VKhUTEMAS 100. Spazio, Progetto, Insegnamento

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Collana

Ricerche in composizione urbana Research in Urban Composition

Responsabile

Bruno Messina

Comitato scientifico Renato Capozzi Armando Dal Fabbro Francesco Defilippis Francesco Saverio Fera Emanuele Fidone Antonella Gallo José Ignacio Linazasoro Gino Malacarne Carlo Moccia Tomaso Monestiroli Dina Nencini Raffaella Neri Uwe Schröder Federica Visconti

ISBN 978-88-6242-800-2

Prima edizione Novembre 2022

© LetteraVentidue Edizioni © Gli autori per i loro testi e le immagini se non diversamente indicato

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Book design: Maurizio Meriggi

LetteraVentidue Edizioni S.r.l. Via Luigi Spagna, 50 P 96100 Siracusa, Italia

www.letteraventidue.com

a cura di Maurizio Meriggi, con la collaborazione di Luca Bergamaschi, Silvia Binetti, Alessia Cerri, Rilind Cocaj, Sarah Dal Buono

VKhUTEMAS 100

Spazio, Progetto, Insegnamento Space, Project, Teaching

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Indice

VKhUTEMAS 100.

Progettare il museo di una Scuola per progettare il futuro. Maurizio Meriggi, Armando dal Fabbro, Raimonda Riccini

PARTE PRIMA - LEZIONI

25. 05. 2020

VKhUTEMAS: una Scuola d’avanguardia delle discipline del Design Aleksandr Lavrent’ev

01. 06. 2020

Il “fascino irrequieto” della forma. Spazio e percezione tra Germania, Russia e Unione Sovietica Luka Skansi

08. 06. 2020

L’eredità del VKhUTEMAS nelle collezioni del Museo Statale di architettura “A. V. Ščusev” Irina Čepkunova

15. 06. 2020

La Mosca del VKhUTEMAS-VKhUTEIN Maurizio Meriggi

29. 06. 2020

Il VKhUTEMAS come “istituzione dello sviluppo” dell’avanguardia russa Maksim Polešuk

06. 07. 2020

Il design al VKhUTEMAS. Una propedeutica per le scuole del Novecento Raimonda Riccini

13. 07. 2020

Archivi e Musei del Bauhaus. Spunti per una riflessione operante sul “Museo dell’idea del VKhUTEMAS” Giacomo Calandra di Roccolino Note

PARTE SECONDA - TEMA PROGETTUALE

Mosca - le aree di progetto. La Direttrice della cultura e l’Ansambl’ architettonico socialista Maurizio Meriggi

MIVKh Per un programma tipologico Luca Monica

PROGETTI

I fatti geografici come etimologia della forma urbana Carlo Moccia, Francesco Defilippis con Nicola Catella, Paolo Fortini, Daniele Ragno, Roberta Redavid

Vkhutemas in the City. Il museo esploso Pasquale Miano con Adriana Bernieri, Luigiemanuele Amabile, Francesco Casalbordino, Giuliano Ciao, Maria Masi, Gennaro Rossi, Marianna Sergio, Vincenzo Valentino, Giovangiuseppe Vannelli

La composizione di un ensemble tra città e natura Renato Capozzi, Federica Visconti con Nicola Campanile, Ermelinda Di Chiara, Gennaro Di Costanzo, Roberta Esposito, Oreste Lubrano, Claudia Sansò, Francesca Spacagna

Suprematismo e Figurazione Domenico Chizzoniti, Luisa Ferro con Elisa Maruelli, Matteo Saldarini, Tommaso Lolli

Konteyner VKhUTEMAS

Anna Irene Del Monaco con Teresa Pagano, Maria Estefania Barrios, Mostafa Amani

Il museo come dispositivo urbano

Luca Lanini, Francesco Costanzo con Chiara Pecile, Michele Pellino, Benedetta Tamburini, Laura Terrone

“Il Sosia”

Tomaso Monestiroli con Serena Ferretti, Martina Meulli, Alessandro Perego L’unità nel molteplice. Il monastero dell’arte Dina Nencini con Federica Conte, Alice Monacelli, Andrea Siciliani, Maria Virginia Theilig

Il teatro della memoria Armando Dal Fabbro, Antonella Gallo, Bruno Messina, Riccarda Cantarelli, Claudia Pirina con Tommaso Bartoloni, Claudia Cavallo, Vincenzo d’Abramo, Bokyung Lee

Quadri di un’esposizione Giovanni Marras, Mauro Marzo, Viola Bertini, Andrea Iorio con Susanna Campeotto, Mattia Cocozza

La fabbrica dei prototipi e il suo disegno urbano Maurizio Meriggi, Patrizia Montini Zimolo e Raffaella Neri, Giacomo Calandra di Roccolino con Claudia Angarano, Silvia Binetti, Alessia Cerri, Rilind Cocaj, Marvin Cukaj

Novyj Vkhutemas. Arcaiche approssimazioni per un centro studi cosmopolita dedicato all’industria artistica a Mosca

Luca Monica, Gundula Rakowitz, Giovanni Luca Ferreri, Carlotta Torricelli con Luca Bergamaschi, Claretta Mazzonetto, Anna Veronese

Una proposta per il museo-archivio virtuale del VKhUTEMAS Pierfrancesco Califano, Enrica Cunico, Giovanna Nichilò, Filippo Papa, Emilio Patuzzo

PARTE
TERZA -
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La Scuola del VKhUTEMAS (acronimo di Vysšie Khdožestvenn o-TEchničeskie MASterskie – Laboratori artistico-tecnici superiori)* istituita a Mosca nel 1920 e chiusa nel 1930 è stata il luogo di ela borazione di forme didattiche, progetti e teorie dell’avanguar dia artistica russa, il cui lascito è andato oltre i confini nazionali dell’Unione Sovietica e i confini temporali del breve periodo della sua attività.

In Italia soprattutto, ma anche nel resto del mondo, la sua espe rienza è stata oggetto di studio in diverse Scuole del progetto (Milano, Venezia, Roma, Torino principalmente) con traduzioni di testi, ricostruzioni critiche, rapporti di viaggio, mostre e tesi di dottorato.

La sua eredità per il presente è senza confini ed è patrimonio di tutti i progettisti nei diversi campi dell’attività della Scuola –dal design, all’architettura e all’urbanistica – in tutto il mondo. Il programma “VKhUTEMAS 100 ANNI – SPAZIO, PROGETTO, INSEGNAMENTO”, è stato elaborato nel febbraio 2020 in oc casione del centenario della fondazione del VKhUTEMAS, ed è stato svolto tra la primavera del 2020 fino all’inverno del 2021. L’obiettivo è stato di valorizzare interessi disciplinari e di ricerca di tutte le componenti della Scuola di Dottorato Iuav attraver so un progetto internazionale di cooperazione con istituzioni universitarie ed enti statali in Russa, ed altri dottorati in Italia nell’area della composizione architettonica e urbana. Si è proposto di sviluppare, su un tema e un progetto comune, un’attività sperimentale di scambio di competenze e attività delle aree culturali del Dottorato in “Architettura, Città e Desi gn” al quale hanno aderito i corsi di Composizione architettoni ca, Scienze del Design, Storia dell’architettura e dell’urbanisti ca, con il coinvolgimento dei dottorandi interessati.

Il lavoro si è sviluppato simulando la realizzazione di un pro getto complesso – la costruzione di un Museo della Scuola del VKhUTEMAS – che richiede un alto livello di coordinamento tra competenze specifiche – storia e archivistica, ordinamento e al lestimento, comunicazione visiva, progetto di spazi urbani. Il progetto del museo, che abbiamo voluto denominare MIVk –Museo dell’Idea del VKhUTEMAS (illustrato nella Parte II) – si caratterizza come Museo/scuola e laboratorio e si sviluppa in due direzioni: uno spazio fisico nella città di Mosca e uno spazio virtuale di un sito web.

I luoghi fisici dove allestire gli spazi del MIVk sono stati indivi duati nel settore sud-occidentale del centro di Mosca (Quartieri Jakimanka e Donskoj, illustrato nella Parte II) dove si trovano diverse testimonianze fisiche della cultura del VKhUTEMAS. IL MIVh virtuale dovrà raccogliere documenti e ricerche svolte nella Scuola in tutte le sue articolazioni disciplinari.

Tenendo conto delle caratteristiche del programma, sono sta te sviluppate attività di carattere teorico per la trasmissione scientifica che hanno preso forma in un ciclo di sette lezioni online tenute tra la fine di maggio e la metà di luglio del 2020. Nelle lezioni (Parte I) si è presentato: il panorama delle attività della scuola nei campi del disegno industriale (Lavrent’ev, Ric cini), dell’architettura (Čepkunova), della propedeutica proget tuale (Skansi), dell’architettura della città (Meriggi); i problemi specifici dell’architettura di un Museo del VKhUTEMAS a Mo sca (Polešuk) in confronto con quanto fatto in Germania per la Scuola del Bauhaus (Calandra di Roccolino).

Città, luogo, programma, progetto (i progetti di architettura) Tutti i progetti presentati nella seconda parte del volume han no affrontato il tema del progetto del museo del VKhUTEMAS come tema urbano, assumendo come principale aspetto di confronto la città e la sua architettura, che in alcuni casi si è esplicitato con i grandi fatti urbani e monumentali della città di Mosca.

Con l’esperienza del seminario progettuale, per prima cosa si è voluto anteporre al progetto, inteso come pratica progettuale indagata per via compositiva, una ricerca sui caratteri della cit tà, sulla sua particolare estensione territoriale – intesa anche in senso figurativo – indagandone le vicissitudini culturali che hanno avuto un peso rilevante nel panorama delle avanguar die architettoniche e di riflesso sul piano internazionale, a par tire dall’esperienza del costruttivismo russo, dai suoi esiti più significativi e in particolare dall’insegnamento dell’architettu ra nella scuola del VKhUTEMAS.

L’uso strumentale del progetto di architettura, all’interno di un dottorato di ricerca in Composizione architettonica, indaga le architetture nella storia e permette di cogliere aspetti critici e operativi della progettazione che di solito non sono immedia tamente verificabili, come, per esempio, il tema della multisca larità o della multidisciplinarità dell’opera, il tema del rapporto tra città e territorio, la questione figurativa o della contrappo sizione di figure, ovvero della traduzione delle figure in forme spaziali.

Continuare a spingere sul progetto credo sia l’unico modo in cui possiamo, sia come architetti che come studiosi e ricer catori, parlare del progetto di architettura, che ci permette di comprendere il sottile legame che fonde teoria e prassi, e che cerchiamo di cogliere sempre nelle architetture dei nostri ma estri. In questo senso i progetti non mirano a smontare teorie o prassi della storia del VKhUTEMAS, bensì provano a riconcet tualizzare e trasfigurare, sul piano dialettico, aspetti legati alle

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VKhUTEMAS 100.
Progettare il museo di una Scuola per progettare il futuro
Maurizio
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Il “fascino irrequieto” della forma. Spazio e percezione tra

Germania, Russia e Unione Sovietica*

Skansi Poliecnico di Milano Scuola di Dottorato IUAV - Storia dell’architettura e dell’urbanistica Lezione del 01.06.2020

Spazio, percezione e città Lo scultore e importante teorico dell’arte Adolf Hildebrand assistette alla radicale trasformazione che nel primo decennio del ’900 investì due tra le più importan ti piazze monumentali italiane: la piazza Duomo a Firenze e la piazza San Marco a Venezia. Per diverse cause, entrambe su birono una riconfigurazione del proprio tradizionale assetto spaziale. La prima cambiò le proprie antiche dimensioni, in seguito alla demolizione del palazzo ve scovile, sul retro del Battistero; lo spazio marciano, invece, venne fortemente sfi gurato, in seguito all’incidentale crollo del suo campanile, avvenuto nel 1902. L’anomala esperienza di Hildebrand è do cumentata in un curioso articolo che ap pare nel 1908 sulla rivista tedesca “Rau mkunst”1. Le sue reazioni alla visione del nuovo stato di fatto, come le sue riflessio ni sulle conseguenze di queste trasforma zioni urbane, sono estremamente indica tive. Ai suoi occhi, la trasformazione della piazza fiorentina aveva cambiato in ma niera definitiva il significato architettoni co del Battistero. Sebbene esso non ven ne investito dalle demolizioni, ciò che ne alterò totalmente il senso fu la cancella zione del suo sfondo architettonico. Esso perse così definitivamente il suo “radi camento” nei confronti delle altre emer genze monumentali, non assolvendo più al compito di definire la piazza tra sé e il Duomo, mentre molti dei suoi dettagli –lo scultore tedesco si sofferma in partico lare sui rilievi delle porte in bronzo – non svolgono più la loro originaria funzione, e cioè quella di caratterizzare quei piccoli spazi che esistevano tra il Battistero e il precedente sfondo edilizio. Nella lettura di Hildebrand, l’apparato scultoreo delle due porte laterali nasceva anche per de finire questi piccoli luoghi attorno al mo numento, e di per sé nasceva per essere visto da uno spazio di quelle dimensioni:

i rilievi definivano lo spazio, e allo stes so tempo erano da esso definiti. In altre parole, forma e spazio sono indivisibili, la forma non esiste senza il suo sfondo spaziale, e lo spazio può essere definito soltanto da un adeguata cornice volume trica e ornamentale.

È ancora più evidente lo stupore che su scita allo scultore tedesco la visione di una piazza San Marco orfana del suo mo numentale elemento verticale. L’intero complesso marciano è per Hildebrand ora alterato, l’intera cortina edilizia si è “allungata e incollata al terreno”, la basi lica di S. Marco è ora diventata “piccola”, è “storta” rispetto alla piazza, “spinta in un angolo”; l’apparato ornamentale del le Procuratie sembra ora aver acquisito un’importanza inedita e del tutto eccessi va, si comporta quasi “come i topi, quan do il gatto è via di casa”2.

Anche in questo caso, la cancellazione di un elemento architettonico dall’insieme altera, secondo lo scultore tedesco, non soltanto il disegno spaziale della piazza, ma l’intero equilibrio tra le parti. In pri mo luogo, il campanile rappresentava il punto focale della piazza, era “il più forte possibile contrasto al disordine” rappre sentato dal complesso marciano, che si sviluppa invece in senso orizzontale, ed è composto da diverse architetture, cia scuna con il proprio linguaggio e i propri ritmi. In secondo luogo, la massiva emer genza verticale conferiva una scala ade guata all’intero apparato ornamentale che riveste le diverse facciate sulla piazza poiché, seguendo letteralmente il ragio namento di Hildebrand, la torre “ha in fluenzato tutta la progettazione ulteriore sul luogo (…); senza di esso, il rapporto spi rituale è scomparso”3

“Tra i caratteri delle forme degli edifici –continua Hildebrand – e il loro contesto spaziale vi è un rapporto intimo”4. Un rapporto che è fondativo nel definire il

concetto di forma in generale: un’opera architettonica o artistica va misurata in base alla “qualità” non soltanto della for ma in sé, ma soprattutto del suo rapporto con lo spazio che la definisce: la massa e il vuoto sono due componenti inscindibili, equamente importanti, per comprende re il valore dell’opera, il suo significato estetico. La spazialità della forma è, per Hildebrand, una “sensibilità”; una sensi bilità che si è persa “parallelamente allo sviluppo dei musei e delle abitudini a ciò connesse del considerare opere d’arte fuori del loro contesto, come opere d’arte singole, isolate.” E il compito più diffici le ora è quello “di riaprire gli occhi della gente alla legge generale di tutta l’arte, e cioè che l’opera d’arte è sempre concepita come parte di qualcosa di grande, come parte di una situazione. (…) un edificio ar tistico non è valido solo per sé, ma come parte di un ambiente. Più forte è questa sua doppia vita, più ampio sarà il cam po di azione della singola immagine (Le bensraum des Einzelgebildes), e tanto più grande sarà il suo valore artistico5.”

La sensibilità dimostrata da Hildebrand è tutt’altro che isolata. Le sue parole e le sue considerazioni non sono lontane dal pra ticamente coevo Platz und Monument, di Albert Erich Brinckmann (1908), uno stu dio che affronta, su una vasta casistica di città europee, le complesse relazioni che si costruiscono negli spazi monumentali tra architetture ed elementi scultorei. At traverso schizzi, piante e fotografie, Brin ckmann struttura una sorta di manuale di composizione dello spazio urbano nel quale esplora i diversi dispositivi proget tuali: le disposizioni di volumi e di faccia te nei confronti dell’articolazione dello spazio urbano, la collocazione di statue equestri come elementi cardine di arti colazione delle piazze, il posizionamento di fontane monumentali come elemen ti-correttori di assi ottici, il disegno delle

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Luka
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20.000 m.2 per 1.000 oggetti esposti; i due musei sono divisi in sezioni tematiche e sono situati in aree a parco. Torniamo ai siti e analizziamo i loro pro e contro. Nel territorio del MARKhI si trova un edificio laboratorio incompiu to a 3 piani, che è nello stato di rudere ormai da 15 anni e per il quale è in cor so una ricerca di fondi per la sua siste mazione, finora senza alcun risultato. Forse il Museo del VKhUTEMAS è un buon argomento per trovare fondi per il suo completamento. Naturalmente il progetto dovrà essere rielaborato e c’è la possibilità di una sua piccola espan sione. Il fatto che sia un luogo storico nel centro di Mosca associato alla sua storia è ovviamente un vantaggio, men tre sono possibili conflitti con i piani di trasformazione del MARKhI in un’area di dimensioni limitate e un problema oggettivo è “chi sfrutterà il Museo”? È improbabile che il Ministero dell’Istru zione e della Scienza possa contribuire a questo processo, mentre ipoteticamen te il Museo della Storia di Mosca potreb be assumerne il ruolo organizzativo. Qual è la situazione con Mjasnickaja 21 dove si trovava la Facoltà di Architettu ra al tempo di VKhUTEMAS? Si è scoper to che tutti i piccoli edifici a 2 piani nel cortile sono stati demoliti ed è del tutto possibile posizionare qui un edificio di 4 piani di 2.000 metri quadri.

Nell’edificio stesso dell’ex VKhUTEMAS c’è ora l’Accademia Russa di Pittura, Scultura e Architettura, che come noto è l’apologeta del realismo militante, che rifiuta sia l’avanguardia russa come qualsiasi altra avanguardia, ma quanto questa contraddizione possa interferire non è del tutto chiaro.

Il funzionamento di questo sito potreb be anche essere considerato come un ramo del Museo della Storia di Mosca. Il posizionamento negli spazi del cortile su entrambi i siti riduce ipoteticamente i problemi di “inclusione nell’ambiente storico” nel caso di immagini spaziali appariscenti del Museo. Tuttavia, que sto è anche un aspetto negativo: il mu seo di un marchio mondiale unico “si sposta in un retro”.

La proposta successiva si trova nella piazza a destra dell’ingresso del Parco Sokolniki, non lontano dai Club Rusakov e Burevestnik di Mel’nikov. Negli edifici amministrativi a sinistra dell’ingresso c’è un Museo del parco e una filiale del centro culturale ZIL. In sostanza qui si sta formando un complesso museale sullo sfondo del verde del Parco ricreati vo, aspetto che sottolinea pienamente il carattere unico dell’architettura unica del museo. In questa localizzazione non ci sono problemi evidenti.

La localizzazione più attraente e vivida è data dal sito del campo tra il Centro di

innovazione di Skolkovo e il villaggio di Nem č inovo. Qui, su un terreno di 32 et tari, si propone di posizionare un villag gio di case a schiera e cottage per l’élite creativa dei teatri di Mosca, del cinema, dell’arte contemporanea, dell’archi tettura, ecc. Su 3-4 ettari si propone di posizionare il Centro Culturale dell’A vanguardia Russa tra cui il Museo del VKhUTEMAS, il Museo Malevi č (che frequentò questo luogo), il Centro del le Tecnologie creative. In questo conte sto, tutti gli elementi del complesso in fluenzano sinergicamente il tutto, che è in grado di diventare un nuovo centro culturale unico di Mosca e della Russia. Qui ci sono opportunità di investimen to per la creazione di centri culturali a Mosca.

L’ultimo, sito è forse il più logico e indi scutibile per il posizionamento è il Par co Muzeon, nell’area intorno all’edificio della ex “Casa Centrale degli Artisti” ora “Galleria Nuova Tret’jakovka”. Non è difficile qui trovare un’area nel Par co per un edificio di 2-4 piani con una superficie totale di 2.000-3.000 m. 2 per un’area edificabile di 600-800 m. 2 In questo contesto, l’edificio potrebbe fun

6. Progetto vincitore, Ju. Grišina, I. Zaikin, E. Kester.

7. Progetto seconco classificato, R. Gilfanov.

8. Progetto terzo premio, M. Šcukina.

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Quartieri Jakimanka e Donskoj. Anni ’20.

Tra NEP (Nuova Politica Economica) e avvio del Primo Piano Quinquennale i tre ambiti già identificati nella sezione precedente vedono consolidare ciascuno le proprie storiche vocazioni funziona li nel quadro delle trasformazioni della costruzione di una economia socialista. Progetti e realizzazioni di questa trasfor mazione sono elaborati nella Scuola del VKhUTEMAS.

Gli ex sloboda Donskaja e Šabolovskaja, che già avevano accolto nuove attività nei campi dell’industria meccanica (AS2 - Fabbrica metalmeccanica F.lli Bromlej, dal 1857 ) e dei trasporti (AS3 - Deposito tranviario Zamoskvoreč’nij, dal 1909, poi Apakova, ) e delle telecomunicazioni (AS4 - Stazione Radio Šabolovskaja, 1923) si ar ricchiscono di quartieri residenziali speri mentali (AS5 - quartiere Chavko/Šabolov skij, 1928-29; AS6 - Comune di Abitazione dell’Istituto tessile, 1930) per divenire “an sambl’ architettonici socialisti” di fabbri che e residenza.

Nella fascia dei parchi sulla Moscova vie ne realizzata la “Prima Esposizione Pan russa dell’Artigianato e dell’Agricoltura” del 1923 (EspAgr), trasformato nel 1929 in Parco della Cultura con la proposta di co struire nella porzione oltre il Krimskij Val il Palazzo delle Arti (PalArt), segnando il principio di un progetto di trasformazio ne del ramo della Moscova dall’Isola alle colline Lenin di una “direttrice della cul tura” della capitale sovietica. Nel terzo ambito, dell’ansa della Moscova tra il ponte Krimskij e il Cremlino, sono proposte le sostituzioni: del Tempio del Cristo Salvatore con l’altrettanto simbo lico Palazzo del Komintern (PalKom); del complesso annonario Mercato Bolotnij/ Magazzini del Sale, con il Mercato Centra le (MerCen) della Città.

Quartieri Jakimanka e Donskoj. Anni ’30.

Con i cambiamenti culturali degli anni ’30, che vedono la marginalizzazione pro gressiva della cultura delle avanguardie a partire dallo scioglimento del VKhUTEIN nel 1930, si concretizzano tuttavia alcune delle proposte maturate negli anni ’20, e in particolare la costruzione della “Diret trice della Cultura”. Il Parco della Cultura e del Riposo, ora intitolato a Maksim Gor’kij

(ParGor - dal 1934) si arricchisce di nuovi impianti ricreativi e terreni, inglobando il Giardino Neskučnij, il Palazzo Aleksan drinskij che diviene sede del Presidium dell’Accademia delle Scienze, il Maneggio che diviene Museo di Mineralogia (MusMin -dal 1934), mentre l’edificio dell’I stituto Commerciale già dal 1918 era di venuto sede dell’Accademia di Scienze Minerarie (FacMin).

Nell’area già individuata per la costruzio ne del Palazzo delle Arti inizia la costru zione del Palazzo dei Sindacati dotato di una galleria d’arte (PalSin).

Quest’ultimo è parte di quel progetto di trasformazione del centro della città per grandi manufatti intorno al Cremlino con i concorsi per il Palazzo dei Soviet (PalSov - 1931 e 1934) nell’area del demolito Tem pio di Cristo Salvatore, vinto da B. Iofan con cantiere iniziato nel 1937 e poi inter rotto per la guerra, e del Commissariato Popolare dell’Industria Pesante (NarKom1934) sulla Piazza Rossa, non realizzato. B. Iofan realizza invece nel 1928-31 la Casa sul Lungofiume (DomNab), grande com plesso residenziale per i quadri politici, sull’area dei Magazzini del Sale del vino, dotata di teatro, cinema e tetto giardino per lo sport, contrassegnato da un lessico costruttivista – come lo sono ancora i pro getti di Le Corbusier per il primo concorso per il PalSov (1931) e di Ivan Leonidov per il NarKom (1934).

In alto:

I Quartieri Jakimanka e Donskoj, nella Pianta di Mosca e dintorni del Mosgorgeotresta, 1952, con l’individuazione degli elementi principali della struttura urbana negli anni ’20.

In basso:

I Quartieri Jakimanka e Donskoj, nella Pianta di Mosca e dintorni del Mosgorgeotresta, 1952, con l’individuazione degli elementi principali della struttura urbana negli anni ’30.

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Quadri di un’esposizione

Il progetto per un nuovo sistema espositi vo dedicato alla memoria del VKhUTEMAS si costruisce sull’intersezione di due ragio namenti: da un lato, la volontà di definire strategie di collocazione all’interno della città, dall’altro, la necessità di interrogarsi sulle modalità più adeguate ad affrontare oggi la concezione di un museo. Vasta e composita estensione urbanizza ta attraversata dal tracciato sinuoso della Moscova, Mosca è connotata da una strut tura macroscopica ad anelli concentrici memori di una crescita urbana avvenuta per successive cerchie murarie. Nel suo sconfinato tessuto, alcune figure urbane si distinguono per dimensioni e configura zione geometrica: il triangolo del Cremli no, il grande vuoto contermine della Piaz za Rossa, la mole della cattedrale, il ponte dei Patriarchi, il quadrato del monastero Donskoj che rimanda al sistema storico dei monasteri fortificati urbani e subur bani. A seguito dello sviluppo della città industriale, in particolare nello sloboda, con l’insediamento della fabbrica Bromlej e lo sviluppo dell’ansambl’ architettonico socialista, cui si affianca il lungo corpo del Parco della Cultura Gor’kij, emerge pro gressivamente una seconda città, costru itasi su polarizzazioni e su una trama di rapporti a distanza, talvolta ancora perce pibili nel profilo urbano.

In questa seconda città alcuni manufatti, legati alla storia del VKhUTEMAS, sono te stimoni di una vicenda presto interrotta: la torre Šuchov, il quartiere ASNOVA, la casa comune dell’Istituto Tessile, il padiglione esagonale della Prima Esposizione Panrus sa dell’Artigianato e dell’Agricoltura, il de posito tranviario Apakova (recentemente demolito). Un’eredità che si presenta fram mentata al pari del patrimonio delle opere di arte figurativa del VKhUTEMAS, oggi di sperso in diverse collezioni, dalla Galleria Tret’jakov al Museo di architettura Ščusev.

In tali considerazioni trova fondamen to la prima mossa progettuale: esclude re l’ipotesi di confinare la memoria del VKhUTEMAS all’interno di un manufatto museale per indagare piuttosto l’idea di costruire un sistema narrativo diffuso nel corpo urbano. Un sistema di viste – quadri –, riconoscibili come assemblaggi di com ponenti comuni, che individuano luoghi strategici, stabiliscono relazioni a distan za, riallacciano rapporti perduti, ne intro ducono di nuovi. La narrazione si struttu ra a partire da un sistema di triangolazio ni, nel quale gli innesti contemporanei compiuti sulle preesistenze della fabbrica Bromlej e del ponte Puškin introducono nuove relazioni fisiche e percettive. Nell’area della fabbrica Bromlej il proget to agisce per sottrazione sui padiglioni esistenti e ne ridefinisce i margini attra verso i frammenti di due recinti qua drangolari. Questi si presentano come edifici-percorso che danno accesso ai pa diglioni della fabbrica, adibiti ad atelier. Il lavoro mette in scena sé stesso e i suoi prodotti, intesi sia come oggetto di speri mentazione all’interno dei laboratori, che come soggetto espositivo lungo i nuovi edifici. Il programma funzionale propo sto ricompone idealmente quella “città d’acciaio” che si sarebbe dovuta “costru ire” – come recita il manifesto disegnato dall’allieva del VKhUTEMAS Valentina Kulagina – coniugando l’avanguardia co struttivista, il progredire delle sperimen tazioni tecnico-ingegneristiche e l’inten sificarsi dell’attività lavorativa collettiva nelle fabbriche. Verso l’interno, i nuovi recinti delimitano l’ambito di relazione tra i padiglioni en tro il quale gli spazi aperti si configurano come un sistema di corti tra loro comuni canti; nel corpo della città essi introduco no una nuova figura definita in negativo per assenza di volumi. Tale vuoto mette

in tensione i vertici dei nuovi edifici con il recinto del monastero Donskoj.

A conclusione dell’edificio-percorso posto a nord si eleva una torre espositiva che in troduce un nuovo punto di osservazione sulla città, dal quale è possibile ricompor re visivamente i frammenti dell’eredità costruita del VKhUTEMAS. La torre, avvi luppata da un esoscheletro metallico che allude alle sperimentazioni del costrutti vismo, guida il visitatore sino all’incontro, seppure a distanza, con la torre Šuchov. Quest’ultima diviene così protagonista di un dialogo con la nuova torre-museo istituendo, allo stesso tempo, un rapporto visivo con il secondo innesto progettuale, collocato al di sopra del ponte Puškin. Concepito agli inizi del Novecento come infrastruttura ferroviaria situata in un’al tra area della città e ricollocata nell’attua le posizione solo in anni recenti, il ponte Puškin è oggetto di un’ulteriore trasfor mazione ad opera del progetto che lo ri configura come un edificio-ponte. Al di sopra della struttura esistente, quest’in nesto rafforza il ruolo urbano del ponte come figura di connessione tra la città, il parco Gor’kij e il nuovo sistema urba no-museale localizzato nello slobodà. Il percorso posto alla quota superiore dell’e dificio-ponte offre una vista privilegiata della torre Šuchov, definisce tra i pezzi del progetto una rete di mutue relazioni vi sive a distanza, mette in scena, nello iato del fiume, l’immagine della città. E ricom pone, infine, entro una trama narrativa, i frammenti superstiti di un’idea di città rimasta incompiuta.

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Giovanni
(V.V.
LE STRADE SONO I NOSTRI PENNELLI. LE PIAZZE LE NOSTRE TAVOLOZZE. NON SONO STATI CELEBRATI DALLE MILLE PAGINE DEL LIBRO DEL TEMPO I GIORNI DELLA RIVOLUZIONE! NELLE STRADE, FUTURISTI, TAMBURINI E POETI!
Majakovskij, Ordinanza all’esercito delle arti, 1918)
Modello visto da est. Modello interpretativo dal disegno di El Lissitzky con gli otto Wolkenbügel sulle radiali di Mosca e l’inserimento del progetto del Novyj Vkhutemas.

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