Costruire sul costruito

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Comitato scientifico

Edoardo Dotto (ICAR 17, Siracusa)

Emilio Faroldi (ICAR 12, Milano)

Nicola Flora (ICAR 16, Napoli)

Antonella Greco (ICAR 18, Roma)

Bruno Messina (ICAR 14, Siracusa)

Stefano Munarin (ICAR 21, Venezia)

Giorgio Peghin (ICAR 14, Cagliari)

The author wishes to thank for the kind permission to use their images: ELASTICOFarm, Grupo Aranea, Flores&Prats, Gambardellarchitetti, Studio Albori, Efisio Pitzalis, Benaki Museum, Hélène Binet, Orazio Saluci, Philippe Ruault, Philip Heckhausen, SIAE – Società Italiana degli Autori ed Editori.

ISBN 978-88-6242-845-3

Prima edizione Giugno 2023

First edition June 2023

Prima ristampa / First reprint

© LetteraVentidue Edizioni

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Book design: Martina Distefano

Translator: Sacha Anthony Berardo

LetteraVentidue Edizioni Srl

via Luigi Spagna, 50P 96100 Siracusa, Italy

www.letteraventidue.com

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sul

re to

Costrui Building on the Built

Indice Contents

The architecture of precious scars

Foreword by Cherubino Gambardella

Introduction

Remains and Ruins

New Tales of Remains and Ruins

Fearless. Building on the built

Conclusions Bibliography

L’architettura delle preziose cicatrici Prefazione di Cherubino Gambardella Introduzione Resti e rovine Nuovi racconti di Resti e Rovine Senza paura. Costruire sul costruito Conclusioni Bibliografia 6 86 12 108 24 30 70

L’architettura delle preziose cicatrici

Prefazione

Cherubino

Gambardella

The architecture of precious scars

Foreword

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Alla scorsa edizione della Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, nel 2021 al Padiglione Italia, mi trovai in gioco con due progetti.

Il primo, costruito a Caserta, trasformava nel Rettorato dell’Università Degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” un vecchio capannone abbandonato che era servito come garage della sede centrale delle Poste e che mi permise di dimostrare come si potesse fare architettura contemporanea economizzando sul trasporto a rifiuto e sulle demolizioni a partire da una operazione che rigenerava una rovina senza la patente archeologica, neanche quella estetizzante dell’archeologia industriale, in uno spazio civico e contemporaneo sulla conoscenza.

Il secondo progetto era diretto da me e aveva come obiettivo la riqualificazione e la trasformazione in un corpo urbano plastico e pulsante a partire da un chilometro di costa tirrenica tra Roma e Napoli colmo di ruderi di costruzioni abusive da sempre in quel punto, da sempre abbandonate e pronte a dispiegare una notevole carica iconica.

Provai a guidare con attenzione e tenacia un gruppo di docenti dell’Università dove allora dirigevo il corso di laurea in architettura magistrale e il risultato fu potentissimo come il collage che illustra questa prefazione può raccontare.

Tra i giovani professori che contribuirono a tenere in piedi l’iniziativa c’era l’autrice di questo interessantissimo volume su come agire al

I was involved in two projects at the Italian Pavilion during the last edition of the International Architecture Exhibition of the Venice Biennale in 2021.

The first, built in Caserta, transformed an old, abandoned depot that had been used as a garage for the headquarters of the Post Office into the Rectorate of the University of Campania “Luigi Vanvitelli”. It allowed me to demonstrate how contemporary architecture could be made by economising on waste transport and demolition, starting from an operation that regenerated a ruin without an archaeological licence, not even the aestheticizing one of industrial archaeology, into a civic and contemporary space on knowledge.

The second project was directed by me and had as its objective the redevelopment and transformation into a plastic and pulsating urban body starting from a kilometre of the Tyrrhenian coast between Rome and Naples filled with the ruins of unauthorised buildings that had always been there, always abandoned and ready to deploy a remarkable iconic charge.

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Nuovi racconti di Resti e Rovine

New Tales of Remains and Ruins

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«We may eventually be forgiven for not having been able to accomplish something, but never forgiven for not having tried»1.

Illuogo dal quale proveniamo ha una straordinaria influenza su ciò che si sceglie di diventare e, per gli architetti, che tipologia di mondo provare a lasciare al “dopodinoi”. Lasciare un segno del passaggio sulla terra è inevitabilmente l’obiettivo più ambizioso che si pone chi sceglie di lavorare con la composizione. Sembra che ciò che osserviamo, ciò verso cui il nostro sguardo si poggia, avrà un’influenza determinante nelle nostre vite.

Partendo proprio da questo assunto, la vita di Dimitris Pikionis è, forse, uno degli esempi più eclatanti di cosa significa nascere in un determinato luogo e cosa ci si porta con sé nel viaggio della vita.

L’amore inossidabile per i segni della Grecia è stato il fil rouge di tutte le scelte che Pikionis introduce quando si è trovato a reinterpretare, progettare e vivisezionare un luogo. I numerosi viaggi, le strette relazioni con poeti, pittori e scultori hanno solo rinvigorito la sua idea di una rielaborazione moderna dello spazio dell’antico. Ci sono alcuni suoi studenti che nel descrivere la sua figura tracciano un’immagine atemporale, un uomo che accarezza la materia e che con gentilezza ripone nella composizione

«We may eventually be forgiven for not having been able to accomplish something, but never forgiven for not having tried»1.

The place from where we come has an extraordinary influence on what we choose to become and, for architects, what kind of world to try to leave to the “after us”. Leaving a mark of passage on the earth is inevitably the most ambitious goal for those who choose to work with composition.

It seems that what we observe, what our gaze leans toward, will have a decisive influence in our lives.

Building on this very assumption, Dimitris Pikionis’ life is, perhaps, one of the most striking examples of what it means to be born in a particular place and what you take with you on your lifepath.

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1. PIKIONIS Dimitris, Autobiographical notes, in Dimitris Pikionis. Architect 1887-1968. A sentimental Topography, Architectural Association London, London, 1989, p. 5. 1. PIKIONIS Dimitris, Autobiographical notes, in Dimitris Pikionis. Architect 1887-1968. A sentimental Topography, Architectural Association London, London, 1989, p. 5.
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MVRDV Didden Village, Rottedram, 2006, ph. Rob t Hart.

MVRDV Didden Village, Rottedram, 2006, ph. Rob t Hart.

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Gambardellarchitetti, golden Boy, Montesarchio, 2004. ph. Peppe Maisto.

Gambardellarchitetti, Golden Boy, Montesarchio, 2004. ph. Peppe Maisto.

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valorizza lo spazio e rende maggiormente contemporanea anche la struttura preesistente. L’aggiunta si conclude con una terrazza panoramica che osserva la città.

Lo studio Gambardellarchitetti dal 2004 si è trovato spesso a scegliere di non demolire il costruito e, tale approccio, è stato il punto di partenza dei loro progetti come nel caso del Golden Boy. Il centro storico di Montesarchio aveva nel cuore della città un edificio non concluso che aveva bisogno di una seconda possibilità e lo studio Gambardellarchitetti utilizzò come strategia il trattamento dello scheletro così com’era avvolgendo la struttura con un mantello oro così da rendere prezioso lo spazio. La sommità dell’edificio viene contenuta in un nuovo elemento in ordine gigante mentre il prospetto è composto da triangoli a varie dimensioni che ritmano l’immagine esterna e che concorrono a giochi d’ombra e luce che impreziosiscono il volume. Con il Golden Boy di Montesarchio del 2004 la città ritrova non solo parte della cortina edilizia ma un nuovo elemento catalizzatore della città. Sempre dello studio Gambardellarchitetti i due progetti sul promontorio di Itri rappresentano un manifesto della loro poetica progettuale. La White Pumpkin House del 2012 si presentava come un rudere in calcestruzzo armato in uno dei promontori più affascinanti del Golfo di Gaeta che, attraverso l’azione progettuale, si trasforma in un luogo in cui la struttura è solo il primo indizio verso la variazione del luogo.

Se in un primo momento il committente pensava di abbattere la struttura, la scelta compositiva di Gambardellarchitetti metteva al centro della teoria progettuale il proprio manifesto dell’anti-speculazione

that the University was planning to demolish but which becomes a new element of experimentation in the field of abandoned architecture. If in the case of the two houses in Itri, what had been found consisted of a skeleton, a framework that mirrored speculation, in the case of the New Rectorate, the prefabricated system contained a potential that the architects emphasised by working on the box system and enriching it with a completely new content. The old Post Office depot in Caserta built in the 1990s with a double façade and an attractive outline has become a reference point for the culture of reuse and further proof of the Gambardellarchitetti studio’s idea of building on the built.

One of the most interesting Italian examples is architect Maria Giuseppina Grasso Cannizzo’s 2001 Casa Unifamiliare in Ragusa. With a background in restoration declared by the author

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Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Casa Unifamiliare, Ragusa, 2001, ph. Helen Binet.

Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Casa Unifamiliare, Ragusa, 2001, ph. Helen Binet.

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trattati, anche con soluzioni differenti, dall’architetto Grasso Cannizzo lungo tutta la sua vita. Ciò che rende particolarmente interessante il progetto non è solo la scelta della non demolizione totale dell’edificio – anche richiesto dalla committenza – ma la sapienza con cui le azioni progettuali si dispongono come una vera e propria azione teatrale all’interno dell’apparato compositivo. Dalla stessa demolizione di parti degli aggetti preesistenti, si aumenta la quota dell’edifico così da risolvere una delle richieste dei committenti che consisteva nell’inserire un giardino all’interno della casa così da determinare un susseguirsi di spazi e azioni tra interno ed esterno in un flusso continuo dell’abitare. Il progetto che ne deriva è un elemento composto dalla solidità della materia e dalla leggerezza del giardino e degli spazi interni/esterni che consentono di attraversare la complessità dell’intervento tra scale esterne, pergole e terrazzi.

Tra gli autori che si sono interrogati sul sistema urbano in merito al costruire sul costruito, Efisio Pitzalis con il progetto “Una Piazza Italiana” a Rionero in Vulture del 2017 ha analizzato una condizione comune nel panorama italiano che si basava sulla frammentazione dello spazio urbano preesistenti. In particolare, lo stato di fatto del progetto si presentava con un’area suddivisa in due spazi e il progetto si è incentrato sul desiderio di dare unitarietà all’area che era in origine composta da tre piazze distinte attraverso la creazione di cavee naturali che incorniciano i punti maggiormente suggestivi della nuova piazza. L’antico fiume Rionero, che in antichità, attraversava proprio

recover the existing heights of the square where the pre-existing paving of Vesuvius lava stone is recovered. The decision to relocate the pre-existing paving through a new system is dictated by the desire to reconnect with the past through a completely new formal action. Each step is conceived as an excision of the ground that arches upwards on the next step of a variable height to allow for the introduction of benches and valuable trees to create shade.

In the field of unrealised projects, one of the Italian studios that has always emphasised the desire to work with the existing and underline its potential is Studio Albori. The 2008 project Ecomostro Addomesticato in Milan deals with a proposal to reactivate an unfinished element. The railway station in the San Cristoforo station in Milan, a project by Aldo Rossi and Gianni Braghieri becomes an opportunity to imagine not demolishing the structure but using it as a frame to be cannibalised. Starting from the reuse of the structure itself, the theory behind the project begins with waste material both from

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More and more, Collage digitale, Concetta Tavoletta, 2023.

More and more, Digital collage, Concetta Tavoletta, 2023.

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