Indice
Saggi
Lo sport come materia di rigenerazione urbana.
Teorie e progetti
Davide Allegri
L’architettura dello sport come laboratorio sperimentale dell’atto del progettare e dell’arte del costruire
Emilio Faroldi
Infrastruttura sportiva come bene culturale
Lo stadio urbano
Infrastrutture e resilienza
Saggi
I saggi di inquadramento e sviluppo del tema intendono incorniciare, dal punto di vista teorico, l’ambito di riferimento dentro al quale si colloca la selezione dei venticinque progetti che compongono il volume.
Il testo “Lo sport come materia di rigenerazione urbana. Teorie e progetti” tenta di restituire, in forma sintetica e puntuale, l’evoluzione che le strutture destinate allo sport hanno vissuto nel corso della storia, al fine di interpretare al meglio le dinamiche che contraddistinguono lo scenario attuale. La storia, perciò, interpretata come strumento attivo di progetto.
Il saggio “L’architettura dello sport come laboratorio sperimentale dell’atto del progettare e dell’arte del costruire”, tende a comprendere e narrare il significato che attualmente l’infrastruttura sportiva riveste nella città, quale valore comune ed entità fisica e sociale aderente a un territorio articolato di reti, nodi, servizi, spazi pubblici. Le riflessioni riportate esplorano la ricaduta, in ambito accademico e nella sfera della formazione, che lo sport oggi produce tramite il suo ruolo di attore primario rigenerante i contesti.
Il laboratorio di tesi, attivo presso la Scuola di Architettura
Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni del Politecnico di Milano, entro il quale i lavori sono stati elaborati, promuove sperimentazioni e attività, teoriche e pratiche, tese a sensibilizzare il futuro progettista nell’assumere lo sport quale elemento preposto alla rigenerazione dei luoghi e dei territori dal punto di vista fisico e sociale. Esso è composto dai docenti Emilio Faroldi, Maria Pilar Vettori, Davide Allegri, Paola Pleba, affiancati dai dottori di ricerca e assegnisti: Silvia Battaglia, Marta Cognigni, Francesca Daprà, Andrea Dechamps, Alessia Ortu, Luca Tamburini.
Lo sport come materia di rigenerazione urbana. Teorie e progetti
Davide Allegri
Lo sport ha da sempre costituto una delle attività principali della vita pubblica delle civiltà più evolute esprimendo, con potenza simbolica, valori culturali, sociali e religiosi. Come afferma anche Emilio Faroldi, «la storia delle civiltà e dei luoghi è testimone del significato e del ruolo che la cultura dello sport e la gestione colta del tempo libero hanno avuto nella definizione delle comunità dei popoli. Luogo per antonomasia e presenza tipologica forte all’interno del tessuto urbano, l’architettura dello sport si eleva a contenitore di molteplici dinamiche emotive»1
L’architettura sportiva nella sua accezione spazio-formale dello stadio rappresenta, in un’ideale linea evolutiva dei modelli architettonici, uno schema stabile dotato «di un certo grado di invariabilità, come le strutture universali elementari (archetipi) condizionate socialmente e culturalmente»2. Lo stadio-archetipo esprime quindi uno spazio esistenziale, un sistema stabile di schemi percettivi e di immagini tratte dall’ambiente che, nell’interpretazione di Piaget, è «una forma spaziale costante… un elemento isolabile nelle serie casuali che si evolvono nel tempo»3 La forma accentrata dello stadio (un centro racchiuso entro un “recinto” come nei giardini primordiali) plasma, grazie ad una forma tanto semplice quanto immediata, un potente genius-loci nel paesaggio culturale delle civiltà antiche. «Gli antichi greci ponevano l’ombelico del mondo a Delfi, [dove era situato anche lo stadio] mentre i romani consideravano il Campidoglio, caput mundi»4. L’architettura non può quindi «essere descritta solo in termini di concetti geometrici o semiologici. L’architettura deve essere compresa in termini di forme significative. La storia dell’architettura è storia di forme significative. Come tale essa partecipa della storia delle possibilità esistenziali […] si occupa di cose che vanno al di là delle necessità pratiche e dell’economia. Essa si occupa di significati esistenziali […] che derivano da fenomeni naturali, umani e spirituali»5 L’architettura dello stadio si può quindi considerare a tutti gli effetti una di queste forme significative.
Evoluzione
In quanto espressione antropologica primigenia del gioco, «gli sport sono profondamente radicati nella natura e nella cultura umana influenzando in modo considerevole, nel corso della storia, le modalità con cui sono stati progettati e interpretati nel tempo i loro luoghi. Per altro verso, i paesaggi naturali premoderni hanno contribuito alla formazione e allo sviluppo di una nuova cultura del movimento del corpo generando spesso nuove attività sportive. In particolare, in epoca più recente, il progetto di paesaggio è sempre più veicolato in funzione dei grandi spazi per lo sport. Ciononostante, ricerche e studi di storia dello sport e discipline della pianificazione urbana e territoriale hanno spesso tralasciato l’importanza dei
L’architettura dello sport come laboratorio sperimentale dell’atto del progettare e dell’arte del costruire
Emilio Faroldi
“MILAN STADIUM” composizione
A.C. Milan, “Progetto Portello. Nuovo Milan Stadium”, AC MILAN (referente: Antonio Marchesi), ARUP Italia (referente: Maurizio Teora), POLITECNICO di MILANO (referente: Emilio Faroldi), 2015.
La narrazione di esperienze collocate tra passato e futuro, determina per l’architettura un tramite unico di esplorazione del rapporto tra esistente e nuovo, tra memoria e innovazione, tra storia e contemporaneità. Un solco tematico di deciso confronto e dibattito, volto ad alimentare l’articolata sfera costituita dai contributi teorico-progettuali in materia, per mezzo di una pratica dialogica finalizzata al dominio della complessità del fenomeno urbano contemporaneo. Specularmente, nell’ambito della progettazione dello sport e delle sue infrastrutture, l’architettura della città rimane il punto di riferimento e di osservazione di una realtà in divenire, dove «l’architettura è la scena fissa delle vicende dell’uomo, carica di sentimenti, di generazioni, di eventi pubblici, di tragedie private, di fatti nuovi ed antichi»1, perseguita tramite una interpretazione collettiva della disciplina e del contesto urbano e sociale nel quale agiamo come architetti, ma ancor prima, viviamo come uomini.
La società contemporanea risulta contrassegnata da segnali di incertezza e destabilizzazione, le cui radici profonde trovano la loro ragione nel nostro stile di vita, provocando un evidente indebolimento delle relazioni interpersonali, il costante dissolversi del senso di comunità, e l’abbandono di un sentimento collettivo di solidarietà a favore di una evidente logica proiettata all’autoreferenzialità.
La città rappresenta un valore comune, un’entità fisica e sociale la cui pianificazione veicola la vivibilità della medesima: una realtà caratterizzata da un territorio articolato di reti, nodi, servizi, spazi pubblici, nei confronti della quale la ricerca urbanistica e architettonica contribuisce ad attuare, all’interno di politiche di rigenerazione urbana, azioni di recupero e valorizzazione di spazi e contenitori esistenti, parallelamente all’addizione di nuove architetture volte a riattivare energia e relazioni.
Il progetto moderno e contemporaneo ha di sovente perseguito, e ancora rincorre il mito di un organismo indipendente dal contesto di appartenenza, scaturito da un mirato programma funzionale, potenzialmente clonabile ovunque in forma autonoma dal tessuto che lo ospita. Se da un lato l’approccio funzionalista del secolo scorso tendeva a una forma di distacco da luoghi, identità, e sinergie locali, dall’altro, il movimento culturale e il dibattito architettonico italiano si sono espressamente cimentati con ambienti urbani attrattivi e complessi, debitori nei confronti della propria storia e memoria.
«Un Paese dove ogni atto progettuale si confronta con un territorio così antropizzato, un fatto urbano così stratificato, da rendere pressoché impossibile la concezione di un edificio come oggetto autonomo»2, può e deve esprimere soluzioni architettoniche, visioni e atteggiamenti culturali chirurgici, sensibili alla sua eredità. In tale scenario si colloca il tema dell’infrastrutturazione sportiva in Italia e in Europa, posto a cavaliere tra istanze universali, semantiche globali, ragioni di visioni ampie, e approcci culturali debitori dei contesti e delle sensibilità dei luoghi.
Autori | Roberto Castelli, Tommaso Oliosi
Titolo | Vivere lo stadio.
Nuovi orizzonti di rigenerazione urbana.
Relatore | Emilio Faroldi
Correlatore | Davide Allegri
Anno | 2014-2015
Luogo | Firenze
Keywords | stadio-mercato, infrastruttura logistica, periurbano, città contemporanea, tecnologia
Vivere lo stadio
Il progetto propone il modello di stadio come motore di rigenerazione urbana e sociale in un’area periurbana di Firenze. La scala dimensionale e il carattere iconico, fortemente identitario, di un’infrastruttura sportiva sono elementi che facilitano – rispetto ad altre tipologie di edifici – la creazione di un nuovo polo attrattore di socialità e di investimenti economici in zone urbane depresse. Gli aspetti legati alla comunicazione massmediatica e al rapporto diretto con l’identità dei fan di un club calcistico favoriscono l’instaurarsi di forti legami dal punto vista socio-culturale che vanno oltre l’area di intervento coinvolgendo intere città per espandersi fino alla scala territoriale nazionale. Il modello proposto si rivolge ad alcune virtuose esperienze europee (in particolare l’Euroborg Stadium di Groningen con la riqualificazione di una vasta area nel nord dell’Olanda e la Johann Cruijff Arena che ha visto, in circa vent’anni, la costruzione del più grande comparto per l’intrattenimento e il tempo libero d’Europa) nelle quali lo stadio rappresenta il primo tassello dal quale programmare operazioni urbanistiche di ampio respiro, costruendo nel tempo veri e propri hub poli-funzionali per
l’intrattenimento e il tempo libero, all’interno dei quali lo sport diviene elemento attrattore e traino per una serie di altre funzioni, comunque autonome, nella loro gestione quotidiana in grado di andare oltre lo specifico evento sportivo. Il masterplan prevede una piastra (attrezzata con percorsi e spazi pubblici pavimentati e verdi intervallati da edifici dai volumi minimali che ospitano attività collaterali) sulla quale si innesta il grande volume dello stadio la cui forma organica e centripeta afferma un nuovo centro urbano, mentre le superficie cangianti dell’involucro creano una percezione dello stesso più sfumata e una nuova “estetica” del quartiere, del quale l’impianto diviene fulcro e riferimento. All’interno dello stadio sono previsti grandi spazi per attività connesse all’enogastronomia della cultura toscana, nonché un mercato contemporaneo dei prodotti del made-in-Italy quale ulteriore elemento simbolico che richiama la piazza italiana come luogo della socialità e dell’interscambio culturale ed economico.
Autori | Matteo Gawlak, Riccardo Gialloreto
Titolo | Next stadium.
Paradigma sportivo e architettonico tra utopia e realtà.
Relatore | Paola Pleba
Correlatore | Davide Allegri
Anno | 2018-2019
Luogo | Milano
Keywords | resilienza, flessibilità, tecnologia, dettaglio tecnologico
Next stadium
Matteo Gawlak Riccardo Gialloreto
Il tema della resilienza, intesa come combinazione di flessibilità e adattabilità, applicata ai grandi manufatti quali le infrastrutture sportive, assume sempre più rilevanza se considerato nel più ampio ambito riguardante la sostenibilità, il ciclo di vita edilizio e l’economia circolare.
Tale fenomeno è ancor più significativo se relazionato al tema delle infrastrutture sportive in occasione dei grandi eventi richiedendo, già in fase di programmazione, una chiara idea della gestione post-evento, e del lascito, sociale e infrastrutturale, sul territorio di riferimento. Il progetto propone un nuovo modello di infrastruttura sportiva
– The Next Stadium – in grado di rispondere al cambiamento: una matrice in grado di interpretare il rapporto con la città contemporanea, con gli aspetti sociali, culturali, di sostenibilità ambientale ed economica e, non ultime, le esigenze di carattere normativo e funzionale.
La proposta è basata su elementi modulari, trasportabili e assemblabili/disassemblabili in modo da fornire soluzioni flessibili e adattabili al contesto di riferimento e alle specifiche richieste connesse alle differenti competizioni, alla capienza, alla forma e tipologia del catino e del campo da gioco.
Il sistema, inoltre, può essere modificato in modo tale da configurare diversi campi per rispondere alle esigenze di varie discipline sportive. L’assemblaggio è previsto totalmente a secco, composto da elementi dimensionati in grado di essere trasportati senza criticità, in particolare per il sistema integrato tribune-copertura. Anche la pelle dell’edificio è pensata per mezzo di una scansione modulare, applicabile con le caratteristiche di una tenda in materiali a base tessile fibrorinforzati: anch’essi, al pari degli elementi strutturali, divengono agilmente riutilizzabili o riciclabili. L’esito progettuale finale è applicato, sperimentalmente e in forma paradigmatica, in piazza del Duomo a Milano, al fine di rafforzare l’idea di un modello che si possa adattare senza particolari problemi anche in un contesto di centro storico fortemente vincolato dal punto di vista del rapporto con le preesistenze e della gestione dei flussi.
Prospetto Nord-Est
Sezione/Prospetto Sud-Ovest
Sezione longitudinale
Sezione trasversale
Autore | Roberto Mattioli
Titolo | Un’addizione urbana per Ferrara. Progetto per la nuova tribuna dello stadio “Paolo Mazza”.
Relatore | Davide Allegri
Anno | 2021-2022
Luogo | Ferrara
Keywords | città storica, stadio-urbano, beni culturali, rigenerazione
Un’addizione urbana per Ferrara
Roberto Mattioli
Vista renderizzata - ingresso Sud
Il sistema delle architetture per lo sport identifica, in particolare nel contesto italiano, un patrimonio materiale e identitario di straordinaria portata. Agire in tale contesto significa muoversi nel più ampio spettro della valorizzazione del patrimonio edilizio esistente, tramite azioni mirate di addizione di nuovi elementi dall’elevato contenuto di innovazione tecno-tipologica e funzionale in grado di innescare un dialogo armonico con le preesistenze.
In particolare, gli stadi italiani, non più classificabili con l’obsoleta accezione di impianti sportivi bensì riconducibili alla categoria delle primarie infrastrutture urbane, costituiscono parti di città vitali e connesse che, nella loro stratificazione di natura quasi archeologica in quanto risultato di una sovrapposizione di interventi differenti per periodi, stili e funzioni, si configurano quali elementi di permanenza e continuità nella lettura storica dello sviluppo urbano delle città. Lo stadio Paolo Mazza di Ferrara, costruito all’inizio del secolo scorso, rappresenta uno dei più limpidi modelli di stadio urbano italiano, incastonato chirurgicamente nel denso tessuto storico della città erculea. Nonostante la
profonda azione di rinnovamento attuata in tempi recenti, lo stadio necessita di un ulteriore pensiero in grado di coinvolgere la tribuna principale favorendo la sua integrazione alla città attraverso una duplice addizione che coinvolge sia il manufatto sia lo storico quartiere-giardino nel quale è collocato. Il progetto della nuova tribuna si fonda sull’adozione di un approccio in grado di rapportarsi con le preesistenze del contesto, secondo un’articolazione che ripropone la classica tripartizione “basamento/corpo/coronamento” e una facciata in grado di riprendere, astraendoli in un linguaggio contemporaneo, alcuni stilemi del Rinascimento estense. La proposta intende porsi quale manifesto paradigmatico di un virtuoso modello di intervento in particolare per la situazione italiana nella quale è importante raggiungere quel delicato equilibrio tra esigenze di rinnovamento funzionale e prestazionale, unitamente al rispetto dell’identità dei luoghi.
Autori | Gian Mario Vecchiato, Alberto Villanova, Alessandro Villanova
Titolo | Uno stadio per Monza. Progetto di un’infrastruttura sportiva tra memoria rigenerazione e innovazione.
Relatore | Davide Allegri
Correlatore | Silvia Battaglia
Anno | 2022-2023
Luogo | Monza
Keywords | addizione, paesaggio periurbano, dettaglio tecnologico
Vista renderizzata - catino
Uno stadio per Monza
Gian Mario Vecchiato
Alberto Villanova
Alessandro Villanova
I contesti periurbani della città contemporanea, dove il limite città-campagna tende a sfumarsi e frastagliarsi, sono particolarmente fragili in quanto caratterizzati da una serie di vuoti e discontinuità che ne impediscono una lettura e una fruizione unitaria. La riqualificazione e valorizzazione delle infrastrutture sportive localizzate in questi territori di bordo – solitamente appena oltre al limite della città consolidata e prossime alle reti di collegamento a scala regionale – possono configurarsi come operazioni di rigenerazione urbana di vasta portata divenendo veri e propri hub di intercambio infrastrutturale e, allo stesso tempo, centri di condensazione multifunzionali e di erogazione di servizi di diversa tipologia per la comunità. Nel caso specifico, il lavoro ha come oggetto la valorizzazione dello stadio di Monza (impianto di terza generazione, inaugurato nel 1982) dove il progetto agisce secondo un approccio che segue il modus operandi, ormai consolidato, della “terza via italiana”, già applicato in altri contesti, che presuppone il mantenimento e la riqualificazione della tribuna principale, caratterizzata qui da una evidenza brutalista con
una interessante copertura tralicciata che rimanda ad altre esperienze coeve di quegli anni, e la demolizione e rifacimento su sedime delle altre tre, in un’ottica di non ulteriore consumo di suolo. Allo stesso tempo il progetto contempera, nella sua genesi morfo-tipologica, i più aggiornati criteri prestazionali e normativi affinché lo stadio sia in grado di ospitare partite di serie A e competizioni internazionali di diverso tipo. Il nuovo intervento si caratterizza da un lato, per una matrice strutturalista evidente nei costoloni di cemento armato delle nuove tribune e dall’altro, in una mitigazione, in altezza, dell’impatto volumetrico della nuova addizione. Alla scala urbana, il masterplan generale denota la volontà di riordinare e ricucire – attraverso il disegno del verde alternato ad altri spazi pubblici per lo sport – un brano di tessuto periurbano oggi senza dubbio carente di identità dove, proprio lo stadio, diviene fulcro attrattore di una nuova centralità urbana.