L’oasi nella casa Cinque case collettive di Barclay&Crousse a Lima
a cura di Francesco Cacciatore
a cura di Francesco Cacciatore
Prefazione
Francesco Cacciatore
Mappa
Casa A4
Case JC
Case MG
Case NU
Case OR
L’oasi come casa
Fabrizio Foti
Lima
Alberto Ferlenga
Il focolare domestico
Luigi Pellegrino
Cinque domande a Sandra Barclay e
Jean Pierre Crousse
Francesco Cacciatore
Apparati
Francesco Cacciatore
Il tema dello spazio domestico e dell’architettura della casa riveste, da sempre, un ruolo di primaria importanza all’interno della disciplina architettonica che, dagli albori della civiltà fino ai nostri giorni, ha posto al centro delle sue riflessioni la questione dell’abitazione. Tutti i grandi maestri, antichi e recenti, si sono cimentati nell’insidioso esercizio progettuale della casa ed è opinione diffusa che questa sfida possa essere considerata, allo stesso tempo, semplice e complessa. Semplice perché essa può essere affrontata a partire da un bagaglio di conoscenze tecniche e progettuali ancora limitate e, per questo, rappresenta uno degli esercizi più diffusi nei Laboratori di Progetto del primo anno del Corso di studi in Architettura. Complessa perché dietro l’impressione di un programma che tutti conosciamo molto bene perché lo sperimentiamo da sempre in prima persona, si cela la difficoltà di manipolare una dimensione dell’abitare che tanta influenza esercita sulla vita più intima e quotidiana delle persone, con importanti implicazioni di carattere culturale e sociale. Nell’ambito delle attività didattiche del Laboratorio di progetto del primo anno del Corso di Studi Triennale in Architettura, tenuto dal sottoscritto presso l’Università Iuav di Venezia a partire dall’A.A. 2014-2015, il tema del progetto dell’abitazione rappresenta un’occasione importante perché riguarda l’esercizio che ogni studente compie durante l’anno di ingresso al suo percorso di studi. Per questo motivo, ogni anno, la didattica si concentra sul programma domestico secondo uno schema che prevede l’intreccio fra l’architettura della casa, uno specifico contesto insediativo e un architetto di riferimento. Tale sovrapposizione rappresenta il caso studio a partire dal quale si sviluppa la didattica del Laboratorio. La riflessione, da questo punto di vista, si configura come una esperienza di collegamento e raccordo tra il momento della didattica e il momento della ricerca di architettura. All’interno di tale scenario nasce l’idea di questo libro.
Progettisti: Sandra Barclay, Jean Pierre Crousse
Luogo: Distretto di Santiago de Surco, Lima
Progetto: 2013-14
Realizzazione: 2013-17
Foto di: Cristòbal Palma
Testo di: Francesco Cacciatore
Prima dell’esplosione demografica della capitale del Perù che, a partire dai primi anni Settanta del secolo scorso, ha portato la popolazione inurbata da poco più di 1 milione a quasi 10 milioni di abitanti, la frangia orientale della città compatta si concludeva, sostanzialmente, con i distretti di Miraflores, Barranco e Chorrillos, il cui abitato era chiuso, sul fronte sudorientale, dal massiccio promontorio del Morro Solar. Oltre questi limiti, la crescita della città su questo lato era rappresentata da piccoli nuclei già urbanizzati inframmezzati ad ampie zone di territorio ancora libero. Uno di questi centri urbani più antichi era quello di Surco, che prendeva nome dall’omonimo fiume che scorre in questa parte della città e che ancora oggi risulta visibile per alcuni tratti del suo percorso. Questo abitato era già presente sulle mappe cittadine in forma di piccolo borgo autonomo fin dalla metà del XVIII secolo, per poi ingrandirsi progressivamente verso nord nel corso dei secoli successivi. Tuttavia, è solo a partire dal boom edilizio degli ultimi decenni del Novecento che lo sviluppo di questa parte di Lima si consolida per poi saturare tutto il territorio libero disponibile e saldarsi con il blocco più compatto della città esistente. Nella seconda parte del Novecento, peraltro, la crescita urbana della capitale peruviana aveva messo al bando la tradizionale scacchiera di derivazione coloniale, attraverso la quale si erano urbanizzati ampi tratti di territorio dell’intera America Latina, per sostituirla con gli schemi di impronta più diradata, organica ed aperta di ispirazione anglosassone. Proprio per tale motivo, i tracciati e i tessuti della porzione di città in cui si colloca il complesso delle Case MG, l’attuale Distretto di Santiago de Surco, risentono di questa nuova sensibilità formale e si dispongono in modo da costituire piccoli nuclei rettangolari con profondità variabile tra i 40 e i 50 metri. Questi ultimi, combinandosi tra loro, vanno a formare grandi isolati di forma irregolare i quali, al loro interno, includono sempre una generosa area a parco di
Pagine precedenti: rapporto della casa con la città circostante
1. Vedi: Sandra Barclay e Jean Pierre Crousse, “Casas Vedoble”, in: Francesco Cacciatore, Fabrizio Foti, Barclay&Crousse. Segnali di vita tra i due deserti, op. cit., pp. 44-53.
2.Vedi: Casabella n. 867, Novembre 2016, pp. 86-94.
3.Vedi: Casabella n. 844, Dicembre 2014, pp. 52-68.
4.Vedi: Francesco Cacciatore, “Space follows climate. Sotto il sole del tropico”, in: Casabella n. 868, Dicembre 2016, pp. 56-67.
riferimento. Le lottizzazioni possono prevedere sia edifici in linea sia edifici a schiera di circa 15 metri di profondità che, aggregandosi di schiena, sfruttano da un lato l’affaccio su strada e dall’altro quello su cortile interno. Le Case MG occupano il lotto d’angolo di una di queste strisce, lunga 100 metri e profonda 70, rivolgendo la facciata corta sull’Avenida Coronel Reynaldo Vivanco e quella lunga sulla strada di collegamento con l’Avenida de los Precursores, all’altezza del Parco Chabuca Granda, che rappresenta una interessante attrezzatura di quartiere.
L’edificio, fin dal primo impatto, presenta qualche affinità, non tanto formale quanto di natura materica e costruttiva, con un edificio sostanzialmente coevo. Stiamo parlando dello straordinario lavoro dell’Aulario dell’Università di Piura, grazie al quale Sandra Barclay e Jean Pierre Crousse vinceranno, nel 2018, il prestigioso Mies Crown Hall American Prize. È noto come alla complessità e alla ricchezza spaziale da sempre ricercata, i due architetti peruviani contrappongono un’estrema semplificazione nella costruzione degli edifici, ottenuta eliminando tutti i dettagli superflui e riducendo al minimo la gamma dei materiali utilizzati. La radicalizzazione di questa idea, che si può rintracciare fin dagli esordi nel lavoro dei due limegni, da sempre ispirato alla forza di astrazione delle rovine precolombiane, si manifesta nell’attitudine frequente all’impiego di un singolo materiale: il calcestruzzo. Questa tendenza, inaugurata con le Casas Vedoble1 di Cañete, del 2009, è andata consolidandosi in occasione di alcuni lavori successivi come il museo di Paracas2, del 2012, e, soprattutto, con il Lugar de la Memoria3 di Lima, del 2014.
Il complesso universitario di Piura, tuttavia, rappresenta il momento in cui la ricerca sull’uso radicale del calcestruzzo a vista da parte di Barclay&Crousse raggiunge un più elevato livello di consapevolezza e raffinatezza. L’impiego di questo materiale qui, infatti, è pervasivo ma non è mai banale, caratterizzando lo spazio, di volta in volta, con superfici e tessiture sempre nuove4. Un singolo materiale, dunque, ma tante materie architettoniche differenti capaci di far risuonare e vibrare lo spazio in modo del tutto peculiare e ogni volta originale. Le Case MG, progettate e realizzate tra il 2013 e il 2017, quindi in parallelo all’Aulario di Piura, risentono di questa ricerca sull’uso del calcestruzzo a vista come materia unica, con poche deroghe che si traducono
A fianco: dettaglio del fronte principale dell’edificio
Pagine successive: prospetto lato sudovest
nell’uso dell’intonaco bianco e della pietra in ciottoli come rivestimento di alcune mirate superfici. Anche in questo complesso residenziale, come per la soluzione della Casa A4, l’edificio risulta sollevato di mezzo piano dalla quota della strada e questo scarto permette di posizionare più agevolmente un livello seminterrato adibito a parcheggio. Quest’ultimo è illuminato con luce naturale grazie alla presenza di due patii alberati che riproducono, anche al livello del sottosuolo, le atmosfere spaziali del resto dell’edificio. Lo scalone di ingresso conduce ad un ampio atrio che si sviluppa su tutta la profondità del lotto. In questo spazio, oltre a distribuire gli alloggi del piano rialzato e quelli dei quattro livelli superiori, si ricava un interessante vuoto a doppia altezza in corrispondenza del sistema di risalita verticale. Complessivamente si tratta di nove appartamenti duplex, sette più compatti con accesso dal secondo livello e due più ampi con accesso dal quarto livello, più due appartamenti su piano unico. Tutti sono concepiti con metrature variabili in modo da insediare gruppi familiari eterogenei, con numerosità e caratteristiche differenti.
Il passo strutturale dell’edificio è organizzato in 7 bande rettangolari della luce di 6 metri, perpendicolari al lato lungo dell’edificio. Queste strisce sono sfalsate nel verso della profondità di circa 5 metri, in modo che il profilo della costruzione risulti dentellato e articolato grazie alla presenza di sei patii, di cui tre a sezione aperta sul fronte esterno e tre a sezione chiusa sul fronte interno. Da un lato, questo dispositivo ha consentito di garantire una certa privacy ad ogni appartamento, ricavando l’introspezione necessaria attraverso i pannelli opachi e solo appena traforati in calcestruzzo sulle facce rivolte verso la strada e attraverso il posizionamento delle aperture principali sulle facce disposte in profondità. Queste finestre producono interessanti viste oblique e trasparenze diagonali che evitano la visione diretta sugli edifici dirimpetto, piuttosto vicini. Dall’altro lato, tale soluzione ha permesso di conservare alcuni alberi esistenti disposti lungo il perimetro della parcella che, a loro volta, contribuiscono a generare privacy e intimità e arricchiscono, ulteriormente, il disegno complessivo del fronte principale dell’edificio.
Progettisti:
Sandra Barclay, Jean Pierre Crousse
Luogo: Distretto di Miraflores, Lima
Progetto: 2014-15
Realizzazione: 2015-17
Foto di:
Cristòbal Palma
Testo di: Francesco Cacciatore
Nella zona di frangia tra il Distretto di San Isidro e il Distretto di Miraflores, ma geograficamente già all’interno di quest’ultimo comprensorio, è situato il complesso delle Case NU, così denominate perché si affacciano sulla piccola area verde di forma triangolare chiamata Parque Naciones Unidas. Questa porzione della città, infatti, è ricca di vegetazione e di aree a parco e si proietta verso la balza che distacca l’abitato dal mare e che forma la dorsale della cosiddetta Costa Verde, così detta perchè anch’essa ricoperta da un rigoglioso tappeto vegetale. Il quartiere è cresciuto prevalentemente nella prima metà del Novecento, ma un nucleo antico denominato ‘Miraflores’ esisteva già come agglomerato autonomo nelle mappe della città fin dalla metà del XVIII secolo, per poi espandersi e saldarsi con il resto della conurbazione. In realtà, per comprendere bene le dinamiche di crescita e sviluppo di una realtà urbana complessa come Lima bisogna risalire al periodo della sua fondazione, intorno ai primi decenni del XVI secolo. La città storica, infatti, viene insediata nel 1535 dal condottiero spagnolo Francisco Pizzarro González in una posizione arretrata del basso altopiano che oggi la ospita, sulla sponda meridionale del fiume Rímac e ad una certa distanza dal mare. Il suo avamposto sull’acqua era costituito dalla zona portuale di Callao, posizionata sulla direttrice est-ovest, a cavallo della piccola lingua di terra che si protende sull’Oceano, chiamata, infatti, La Punta e posizionata davanti alla cosiddetta Isla San Lorenzo. Nei due secoli successivi, oltre alla progressiva espansione dei centri di Lima antica e di Callao, si assiste alla nascita di due nuove direttrici che proiettano l’abitato verso la linea di costa: la prima è quella che dal centro storico conduceva in direzione nordest-sudovest, verso i più recenti insediamenti di Magdalena Vieja e Magdalena del Mar; la seconda è quella che dal centro storico conduceva in direzione nord-sud, verso il nuovo abitato costiero di
A fianco: schizzi di studio
Pagine precedenti: prospetto lato est
Chorrillos, passando per i centri di Miraflores, Barranco e Surco, quest’ultimo leggermente staccato dalla costa e spostato verso est. Tale assetto resta immutato per i due secoli successivi, in cui si assiste solo a una relativa espansione di questi nuclei intorno al loro sedime, senza che essi perdano la loro autonomia e identità formale. Nella prima metà del Novecento, invece, si osserva la progressiva saturazione dello spazio libero esistente sull’altopiano e il saldarsi di questi centri tra loro a formare un’unica realtà urbana. Dalla seconda metà del Novecento fino ad oggi, infine, data l’esplosione demografica della città che richiama milioni di abitanti dalle campagne e dai centri minori del Paese, Lima diventa la megalopoli che oggi conosciamo, occupando un’estesa regione metropolitana orientata lungo tutte le direttrici di espansione possibili: settentrionale, meridionale e orientale.
Il piccolo borgo di Miraflores, pertanto, cresce e si sviluppa fino a diventare uno dei distretti centrali della città metropolitana. In un primo momento, la sua espansione segue il rigido schema della scacchiera ispanica che, con le sue diverse giaciture, asseconda le esigenze di adattamento alle condizioni morfologiche puntuali del sito. Successivamente, tra gli anni Quaranta e gli anni Sessanta del Novecento, si innestano tessuti che formano isolati dal disegno più libero e organico, con la parte costruita concentrata sul perimetro e ampie zone verdi e aree a parco nelle aree interstiziali lasciate vuote.
Proprio all’interno di uno di questi isolati di nuova concezione, le Case NU occupano l’intera profondità di un lotto angolare, ritrovandosi, grazie a questa eccezionale posizione, nella peculiare condizione di avere a disposizione tre affacci completamente liberi rispettivamente sul lato sud, sul lato nord e sul lato est. Il progetto di Barclay&Crousse interpreta con grande sensibilità questa posizione privilegiata dell’edificio, articolando il partito architettonico dei tre fronti liberi con particolare attenzione rivolta all’orientamento, alle direttrici visuali e alle caratteristiche peculiari di ognuno dei differenti scenari urbani adiacenti.
Sul lato settentrionale, che dal punto di vista del funzionamento della luce solare corrisponde al nostro sud, la facciata corta dell’edificio si apre sull’Avenida Angamos Oeste. Nonostante si tratti solo di un’arteria di collegamento interno al quartiere, essa presenta una delle sezioni stradali più estese di questa porzione
A fianco: vista degli elementi frangisole e delle fioriere
di città, dotata di una larghezza di circa 25 metri. Con la sua doppia corsia a senso unico in entrambe le direzioni, le ampie aiole alberate sui due lati e i generosi marciapiedi, questa strada sviluppa un importante volume di traffico sia veicolare sia pedonale. La facciata, piuttosto irraggiata per via dell’esposizione a nord, risulta più serrata rispetto agli altri due fronti proprio per esigenze di controllo della temperatura e di abbattimento dell’intenso rumore veicolare. Molto interessante risulta il sistema di aggetto dei balconi a giorno sull’angolo e dei bow-windows sporgenti che, contenuti entro il filo della facciata, riducono progressivamente la loro profondità per effetto della svasatura del piano del muro, che si va raccordando sul limite del lotto adiacente. Sul lato meridionale, che dal punto di vista del funzionamento della luce solare corrisponde al nostro nord, la vista della facciata corta dell’edificio, piuttosto trasparente, spazia sulla vegetazione lussureggiante del Parque Naciones Unidas. Anche in questo caso il balcone rigira a giorno sull’angolo, per poi allargarsi in una generosa terrazza e, successivamente, riprendere la stessa profondità del lato opposto. Molto elegante appare la soluzione di attacco dell’aggetto al fronte cieco della parcella che viene risolto con un giunto cavo. In questo caso, data l’esposizione meno soleggiata, prevale la trasparenza per la necessità di aprire la zona giorno della casa verso la splendida vegetazione del parco antistante, non gigantesco ma abbastanza ampio da garantire una completa privacy. Sul lato orientale, la grande facciata lunga è aperta sul piccolo tronco di collegamento tra l’avenida e il parco. Pur essendo un breve tronco di raccordo, questa superficie ha la stessa larghezza della strada principale e contiene un generoso parcheggio. In questo caso la soluzione dell’alzato assume un carattere quasi monumentale, pur rispondendo a problemi di natura piuttosto pratica come la necessità di schermare la luce solare e garantire la giusta privacy alle camere da letto di entrambi gli appartamenti posizionate su questo lato. Questo senso di grandiosità, tuttavia, è ottenuto grazie a dispositivi molto semplici come la leggera convessità data dalla convergenza delle due porzioni della facciata rispetto al suo punto di mezzeria o come la serrata teoria di elementi frangi-sole e frangi-vista a sezione triangolare in marmo locale. L’idea complessiva di un esteso e raffinato giardino pensile, in continuità con la
Progettisti:
Sandra Barclay, Jean Pierre Crousse
Luogo: Distretto di San Bartolo, Lima
Progetto: 2014-15
Realizzazione: 2016-20
Foto di:
Cristòbal Palma
Testo di: Francesco Cacciatore
1. Per un approfondimento su questa stagione del lavoro de due architetti limegni
cfr.: Sandra Barclay e Jean Pierre Crousse, “Dieci case sulla costa peruviana”, in: Francesco Cacciatore, Fabrizio Foti, Barclay&Crousse. Segnali di vita tra i due deserti, op. cit., pp. 17-73.
Lasciandosi alle spalle la multiforme distesa urbana della capitale, è possibile spingersi a sudest, lungo la costa oceanica, attraverso il nastro continuo della Ruta Nacional PE-1S. Quest’ultima, da Lima in giù, rappresenta il tratto peruviano meridionale della più estesa Ruta Panamericana, la mitica strada che percorre tutta la costa pacifica del continente americano, dall’estremo nord fino alla Terra del Fuoco. Attraverso questa fondamentale infrastruttura litoranea, se non si vuole approfittare delle spiagge più popolari della cosiddetta Costa Verde, situate ai piedi della balza su cui è disposta la città di Lima, è possibile dirigersi verso una serie di esclusive località balneari distribuite a intervalli regolari sulla porzione di territorio che si estende a nord e a sud della capitale.
Abbiamo già avuto modo di sottolineare le particolari caratteristiche ambientali di questa regione desertica che, al di là delle sue apparenti condizioni estreme, è abitata fin dai tempi più remoti ed è, oggi, la zona più popolata del Paese. In questo luogo unico e originale proprio a causa delle sue condizioni ambientali, Sandra Barclay e Jean Pierre Crousse hanno accumulato una lunga esperienza progettuale per mezzo della quale hanno saputo cogliere le straordinarie potenzialità architettoniche insite in un simile contesto. Da un lato essi capiscono che il piano orizzontale di copertura, privo di impermeabilizzazione e coibentazione, si può assimilare al piano verticale della facciata, dall’altro annullano la più consueta e rigida separazione tra l’interno e l’esterno dell’edificio. Più in generale, date le singolari modalità di funzionamento della luce e dell’ombra, ma soprattutto senza necessità di controllo della temperatura e di protezione dalle intemperie, la loro architettura acquisisce una libertà tale da costituire una straordinaria opportunità di esplorazione di inedite soluzioni spaziali. Ed è proprio grazie a questa peculiare consapevolezza formale che nascono le cosiddette “casas de playa”1, case temporanee di
2 Le cosiddette quebradas sono fenditure verticali che si formano nell’imponente scogliera pozzolanica su cui è adagiata la città di Lima e che si ritrovano spesso in ampi tratti desertici del territorio costiero peruviano. La loro porosità geologica unita all’alto grado di umidità prodotto dalle correnti oceaniche permette alla vegetazione di attecchire facilmente su queste superfici.
A fianco: schizzi di studio
Pagine precedenti: vista aerea del complesso
villeggiatura costruite dai due architetti peruviani in alcune note località balneari come Asia, Cañete, o Pucusana, dislocate sul lato meridionale a un centinaio di chilometri dalla capitale.
Altre zone di villeggiatura esclusive simili a queste ultime ricadono anche nei distretti più esterni della grande conurbazione metropolitana di Lima, come il Distretto di San Bartolo, situato a circa sessanta chilometri a sudest dalla città. Questa relativa prossimità con il centro urbano, congestionato e sovrappopolato, rende luoghi come questo molto appetibili dal punto di vista immobiliare perché, oltre a consentire la tradizionale villeggiatura temporanea, si rendono disponibili per una stanzialità permanente grazie alla possibile pendolarità quotidiana casa-lavoro. In queste località, infatti, un fenomeno piuttosto recente è quello che vede alloggi costruiti verso la metà del secolo scorso e concepiti per una stanzialità temporanea trasformarsi, via via, in case abitate tutto l’anno.
Sull’onda di questa nuova tendenza, proprio a San Bartolo, Barclay&Crousse costruiscono un grande complesso di abitazioni destinato ad un uso permanente che comprende 201 alloggi di tipologia mista tra cui 123 simplex, 27 duplex e 51 triplex. Rispetto a soluzioni di uso temporaneo, oltre alla prossimità con la spiaggia e alle attrezzature per il surf, uno sport molto popolare in queste zone, queste case forniscono ai residenti una serie di servizi aggiuntivi come supermercati, ristoranti, bar, piscine, sauna e palestra. Il complesso è situato all’interno di uno stretto lotto irregolare e perpendicolare rispetto alla linea di costa che compie un salto di quota di una ventina di metri dal livello del mare. Mentre gli edifici ad uso abitativo sono concentrati sul perimetro, ricalcando l’irregolarità della parcella, una grande corte centrale si apre al loro interno disegnando un generoso giardino, una sorta di oasi “quebrada”2 artificiale che contiene il percorso pedonale di accesso alla spiaggia e distribuisce a tutti i servizi di uso collettivo. Le attrezzature di uso più ludico e ricreativo sono concentrate sul limite meridionale del lotto, approfittando del salto di quota che separa la corte dalla spiaggia, e sono ricavate, grazie a un sapiente lavoro in sezione, in modo da non ostacolare la vista aperta della corte verso l’Oceano. Le piscine, in particolare, sia quella superiore sia quella inferiore, rappresentano un dispositivo strategico e collaudato di relazione tra l’edificio e il paesaggio
3. Cfr. Francesco Cacciatore, “Ritorno alla città senz’ombra. Caratteri dell’architettura peruviana nell’opera di Sandra Barclay e Jean Pierre Crousse”, in: Francesco Cacciatore, Fabrizio Foti, Barclay&Crousse. Segnali di vita tra i due deserti, op. cit., p. 10.
A fianco: dettaglio della facciata est Pagine successive: scorcio del complesso dalla corte interna
circostante che fa tesoro dell’esperienza accumulata con i progetti delle “casas de playa”3. Esse, infatti, sono posizionate sempre sul limite più esterno della cosiddetta “playa artificial”, lo spazio ad uso pubblico che si sviluppa sulle terrazze in quota affacciate sullo strapiombo e costituisce una vera e propria spiaggia artificiale capace di supplire, se necessario, alla difficile condizione di balneabilità dell’Oceano. Da questa posizione periferica, il volume d’acqua contenuto nelle vasche esercita una doppia e fondamentale azione: da un lato evita la collocazione di uno sgradevole parapetto a protezione del margine più esterno della terrazza e dall’altro lato garantisce un certo livello di umidità necessario per il raffrescamento degli ambienti sottostanti.
Il complesso è composto da una serie di edifici di cinque livelli separati dagli accessi e dalle risalite verticali a giorno. Ogni edificio è costituito, dal basso verso l’alto, da uno zoccolo sottostante di appartamenti simplex, un corpo intermedio di appartamenti duplex e, in sommità, da un livello di appartamenti triplex con tetto giardino dotato di piscina che, anche in questo caso, ricorda molto da vicino la spiaggia artificiale sperimentata nelle residenze temporanee di Cañete. Tutte le case sono dotate di terrazze affacciate verso la corte centrale mentre tutti gli accessi agli alloggi sono distribuiti attraverso ballatoi posizionati sui lati esterni degli edifici, quelli che ricalcano il limite del lotto di progetto, con la vista che si apre al paesaggio marino più distante. Inoltre, tutti gli appartamenti sono disposti in diagonale rispetto al piano di giacitura delle facciate in modo da favorire, contemporaneamente, l’introspezione degli alloggi e la migliore visuale verso l’Oceano. La progressione e il ritmo delle terrazze esprimono sulle facciate interne della corte centrale la tipologia degli alloggi mentre i muri che le separano disegnano un raffinato sistema di frangisole con la produzione di ombre cangianti a partire dalla continua variazione della profondità degli aggetti a maglia quadrangolare. Anche la percezione di questo reticolo varia continuamente al variare del punto di vista dell’osservatore che si muove attraversando il grande spazio cavo del patio centrale, rivelando geometrie complesse ed evocando riferimenti formali inaspettati e sempre nuovi.