Il paesaggio al centro. Natura pubblica e natura operante

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Collana Alleli / Events

Comitato scientifico

Edoardo Dotto (ICAR 17, Siracusa)

Emilio Faroldi (ICAR 12, Milano)

Nicola Flora (ICAR 16, Napoli)

Antonella Greco (ICAR 18, Roma)

Bruno Messina (ICAR 14, Siracusa)

Stefano Munarin (ICAR 21, Venezia)

Giorgio Peghin (ICAR 14, Cagliari)

I volumi pubblicati in questa collana vengono sottoposti a procedura di peer-review

ISBN 978-88-6242-990-0

Prima edizione italiana Settembre 2024

© LetteraVentidue Edizioni

È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura.

La presente pubblicazione è stata sostenuta dal Dipartimento Ingegneria e Architettura dell'Università di Parma

Progetto grafico: Martina Distefano Impaginazione: Rebecca Bizzarri

Le immagini di separazione tra i capitoli “Saggio”, “Lectio”, “Contributi”, “Conclusioni”, dei tavoli di discussione “Paesaggio, Risorse Fossili, Deperimento”, “ Paesaggio, Energia, Sorgenti Inesauribili”, “Paesaggio, Crisi Ambientale, Trasformazione”, “ Paesaggio, Acqua, Democrazia”, “Paesaggio, Vegetazione, Progresso”e la pagina conclusiva sono di Orazio Saluci:

Etna e Catania dal porto, Catania, 2021 (pp. 10-11 intro SAGGIO)

Teatro di Andromeda, Santo Stefano Quisquina, 2018 (pp. 46-47 intro LECTIO)

Gela, spazio pubblico, Gela, 2014 (pp.124-125 intro CONTRIBUTI PAESAGGIO, RISORSE FOSSILI, DEPERIMENTO)

Porto e Plaia di Catania, Catania, 2023 (pp. 214-215 intro PAESAGGIO, ENERGIA, SORGENTI INESAURIBILI)

Louvre-Lens, Lens, 2016 (pp. 290-291 intro PAESAGGIO, CRISI AMBIENTALE, TRASFORMAZIONE)

Riserva Monte Cofano da Erice, Erice, 2021 (pp. 384-385 intro PAESAGGIO, ACQUA, DEMOCRAZIA)

Parco degli Acquedotti, Roma, 2019 (pp. 466-467 intro PAESAGGIO, VEGETAZIONE, PROGRESSO)

Punta Bianca, Palma di Montechiaro, 2018 (pp. 562-563 intro CONCLUSIONI)

Spiaggia di Gela, Gela, 2018 (p. 576)

Finito di stampare nel mese di Settembre 2024 presso la tipografia PressUp, Nepi (VT)

LetteraVentidue Edizioni S.r.l.

Via Luigi Spagna 50 P 96100 Siracusa, Italia

www.letteraventidue.com

INDICE

Antonio Montepara

Isotta Cortesi

Il paesaggio al centro tra natura pubblica e natura operante

LECTIO

Henri Bava

Progetti per il paesaggio urbano

Alessandro Bratti e Andrea Gavazzoli

La gestione sostenibile dell’acqua nel distretto del Po è l’unica via per l’equilibrio tra uomo e natura

Francesco Ferrini

La biodiversità in città: sfide chiave per la pianificazione degli spazi verdi urbani

Catherine Mosbach

Paysages de demain: passè futur present morphogènes en acte

João Ferreira Nunes

Paesaggio - Habitat umano

Gullivar Shepard

Landscape at the Center: A Reflection

Laurent Testot

Cataclismi

CONTRIBUTI

PAESAGGIO

RISORSE FOSSILI, DEPERIMENTO

Daniel Delatin Rodrigues

Pratiche di destabilizzazione e disruption della macchina fossile a Civitavecchia

Adriana Bernieri

Architetture dell’acqua. Presìdi di spazioenergia per il paesaggio fluviale del Sarno

Monica Cocconi

Alcune riflessioni sulla strategia europea. Transizione ecologica e il traguardo della carbonizzazione

Stefano Cusatelli

Paesaggi e architetture della transizione dal fossile: i musei

Chiara Geroldi

Carbone, petrolio, gas e il progetto di architettura del paesaggio

Jacopo Marconi

Proteggere il paesaggio dai “complotti invisibili”. Un punto della situazione

Davide Papotti

Il tema del deperimento del paesaggio: una prospettiva geografica

Silvia Rossetti

Mobilità urbana e spazio pubblico per città senza petrolio

Umberto Rovaldi

Opporsi al deperimento del paesaggio, in primis smettendo di andare in auto. Il Casino dei Boschi fra abbandono e mobilità dolce

Emanuele Sommariva

Urban Food-scapes: mapping territorial impacts of food urbanism

PAESAGGIO

ENERGIA, SORGENTI INESAURIBILI

Alessandra Bonoli

Crisi ambientale, sostenibilità e soluzioni di adattamento in ambito urbano

Sara Cipolletti

Fonti inesauribili e paesaggi agricoli: parola “chiave” ibrido

Agostino Gambarotta e Sara Rainieri

Energia e paesaggio

Barbara Gherri

Sfruttamento passivo dell’energia, integrazione con il paesaggio e genius loci: Strategie dal passato per rispondere al cambiamento climatico

Ludovica Marinaro

Landscape is Transition. Ripartire dalla Convenzione Europea del Paesaggio per innovare progetti e politiche di transizione ecologica in Italia

Pasquale Miano

Il progetto per i paesaggi dell’idroelettrico

Gabriele Paolinelli

Vediamo, quindi siamo

Lucia Pinardi

Energie rinnovabili e integrazione nei contesti storici

Adriano Venudo

Fughe nel deserto: parchi solari tra tassellature e Land Art

PAESAGGIO

CRISI AMBIENTALE, TRASFORMAZIONE

Antonella Senese, Ruben Baiocco e Guglielmina Diolaiuti

Clima e paesaggio in reciproca trasformazione

Mauro Varotto

Montagna, àncora di salvezza?

Filippo Arfini

Riflessioni sul Paesaggio Agrario

Barbara Caselli

Riflessioni sugli effetti della crisi climatica. Approcci alla trasformazione e pianificazione del paesaggio

Beatrice Centi

Il paesaggio tra memoria e progetto

Dario Costi

Lo scenario Strategico della città delle persone 4.0

Luca Esposito

Il paesaggio tra continuità e crisi

Donato A. Grasso

Biodiversamente. Riflessioni su come affrontare la crisi ambientale e la perdita di biodiversità

Cristina Imbroglini

Back to the Mountain

Anna Lambertini

Per un lessico del XXI secolo. Paesaggio, momento di un vasto e mai interrotto processo formativo

Elena Maestri e Nelson Marmiroli

Rimboschimento multifunzionale e servizi ecosistemici

Fabio Manfredi

La riviera del ponente genovese: da limite a frontiera

Roberto Pasini

Riforme paesaggistiche e crisi ambientale

Antonella Valentini

La trasformazione positiva e il cambiamento necessario

PAESAGGIO

ACQUA, DEMOCRAZIA

Marco Bersani

Acqua e Democrazia

Francesca Aureli

Alcune riflessioni sul difficile rapporto tra paesaggio, invasi e democrazia

Antonio Bodini

«Si scrive acqua si legge democrazia»: una narrazione di progresso civile

Fabio Di Carlo

Paesaggio come ricchezza

Bruna Di Palma

Acqua, antropogeografia e architettura. Le possibilità del progetto nei paesaggi delle dighe

Andrea Gavazzoli

Acqua e democrazia. Partecipazione attiva del legislatore e partecipazione per i diritti inviolabili della risorsa alla base dello sviluppo

Adriana Ghersi

La gestione dell’acqua nei paesaggi terrazzati liguri

Manfredi Leone, Cassandra Funsten

Nuove forme dell’eterotopia. Memoria storica e immaginari contemporanei dell’acqua “dolce” a Palermo

Paolo Mignosa

Alluvioni e siccità in un contesto di cambiamento climatico

Carmine Piscopo

Per un “disegno” dell’acqua

Giovanni Tedeschi

Paesaggio, acqua, clima e democrazia: un dialogo dinamico

Giuseppe Ricciardi

Le opportunità offerte dall’acqua.

Le azioni territoriali di cambiamento offrono un nuovo spazio condiviso per imprese, comunità e istituzioni

PAESAGGIO

VEGETAZIONE, PROGRESSO

Rita Baraldi

Servizi ecosistemici delle piante: per una progettazione del verde urbano ecologicamente consapevole

Renato Bruni

L’orto botanico è un Punto di Schelling

Vito Cappiello

Il verde e il paesaggio curano la città

Francesco Casalbordino

La quotidianità della vegetazione nell’esperienza domestica contemporanea

Marco Cillis

Piantare alberi. Questioni di rete e di (ri)significazione dei luoghi

Giacomo Dallatorre

Rasoterra. Calpestare il suolo per immaginare città diverse

Federica Dell’Acqua

Il progetto environmental-oriented in scenari

Nature Positive

Francesca Mazzino

Flessibilità vegetale, strategie di adattamento, progetti resistenti

Andrea Oldani

Vegetazione e invenzione

Maria Livia Olivetti

Vegetazione aliena. Osservare il cambiamento climatico attraverso nuove forme di natura urbana.

Alessandro Petraglia

Da luoghi invisibili a scrigni di biodiversità

Maria Pilar Vettori

Eteronomia del Paesaggio. Per una riflessione sul progetto tra architettura e natura

CONCLUSIONI

Alessandra Capuano, Paolo Mignosa, Vito Cappiello, Francesca Mazzino, Carmine Piscopo, Carlo Mambriani, Dario Costi, Fabio Di Carlo.

Labirinto di Arianna, Fiumara d’arte, 2021. (Orazio Saluci)

Presentazione

già Direttore del Dipartimento Ingegneria e Architettura dell’Università degli Studi di Parma

L’architettura è bellezza e il paesaggio è l’architettura del Creato. Il volume di Isotta Cortesi riporta le riflessioni e gli esiti del Convegno “Paesaggio al centro. Natura Pubblica e Natura operante” tenutosi a Parma, a cinque anni di distanza dal primo incontro e a tre anni dal secondo convegno sulla centralità del paesaggio, svoltisi all’Università Federico II di Napoli, sua precedente sede accademica. Si tratta di una progressione importante per comprendere, restituire e elaborare la realtà della ricerca sul paesaggio a fronte dei così rapidi mutamenti che caratterizzano il nostro presente. Dobbiamo riconoscere che la disciplina del paesaggio è trasversale e strategica nelle trasformazioni dello spazio che abitiamo e si presenta sempre più centrale nelle ricerche dell’Università, perché favorisce l’integrazione tra competenze e saperi. In quest’ottica l’ottima capacità di organizzazione della curatrice Isotta Cortesi ha costruito una proposta nuova e originale che vede la disciplina del paesaggio collocarsi al centro fra saperi i scientifici e quelli umanistici, in una visione inclusiva: un ambito di sperimentazione che ricomposto, indaga soluzioni efficaci per i problemi del presente. L’attività promossa dall’Ateneo di Parma ha sostenuto con attenzione i contenuti del Convegno e di seguito anche la pubblicazione di questo volume, che restituisce i dialoghi svolti ed apre a collegamenti trasversali tra comunità di studiosi, provenienti da diversi atenei e discipline che, interessati al paesaggio come bene della comunità, hanno trovato ragioni per approfondire gli argomenti e diffondere la conoscenza attraverso i temi, di grande attualità, affrontati con ospiti di eccellenza. Questi hanno portato alla città di Parma il loro sapere su questioni che incontrano il paesaggio, tra i quali oggi riconosciamo la questione dell’esaurimento delle risorse fossili e della integrazione con le sorgenti inesauribili di fronte alla crisi ambientale, il diritto di accesso all’acqua, bene pubblico primario, e la risorsa della vegetazione come ausilio al progresso della vita. Il terzo volume della serie “Il paesaggio al centro” curato da Isotta Cortesi, con originalità nei contenuti e con costanza e rigore nella forma, rappresenta dunque uno studio orientato a prospettive germinative per l’impegno sul paesaggio e individua le direttrici fondamentali della ricerca tra teoria e progetto.

Natura morta: il muro Dalla Chiesa, macerie, cemento, ferro, Verbascum sinuatum, Daucus carota, Pianosa, 2024. (Isotta Cortesi)

Il paesaggio al centro tra natura pubblica e natura operante

Università degli Studi di Parma

C’è molta speranza, infinita speranza, ma non per noi. “Il Processo” di Franz Kafka

Premessa Questa pubblicazione si pone quale sintesi di un lavoro corale che con studiosi, autori e costruttori di paesaggi, ha trovato sostanza e sviluppo nei dialoghi e nelle presentazioni della terza edizione del convegno “Il Paesaggio al centro: tra natura pubblica e natura operante” promosso dall’Università di Parma e svoltosi nel Palazzo del Governatore nell’ottobre del 2022. I due precedenti incontri, entrambi alla Federico II di Napoli, si erano svolti nel 2017 e nel 2019. Una triade di avvenimenti in continuità che si è perfezionata nel tempo proponendo via via nuovi temi, sostenuta da una trasversalità di competenze e di azioni volte a riconoscere la centralità del paesaggio come scelta strategica e come spazio fisico reale dove misurare concretamente le trasformazioni indotte dai progetti e gli effetti delle politiche che lo interessano.

Il paesaggio è lo spazio che abitiamo e trasformiamo nelle relazioni: è l’esito di continui processi di mutamento in parte legati alle scelte che ciascun vivente

elabora, dove il fattore tempo è il cardine nelle variazioni, siano esse governate dagli agenti climatici e dalle trasformazioni delle risorse della natura (sistemi idraulici e geologici) o siano conseguenti alle azioni dell’uomo.

Natura pubblica e natura operante

Queste due nozioni tra loro profondamente differenti, ma fermamente connesse, ci offrono l’opportunità concreta di consolidare alcuni pensieri come fondamenti teorici nell’attualità del progetto contemporaneo per lo spazio aperto.

Il tema della Natura pubblica, Public Nature è stato presentato la prima volta nel 2017 tramite i contenuti da me curati per il numero monografico della rivista internazionale “Area”1. Qui la scelta dell’immagine di copertina (foto di Alex MacLean, Motorcycling on Ice, Southeastern, MA, 1989) era legata alla rappresentatività del concetto di Natura pubblica attraverso la superficie nera del lago ghiacciato che graffiata rivela bianche geometrie al transito delle

Museo di Storia naturale della Specola, sezione ceroplastica, collezione di modelli botanici e pomologici, Firenze. (Isotta Cortesi)
Isotta Cortesi

Ho composto un processo che contestualizza, in un’espressione futuristica estrema, le condizioni di cambiamento climatico in cui versa l’ultimo arcipelago sopravvissuto, ispirando paura e

desiderio come due aspetti chiave della condizione umana contemporanea: la paura per le conseguenze delle nostre decisioni/azioni e il desiderio di speranza per l’“ultima arca”.

Il paesaggio al centro tra natura pubblica e natura operante

Museo di Storia Naturale della Specola, collezione di mineralogia e litologia, Firenze. (Isotta Cortesi)
La percezione degli spazi produttivi energetici nel medio Adriatico: fondovalle e colline. (Sara Cipolletti, 2022)
Sara Cipolletti

vedere l’impianto fotovoltaico non più come mero strumento di reddito per la produzione di energia da fonti inesauribile ma come sistema d’integrazione con le pratiche agro-zootecniche e della produzione energetica rinnovabile.

L’accostamento di sfere diverse apparentemente incongruo costituisce una risorsa e una qualità per la definizione di un nuovo paesaggio e di un punto di vista che privilegia l’eterogeneità.

Alessandra Scognamiglio, ricercatrice

Enea, sostiene che «l’agrivoltaico è un settore dalle caratteristiche uniche in grado di combinare energia, nuove tecnologie, agricoltura e conservazione del paesaggio anche a tutela delle comunità locali e delle loro attività, con benefici in termini di sostenibilità ambientale, economica e sociale»2 .

Una visione che cerca di non compromettere la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale, spesso implicata dal vecchio sistema produttivo fotovoltaico, il quale una volta installato lascia il terreno improduttivo e privo di quell’azione continua di cura garantita dal lavoro dell’uomo.

La presenza simultanea sullo stesso terreno della produzione agricola e della produzione di energia non determina la perdita completa del reddito agricolo che invece procurava la costruzione degli impianti tradizionali, non sottrae piuttosto sovrascrive.

Con l’agrofotovoltaico il suolo assume un carattere policolturale, tipico di molti sistemi agricoli tradizionali italiani, come nel caso del Centro Italia con la gestione mezzadrile, che prevedeva nei coltivi un sistema doppio o triplo di vegetazione; quella verticali arbustiva e alberata e le superficie orizzontali cerealicole. Vari livelli produttivi uniti insieme in modo sofisticato da essere considerati delle vere e proprie

architetture vegetali (F. Farinelli, p. 63) e che assolvevano alle alternanze stagionali assicurando i redditi3 .

L’unione tra mondo agricolo e una sorgente inesauribile come il sole e il rispettivo sistema di produzione energetica diviene una definizione normativa le cui potenzialità sono da sviluppare in termini paesaggistici, innovando l’antico sapere proveniente dal mondo agricolo.

Secondo un approccio più tecnologico, ibrido significa avere una doppia natura, come per il caso dell’industria automobilistica, anche in questo significato è implicito qualcosa di estremamente vantaggioso e innovativo, perché è caratterizzato da un processo che coniuga tecnologie diverse che lavorano in sinergia. L’impianto agrofotovoltaico apre al ripensamento degli elementi tecnologici e alla loro progettazione da integrare agli assetti futuri dei territori. La rivisitazione in chiave agricola del sistema produttivo dell’energia fotovoltaica prevede l’affermazione di nuova infrastruttura. L’altezza, l’inter-distanza e la geometria dei pannelli sono tali da consentire il pascolo o la coltivazione e possono favorire il progetto di nuove texture agricole che strutturano e disegnano il paesaggio rurale.

È un nuovo materiale a disposizione, che le questioni energetiche ci offrono.

L’infrastruttura agrofotovoltaica è ibrida perché multifunzionale, può divenire sistema di protezione contro i cambiamenti climatici, si utilizzano i pannelli fotovoltaici per ombreggiare i coltivi durante le estati sempre più torride o per proteggerle da improvvisi grandinate e rovesci violenti4. Il sistema dei pannelli fotovoltaici può migliorare l’uso del suolo e delle colture, prevenire la siccità efficientando la risorsa dell’acqua (Dinesh, H.; Pearce, J., 2016)5 Fonti inesauribili e paesaggi agricoli: parola

Filippo Arfini
Coltivazioni nell’area Padana

dei blasonati formaggio grana padano e parmigiano reggiano) e le peatland irlandesi, cioè terreni umidi che fissano il carbonio in modo molto più efficiente rispetto alle piante di alto fusto, che sono praticamente scomparse. La loro distruzione non solo ha significato un’alterazione profonda del paesaggio agrario ma anche una riduzione della capacità di stoccare la CO2. Questo ultimo aspetto dovrebbe indurre a riflettere e a domandarsi se il reale interesse della società sia rivolto all’ambiente e al paesaggio che lo esprime o piuttosto alla salvaguardia del sistema produttivo. Ancora una volta dall’agricoltura abbiamo un chiaro segnale. Se si considera che il 25% dei gas clima-alteranti sono prodotti solo dal 3% della popolazione lavorativamente attiva possiamo dedurre un chiaro interesse nel preservare un sistema produttivo intensivo che non compensa la CO2 prodotta ma che

Riflessioni sul Paesaggio Agrario

consente il mantenimento di stili di vita e di consumo non certamente amici dell’ambiente e dei paesaggi agrari. Parlare di paesaggio in agricoltura significa quindi parlare dei molteplici aspetti che esso rappresenta come l’ambiente, la società, lo sviluppo rurale, la resilienza climatica, la biodiversità, la salute dei consumatori. Per preservare il paesaggio, oltre la politica, occorre una presa d’atto delle problematicità connesse da parte di tutti gli stakeholder e un’assunzione di responsabilità del ruolo che il settore agricolo ha, non solo nella sua capacità di produrre cibo, ma anche nella sua capacità di contrastare i cambiamenti climatici. In questo contesto, il paesaggio agrario perderebbe il suo ruolo “estetico” ma assumerebbe quello di indicatore della qualità dei processi produttivi adottati e della loro capacità di adattarsi e resistere ai cambiamenti climatici.

Vista panoramica e vegetazione spontanea nell’area collinare della Pianura Padana

Conurbazione di Atene, vista dall’Acropoli, al nono posto per dimensione in Unione Europea (circa 360 km²)

montagna); dall’altro, per acquisire consapevolezza su come intervenire, con azioni tese a conservare, restaurare, riequilibrare, o con soluzioni alternative e maggiormente innovative. In questo senso, è stata proposta l’esplorazione di diversi scenari anche antitetici per far fronte a un metabolismo che collassa (simbiosi uomo-natura che si rompe) per effetto della crisi ambientale. Partendo dal presupposto che la Terra (ovvero la natura) in quanto sistema antifragile si salva da sola, si è ipotizzato uno scenario evolutivo per l’umanità che porti a lavorare sulle capacità tecniche, sulla mescolanza tra comunità umana e non umana e sul potenziamento di reti e tecnologia per far fronte alle sfide presenti e future; ma anche uno scenario catastrofico che prevede l’estinzione dell’umanità, se non sarà in grado di adattarsi al cambiamento. L’approccio interpretativo finalizzato a cogliere l’intangibile e il valore ecologico. È stata più volte ricordata la

natura inconsistente e intangibile del paesaggio. Il paesaggio non esiste ma è il modo attraverso il quale interpretiamo l’ambiente. In questi termini, se esistono molti ambienti, potenzialmente, esistono molti paesaggi e la presa di coscienza e consapevolezza del paesaggio avviene attraverso lo sguardo parziale ed emotivo dell’uomo, ad esempio, attraverso l’arte18. Il paesaggio è cultura anche se spesso è mancata e continua a mancare la cultura negli interventi di trasformazione del paesaggio19. Il paesaggio è campo di azione ma occorre comprenderne la complessità (non sempre governabile) e accoglierne l’indeterminatezza. È necessaria una rivoluzione culturale anche per percepire l’intangibile; gli effetti della crisi ambientale e delle trasformazioni sull’ambiente non sono, infatti, sempre visibili così come la biodiversità, i diversi habitat e le diverse specie.

L’approccio dell’ecologia urbana, che contamina la pianificazione urbanistica

dagli inizi degli anni Ottanta, sostiene l’importanza di tutti questi sistemi ed ecosistemi anche appartenenti alla sfera dell’intangibile, rendendoli portatori di interessi e di diritti come l’uomo nel quadro della programmazione delle trasformazioni territoriali20. L’urbanistica italiana si è avvicinata ufficialmente a questo concetto solo di recente in seguito all’aggiornamento dell’articolo 9 della Costituzione Italiana (entrato in vigore nel provvedimento: 09/03/2022) che conferma l’importanza dell’approccio ecologico alla trasformazione del territorio.

Questi aspetti necessitano di un approccio comunicativo, divulgativo e di coinvolgimento di tutti gli attori per il perseguimento di questa rivoluzione culturale. Gli approcci di coinvolgimento “dal basso” sono certamente auspicabili (modello citizen science), tuttavia, non si può prescindere da un cambiamento culturale proprio nei sistemi di progettazione e pianificazione del territorio

Riflessioni sugli effetti della crisi climatica

per avviare processi di trasformazione ecologica rispettosi del paesaggio. L’approccio alla “produzione” (tecnica e/o culturale) di paesaggi. Ci si è interrogati continuamente durante il dibattito su chi “produca” paesaggio, come e perché. L’uomo, con la sua operatività, può certamente costruire paesaggi ma anche comprometterli, fin anche a cancellarli. La costruzione del paesaggio è un processo continuo e non sempre consapevole. Spesso il paesaggio è stato ed è effetto involontario21, ovvero solo una esternalità della trasformazione funzionale del territorio che si fonda sui saperi e le tradizioni di lavorazione/ trasformazione del territorio, com’è stato per gli usi agricoli22 . Oltre a ragionare sui meccanismi di produzione di paesaggio, è emerso quanto sia importante ragionare anche sulla costruzione di significato, in una dimensione interdisciplinare per aumentare la massa critica a supporto delle scelte di valore e della formazione

Lago San Pellegrino, Val di Fassa (TN)

abbiamo probabilmente messo del tutto a fuoco quali possano essere i costi di tale processo, che sovrastano l’impegno di realizzare una cassa di espansione o di un piano urbano di risparmio idrico. Una risorsa idrica che nell’arco di pochi anni si redistribuisce nel corso dell’anno in misura molto differente rispetto al passato non può che creare nuovi conflitti economici e istituzionali, vista la interdipendenza che da sempre caratterizza territori diversi che condividono gli stessi corsi d’acqua. Anche a scala più ridotta, la nuova normalità nella nostra Pianura Padana è fatta, ad esempio, di limitazioni all’utilizzo urbano dell’acqua potabile in estate per gli usi non essenziali, regole sconosciute solo una generazione fa. La difficoltà nel comunicare questi temi al grande pubblico, per generare consapevolezza e in secondo luogo domanda politica, risiede innanzitutto nella nostra

difficoltà a percepire cambiamenti in ambito pluriennale, e dall’altra parte in una predisposizione nell’evidenziare dati ed elementi che assecondano una narrazione più accomodante. Un inizio di estate più fresco del solito induce a sottovalutare le tendenze confermate in ogni modo di surriscaldamento presente tutto il resto dell’anno. Questo porta, almeno a livello percettivo di dibattito pubblico, da una parte ad una maggiore inerzia nel pianificare strategie, di salvaguardia e tutela del paesaggio, che guardino non al passato ma al futuro, dall’altra la difficoltà ad uscire da una logica emergenziale che ormai non risolve più i problemi e disperde risorse preziose. Le soluzioni non sono semplici e non possono ricorrere semplicemente alla riscoperta di tradizioni e saperi del passato, perché le sfide sono in gran parte inedite e in rapida evoluzione. Serve sapere fare dialogare competenze

Vista della Val Taro. Fornovo, provincia di Parma. (Giovanni Tedeschi)
Giovanni Tedeschi

diverse e creare ponti tra le discipline, dalla pianificazione alle scienze e tecnologie della natura, dell’ambiente e del territorio, dalla progettazione del paesaggio alla politica. In questo senso i tavoli di confronto multidisciplinare, come questo, possono fare la differenza nel mettere insieme le risorse necessarie ad affrontare problemi di questa complessità.

Acqua, clima e narrazione

Un altro aspetto da non sottovalutare è l’impatto sul paesaggio di un clima che cambia a livello di percezione, di identità, di senso di appartenenza per le popolazioni che lo vivono. Immaginiamo un paesaggio agricolo che deve necessariamente adattarsi ai cambiamenti climatici per garantire la sostenibilità delle risorse idriche. Le pratiche agricole sostenibili, come l’agricoltura di conservazione, l’agroforestazione e

l’uso efficiente delle risorse, possono ridurre la domanda di acqua, migliorare la qualità del suolo e aumentare la resilienza delle colture agli stress climatici. L’agricoltura di conservazione, che include tecniche come la minima lavorazione del suolo e la copertura permanente del suolo, aiuta a mantenere l’umidità del terreno e a prevenire l’erosione. Nel caso tutto questo però non dovesse essere sufficiente, lo spostamento verso culture meno idroesigenti potrebbe essere una scelta obbligata. Oppure potrebbe essere necessario importare pratiche agricole di altre zone, come la Liguria, più abituate a fare i conti con periodi di siccità alternati ad eventi estremi. Questi cambiamenti di prassi diventano cambiamenti di paesaggio, diventano interruzioni della narrazione che il territorio fa di sé, entrano in conflitto con tradizioni secolari con conseguenze che potrebbero impattare

Paesaggio, acqua, clima e democrazia: un dialogo dinamico

Il torrente Parma visto dal Ponte di Mezzo. Parma. (Giovanni Tedeschi)

Jorge Ferrari Hardoy, Juan Kurchan, edificio di abitazioni in via O’Higgins, 2319, Buenos Aires, 1940-1941. (Pubblicata in 2G – adamo-faiden, n. 65, 2013, p. 15)

modernità ha reso la casa una stazione di ricezione di messaggi provenienti dallo straordinario17 introducendo nell’abitazione «attrezzature tecniche speciali, come gli apparecchi radio e i telefoni»18 ma non solo: anche attraverso l’articolazione dello spazio, differenti modi di apertura e chiusura fisica verso l’esterno, si è cercato di indagare le diverse modalità in cui la casa potesse accogliere questi “messaggi straordinari” per metterli al servizio dell’interiorità. Da questo punto di vista, l’influenza dell’ecologicità, l’incursione della vegetazione e di altre componenti naturali, rappresentano soltanto l’ultimo

tassello di un processo che non si è mai interrotto: nell’ultimo secolo l’architettura ha continuato a perseguire questa idea di progresso, cercando di portare nella quotidianità elementi straordinari. Allora, come spiega Coccia: «il compito dell’ecologia futura non è quella di allontanarsi dalla modernità ma, al contrario, di includere la natura nella modernità: rendere il nostro rapporto alle altre specie un’esperienza fondata della nostra vita quotidiana. È solo così che l’insieme delle specie con cui abitiamo il pianeta cesseranno di essere il grande Altro, il selvaggio, il non-umano, per farsi parte della nostra vita comune»19.

Se allora il giardino è il luogo «dove la nostra interiorità si fa mondo»20, la casa, luogo intimo per antonomasia, può essere pensata come manifestazione concreta del giardino planetario in cui la dialettica tra straordinario e ordinario, tra elementi naturali e umani, trova una sintesi.

La casa, giardino della quotidianità Esiste un luogo dove è possibile tracciare più chiaramente una continuità ideale tra le sperimentazioni del moderno e la contemporaneità rispetto al progetto della domesticità; il Sud America e, in particolare, la città di Buenos Aires si offre, infatti, come un’area geografica la cui cultura architettonica si è formata col moderno e, ancora oggi, la pratica del progetto si esplica in una variazione continua dei temi e principi della modernità. La città ha vissuto una trasformazione significativa durante la metà del XX secolo, interessata non solo dalla costruzione di numerosi edifici modernisti, ma anche da un piano urbano che aveva le sue radici nelle idee di Le Corbusier21. Alcuni esempi di architetture consentono di tracciare, seppure in modo parziale, le coordinate fondamentali di questa relazione. Il disegno di Jorge Ferrari Hardoy e Juan Kurchan dell’edificio a O’Higgins Street (1940-1941) sintetizza in maniera chiara ed esaustiva la pratica progettuale del tempo e l’interpretazione della modernità nella capitale argentina, soprattutto, in relazione all’apertura dell’architettura verso le diverse tipologie di paesaggio vegetale in cui si colloca. L’abitazione si offre come un meccanismo caleidoscopico che introietta i diversi esterni che si mostrano attraverso tipologie di vegetazione differenti che testimoniano altrettanti livelli di intimità: il viale alberato che

apre alla città, i cespugli e i fiori che richiamano all’interiorità del patio. Il disegno aiuta a descrivere la concezione squisitamente moderna di questo edificio, in cui la vegetazione viene recepita dall’abitazione in maniera contemplativa. Se la casa è il luogo del quotidiano, la natura rappresentata con i diversi tipi di vegetazione, si manifesta ancora una volta come alterità, tenuta fuori e soltanto contemplata e recepita dalla casa che si fa dispositivo di osservazione dello straordinario. Nei progetti contemporanei, ancora a Buenos Aires, il paesaggio vegetale arriva a una ibridazione con quello domestico, partecipando attivamente alla definizione degli spazi dell’abitazione. Si prendano come casi emblematici, tra le altre, molte delle architetture progettate dallo studio Adamo-Faiden, la Casa Scout di BAAG (2011), il Commodore Aparment Building di Planta (2019), la Casa Sucre di Ana Smud (2020). Il modo in cui ciò incide sul processo progettuale è spiegato in questo modo da Sebastián Adamo22: «penso che l’inserimento di vegetazione negli edifici alti sia quello che sta prendendo sempre più forza, […] mi piace pensarla come una questione tipologica. Stiamo sviluppando una tipologia abitativa collettiva con aree vegetate annesse. […] In un appartamento si può avere una cucina, un ripostiglio e poi si può avere anche un giardino. Questa è la nostra tipologia; questo è il modo in cui lo stiamo facendo. […] Alla fine, non abbiamo scoperto davvero nulla, stiamo solo mettendo insieme le cose che ci circondano. Si possono vedere terrazze giardino anche nei progetti di Le Corbusier. Quello che stiamo facendo è portarlo nel presente e dire che è interessante e proporre modi diversi per farlo»23. Nei progetti di edifici per abitazioni, e non solo, che

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