Nuovi Muri

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Silvia Dalzero

Nuovi muri Il ritorno di un’antica figura nei territori del mondo La lista dei muri che dividono città e nazioni è oggi lunghissima, a testimonianza del fatto che dopo la stagione novecentesca delle Guerre Mondiali e della Guerra Fredda le barriere non solo non sono cadute ma sono aumentate in modo considerevole, sino a costituire una presenza rilevante e imprevista nello scenario globale. La nuova mappa del mondo non racconta solo la storia dei confini tra stati ma anche quella di fenomeni migratori epocali, diseguaglianze sociali sempre più estreme, guerre diffuse.



Indice

006

Prefazione Alberto Ferlenga

011

Introduzione

035

Analisi per aree sulle ripercussioni territoriali date dalla costruzione dei Muri di frontiera

175

Conclusioni

199

Bibliografia

203

Ringraziamenti


Iuav | Materiali

Prefazione Muri del tempo presente Alberto Ferlenga

Quando nel 1989 il muro di Berlino cadde spazzando via di colpo le immagini tragiche di fughe, sguardi incrociati e vittime, nessuno avrebbe pensato che al crollo del capostipite dei moderni muri territoriali sarebbe succeduta una nuova stagione di divisioni sparse sulla superficie della terra come lunghe cicatrici. Quel muro costruito a Berlino nel 1961 era già diverso da tutti quelli che l’avevano preceduto; a differenza delle mura storiche, ad esempio, non era fatto per proteggere la città ma, al contrario, per distruggerla, mutilandola e bloccando per ragioni politiche conseguenti alla più distruttiva delle guerre del ’900, il movimento naturale dei suoi abitanti. Il muro tedesco, emblema della Guerra Fredda e sin dalla sua nascita parte visibile e incombente della cosiddetta Cortina di Ferro, non costituiva il limite di un fenomeno fisico e l’inizio di un altro (la città e la campagna, ad es.) ma si inseriva dentro un organismo unitario – una città secolare – spezzandone con un atto di forza le connessioni e interrompendo le vie principali oltreché le normali relazioni tra comunità e nuclei famigliari. La sua presenza era tanto più insensata e surreale quanto più non appariva lontana ma direttamente innestata nell’intimità della vita cittadina stabilendo una prossimità a portata di vista che rendeva ancora più crudele la divisione sancita d’imperio dalle grandi potenze. Quel genere di muri resosi famoso a Berlino ma già sperimentato in Corea come confine fortificato tra due mondi agli inizi degli anni ’50, era al tempo stesso invalicabile e vicino, annullava le distanze esistenti nelle antiche fortificazioni riducendole a stretti corridoi della morte e poteva addirittura apparire leggero, rispetto ai recinti di pietra che circondavano le città, ma celava insidie nelle reti elettrificate, nei campi minati o nei controlli video. Non era solo il muro a separare; anche l’andamento delle infrastrutture legate alla sua presenza (strade, metropolitane, ecc.)

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Prefazione

seguiva una logica divisiva in cui il collegamento urbano perdeva la neutralità che gli era propria per trasformarsi in elemento di esclusione inaugurando, anche in questo caso, un uso oggi largamente presente là dove, per motivi diversi, terre, popolazioni e città si dividono. Il muro a Berlino, dunque, non è stato solo un terribile monito di cemento ma ha condizionato dinamiche urbane, creato spazi e varchi prima inesistenti, modificato i vecchi tracciati, oltre ad intervenire sulla psicologia collettiva degli abitanti di ambo i lati della città ponendosi, in questo, in continuità con i suoi predecessori storici. I muri da sempre, infatti, portano con sé un immaginario specifico e un corollario di spazi contigui che modifica profondamente il contesto nel quale si inseriscono. Cambia, però, la natura di questi spazi: quelli del passato erano completati da vuoti tecnici, interni o esterni, destinati a favorire le azioni belliche, il controllo a distanza, i tiri delle armi, il movimento di macchine o materiali difensivi e anche quando il loro ruolo primario veniva meno, si trasformavano in monumenti, viali, portici o cortine edilizie e, una volta demoliti, la città ne conservava traccia nella sua forma o nel riuso delle loro pietre. Non sappiamo ancora che ne sarà dei nuovi muri che segnano il mondo attuale, se saranno destinati a scomparire del tutto, non possedendo la plastica bellezza di un bastione di Francesco di Giorgio o di una porta del Sanmicheli, se di loro rimarrà solo un ricordo nell’assetto complessivo delle città o se, invece, diventeranno componenti urbane a cui dovremo sempre più abituarci. Vediamo, però, sin da ora quello che stanno producendo: aree connesse alle nuove necessità di controllo, fenomeni insediativi inediti nel paesaggio contemporaneo, fasce estese di degrado materiale e sociale dove si affastellano detriti di ogni genere. Una crescita impetuosa ha fatto passare i muri di nuova generazione dallo stato di casi eccezionali, come era, in fondo, Berlino con i suoi check-point, i suoi vuoti e i suoi tunnel di fuga, a presenza diffusa che si moltiplica proporzionalmente al crescere degli spostamenti di massa provocati da eventi bellici o ambientali. La ricerca di Silvia Dalzero, che è stata alla base di questo saggio, si è assunta il compito di studiare un nuovo aspetto del mondo contemporaneo partendo dalla prima azione necessaria: il suo censimento. Di che genere sono i nuovi muri che stiamo evocando? Quanti sono? Che spazi determinano? Nel testo che segue si dà risposta a queste domande attraverso una disamina approfondita della maggior parte dei muri oggi esistenti, malgrado il loro sviluppo continuo renda difficile l’aggiornamento in tempo reale. L’analisi, dopo aver inquadrato le cause geopolitiche di ogni caso, si è concentrata sui dati materiali e le ripercussioni spaziali che li accompagnano e che stanno determinando una nuova geografia ormai indipendente da quella naturale. Dalle

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Il tema affrontato in questa sezione – la città nomade e il territorio di confine – è indagato attraverso un’ampia rilevazione cartografica che riguarda i principali confini interessati oggi dal flusso migratorio in rotta verso l’Occidente.

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Analisi per aree sulle ripercussioni territoriali date dalla costruzione dei Muri di frontiera

«[…]vedi sui canali vascelli addormentati d’estro vagabondo; per soddisfare ogni tuo desiderio, vengono dai confini del mondo[…]»1.

Interrogazione sul limite Il tempo presente con la costruzione di confini fortificati disposti a dividere stati e nazioni sono la prima risposta a quella “società liquida” che sempre più avanza nella scena contemporanea e di cui parla Zygmunt Bauman2 che paventa la scomparsa dell’identità sociale soppiantata da un individualismo sfrenato e un soggettivismo senza valori. In altri termini Bauman prefigura, un divenire in cui tutto si dissolve in una sorta di liquidità e, si potrebbe aggiungere, in uno stato d’incertezza, in un silente processo di precarizzazione in cui la diffidenza si traduce in timore per l’altro e che, come estrema conseguenza, porta all’isolamento, alla chiusura e quindi alla costruzione di muri disposti a dividere e frantumare terre e popoli. Nel mondo globale senza speranze e disorientato dal ricordo di un passato mitico, sovente alterato e qualche volta persino inventato, le crisi si susseguono e si va consolidando un’idea, utopicamente nostalgica e tendenzialmente chiusa, di cultura e di progetto. Bauman afferma anche: «Stiamo assistendo a una moltiplicazione delle crisi. Ogni giorno le pagine dei quotidiani, così come i nostri apparecchi radio e schermi di tv e computer, traboccano di notizie di nuove crisi, di situazioni che fino a ieri

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ignoravamo, di paesi di cui a malapena sapevamo il nome. Ho il sospetto che dietro a tutte queste crisi (o dietro la maggior parte di esse) ci sia una specie di meta-crisi[…]Un mondo contemporaneo in cui il progresso ha cambiato di segno. Oggi evoca più paura che speranza. Paura a causa della nostra ignoranza, indolenza, incapacità di far fronte alle nuove richieste ed esigenze, alle sfide della vita. In altre parole, il progresso si associa al timore di restare indietro, di perdere la posizione sociale e il benessere guadagnati con fatica»3. Se ne conviene dunque che nonostante siano molti gli studiosi che in tempi e modi diversi tendono a riconoscere il nazionalismo come un “costrutto artificioso” e un movimento superato, primitivo e che porta solo a innalzare barriere, molti processi territoriali sembrano dimostrare l’esatto contrario.

Nel panorama contemporaneo Anche l’Europa si fortifica tanto da contare, oggi, al proprio interno tante linee fortificate quante si potevano contare durante la Guerra Fredda e molte altre, da allora, sono state costruite o sono in fase di costruzione. Muri che hanno trasformato quella che doveva essere la “terra miraggio” in una vera e propria fortezza che cerca di difendere i suoi limiti esterni ma che in realtà rischia di frantumarsi, tornando a una situazione primigenia di separazioni nazionali. Come di seguito documentato, sono diciassette i muri che da allora sono stati realizzati ai confini di paesi appartenenti all’UE o interni all’area Schengen e in linea con questo andamento divisivo anche la sorveglianza militare al confine e i controlli interni all’area Schengen, regolamentati e normalizzati dal Codice di frontiera Schengen del 2006, sono passati dall’essere un’eccezione al diventare la norma giustificata in base ai controlli migratori. A questi bisogna aggiungere le restrizioni e i monitoraggi migratori sul fronte marittimo che a ben vedere sono ancor più rilevanti; in particolare nel Mediterraneo che, in pochi anni, si è trasformato, in molte sue parti, in un’area di disperazione e di morte. Il problema, nel continente europeo si pone con particolare evidenza lungo le frontiere esterne, in particolare degli “stati di passaggio”. Se alcune recinzioni erano già presenti (come per esempio nelle enclave marocchine di Melilla e Ceuta) altre sono in costruzione o sono comparse solo nell’ultimo decennio. Tra queste vi è quella fra Grecia e Turchia del 2013, seguita nel 2014 da quella fra Bulgaria e Turchia e, in parallelo, da quelle attuate dall’Ungheria che, di fatto, si dimostra essere la nazione più determinata in questo piano di isolamento territoriale e che, a distanza di anni dalla caduta delle barriere edificate durante la

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Analisi per aree sulle ripercussioni territoriali date dalla costruzione dei Muri di frontiera

Guerra Fredda, ha di nuovo fortificato i suoi limiti territoriali, inizialmente lungo il fronte serbo, poi lungo quello croato e quindi lungo il confine austriaco. Nel corso degli ultimi decenni anche altri stati europei hanno innalzato barriere in quelle parti del loro confine in cui la pressione dell’immigrazione iniziava a farsi sentire; la Slovenia, ad esempio, che si è chiusa sul fronte croato, la Macedonia che ha fatto la stessa cosa verso la Grecia, l’Austria che a sua volta ha irrigidito i punti di attraversamento più frequentati al confine con l’Italia e a quello con la Slovenia. Dopo la Brexit, poi, un ennesimo muro è comparso anche verso nord, in particolare nell’area portuale di Calais. Sul fronte europeo, è importante rilevare che, oltre alle recinzioni di confine, molte altre misure restrittive sono state prese al fine di ostacolare il movimento dei migranti non europei. In particolare sono state attuate politiche di sicurezza sempre più stringenti riguardanti aree altamente sorvegliate in cui i profughi di ogni provenienza, cultura e religione vengono rinchiusi per lungo tempo e costretti a vivere in ambienti molto simili a prigioni. Anche a scala minore, all’interno dei nostri centri abitati, sono comparsi nuovi recinti che, in quanto dispositivi di chiusura e controllo, hanno sottratto parti di spazio urbano al libero uso, frammentando nuclei urbani e rivelandosi espressione in scala minore di questo tempo fatto di separazioni. Siamo dunque lontani dall’epoca in cui si costruivano ponti, tunnel che univano paesi e favorivano scambi, oggi è piuttosto il tempo dei muri o come scriveva Paul Valéry «è il tempo del mondo finito»4. E non vi sono solo muri a determinare trasformazioni attorno ai circa quattrocentocinquanta punti di accesso europei, le ondate migratorie che si arenano al confine determinano la creazione di “terre di mezzo”, zone recintate in cui migliaia di migranti sono intrappolati in un sistema di accoglienza che appare come una sorta di diffusa “città migrante”. Una realtà in cui l’ordine, il controllo, la modularità e la serialità insediativa sono funzionali al sistema difensivo e in cui non è concessa alcuna libertà di movimento o di espressione identitaria proiettando il migrante in un limbo di spazialità controversa. Le aree prese in considerazione in questa parte dello studio destano particolare interesse per il dato numerico, significativo in sé, e per gli aspetti legati ai fenomeni di nuova urbanizzazione o di modifica di quella esistente che questa proliferazione di barriere ha comportato. La rilevazione (come di seguito documentato nelle schede che accompagnano ogni caso analizzato) ha superato di gran lunga le aspettative e ha portato alla messa in evidenza di una nuova geografia di confini che non riguardano solo le delimitazioni nazionali ma coinvolgono anche differenze sociali, etniche, religiose esistenti nell’ambito di singole città o di territori appartenenti ad un’unica

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4. Rotte migranti in viaggio dal sud e dall’est del mondo verso i paesi dell’area Schengen

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Analisi per aree sulle ripercussioni territoriali date dalla costruzione dei Muri di frontiera

Europa e i paesi dell’area Schengen N.

Paese 1

Paese 2

Lungh/km

Ann.

Inizio

Fine

1

Inghilterra

Francia (Calais)

1,6

2016

2016

2016

2

Bulgaria

Turchia

30 + 166

2014+16

3

Croazia

Bosnia

Vukova Gorica

2020

2020

4

Grecia Cipro

Turchia Cipro

30

1974

1974

5

Grecia

Turchia

40+15

2013+ 2020

6

Estonia

Russia

25 (130)

7

Ungheria

Serbia

152

2015

2017

7a

Ungheria

Croazia

42

2016

2017

7b

Ungheria

Austria-Slovenia

3

2017

2018

8

Belfast cattolica

Belfast protestante

13+2

1969

1970

9

Lettonia

Russia

93 (193)

2015

2016

10

Lituania

Bielorussia

115

2016

2021

11

Macedonia

Grecia

37

12

Norvegia

Russia

gates (173)

2016

13

Polonia

Bielorussia

dati parziali (186)

2020

14

Serbia

Macedonia

Miratovac

2020

15

Slovenia

Croazia

179 + 40

2015+20

16

Spagna. Ceuta; Melilla

Marocco

CE:6+4 ME:8+4

CE:1990 ME:1999

17

Ucraina

Bielorussia

(180)

2021

17

Ucraina

Russia

900

2014

Tab1. I muri che dividono i paesi dell’area Schengen, 1990-20226

42 > 43

2015

2019

2016

2016

2017

2015

2020

2019


Iuav | Materiali 6. Il muro che divide l’area portuale e l’ingresso al tunnel della Manica (Calais)

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Titolo capitolo

0

46 > 47

500 m


Iuav | Materiali 7. Muro fra Bulgaria e Turchia

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Titolo capitolo

0

48 > 49

10 km


Iuav | Materiali 8. Muro di confine al gate di Lesovo in Bulgaria e Demirkoy in Turchia

Silvia Dalzero | Nuovi muri


Titolo capitolo

0

50 > 51

1,5 km


Iuav | Materiali 17. Muro fra Marocco e Spagna: Ceuta+Melilla

Silvia Dalzero | Nuovi muri


Titolo capitolo

0

84 > 85

40 km


Iuav | Materiali 18. Muro fra Ceuta e Marocco

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Titolo capitolo

0

86 > 87

2 km


Iuav | Materiali

Silvia Dalzero | Nuovi muri


Conclusioni

Dispositivi spaziali e giuridico-amministrativi Un muro è un muro ma le sue ragioni e implicazioni sono diverse: può essere ordinato a proteggere, a delimitare l’ambiente domestico o un’area industriale, ma anche isolare persone su base raziale o delimitare gate community e dividere differenze economico-sociali. Nel panorama internazionale viene usato per separare differenti regimi politici o aree dove i principi politici e amministrativi sono inconciliabili e, in primis, si dimostra strumento per impedire il passaggio di persone. È una semplice constatazione ma da qui ha avuto inizio la verifica su scala mondiale che si è concentra: da un lato sulla semplice catalogazione come dato numericamente significativo, e dall’altro sullo studio degli aspetti legati ai fenomeni di nuova urbanizzazione o di modifica di quella esistente che questa proliferazione di barriere ha portato con sé. Il lavoro svolto ha superato di gran lunga le aspettative e ha portato alla messa in evidenza di una nuova geografia di confini che non riguarda solo le delimitazioni nazionali ma anche e soprattutto differenze sociali, etniche, religiose, esistenti nell’ambito di singole città o di territori appartenenti ad un’unica nazione. Nel nostro tempo, sull’onda delle migrazioni per guerre o carestie i muri sono diventati una presenza territorialmente nuova che caratterizza il mondo, dagli Usa ai Balcani, e ad essi si accostano fenomeni urbani inediti che la ricerca ha studiato nelle loro differenze e nelle loro similitudini: dagli insediamenti temporanei nei deserti africani o nelle foreste dell’Europa dell’est, alle nuove topografie stabili che il muro induce in città antiche, come Gerusalemme che in soli pochi anni ha visto materializzarsi quella che un tempo era semplicemente una linea sulla carta, ovvero la Linea Verde che stava a indicare amministrativamente il

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788862

428927

€ 18

MATERIALI IUAV 12


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