a cura di
Gemma Belli Fabio Mangone
A cento anni dalla legge Croce
Nuove prospettive sul paesaggio
Contributi del Dottorato in Architettura dell’Università Federico II di Napoli
Contemporanea
Architettura, città, storia Collana diretta da Fabio Mangone e Paola Barbera Comitato scientifico Gemma Belli (Università di Napoli Federico II) Federico Bucci (Politecnico di Milano) Dirk De Meyer (Ghent University) Antonella Greco (Università di Roma Sapienza) Michelangelo Sabatino (Illinois Institute of Technology Chicago) I volumi di questa collana sono sottoposti a peer review di due referee anonimi
I curatori desiderano ringraziare il DiARC, nella persona del suo Direttore, professore Michelangelo Russo, per il costante supporto fornito alla presente pubblicazione del Dottorato di Ricerca in Architettura; ringraziano, inoltre, Raffaele Merone per il sapiente e affettuoso affiancamento nella lettura dei testi.
ISBN 978-88-6242-884-2 Prima edizione ottobre 2023 © LetteraVentidue Edizioni © Gemma Belli © Fabio Mangone © testi: i rispettivi autori È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Segreteria di redazione: Raffaele Merone Progetto grafico: Francesco Trovato Impaginazione: Gaetano Salemi LetteraVentidue Edizioni Srl Via Luigi Spagna 50 P 96100 Siracusa www.letteraventidue.com
Indice 11
Prefazione Gemma Belli e Fabio Mangone
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Introduzione Michelangelo Russo Il paesaggio tra leggi e tutela
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«Nulla di nuovo, quindi, si è escogitato». I rescritti borbonici come riferimento per l’articolo 4 della legge Croce Ermanno Bizzarri
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La guerra di Elena Croce per il paesaggio campano Daniela Pagliarulo
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Dalla legge Croce ai parchi nazionali. La tutela del paesaggio nel Parco Nazionale del Vesuvio Annamaria Ragosta
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Cento anni di evoluzione del concetto giuridico di paesaggio Alessandra Cutolo
75
Paesaggi costieri in evoluzione. La tutela delle coste urbane attuali tra protezione ambientale e governance: il caso dell’interfaccia città-mare di Napoli Ivan Pistone Interpretazioni, sguardi critici e “paesaggi d’autore”
89
La suggestione del paesaggio campano nel dibattito sull’identità architettonica nazionale durante il fascismo Alberto Terminio
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Cesare Brandi e Procida Emanuele Taranto
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Casa Malaparte. Ermetismo pietrificato Giuliano Ciao
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Il grattacielo di Stefania Filo Speziale tra offesa al paesaggio e modernità negata. Attualità critica di un dibattito irrisolto Davide Galleri Il paesaggio: segni e memorie
145
Intersezioni di paesaggio. Le mura di Paestum tra rovine e natura Marianna Sergio
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Le cupole maiolicate, landmark del paesaggio napoletano Angela Cicala
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Paesaggio e ingegneria: le infrastrutture borboniche come landmark paesaggistico Roberta Gambardella
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Paesaggio e industria: una lettura ambientale. Lo sviluppo industriale durante il Regno borbonico (1734-1861) e le sue implicazioni sull’assetto idrologico della zona orientale di Napoli Marion Perney
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Un paesaggio celato sotto la lava: Portici, città d’acqua Mirella Izzo
207
Paesaggi affettivi: il caso studio di Baia e Latina (Caserta) attraverso memoria dei luoghi, politiche del quotidiano e conoscenza performativa Maria Reitano
Paesaggi rurali, paesaggi culturali, paesaggi umani o paesaggi altri... Patrimoni e risorse 219
Il patrimonio paesaggistico e culturale in Alta Irpinia, tra abbandono e scoperta Roberta Ruggiero
229
Paesaggio rurale, economia circolare e risorse vegetali: l’architettura dei mulini ad acqua Angelica Rocco
239
Paesaggi urb[m]ani sregolati Maria Fierro
249
Alteram naturam. Ripensare le “bellezze naturali” a partire dai paesaggi dell’abbandono a Napoli Giuseppe D’Ascoli Progetti e paesaggi
265
Paesaggio sdoppiato e rovine affioranti. Innesti e trame nell’area della Civita Giuliana a Nord di Pompei Chiara Barone
281
Riconnettere i paesaggi frammentati. Una proposta di infrastruttura verde per l’area collinare di Napoli Martina Di Palma
299
La governance del paesaggio rurale sannita Walter Molinaro
315
La manutenzione programmata come strategia di custodia degli spazi verdi ubicati nel tessuto costruito dei centri storici Anna Rita Villano
Paesaggi contemporanei 333
I paesaggi dell’abusivismo e le forme plurali del (dis)valore: una geografia differenziata Maria Simioli
345
Il carcere che guarda il mare. Il paesaggio carcerario delle isole-carcere napoletane Sara Riccardi
355
Mapping Castel Volturno: il paesaggio come rete di relazioni Veronica Orlando
365
Breve storia del paesaggio e del suo valore Stefano Cuntò Paesaggio e ambiente tra rovine e rischio
381
Paesaggio e ambiente come temi di ricerca: l’approccio disciplinare della Progettazione ambientale Sara Verde
391
La natura crociana lieta-triste del paesaggio contemporaneo. Ripristino creativo della permeabilità della collina di Poggioreale Marilena Bosone
405
Il paesaggio costiero di Castel Volturno: turistificazione e risignificazione delle ecologie della rovina Daniela De Michele
415
Spazi contaminati e incompiuti dell’area orientale di Napoli: da abbandono a risorsa Salvatore Pesarino
Conoscenza e narrazione tra rappresentazione e digitalizzazione 429
Visioni connesse Anna Teresa Alfieri
441
Il rilievo aereo come strumento di conoscenza e conservazione dei borghi e dei villaggi abbandonati in Campania Mara Gallo
455
Landscape Information Modelling: approcci digitali per la documentazione e gestione interdisciplinare del paesaggio campano Victoria Andrea Cotella
471
Visualizzare il paesaggio archeologico: mappe di fruibilità virtuale delle ville romane in Campania Sabrina Acquaviva
486
Apparati
Prefazione di Gemma Belli, Fabio Mangone
Gemma Belli, Fabio Mangone
Questo volume scaturisce dalla volontà di riflettere, con significativi studi dei giovani ricercatori del Dottorato in Architettura dell’Università Federico II di Napoli, su un anno fatidico per il paesaggio: il 2022. Mentre viene modificato l’articolo 9 della Costituzione per accogliere anche il tema della salvaguardia dell’ambiente, si celebrano i cento anni della prima normativa organica di tutela paesistica, la cosiddetta legge Croce, n. 778 del 1922. La proposta di contributi puntuali, di ampio respiro ma rapportati alla specificità della Campania, è stata accolta con grande entusiasmo e con altrettanto impegno dai giovani studiosi del Dottorato in Architettura, per cui ne deriva un insieme di scritti alquanto ricco e articolato. Per molti aspetti, sotto l’egida di Napoli, la cultura campana ha storicamente ricoperto un ruolo fondamentale nell’evoluzione del dibattito e della normativa sul paesaggio, per tanti motivi: non soltanto perché, come fu ricordato nel 1920 nell’introdurre la discussione sulla nuova legge, il presupposto preunitario sussisteva in una serie di dispositivi borbonici relativi alle nuove strade panoramiche della città, tema approfondito attentamente da Ermanno Bizzarri; ma anche per il ruolo essenziale che hanno avuto esponenti apicali della cultura umanistica napoletana del XX secolo, come Benedetto Croce e Giuseppe Galasso, ai quali non per caso sono rispettivamente intitolate due delle poche leggi dello Stato che hanno segnato le tappe di un progressivo iter di salvaguardia; per non dire che taluni luoghi incantati come Capri sono stati nella prima metà del Novecento al centro della riflessione e della sperimentazione sul tema, come dimostra il primo convegno sul paesaggio svoltosi sull’isola nel 1922, o il primo piano paesistico elaborato in via sperimentale da Gustavo Giovannoni, in anticipo sulla nuova legge in fieri, la n. 1497 del 1939. Peraltro, al tema della assoluta centralità della Campania nel dibattito nazionale tra le due guerre è dedicato un
Prefazione
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Metodi Prefazione
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documentato saggio di Alberto Terminio; e proprio in rapporto a questo ruolo, soprattutto delle isole e del paesaggio costiero intesi come emblema di una più generale condizione di mediterraneità, si spiega la perdurante attenzione concentrata su questi lidi da parte di importanti esponenti della cultura teorico-critica italiana, come evidenzia il contributo di Cesare Brandi su Procida, analizzato da Emanuele Taranto. Infine, questi ambiti restano luoghi significativi delle battaglie ambientaliste, come nel caso, approfondito da Daniela Pagliarulo, di Elena Croce, appassionata “sentinella” della tutela. Dunque, sguardi da Napoli, e specificamente dalla Federico II, dove la sensibilità degli studiosi è sempre stata attenta, e lo continua a essere pure quando il concetto e la parola paesaggio si sono ampliati in plurime direzioni, assumendo connotazioni polisemiche; ma anche sguardi sulla Campania, scenario di siti celebrati sin dall’epoca del Grand Tour, come pure di incerti paesaggi della modernità, ancora complessi da interpretare. Così, accanto ai grandi topoi della qualità turistica, emergono paesaggi indiscutibilmente minori, marginali, problematici e spesso inesplorati, assolutamente lontani dall’essere oggetto di compiaciute e consolatorie vedute, come i paesaggi eterotopici, carcerari o cimiteriali, cui volgono un’intelligente attenzione rispettivamente Sara Riccardi e Marilena Bosone, oppure, in una sempre più stringente dialettica fra paesaggio e ambiente, i siti contaminati su cui si concentra Salvatore Pesarino. Non di meno, l’affermazione di un’accezione di multidimensionalità della nozione di paesaggio è affermata consapevolmente nell’interessante lavoro di Maria Simioli sui paesaggi dell’abusivismo, dove al concetto più consolidato di valore si affianca quello di disvalore. Gli esiti del lavoro individuale dei dottorandi, rispettivamente compositivi, urbanisti, tecnologi, storici, restauratori, valutatori, rappresentativi, restituiscono, come era da attendersi, una ricchezza di possibili punti di vista da cui affrontare la questione paesistica, dimostrando come questa risulti centrale in quasi tutte le ricerche che hanno a che fare con il territorio, nella sua connotazione naturale e antropica, materiale e immateriale, storica e attuale. Al contempo, però, dimostrano come l’idea tradizionale di paesaggio sia andata gradualmente arricchendosi di elementi di complessità, che la hanno resa più articolata, più inclusiva, più ricca di sfumature, ma anche più controversa, mentre risulta tuttora in rapida trasformazione, sotto plurime spinte culturali, e non priva di alcune pericolose ambiguità che le nuove generazioni di ricercatori dovranno disinnescare. Complessivamente gli esiti del lavoro dei
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Gemma Belli, Fabio Mangone
dottorandi dimostrano pure che, in relazione alla odierna impossibilità di definire un paesaggio restando legati al tradizionale concetto sintetico e semplificatorio del primo Novecento, è altresì opportuno sondare molteplici e specifiche strategie di approccio scevre dalla pretesa di risultare onnicomprensive. L’articolato saggio di Stefano Cuntò, d’altronde, sottolinea come un approccio contemporaneo – auspicabilmente fondato sui concetti di “dignità” e di “esperienza” – debba derivare non soltanto da fattori propri degli apporti legislativi e culturali nel dibattito “interno” alla questione paesistica, ma anche da elementi esterni, quali la tendenza globale all’urbanizzazione, ovvero la avvertita necessità di adeguati supporti culturali alle decisioni. E che oggi, al di là dei circoscritti dispositivi che a suo tempo prevedeva la legge del 1922, la salvaguardia dei valori paesistici necessiti di adeguati modelli di governance è tema di riflessione importante, come propone Walter Molinaro a proposito del distretto rurale sannita. La proposta critica di Veronica Orlando, a partire dalla considerazione di un territorio ricco di contraddizioni quale di Castel Volturno, è quella di un “paesaggio come rete di relazioni”, anche per tenere assieme quanto appare visibile e quanto risulta invisibile. Ed è molto interessante che un punto di partenza ben differente, che origina dalla configurazione “naturale” di Siti di Interesse Comunitario e giunge al processo di ruination, interessi un’altra complementare e ugualmente utile analisi, proposta da Daniela De Michele, relativa al medesimo territorio. Questa continua odierna possibilità di muovere da punti di osservazione e approcci diversi, in contrasto con la più compatta ma limitata prospettiva di metà Novecento, riflette anche certi limiti dei più consolidati approcci. D’altro canto, la tradizionale visione occidentale, di cui la stessa normativa italiana è stata esito, ha avuto delle criticità riscontrabili – come suggerisce il saggio di Giuseppe D’Ascoli – nella difficoltà di considerare il paesaggio come elemento in continua metamorfosi, valorizzando anche gli esiti imprevisti e apparentemente marginali di una natura che risorge incontrollata negli spazi marginali dell’abbandono, come quelli di Napoli est. Il caso di una Napoli sempre più multietnica offre, nell’acuta analisi di Maria Fierro, l’opportunità di valutare l’impatto sul continuo divenire dei paesaggi della sempre più evidente e determinante instabilità dei processi urbani e sociali. Il valido lavoro di Martina Di Palma assume come presupposto contemporaneo l’inesorabile frammentazione dei paesaggi, cui oppone per l’area collinare di Napoli una proposta di infrastruttura verde. Frammenti che possono
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Il paesaggio come cultura del progetto di Michelangelo Russo
Michelangelo Russo
Indagare sulle provenienze e sulle trasformazioni della cultura del paesaggio, e di conseguenza sull’evoluzione del suo quadro normativo in Italia a cento anni dalla fondamentale Legge Croce, fino al più recente Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (DL. n. 42/2004), è una forma di riflessione necessaria e formativa per giovani studiosi che si preparano ad affrontare le questioni della ricerca contemporanea sull’architettura e il territorio, in particolare nel Dottorato di Ricerca. Soprattutto rende chiaro lo scenario culturale e legislativo che negli ultimi decenni ha sostanzialmente modificato il ruolo della pianificazione paesaggistica come pratica tradizionalmente incentrata sulla conoscenza per la salvaguardia e la tutela integrale dei valori, con un approccio prevalentemente focalizzato sui temi della conservazione e del vincolo: una forma di governo del territorio che in Italia ha finito nel tempo per essere settoriale e slegata da logiche di integrazione, necessarie per inquadrare il senso delle diverse componenti che strutturano il territorio in una visione di insieme. Questo approccio incline alla parzialità dell’azione si è modificato negli ultimi decenni, anche grazie a un’idea più ampia e comprensiva di paesaggio che, attraverso una profonda trasformazione concettuale del termine, ha delineato un significato nuovo, anche dal punto di vista istituzionale, consentendo una revisione dei modelli di pianificazione e di gestione del paesaggio, sia sul fronte dello sviluppo che dei processi di patrimonializzazione. Il paesaggio, infatti, negli ultimi anni – anche grazie a un’intensa riflessione in campo teorico e operativo, con forti legami con le dimensioni del piano e del progetto, del territorio e dell’ambiente1 – ha ormai definitivamente superato la soglia interpretativa di un’estetica del 1. Waldheim 2006; Mostafavi 2010; Orff 2016; Russo M., Attademo, Formato, Garzilli 2023.
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territorio, allontanandosi da una nozione convenzionale di esclusiva bellezza dei panorami e dei siti di eccezione. Si è progressivamente affermata un’idea plurale di paesaggio, capace di esprimere significati materiali e immateriali, morfologici, ecosistemici e sociali, a diverse scale e dimensioni cognitive; un’idea innervata da componenti eterogenee e potenzialmente conflittuali, a partire dalla considerazione delle tracce della storia, esito dell’azione dell’uomo che usa e addomestica nel tempo la natura dei luoghi, fino all’evidenza dei temi ambientali, dell’ecologie in crisi al livello planetario, dei disequilibri, per giungere al ruolo urbano della natura e delle aree dotate di requisiti ecosistemici che consentono di ridisegnare i luoghi di vita delle città. Una nozione densa di valori e di prospettive di sviluppo che configura un’idea multidimensionale di territorio quale incontro tra storia, luoghi e persone, prodotto di culture che vivono nel tempo e configurano lo spazio, così come ormai sembra essere ampiamente riconosciuto anche dallo stato giuridico in evoluzione al livello nazionale e internazionale: dalla Convenzione Europea del Paesaggio di Firenze del 2000, al Codice italiano dei Beni culturali e del paesaggio (D. Lgs. 42/2004), al titolo V della Costituzione italiana, alla Convenzione internazionale di Faro (2005), sino alle direttive europee sulla salvaguardia ambientale e sull’ecocompatibilità. Si consolida dunque un’idea ampia, progressiva e multidimensionale dei valori paesaggistici sempre più vicini a essere espressione di valenze territoriali, componenti di una geografia umana e insediativa in equilibrio con il più ampio contesto ambientale: inclusiva dell’intreccio tra spazio, ecosistema, economia e società, che consente di riflettere ed operare anche sui processi di sviluppo culturale, sociale ed economico delle comunità, di crescita e di declino dei territori e delle città, della loro possibile rigenerazione. Il paesaggio, dunque, è da considerare un campo di indagine e di ricerca intersettoriale entro cui elaborare una visione olistica e interdisciplinare del territorio e del suo sviluppo, con l’obiettivo di generare qualità dell’habitat. Ciò è possibile con un progetto che delinei le relazioni tra le parti e gli ambiti di quella complessa realtà socio-territoriale che si esprime attraverso le componenti ambientali, insediative, infrastrutturali, e con la memoria dei luoghi come fattore identitario. Si tratta di relazioni complesse, da rimodulare per una modificazione della città che richiede la collaborazione intensa tra competenze e saperi propria di una prospettiva paesaggistica intesa quale visione del
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mondo, come approccio al progetto sensibile a cogliere il sistema di valori a fondamento di un principio di continuità – patrimoniale, ambientale, ecosistemica, culturale – che consenta possibili scenari del cambiamento, ben connessi alla storia e alle radici delle collettività. Quella del paesaggio, dunque, è una prospettiva insieme cognitiva e operativa alla base del progetto contemporaneo, necessaria per affrontare le sfide di una «nuova questione urbana»2 mediante un approccio multiscalare all’analisi dei contesti e alla definizione degli scenari di trasformazione, attenta all’incrocio tra cultura e natura, tra città e campagna, tra uso del suolo, insediamenti, ecosistemi. Incroci critici, sotto la pressione di fenomeni globali e locali, dei rischi antropici e naturali che minano gli equilibri ambientali e la salvaguardia collettiva, che richiedono interventi di mitigazione e adattamento in territori fragili e vulnerabili, trasformazioni radicali degli assetti insediativi e ambientali con il rischio di minare l’identità dei territori. Al cospetto del cambiamento, dunque, il paesaggio non è più esclusivamente un monumento da tutelare, ma una cultura del progetto, contestuale, adattiva ed ecosistemica, diviene cioè metodologia riflessiva e rigenerativa, indispensabile per interpretare le contraddizioni del contemporaneo: è valore collettivo, bene comune, percepito per immagini legate alla memoria dei luoghi, con un linguaggio comprensibile e una comunicazione fluida, aperta e partecipata. «La nostra epoca è quella del paesaggio»3 afferma Michael Jakob, nel senso che questa nozione interessa tutti i domini della nostra vita, un’immagine progressivamente capace di rappresentare valori di tutti, attraverso un linguaggio comune4. Inoltre, l’approccio ecologico al paesaggio rafforza l’interdipendenza potenziale tra spazio e società, tra natura e cultura. L’ecologia, infatti, rappresenta le relazioni tra collettività e ambiente, e dà forma allo spazio con materiali non convenzionali, appunto relativi ai nessi ecosistemici e alle forme di equilibrio socio-ambientale. Si afferma in definitiva, l’esigenza di prendere le distanze dalla fissità del modello “vincolistico”, per accedere a una forma mentis di una pianificazione all’altezza delle sfide del tempo contemporaneo5. Il paesaggio diviene così la dimensione strutturale dei luoghi da 2. Secchi 2011. 3. Jakob 2009. 4. Sampieri 2008. 5. Russo 2012.
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Procida, 1968. Foto di Paolo Monti © Archivio Monti
Il 2022 è un anno fondamentale per il paesaggio in Italia: mentre si modifica l’articolo 9 della Costituzione, anche per accogliere il tema della salvaguardia dell’ambiente, si celebrano i cento anni dalla prima normativa organica di tutela paesistica, la cosiddetta legge Croce. Questo volume corale scaturisce, pertanto, dalla volontà di riflettere sul paesaggio in una fase cruciale, dimostrandone la centralità in tutte le ricerche relative al territorio, ma pure il mutamento dell’idea tradizionale, in una direzione più inclusiva e più ricca ma pure più controversa, che rende necessario sondare molteplici e più specifiche strategie di approccio. Lo fa da una prospettiva interdisciplinare, attraverso gli studi dei giovani ricercatori del Dottorato in Architettura dell’Università Federico II, ponendosi, così, efficacemente nel solco tracciato dal precedente Giancarlo De Carlo nel centenario. Sguardi di nuova generazione, lavoro che ha segnato l’avvio di un brillante progetto che vede gli allievi della Scuola di Dottorato di Napoli misurarsi su un tema di ricerca unico, con contributi individuali, a dimostrazione del compiuto raggiungimento di validi obiettivi pedagogici e didattici.
€ 29