Introduzione
La vita in casa nella luce della pittura, del teatro e del cinema
Lo spazio architettonico della finestra abitata
Una casa per mille occasioni
I criteri distributivi della casa che cambia
Elementi compositivi, figure e azioni dello spazio flessibile
Dall’arte teatrale: luce, spazio e geometrie del cambio di scena
Premessa
6 9 13 35 63 71 103 119 Indice
Le riflessioni contenute in questo volume sono l’esito di una ricerca svolta dall’Unità di Ricerca dell’Università “Sapienza” di Roma di cui sono responsabile, nell’ambito di un Progetto di Ricerca di interesse nazionale PRIN 2015 dal titolo “LUCE CREA LUCE” L(ight) U(ndoubtedly) C(reates) E(xperiences), coordinato da Maria Elisa Micheli dell’Università di Urbino “Carlo Bo”. Tali riflessioni si concentrano sul concetto di flessibilità applicato alla progettazione dello spazio domestico, che richiede una strategia sia nella distribuzione degli spazi interni che nella valorizzazione della luce naturale. La presente trattazione muove dalle osservazioni sull’uso della luce nella dimensione intima della casa, così come essa viene ritratta e inventata nella pittura, nel teatro e nel cinema, e analizza la finestra come porzione di spazio abitabile che amplifica espressivamente il legame tra la fonte di luce primaria e l’abitazione. L’idea dello spazio interno viene poi sottoposta ad una revisione rispetto alle esigenze della vita contemporanea che
sembra richiedere una “casa per mille occasioni”, disponibile ad adattarsi alle esigenze più diverse nell’arco della giornata e nel lungo termine, un fatto che rimette in campo gli indirizzi della ricerca sui criteri distributivi dell’alloggio, rielaborando le tipologie collaudate alle quali affiancare anche nuove configurazioni, dove l’elemento della luce naturale, in particolare, pone delle problematiche rispetto alle partizioni o agli accorpamenti degli spazi, in accordo con l’idea di flessibilità. A margine di alcune sperimentazioni progettuali sulle piante e sulle sezioni, vengono riconosciuti elementi compositivi e figure che predispongono lo spazio ai cambiamenti legati alle esigenze mutevoli all’interno della casa. Infine troviamo un riferimento all’uso della luce, dello spazio e della geometria nel “cambio di scena a vista”, tipica movimentazione delle parti della scena teatrale, un riferimento suggestivo che, pur nella consapevolezza delle evidenti differenze sul piano funzionale, può contribuire ad ampliare gli orizzonti interdisciplinari sul tema.
Lo spazio architettonico della finestra abitata
La finestra, la cui funzione primaria è quella di “dare luce”, deli mita una porzione di spazio che si carica, in diverso modo, di molti significati. L’interno delle finestre dei palazzi rinascimentali presentano profonde strombature nei muri, talvolta con dei sedili vicino alla luce. Ne conosciamo moltissime e il loro fascino rimanda a scene di vita passata, che non possiamo vedere se non attraverso disegni e dipinti d’epoca [1]. Questa soluzione, dove la bucatura si organizza dando ulteriore senso all’apertura per la luce e per l’aria, pur non rivelandosi nel prospetto esterno del palazzo [2], si palesa come una vera finestra abitata e rimanda alla forma più ampia e pronunciata del bow window, riconoscibile invece fin dall’ester no dell’edificio. Di origine gotica, ma pienamente affermatosi in Gran Bretagna dal Rinascimento fino ad oggi, il bow window è un elemento essenziale nel linguaggio dell’architettura britanni ca. La sua conformazione sporgente rispetto al filo della facciata permette di realizzare uno spazio interno proteso verso l’esterno, circondato su tre lati da una teoria di finestre che catturano la luce. La finestra tridimensionale del bow window ha la sua ragion d’essere proprio in una ricerca di luce in quei paesi dove il sole è quasi sempre assente. Conosciamo la piacevolezza di fare colazione o leggere un libro in prossimità di un bow window, sia che esso affacci sulla verde campagna inglese immersa in un silenzio ovattato, sia che si rivolga sulle prospettive urbane di un piccolo centro o della grande città. Nell’architettura residenziale inglese, in molti paesi del Nord Europa e in parte in America il bow window
35Lo spazio architettonico della finestra abitata
La foto successiva [19] rivela “il trucco”, e fa vedere il pavimento più in basso sul quale si trovava il ragazzo. Interessante notare come i progettisti siano riusciti a costruire grazie all’affaccio dal mezzanino del pianerottolo una connotazione spaziale simile al raumplan loossiano che dà luogo ad una sequenza di visioni in diagonale dall’alto verso il basso, secondo una tecnica che ricorda un montaggio di tipo cinematografico, con l’alternanza di entrate e uscite di scena di visitatori che si susseguono in quel piccolo spazio, osservatori “osservati”.
La parzializzazione dello spazio operata dalla fotografia, che isola una porzione di realtà, è altra cosa dalla vista più estesa dell’occhio umano che comprende un campo visivo ampio, quindi nella disciplina dell’architettura valutiamo l’apporto dell’arte della fotografia e del cinema come una suggestione, un’occasione per fermare la nostra attenzione su un aspetto o su un dettaglio, talvolta carico di spunti anche poetici [20-21]. Lo spazio architettonico della finestra comprende anche quella porzione di superficie, di volume, di facciata, che si frappone tra una bucatura e l’altra e che ci impedisce di vedere all’interno di una casa, suscitando in noi una curiosità più o meno consapevole, un comportamento che ha fornito ad Hitchcock un elemento importante per la sceneg giatura e la regia de “La finestra sul cortile” del 1954 [22], dove lo spettatore, attraverso il protagonista, si interroga su cosa accada proprio dietro i muri che separano tra loro le finestre dell’apparta mento di fronte, creando delle lacune nella percezione delle azioni sospette immaginate all’interno di esso. In questo caso è proprio la scenografia che crea la situazione ideale affinché questo tipo di azione sia efficace, e sappiamo bene che anche nella vita reale, e non solo nella finzione scenica, l’occlusione alla vista e la parzia lizzazione della visione siano stati materia preziosa dell’urbanisti ca e dell’architettura di ogni tempo [23].
Luci sulla casa che cambia
40
[1] Wilhelm von Harnier (1800-1838), Autoritratto con la moglie e i figli, 1838 (già a Echzell, Collezione privata): Praz, M., La filosofia dell’arredamento. I mutamenti nel gusto della decorazione interna attraverso i secoli, Longanesi & C. Milano 1981, p. 322.
41
Lo spazio architettonico della finestra abitata
I criteri distributivi della casa che cambia
Nella progettazione di uno spazio domestico che si presti ad essere utilizzato in modo flessibile lo studio della pianta ha un ruolo centrale. Per la residenza gli standard urbanistici fissano una superficie minima per persona, al di sopra della quale non esistono limiti. Lo standard minimo nasceva con l’idea di dare a tutte le persone ambienti salubri mediante un riassetto a scala mondiale conseguente alla rivoluzione industriale, che dalla seconda metà dell’Ottocento vede il concretizzarsi dei fenomeni di inurbamento. Il Movimento Moderno ha dato risposte concrete a questi problemi, alle quali hanno seguito le ricerche degli anni della rico struzione post bellica e poi del boom economico indirizzate anche alla riappropriazione di parametri dimensionali meno costrittivi.
Oggi, “la casa che cambia” può essere realizzata seguendo al meno due indirizzi di progettazione: a partizioni mobili e a parti zioni fisse.
La casa flessibile a partizioni mobili
Il primo indirizzo prevede la progettazione di una casa flessibi le che pur articolandosi nei consueti passaggi tra scale differenti con attenzione al disegno urbano, ai caratteri dell’architettura e alle soluzioni di dettaglio, affida all’arredo interno un ruolo fondamentale, concepito come un vero apparato architettonico multifunzionale e mobile che sostituisce la partizione muraria interna non strutturale. Gli alloggi pensati per una casa flessibile di questo primo tipo sono concepiti con un elevato grado di specificità:
71I criteri distributivi della casa che cambia
Luci sulla casa che cambia90
[7-8] Enrico Mandolesi, Casa unifamiliare a Grottarossa (Roma) 1964-65. La pianta della villa si articola attorno alla corte e tutti i volumi delle camere da letto, del soggiorno e dei servizi sono concepiti come elementi concatenati e leggermente distanziati. Ne risulta un “sistema” pronto per essere abitato come un’unica residenza o come abitazioni o spazi separati da destinare ad altri usi. Questa peculiarità è leggibile fin dalle volumetrie esterne dove le vetrate ad andamento verticale fanno da contrappunto ai chiaroscuri degli incassi murari tra le singole unità.
91
I criteri distributivi della casa che cambia
[17-18] Massimo Zammerini, studio per il piano tipo e piano terra di una palazzina con unità abitative utilizzabili separatamente o in combinazioni e aggregazioni multiple, 2022.
Luci sulla casa che cambia
100
101I criteri distributivi della casa che cambia