REVERSE

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Indice

Design per un nuovo paradigma

Giuseppe Lotti

Design per la vita

Marco Marseglia

Crisi del contemporaneo

Giulia Pistoresi

Infrangere i confini

Giulia Pistoresi

Reciproco altruismo

Elisa Matteucci

Decolonizzare l’immaginario

Elisa Matteucci

Tecnologia sì, ma dotata di senso

Eleonora D’Ascenzi

Reincantare il mondo

Eleonora D’Ascenzi

Raccogliere i raggi di sole

Martina Aiazzi Mancini

Qui, altrove e da nessuna parte

Caterina Taurelli Salimbeni

Reverse. Exhibit carbon footprint

Marco Marseglia, Elisa Matteucci

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Design per un nuovo paradigma

L’umanità affronta un’emergenza planetaria senza precedenti – cambiamento climatico, perdita di biodiversità, grave degrado di aria, terra e acqua, migrazioni, nuove povertà, mancanza di socialità.

Crisi ambientale e crisi sociale sono strettamente correlate. “[…] oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri” (Papa Francesco, 2020, paragrafo 49).

Una consapevolezza del legame tra i diversi aspetti non così diffusa.

La gravità della crisi, non può essere affrontata solo attraverso soluzioni tecnologiche, ma richiede un cambiamento profondo nei modelli di pensiero e negli stili di vita – di paradigma. Difficile appare individuare modelli alternativi convincenti e praticabili.

Possiamo solo provare a prefigurare percorsi tortuosi, sicuramente non semplici. Nella consapevolezza della parzialità e insieme dell’importanza di ogni contributo.

Quando guardiamo alla necessità della pratica di modelli altri, non strettamente legati alle regole del mercato vengono in mente il concetto di “decrescita felice […] in quanto rottura con […] L’economia capitalistica e produttivistica” (Latouche, 2016, p.14) contro la colonizzazione dell’immaginario da parte dell’economico e “l’occidentalizzazione del mondo” (Latouche, 2016, p.14) di Serge Latouche – ma anche l’importanza della sobrietà richiamata da Francesco Gesualdi (2005) – “Siamo tutti appiattiti sull’individualismo. […] allora non basta porci l’obiettivo di condizionare il potere. Dobbiamo porci anche l’obiettivo di cambiare noi stessi. In una parola, dobbiamo provocare un cambiamento culturale. Una sfida difficile che possiamo sperare

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Reverse, towards a new paradigm, foglio di sala fotografia di Lu JI

natura energetica, legate all’acqua, alla salute, all’alimentazione, all’istruzione, ben raccontate dalla mostra Design for the other 90% al Cooper-Hewitt National Design Museum di New York (2007; AA.VV., 2007), ormai datata.

Fondamentale è poi creare occasioni di sviluppo, aiutando le economie locali ad essere maggiormente competitive. Vengono in mente i progetti promossi nel tempo dalla Design Academy di Eindhoven (Brasile, Kenia, Perù, India; Aa.Vv., 2002, 2004, 2004), ma anche dall’Università di Firenze in Brasile, Marocco, Tunisia (Lotti, 2008; Lotti, 2012; Lotti, 2015; Lotti, Giorgi, a cura di, 2016; Lotti, Marseglia, Giorgi, 2017). Aspetti decisivi – quelli legati allo sviluppo – nel risolvere o quantomeno ridurre le motivazioni che sono alla base dei flussi migratori. Il tutto, comunque ricordando che non solo i Nord del mondo hanno da insegnare ai Sud, ma anche viceversa. “Ciò che non si percepisce o si percepisce male, è che l’Africa è sicuramente il solo continente ancora in grado di produrre relazioni sociali o, più precisamente, di innovare in campo sociale […] Il continente africano fabbrica L’”antidoto” sotto i nostri occhi, ma noi non lo vediamo.” (Engelhard, 1996, cit. in Latouche, p.33). Si pensi, solo per citare alcuni esempi: all’atteggiamento consapevole verso la natura, all’importanza dei legami sociali con il rispetto intergenerazionale, all’attenzione alle risorse locali, al ruolo delle conoscenze tradizionali, alla sobrietà non solo frutto di mancanze, alla persistenza dello spirito e della logica del dono e dello scambio, alla centralità dei beni comuni.

Ancor più recente è l’attenzione del design verso le implicazioni della società interculturale e per le sfide dell’inclusione dei migranti. Tra gli esempi che possono essere citati, ancora il lavoro dell’Università di Firenze in collaborazione con Caritas (Lotti, Giorgi, 2017) e Terra di tutti (Ballerini, Fiesoli, Vacca, 2022), mentre un racconto di alcune esperienze nel nostro paese lo troviamo in Matteo Moretti, Socio-social-design. Design practices for new perspectives on migration (Moretti, 2019).

2. The Reciprocal Altruism

Il superamento della crisi ambientale e sociale significa andare oltre l’umanocentrico, in nome di una visione che riconsideri l’uomo parte integrante della natura, nell’ottica un rapporto paritetico tra tutti i viventi. Con il non-umano che può insegnarci logiche maggiormente sostenibili per evolversi e prosperare in armonia con l’ambiente circostante: efficienza energetica,

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ci vuol ricordare che gli aspetti materiali sono meno importanti di quelli immateriali e di quanto valore hanno le relazioni con l’altro. ‘Altro’ inteso nella sua accezione più ampia, come ricorda Nurse:

“La biologia ci dimostra che tutti gli organismi viventi a noi noti sono imparentati e interagiscono strettamente. Siamo collegati da vincoli profondi a tutte le altre forme di vita: ai coleotteri che strisciano, ai batteri che infettano, al lievito che fermenta, ai gorilla di montagna che ci guardano con curiosità e alle farfalline gialle svolazzanti che ci hanno accompagnato nel nostro viaggio, così come a tutti gli altri membri della biosfera. Nel complesso tutte queste specie sono massimamente esperte in sopravvivenza, essendo le ultime discendenti di un unico albero genealogico incommensurabilmente grande che risale, lungo un’interrotta catena di divisioni cellulari, ai lontani reami del tempo profondo.

A quanto ne sappiamo, noi esseri umani siamo gli unici organismi in grado di capire una simile, intima interconnessione, e di riflettere su ciò che potrebbe significare. Questo ci rende particolarmente responsabili verso la vita sul nostro pianeta, che è costituita dai nostri parenti vicini e lontani. Dobbiamo prendercene cura, dobbiamo averla a cuore. E, per averla a cuore, dobbiamo comprenderla sempre più a fondo” (Nurse, 2021, p.133).

Un design socialmente e moralmente (Papanek in Clarke et al., 2022) impegnato nei confronti della vita e della rimodellazione delle strutture culturali, sbagliate, radicate nel nostro pensiero. In questo senso il design si fa portatore di una possibile ristrutturazione profonda della sensibilità umana, di una nuova meraviglia (Latouche, 2020), con l’obiettivo di definire un rinnovato paradigma percettivo del mondo basato sulla collaborazione, ‘per la vita’, tra tutti gli abitanti del pianeta. Reverse ha voluto raccontare questo.

Allestimento mostra Reverse, towards a new paradigm, fotografia di Lu Ji

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Dettaglio, La poésie dans le tissu, fotografia di Giovanni Savi

Nelle pagine successive

La poésie dans le tissu, fotografia di Civic City

Allestimento di La poesie dans le tissu, all’interno della mostra, fotografia di Marcello Scalzo

La poésie dans le tissu

Civic City

La poésie dans les tissu è un’installazione congiunta temporanea negli edifici di Place André Gide a Sarcelles. Lo scopo di questa installazione temporanea è condividere con vicini e passanti, brani letterari, frammenti, poesie, storie intime o “private” realizzando tessuti lavorati con un calligrafo in cui ognuno espone una poesia o un brano narrativo come gesto di condivisione e apertura agli altri.

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Dettaglio, L’altare della cura, fotografia di Giovanni Savi

Nelle pagine successive

Allestimento, L’altare della cura, all’interno della mostra, fotografia di Lu Ji

Allestimento, L’altare della cura, all’interno della mostra, fotografia di Giovanni Savi

L’altare della cura

Festival DiverCity

Originari del Camerun, i cappelli Juju sono installazioni creative di piume. Il popolo Bamileke iniziò a creare cappelli Juju come simboli di prosperità. I cappelli erano comunemente indossati dai ballerini reali durante le cerimonie funebri.

I Bamileke sono molto orgogliosi del significato culturale del cappello Juju, tanto da tramandare la creazione di questi cappelli di generazione in generazione.

Seguendo questo spirito, Divercity ha deciso di rendere questi oggetti, fragili ma pieni di forza, l’elemento centrale dell’Altare della cura un luogo simbolico che intorno alla metafora della “veglia”, come stato collettivo di consapevolezza e memoria si proietta verso il futuro e verso una redenzione storica e umana del soggetto vulnerabilizzato.

Inizialmente l’altare nasce anche dalla volontà di portare all’interno della Design Week di Milano un elemento di cooperazione internazionale e allo sviluppo con il sostegno ad una comunità di artigiani del dipartimento del Nde in Camerun, dove la manualità e la conoscenza di questa forma di artigianato tradizionale rischiano di sparire.

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Lapse 3

Ideato da Duccio Maria Gambi per cc-tapis, Lapse 3 fa parte di Tempore, una collezione di tappeti annodati a mano in lana himalayana ispirata all’omonimo termine latino. Evocando un intervallo di tempo temporaneo o provvisorio, reale e metaforico, l’anatomia di ogni pezzo emerge e si dissolve, analizzando il processo di disintegrazione e riappropriazione che la natura opera costantemente sullo spazio creato e vissuto dall’uomo. Un rapporto tra movimento e immobilità, tra naturale e artificiale, in cui le regole cambiano e si rinnovano in una comune unità permanente.

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Duccio Maria Gambi, CC Tapis Lapse 3, fotografia di Duccio Maria Gambi

Dettaglio,Il custode dei sogni, fotografia di Valeria Ferrari

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Il custode dei sogni, fotografia di Valeria Ferrari

Allestimento de,Il custode dei sogni, all’interno della mostra fotografia di Lu Ji

Il custode dei sogni

Valeria Ferrari

Pensato per creare consapevolezza, diffondere conoscenza e stimolare riflessioni, l’albo per ragazzi affronta tre principali peculiarità del sogno, cioè la realizzazione, la coltivazione ed il mutamento. Attraverso la storia, il lettore viene guidato in un’esperienza di lettura attiva, in cui si alternano illustrazioni, testo, attività gioco da svolgere manualmente e contenuti digitali sotto forma di QR code.

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MB > CO2 traduce l’impatto nascosto del nostro utilizzo dei dati in sbuffi di CO2. Ogni MB che utilizziamo genera circa 20 grammi di CO2. Durante la pandemia è aumentato vertiginosamente il nostro utilizzo dei dati. Le infinite riunioni Zoom, il binge watching di Netflix, gli algoritmi di Crypto-bro-ing e AI sono esplosi e così le emissioni che hanno creato. Il progetto MB> CO2 visualizza questo impatto nascosto del nostro utilizzo quotidiano dei dati in modo diretto e coinvolgente.

dettagli, MB>CO2, fotografia di Thijs Biersteker

Nelle pagine successive

MB>CO2, fotografia di Thijs Biersteker

allestimento di MB>CO2, all’interno della mostra, fotografia di Lu Ji

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MB>CO2
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