Direzione e cura Mauro Marzo Comitato scientifico Bruno Messina Luca Ortelli Antonio Tejedor Cabrera
19. Collana Figure Brevi saggi di carattere monografico su architetti e artisti del passato e del presente. Gli autori sono architetti impegnati nel progetto e nell’insegnamento del progetto. I saggi intrecciano corrispondenze tra architetti e artisti lontani nello spazio e nel tempo, narrano quelle “affinità di spirito in relazione alle forme” su cui Henri Focillon ha scritto pagine memorabili.
Indice ***
9 L’architettura si fa in due stanze 15 La sezione risonante 23 La sfera e l’architetto 33 Doppio sogno 39 Il pozzo flottante 109 Apparati
«Convengo pienamente – nei riguardi del fantasma di Griffin o di quel che fosse – che il suo apparire dapprima al bambino, e di un’età così tenera, aggiunge alla vicenda un fascino particolare. Ma, per quanto ne so, non è la prima volta che un fenomeno tanto affascinante coinvolge un bambino. Se la presenza di un bambino dà all’effetto un altro giro di vite, che ne direste di due bambini?” “Diremmo, naturalmente” esclamò qualcuno “che darebbero due giri di vite. E anche che vogliamo conoscere la storia». Henry James, Giro di vite, 1898.
L’architettura si fa in due stanze ***
«L’
architettura si fa in due stanze», sostiene Juan Navarro Baldeweg. «Una non ha un’esistenza reale eppure senza dubbio è quella in cui si svolge il lavoro principale. Nell’altra stanza si elaborano i progetti a seconda di pertinenti considerazioni materiali. Un’opera di architettura è una sovrapposizione di configurazioni elaborate nelle due stanze. […] Così, quando la sottoponiamo a un’analisi attenta, una stanza costruita materialmente si dischiude, si sdoppia in figure che possiamo metaforicamente e letteralmente ricondurre a quelle due stanze primordiali»1. L’espressione metaforica delle “stanze” delle quali egli scrive è un evidente espediente per dare corpo ai due ambiti secondo i quali trova sintesi il momento creativo: l’idea e la forma dell’architettura. Navarro Baldeweg, inoltre, sostiene che le sollecitazioni del mondo esterno non possono essere comprese se non vengono amplificate in uno spazio mentale. In tal senso, l’architettura è concepita come l’interpolazione tra due sfere – la percezione soggettiva e il contesto esterno – che, agendo come una cassa di risonanza, è in grado di amplificare elementi esperibili percettivamente come la luce, la gravità e l’orizzonte. «Mi ha sempre sedotto» egli afferma «l’idea di immaginare la stanza – il luogo costruito – come una “cassa di risonanza” che trasforma segnali esterni a essa per tradurli e adattarli 1. J. Navarro Baldeweg, Dal silenzio alla luce, in M. Lupano (a cura di), Juan Navarro Baldeweg. Il ritorno della luce, Motta, Milano 1996, p. 20.
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J. Navarro Baldeweg durante il montaggio dell’installazione Luce e Metalli presso la Sala Vinçon a Barcellona, 1976 (in alto), Luce e Metalli - Interior V, assonometria (in basso).
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comporre un’immagine calibrata e matura per le istituzioni della giovane democrazia spagnola, nelle opere più recenti, sono invece in grado di restituire l’approccio silenzioso ed empatico di una architettura narrativa e paziente, indagata prevalentemente attraverso lo strumento della sezione. A differenza di altri architetti della sua generazione, egli si pone in continuità con i maestri del passato. Allievo di Alejandro de la Sota6, ne raccoglie l’eredità, lavorando sul tema dello spazio interno e sperimentando le possibilità costruttive e strutturali di sistemi che si pongono in costante tensione tra la leggerezza degli elementi di supporto e l’ampiezza della superficie che sostengono. E ancora, manifesta la predilezione per una architettura schiva e discreta, che sembra preferire l’anonimato di un linguaggio adeguato ma non autoriale e il rapporto con i contesti storici e geografici; un lessico colto, poliglotta, in grado di parlare l’idioma del vernacolo, filtrato attraverso un lessico internazionale. Allo stesso tempo, egli rivendica la piena autonomia di un linguaggio senza tempo né appartenenza a scuole, espresso con gli stessi strumenti e fonemi di quello esercitato nella pratica artistica. L’architetto cantabro, infatti, nella prima metà degli anni Settanta, svolge attività di ricerca presso il Center for Advanced Visual Studies del Massachusetts Institute of Technology (MIT). Negli anni di formazione americana, dedicati esclusivamente allo sviluppo di progetti e performances 6. A. Campo Baeza, Laconico Sota, LetteraVentidue, Siracusa 2017.
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La sfera e l’architetto ***
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I
l progetto per il Centro Congressi a Salamanca (1985-92) rappresenta uno degli esiti più chiari dell’indagine progettuale di Navarro Baldeweg per almeno tre ragioni. La prima risiede nella rilevanza della sua sezione verticale longitudinale, che non si esaurisce nella ricerca figurativa e costruttiva dell’opera architettonica in sé, ma riesce a governare, come già affermato, i rapporti con il contesto. La sezione, infatti, opera attraverso un sistema di relazioni composite: di natura fisica da un lato, che si esprimono nella disposizione dei volumi tra loro e nella scelta dei materiali e nel loro accostamento calibrato; di natura percettiva dall’altro, relative cioè ai rapporti tra centro storico, orografia e nuovo complesso. In secondo luogo, il centro congressi, nel collocarsi alla fine di una ricerca avviata dieci anni prima, che si articola in prodotto artistico e progetto di architettura, intrecciando temi come la luce o la gravità, ne restituisce una sintesi che si è fatta materia. Attorno a questi concetti, infatti, l’autore produce un consistente corpus di opere non soltanto teorico – si pensi qui ai concetti della “geometria complementare” e della “camera di risonanza” –, ma anche artistico e architettonico, come rispettivamente la serie di dipinti di bagni e paesaggi e i progetti per la Biblioteca di Puerta Toledo (1988-94) e il piccolo spazio voltato all'interno dei Mulini sul fiume Segura a Murcia (1984-87). La terza ragione, infine, riguarda la capacità della sezione longitudinale di indicare il modus operandi attraverso cui l’architetto disegna lo spazio, ovvero la 41
Centro Congressi a Salamanca, ingresso principale esterno, 1985-1992.
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personale cifra segnica che egli adotta per la rappresentazione del progetto. Nel maggio del 2018, in occasione della Biennale di Architettura di Venezia, viene inaugurata la mostra Anelli di uno Zodiaco, che raccoglie la produzione di Navarro Baldeweg dagli anni settanta: dall’architettura alla pittura, dalla scultura alla scrittura1. L’idea di raggruppare una serie di opere intorno a un concetto che restituisce una sorta di costellazione, trae ispirazione dal dipinto dell’architetto Las Lunas (1980). La tela dipinta ad acrilico, di oltre due metri per lato, rappresenta, su fondo rosso, le posizioni della luna attorno a un sole, che pur non essendo raffigurato nella composizione, si intuisce esser posto al centro della stessa, a causa della proiezione dinamica che l’ombra dell’astro fisso genera sul satellite. L’esposizione metteva in scena, come in una wunderkammer, uno spazio fisico e atmosferico, che richiamava in tono derogatorio proprio quel luogo in cui si raccolgono e si catalogano come naturalia o artificialia, cose rare scoperte in natura oppure sapientemente artefatte o anche, come mirabilia, cose insolite, magiche, inquietanti. Il visitatore passava attraverso una sequenza di spazi in cui le opere sono disposte per temi: gravità, luce, corpo e processo. A differenza di un consueto collezionista, che prende distanza dal proprio contesto, 1. Navarro Baldeweg. Anelli di uno Zodiaco. Ca’ Pesaro, 25.05 – 7.10.2018. A cura di: Ignacio Moreno, Progetto di allestimento: Navarro Baldeweg Asociados, Coordinamento MUVE: Elisabetta Barisoni, Coordinamento Università Iuav di Venezia: Renato Bocchi, Claudia Pirina.
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Il pozzo flottante ***
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I
l progetto per la ristrutturazione della Biblioteca Hertziana a Roma (1995-2012), considerando il tempo intercorso tra l’aggiudicazione del concorso di cui risulterà vincitore e la chiusura del cantiere, impegna Navarro Baldeweg per quasi un ventennio. Gli edifici di Salamanca e Altamira, caratterizzati dalla medesima ricerca progettuale circa la manipolazione della luce, lungi dal rappresentare riferimenti meramente plastici, si configurano come esiti magistrali di temi già indagati in progetti precedenti. Il lavoro romano, viceversa, costituisce l'occasione per la costruzione di un microcosmo personale. All’interno di questo “contenitore ideale”, l’architetto sperimenta soluzioni compositive, per esportarle verso territori ulteriori e paralleli, che verificano o smentiscono rapporti tra parti, errori creativi, artifici prospettici, oltre che straordinarie soluzioni strutturali e tecnologiche. Alcuni frammenti di questa intima cosmologia, infatti, travasati in forma germinale in progetti realizzati nello stesso arco temporale, «danno impulso al fenomeno della manomissione scalare di alcuni elementi architettonici, si protraggono in un regesto di innesti irregolari volti allo spiazzamento di consuete associazioni convenzionali e proseguono, con salto disarmonico nel tema della incastonatura di pezzi che si compongono secondo la tecnica del montaggio alternato»1. 1. E. Pitzalis, Centro di musica Woolworth a Princeton. Juan Navarro Baldeweg, Alinea, Firenze 2000, p. 6.
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Biblioteca Hertziana a Roma, vista dei piani sfalsati della libera consultazione e dettaglio costruttivo della struttura in metallo del patio centrale, 1995-2012.
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