienza didattica non è da sottostimare: il modello del Bauhaus mirava a trasformare l’educazione artistica e artigianale per rispondere ai bisogni dell’era moderna, spostando l’attenzione sulla formazione professionale e concentrandosi sulla costruzione e sull’artigianato come azioni pratiche, sociali e simboliche, con effetto nel mondo reale. Il programma della scuola, fin dalle prime fasi di esistenza, si basava sull’interdipendenza tra l’insegnamento teorico-formale e le attività pratico e progettuale svolte nei laboratori, considerati il fulcro del percorso formativo. Nei laboratori, dove si svolgevano esperimenti tecnici e formali, gli studenti erano apprendisti che lavoravano direttamente con artigiani qualificati per produrre prototipi per clienti specifici e nell’ottica della produzione industriale. Si delineava così nuovamente un movimento circolare del percorso formativo che vedeva gli studenti affrontare un problema progettuale, verificarne le implicazioni pratiche e ritornare al progetto per ripercorrere un nuovo ciclo, nel quale la trasmissione di conoscenze era interposta quando necessario. Questo paradigma formativo è tuttora individuabile in programmi didattici di scuole d’arte, architettura e design soprattutto in Europa. La traduzione di questi modelli di apprendimento in spazio riflette l’organizzazione degli insegnamenti: le competenze progettuali vengono formate all’interno dei laboratori o degli atelier, che acquistano una
L’università come spazio sociale • 25
Architettura dell’università e Architettura della città Il caso del Campus Luigi Einaudi di Foster+Partners a Torino
L’
architettura degli edifici universitari costituisce una straordinaria occasione per un ateneo e una città di dotarsi di strutture edilizie innovative e sperimentare principi insediativi non tradizionali, coinvolgendo progettisti dai quali, soprattutto se si tratta di figure autoriali dello star system internazionale, ci si aspettano soluzioni progettuali evocative, visionarie, coinvolgenti e cariche di valori simbolici. Le narrazioni intorno alle architetture come il Rolex Learning Center di SANAA, il Visual Art Building di Steven Holl Architects, o la Milstein Hall di OMA, che compaiono con frequenza sulle riviste di architettura, tendono a restituire un’immagine dell’edificio universitario come esperienza unica, “astronave” collocata dall’alto e con una certa autonoma rispetto al contesto, in cui l’azione progettuale si concentra sul rapporto tra didattica e spazi, sui caratteri distributivi, formali e simbolici
dell’architettura. Altri casi (per esempio quelli di Manhattanville di Renzo Piano Building Workshop, The New School University Center di SOM, Roy and Diana Vangelos Education Center di Diller Scofidio + Renfro) si prestano ad una discussione che tende a sottolineare la dimensione del confronto tra l’architettura e il quartiere o l’ambiente costruito in cui si inserisce, dove il ruolo della progettazione è quello di sfidare la chiusura delle strutture universitarie e sperimentare modelli di integrazione e dialogo con la realtà oltre i confini del campus. Il caso del Campus Luigi Einaudi (CLE) di Torino si colloca sul filo di queste due, apparentemente opposte, narrazioni. Questo saggio si basa su un’ipotesi: la possibilità di proporre una lente per leggere il CLE di Torino come un documento capace di restituire i termini di un dibattito sul rapporto tra architettura per l’università – che deve rispondere ai bisogni della comunità universitaria
Architettura dell’università e architettura della città • 35
A precedere l’atterraggio dell’astronave di Foster, è stato un masterplan, messo a base della gara per il nuovo campus urbano dell’università. Esito di un esteso lavoro di analisi, il masterplan si basava sulla memoria della precedente struttura industriale con l’intento di restituire continuità al tessuto della città. Ne nasceva una «costruzione logica della trama degli interventi»51 attraverso strutture geometriche e nel rispetto di tracciati assiali e allineamenti alle trame esistenti: il tessuto urbano circostante, il fronte fluviale e gli edifici storici dell’ex stabilimento Italgas. Il principio insediativo a maniche parallele avrebbe quindi puntato
all’apertura del recinto preesistente, organizzando i nuovi edifici attorno a una rambla centrale sulla quale si innesta una galleria coperta52. Il riferimento alla struttura urbana della città esistente e l’attenzione alle tracce storiche sono caratteristiche di una cultura della trasformazione urbana radicata nella scuola torinese. La soluzione del gruppo guidato da Foster appare nelle sue prime elaborazioni completamente slegata dall’approccio messo in campo dal masterplan. Nelle fasi successive di progettazione la soluzione di Foster subisce però un processo di addomesticamento. Nel progetto presentato alla gara la morfologia
40 • Architettura dell’università e architettura della città
13. Ridisegno del progetto di fattibilità generale per la localizzazione di un polo universitario all’interno dell’area Italgas (masterplan), giugno 2001. L’immagine riporta la prima stesura del masterplan, successivamente integrata nell’agosto 2002.
14. Foster+Partners, con Maire Engineering, Icis, Giugiaro design, Camerata & Partners, studio Mellano Associati, studio Buonomo Veglia, Campus Luigi Einaudi, Università degli Studi di Torino, Torino, 2013. Schema del progetto definitivo.
dell’edificio era risolta per mezzo di un fronte continuo sui prospetti verso il fiume e verso la città53. L’evoluzione progressiva del progetto avviene parallelamente al dialogo serrato con le istituzioni durante la fase di progettazione preliminare54. Nelle fasi definitive l’edificio non costituisce più una barriera continua, ma si articola in una serie di volumi collegati tra loro, puntando a una maggiore permeabilità tra l’interno e l’esterno del campus e creando connessioni visive tra l’area sud verso il centro città e il lungo Dora. A valle del cantiere del CLE la posizione della critica, compresa quella dello stesso autore del masterplan, ha presentato i due
scenari in contrapposizione come soluzioni antagoniste. Le opinioni più radicali contestano – prima ancora degli esiti – il processo di progettazione, in cui il gesto architettonico del team guidato da Foster ha avuto il potere di azzerare i primi esiti della analisi e le attenzioni al contesto nel quale l’edificio si inseriva. Tuttavia, se si esce dalla dimensione del processo per una lettura comparata degli aspetti distributivi delle due soluzioni progettuali, è possibile riconoscere alcuni principi di continuità tra i due progetti, interpretandoli come alternative di un’unica narrazione per un’università parte
Architettura dell’università e architettura della città • 41
L’azione di progetto tra strategie e tattiche L’esperienza del Masterplan per il Politecnico di Torino
Il
Politecnico di Torino è un’istituzione universitaria che, fin dalle origini come Regia Scuola di Applicazione per gli Ingegneri, cresce e si struttura con un profondo legame con il luogo in cui sorge e la città che la ospita. La valutazione ricevuta nel rapporto VQR 2015-2019 come il miglior ateneo d’Italia per ricadute della ricerca sul territorio59, è sintomatica della continuità di questo rapporto, e dei risultati sull’impatto della ricerca, ottenuto attraverso attività di terza missione svolte dalle istituzioni e dai dipartimenti, che per il Politecnico hanno riguardato l’imprenditorialità accademica, le strutture di intermediazione e trasferimento tecnologico, il coinvolgimento pubblico e le attività collegate ad obiettivi di sviluppo sostenibile. Al di là di riconoscimenti e titolazioni, anche la dimensione dello spazio fisico dei campus del Politecnico mostra gli esiti di una relazione stratificata:
abitato da una comunità che tra studenti, docenti e personale amministrativo raggiunge le 35.000 persone, il Politecnico costituisce una vera e propria “città nella città”. Le sue sedi sorgono in posizioni urbane strategiche e influiscono, in diversi modi, sullo sviluppo di aree e quartieri. È in questa cornice che a partire dal 2016, il Politecnico avvia un processo per ripensare gli spazi dei suoi campus attraverso un “Masterplan di Ateneo”. Il lavoro svolto dal Masterplan team costituisce un’occasione per riorganizzare e ottimizzare il sistema infrastrutturale dell’ateneo all’interno della maglia urbana. Indagare questa esperienza progettuale, tuttora in corso, a partire dallo spazio – disegnato e costruito – permette di riflettere sul potere trasformativo di un’università, sugli effetti rispetto al territorio che la ospita e quindi sul ruolo che può avere in relazione alle prospettive di sviluppo e trasformazione urbana.
L’azione di progetto tra strategie e tattiche • 45
15. Le sedi del Politecnico di Torino e le possibilità di espansione al 2018.
Mirafiori
Campus ingegneria
Lingotto + Ex Moi
Campus architettura
Esistente 8.200 mq
Esistente 237.900 mq
Esistente 13.400 mq
Esistente 23.200 mq
Possibile espansione 84.000 mq
Possibile espansione 17.000 mq
Possibile espansione 20.000 mq
48 • L’azione di progetto tra strategie e tattiche
16. Il futuro del campus di ingegneria. Previsioni di realizzazione degli interventi (al 2018).
2019 Residenza Codegone 4.800 mq
5/2022 Espansione Energy Center fino ad un tot. di 15.000 mq (5.000-6.000 mq già esistenti)
8/2020 Aule R 3.600 mq 4/2022 Learning Center 2.600 mq
8/2022 Casa del Welfare 1.500 mq
4/2020 Sopraelevazione parcheggio GM 2.200 mq
11/2020 Parcheggio interrato
12/2028 (?) Centro Culturale / Spazi per i dipartimenti 10.000 - 14.000 mq
2019 2020 2021 2022 2023 2024 ... 2028
L’azione di progetto tra strategie e tattiche • 49
24. Il progetto degli spazi aperti del campus di ingegneria. La planimetria dell’area nord mostra il ruolo del progetto dello spazio aperto come strumento di sintesi e connessione.
Corso Castelfidardo
0
1,5
3m
74 • L’azione di progetto tra strategie e tattiche
Ridefinizioni delle proporzioni e miglioramento del comfort acustico.
Ripensamento del sistema di impianti e cablaggio per una distribuzione libera di banchi e arredi.
Il disegno cromatico guida le possibili distribuzioni degli arredi.
L’area brainstorming interattiva e per le proiezioni.
30-31. Spazi sperimentali per forme di didattica innovativa.
L’azione di progetto tra strategie e tattiche • 75
38. Progetto preliminare per un learning center. Pianta del piano terra.
MONOLITICO LOW PROFILE
63-64. Giulia Mana, Elena Menegon.
108 • L’azione di progetto tra strategie e tattiche
L’azione di progetto tra strategie e tattiche • 109