Akrai Urban Lab

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ISBN 978-88-6242-057-0

Ringraziamenti

Prima edizione Italiana, Novembre 2012

Gli autori desiderano ringraziare per il prezioso contributo e per il patrocinio dell’iniziativa:

© 2012, LetteraVentidue Edizioni © 2012, Bruno Messina, Fabrizio Foti Tutti i diritti riservati È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. L’autore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare. Book design: Raffaello Buccheri (Officina22) LetteraVentidue Edizioni S.r.l. www.letteraventidue.com Via Luigi Spagna, 50 L 96100 Siracusa, Italia

·· il Presidente e il Direttore del Consorzio Universitario Archimede, Ing. Roberto Meloni e Dott. Luca Cannata ·· il Comune di Palazzolo Acreide, nella persona del Sindaco, Dott. Carlo Scibetta. Si ringraziano inoltre:
 ·· l’Assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Palazzolo Acreide, Ing. Rodolfo Guglielmino, per
la disponibilità e la pazienza con cui ha contribuito all’iniziativa;
 ·· il Presidente del Centro Espositivo Museale delle Tradizioni Nobiliari di Palazzo Rizzarelli-Spadaro, Sig.ra Titti Zabert Colombo, per aver ospitato la mostra delle tesi raccolte in questo volume negli spazi del museo (26 marzo / 8 maggio 2011);
 ·· l’arch. Alessandro Fiorentino per i preziosi consigli e per l’allestimento della mostra;
 ·· il Prof. Arch. Angelo Torricelli, Preside della Scuola di Architettura Civile del Politecnico di Milano per il suo autorevole contributo critico;
 ·· i docenti relatori e co-relatori delle tesi;
 ·· gli studenti, oggi architetti, per la passione e l’entusiasmo.


INDICE 04

Il ruolo del progetto nella costruzione della città e del territorio | Bruno Messina, Fabrizio Foti

08

La rivoluzione del paesaggio agrario ottocentesco nella Sicilia orientale: un’idea pittorica | Luigi Pellegrino

09

Il gioco dei rettangoli | L. Carlo Palazzolo

10

Cultura tecnologica e progetto urbano | Francesca Castagneto

11

Palazzolo Acreide: parti, paesaggi, percorsi | Stefano Munarin, Francesco Giunta

12

Archeologia, città, territorio | Francesco Martinico

IL CONTADO 15 25 33

Il Paesaggio, dettaglio del giardino | Christian Quadarella Strategie di valorizzazione della campagna iblea | Michele Montes Abitare il paesaggio | Pietro Giuffrida

IL CENTRO URBANO 43 53

PCCU | Chiara De Luca Il sistema delle connessioni urbane | Giulio Cordischi

IL MARGINE URBANO 63 71 77 87

Spazi del confine, il confine come spazio | Francesca Carpino Palazzolo Acreide, tra archeologia e contemporaneità | Alibet Alexandra Ficara I Paesaggi del margine urbano | Alice Palazzo, Sarah Perna, Stefania Anastasi Last Landscape | Raffaello Buccheri


IL RUOLO DEL PROGETTO NELLA COSTRUZIONE DELLA CITTÀ E DEL TERRITORIO Bruno Messina Fabrizio Foti

Jean Hoüel, Planche CXCIX, tratta dal Voyage pittoresque, (1976-79)

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La scelta di immaginare una ricerca nell’ambito del territorio ibleo di Siracusa, attraverso un lavoro sistematico e coordinato di tesi di laurea su Palazzolo Acreide, trova fondamento nella eccezionalità e peculiarità della geografia di questo territorio. Unicità espressa dalla complessa relazione tra sistema naturale, paesaggio antropico e trame dell’uso insediativo e produttivo, sia del contado che della città stratificata. Nel corso dei millenni, il susseguirsi di azioni e trasformazioni ad opera delle popolazioni, dal neolitico ai giorni d’oggi, ha trovato un equilibrio nel contrasto tra natura eroica e vitale necessità di un suo addomesticamento. Equilibrio costruitosi precisando e sedimentando, nel corso del tempo, modalità, riti, figure, segni che connotano con le loro forme di interazione, l’attuale fisionomia del territorio. Altipiani verdi, coronati da antichi insediamenti, solcati e scanditi da fiumi in grandi “cave” di porose pareti calcarenitiche, si stagliano su fertili e distesi modellati d’argilla e su intricati boschi di leccio. Cavità sotterranee, luoghi di arcaici rifugi si alternano a straordinarie architetture del suolo e a barocchi edifici religiosi che emergono, poderosi, ridisegnando i profili del territorio. La natura, attraverso un secolare processo di antropizzazione, diviene così paesaggio. Ne emerge un palinsesto unico, che caratterizza città e territorio del Val di Noto, la cui forza ha affascinato grandi viaggiatori del passato e li ha indotti a indagarne la singolare condizione, restituita in sue puntuali rappresentazioni. Ogni atto antropico, in questa terra, sembra ricercare fondamento nella relazione con il sedime e con l’orografia: attraverso il procedimento del cavare, prende forma il lavoro dell’uomo, configurando singolari spazi cavi, latomie, ipogei, necropoli rupestri, impervie pareti rocciose che il rito della sepoltura trasforma in arcaico esempio di “architettura del paesaggio”.

La pietra cavata diviene, pertanto, materia con cui è costruita la città, sin dalle sue origini, con analogo principio di economia. Il disporre sul suolo, atto complementare allo scavo, dà forma artificiale all’orografia, che diviene dispositivo di percezione del paesaggio. Ne sono peculiari esempi il teatro greco o il quartiere Orologio, volti a nord, verso la scena naturale coronata dal profilo dell’Etna. Quando Akrai viene abbandonata dopo la conquista araba, la città si sposta nella parte sommitale del quartiere Barreri (l’attuale S. Paolo). La costruzione del castello medievale rappresenta il primo atto di nuova fondazione e diviene, insieme al più tardo insediamento sulla prospiciente collina dell’Orologio, nucleo generatore della forma urbana. In questo lento processo di crescita della città, che determinerà la struttura per parti dell’attuale centro storico, le fabbriche religiose costituiscono, a partire dal XIII secolo, gli elementi primari delle dinamiche di espansione. Dopo il terremoto del 1693, la ricostruzione di chiese e conventi, delle case palazzate ottocentesche e, successivamente, degli edifici civili, quali il nuovo teatro e il municipio, denotano la vitalità di una società in forte trasformazione. In questo lungo processo di sedimentazione della struttura urbana le scelte posizionali delle fabbriche, le modifiche dei tracciati e delle quote urbane costituisco un’interessante chiave di lettura, nel corso del tempo, dei mutamenti sociali ed economici della comunità. Molti complessi religiosi si insediano su banchi calcarenitici più alti e mediano la relazione con la città attraverso il dispositivo scenografico della scalinata, mentre, i palazzi nobiliari si dispongono sugli spazi pubblici e sugli assi viari più importanti, connotandone carattere e decoro.

La città, cresciuta nel corso dei secoli intorno ai nuclei insediativi del castello e del quartiere Orologio, è rappresentata in forma quasi compiuta nella planimetria redatta dall’ing. Calendoli nel 1875, che documenta le fasi dello sviluppo urbano e anticipa le direttrici dell’espansione futura. Il tracciato della via Roma, che nella carta appare ancora solo una previsione, costituirà il primo margine della città verso est, così come l’asse della via Vincenzo Messina segnerà una delle direttrici dello sviluppo dagli anni ’70 del secolo scorso in poi. Nella stessa planimetria è visibile il tridente che parte da piazza Pretura disegnando la struttura viaria d’accesso alla città e i primi isolati del quartiere Convento, unica parte della città con tracciato a maglia ortogonale, caratterizzato da case terranee. Sistema questo che costituisce il solo caso, a Palazzolo Acreide, di stretta relazione tra morfologia urbana e tipo edilizio. Tutti gli isolati e le case della città storica, infatti, declinano questa relazione con modalità che poco si prestano ad un’analisi classificatoria in quanto la complessa orografia determina una forma insediativa con molte variabili tipo-morfologiche. Nell’ultimo quarto del XIX secolo, poi, la città ha uno sviluppo tendenziale ad est, segnato da alcune scelte chiare quali: la costruzione extra moenia del nuovo convento dei Cappuccini (dopo la confisca dei beni degli ordini religiosi), che diviene polo ed elemento di testa del quartiere Convento, delimitato a sud-ovest dalla coeva villa comunale; la costruzione del nuovo cimitero, di qualche decennio successiva, che consolida l’asse d’accesso alla città da Siracusa. L’importanza strategica di quest’area determinerà la scelta di realizzare, negli anni ’60 dello scorso secolo, un tracciato parallelo alla via Nazionale -il viale Dante- prima strada moderna della città con ampia sezione stradale, su cui si affacciano le prime case in linea della città. Alla realizzazione del viale Dante 5


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IL PAESAGGIO, DETTAGLIO DEL GIARDINO Progetto di un parco e di un giardino nella campagna iblea

Christian Quadarella

Questa tesi è la conclusione di un’esplorazione del territorio ibleo condotta con l’intento di riscoprire luoghi nascosti e sconosciuti, tramite un’accurata lettura del sistema morfologico ed insediativo. A questa analisi segue la messa a punto di una strategia progettuale tesa al recupero di quei manufatti “dimenticati”, sperimentandone nuove, possibili, contemporanee identità attraverso ipotesi di rifunzionalizzazione e riuso compatibili. Nella prima fase di lettura del territorio, vengono individuati i segni fondamentali che lo caratterizzano, evidenziandone problematiche e potenzialità. Il primo stadio di tale lettura consiste quindi in una sorta di “censimento” di tutto ciò che era presente nel territorio in esame fino ai primi del 1900. Il confronto tra mappe storiche (fogli catastali del 1910) e planimetrie attuali, esteso all’intero territorio di Palazzolo Acreide, ha evidenziato l’evoluzione del sistema insediativo territoriale a partire dal 1910. L’analisi cartografica e i sopralluoghi hanno evidenziato poi come le scelte insediative siano state fortemente condizionate dall’orografia, dal paesaggio, dalle atmosfere della natura di questi luoghi. La tesi intende dare risposte a una serie di quesiti fondamentali, inerenti il rapporto tra progetto architettonico e carattere dei luoghi, attraverso la sperimentazione di modalità d’intervento compatibili con l’economia rurale. Un’attenta esegesi dei luoghi, tesa a cogliere sedimenti e tracce di una storia millenaria, appare come strategia privilegiata per ri-configurare il peculiare carattere del territorio, complesso palinsesto costruito attraverso un’idea insediativa fondata su principi di necessità ed economia.

relatore Bruno Messina co-relatore Fabrizio Foti 15



STRATEGIE DI VALORIZZAZIONE DELLA CAMPAGNA IBLEA

Michele Montes relatore Bruno Messina co-relatori Stefano Munarin, Luigi Pellegrino

Il territorio come punto di partenza. Gli Iblei sono stati, negli ultimi anni, oggetto di crescente attenzione, conseguenza del riconoscimento di un effettivo valore storico, culturale, ambientale e architettonico maturato nei secoli da un peculiare e interessante processo di antropizzazione. Un inquadramento dell’abitato di Palazzolo a scala territoriale rivela una condizione insediativa fortemente connotata dal sistema orografico. Ad essa corrisponde un sistema di direttrici extraurbane principali: la S.P. 24 per Noto, la S.S. 287 “Maremonti” e la S.S. 124 (vecchia strada per Siracusa). Il palinsesto che ne emerge è una dispersione a macchia d’olio dell’abitato lungo gli altipiani, con dei vuoti definiti da presenze ambientali, pinete e querceti, presenze di complessi architettonici, quale il feudo di Bauly. Il riconoscimento del valore intrinseco di un luogo sottintende il riconoscimento del suo potenziale e del suo possibile sviluppo. Di questo principio si fa il punto di partenza di una lettura approfondita e sistemica della campagna urbanizzata a Sud del centro urbano di Palazzolo Acreide. In tale ambito sono stati individuati gli edifici di valore storico e architettonico, classificati secondo una lettura tipologica e dei criteri insediativi: relazione con lotto e strada,relazioni percettive, allineamenti, orientamento, forma di impianto, dispositivi architettonici di giacitura, forme d’uso. Da questa lettura emergono dei tipi prevalentemente diffusi, alternativi al grande complesso del feudo Bauly: tra gli altri, la residenza temporanea del “villino”, gli insediamenti diffusi a uso abitativo e produttivo della riforma agraria degli anni ’50. Dalla lettura delle forme insediative e dall’individuazione delle emergenze di pregio architettonico e paesaggistico nasce l’idea di una strategia, sintetizzata in uno schema di masterplan, di una rete turistico-ricettiva nel contado. Un albergo diffuso legato al turismo culturale e naturalistico, che individua nell’interessante complesso di Santa Lucia di Mendola un punto di riferimento territoriale,

per i residenti come per i visitatori e i turisti. Su tale ambito, costituito di una chiesa rupestre e di un piccolo complesso ecclesiale di origine tardo-ottocentesca con annessa canonica, si concentra l’approfondimento progettuale a scala architettonica, i cui contenuti si sono misurati con le reali esigenze di gestori e fruitori del sito. Il progetto prevede una serie di interventi minimi mirati alla riqualificazione dell’ipogeo, della chiesa (compromessa da pessimi interventi, esterni e interni, realizzati negli anni ’70), della canonica (trasformata in foresteria) e dei relativi spazi di pertinenza (il sagrato e le aree a parcheggio per i visitatori). La necessità di esporre piccoli reperti, di disporre di spazi di aggregazione distinti da quelli di culto e la volontà di restituire visibilità ai resti della chiesa rupestre hanno suggerito, poi, l’idea di progettare un piccolo padiglione polivalente. Il progetto del padiglione trae le sue proporzioni da un rudere alle spalle della canonica. Il rudere, reinterpretato come un piccolo giardino segreto, diviene sistema di accesso al padiglione. Quest’ultimo viene pensato come un oggetto leggero e semi-trasparente, rivestito di griglie metalliche che fungono da tutori per la crescita controllata della vegetazione a farne un volume verde. Il progetto di riconfigurazione della chiesa, invece, gioca internamente sul contrasto cromatico e sulla definizione degli spazi attraverso la luce mentre, esternamente, prevede il mantenimento della forma essenziale dell’edificio, attraverso la sua liberazione da elementi e materiali incongrui. Gli accessi alla chiesa, alla canonica e al padiglione sono ipotizzati con pavimentazioni inerbate le cui trame si dissolvono nel prato della campagna, configurando percorsi e luoghi di sosta. Lo spazio raccolto, di pertinenza dell’area archeologica, diviene una sorta di grande corte delimitata da elementi architettonici (gli edifici esistenti e il padiglione), archeologici (la chiesa rupestre) e ambientali (le alberature secolari).

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ABITARE IL PAESAGGIO Strategie progettuali per la valorizzazione del paesaggio rurale Ibleo

Pietro Giuffrida relatore Bruno Messina

Questa tesi è la conclusione di un’esplorazione del territorio Ibleo svolta con l’intento di riscoprirne i luoghi nascosti o sconosciuti tramite un accurato studio della morfologia del territorio e degli insediamenti architettonici presenti fino alla fine del 1800. Un inquadramento dell’abitato di Palazzolo a scala territoriale mostra come il sistema insediativo sia fortemente determinato dal sistema orografico. Ad esso si aggiungono delle direttrici dominanti dati dalla presenza dei tre sistemi stradali extraurbani principali: la strada provinciale 24 per Noto, la strada statale 287 “Maremonti” e la strada statale 124, la vecchia in direzione di Siracusa. Risultato di tali fattori condizionanti è una disposizione a macchia d’olio dell’abitato lungo gli altipiani con dei vuoti, definiti, nello specifico, da presenze ambientali, pinete e querceti, e presenze architettoniche: il complesso feudale di Bauly, il cui impianto si pone al margine di salti di quota non indifferenti. Il riconoscimento del valore intrinseco di un luogo porta al riconoscimento delle sue potenzialità e possibilità di sviluppo. Di questo principio si fa il punto di partenza di un analisi sistematica della campagna subito a sud di Palazzolo Acreide. Le contrade analizzate, in un area di circa 3x5 km, rientrano nel tema quanto mai attuale della campagna urbanizzata, risultato di fenomeni culturali, economici e, qui, di processi storici, situazioni orografiche (il sistema degli altipiani) e posizionali (la posizione baricentrica rispetto al Val di Noto). Al fine di un’analisi in grado di definire significati e aspirazioni del luogo, sono state individuate delle zone in grado di riassumerne la totalità delle caratteristiche. La presenza di grandi querceti e, in minor numero, carrubi e ulivi, testimonia la recente antropizzazione di tali luoghi, confermata da un analisi meramente storico-cartografica, legata al confronto con i documenti dello Stato delle Sezioni del 1845 del Comune di Noto, con i catastali del 1910 e con le carte IGM del 1929 e 1967. A questa analisi segue l’elaborazione di una strategia

progettuale al fine di recuperare quei manufatti “dimenticati” conferendone una connotazione riconoscibile. Nella prima fase concernente la lettura del territorio, si estrapolano i segni fondamentali che lo connotano, evidenziando sia le problematiche che le potenzialità; nelle fasi successive si da una risposta progettuale alle questioni emerse. Il primo stadio di tale esplorazione consiste quindi in una sorta di “censimento” di tutto ciò che era presente nel territorio in esame fino alla fine del 1800, utilizzando come strumenti principali i fogli catastali del 1912. Dalla sovrapposizione delle mappe storiche con le planimetrie attuali di tutto il territorio di Palazzolo Acreide è stato possibile distinguere i fabbricati costruiti fino al 1912 ed iniziare così un esplorazione dell’area lungo gli antichi percorsi. Attraverso le mappe e i sopralluoghi ci si accorge che le scelte architettoniche sono fortemente influenzate dall’orografia, dalla natura, dal paesaggio, ma anche dalle atmosfere di questi luoghi, dalle sensazioni, dalle emozioni e dal benessere che ne deriva. In conclusione, si è tentato di rispondere a una serie di quesiti fondamentali legati al rapporto esistente tra il progetto architettonico e l’anima dei luoghi, i materiali in loco e il ruolo nell’economia rurale. Solo dopo essere stati in grado di rispondere, passo dopo passo, agli interrogativi riguardanti il luogo, possono nascere spazi e strutture che possiedano il potenziale di una forza originaria che va ben oltre gli arrangiamenti di forme fine a se stesse. Il confronto con le caratteristiche peculiari di entità concrete come la montagna, la pietra, l’acqua, sullo sfondo di un preciso compito costruttivo, implica la possibiltà di cogliere, quindi di estrinsecare, una parte dell’essenza originaria di questi elementi, e di maturare un architettura che parte dalle cose e ritorna alle cose. La natura diviene dispositivo architettonico, configura spazi, qualitá della luce, atmosfere. 33


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PCCU Percorsi Come Continuità Urbana

Chiara De Luca relatore Bruno Messina co-relatori Fabrizio Foti, Libero Carlo Palazzolo

Il nucleo storico Lenza-Orologio, Palazzolo Acreide: lo connotano tre emergenze – la Torre dell’Orologio, la Chiesa del Soccorso e la Casa Museo Antonino Uccello – e di un asse principale (la Via Grotte). Quest’ultimo disegna una passeggiata che si apre verso il panorama, a Nord, ribaltando la scala percettiva. Infatti, rispetto alla piccola scala misurata sulle case terranee e sui percorsi che configurano tutto il quartiere, sulla Via Grotte lo sguardo conquista il panorama e la geografia di questo territorio; la compatta densità del quartiere lascia quindi il posto ai vasti orizzonti. Il progetto prende le mosse da questa prima lettura del luogo. Esso si sviluppa su due livelli: – il primo riguarda il disegno di percorsi nuovi o il riutilizzo di altri già esistenti capaci di ricucire le emergenze inserendole, così, nel quadro di una composizione complessiva che sia volta a riconnettere le parti del quartiere. Tali percorsi vengono riconfigurati con l’utilizzo di una nuova sistema unitario di pavimentazioni che rende riconoscibile l’intervento o, ancora, con la demolizione di piccole servitù o ruderi che costituiscono cesure o discontinuità nella permeabilità e nella fruibilità del quartiere. Questo livello di progetto si occupa, quindi, di riadattare magazzini, vecchi depositi e case abbandonate configurandoli in accordo con l’esigenza di rivitalizzare l’intera area. Da qui l’idea di tracciare percorsi semantici: quello “Artigianale-Culturale” e quello “Panoramico”; – il secondo livello, invece, agisce sull’identità del quartiere connotata da un carattere sostanzialmente residenziale. Quasi tutti i piani terra, infatti, risultano occupati e questa saturazione impedisce la permeabilità del quartiere. Il progetto quindi, prova a delimitare dei nuovi ambiti di pertinenza cercando di sgombrare quelli esistenti sfruttati impropriamente per realizzare piccoli spazi di sosta incrementandone la qualità urbana.

Ciò che tuttavia resta, ancora, irrisolto è il fronte urbano della via Grotte: esso presenta, infatti, un salto di quota tale da determinare una netta cesura con l’adiacente quartiere S.Paolo. Cesura che appare accentuata dalle poche aperture di servizio delle abitazioni, condizionate dall’esposizione a Nord. Tale condizione crea uno straniamento percettivo, quasi come se il volto stesso del quartiere si capovolgesse restituendo alla vallata l’immagine non già di un fronte, bensì di un “retro”. Il progetto prevede, pertanto, un impianto di risalita verticale che ingloba al suo interno scale e ascensore. Questo blocco, nell’ambito dell’intervento previsto, costituisce un corpo isolato e ibrido nel suo utilizzo: serve a connettere, infatti, sia la parte bassa con quella alta che, contemporaneamente, a distribuire l’intero complesso architettonico. Il progetto prevede, inoltre, un sistema di piazze pubbliche che si sviluppa adattandosi alle diverse quote di via Grotte, quasi a ricalcare la morfologia del suolo. Tutto l’intervento si sviluppa al di sotto della quota di questo sistema e include: una caffetteria, un ristorante, una libreria, un internet point, una sala conferenze, un laboratorio di scenografia ed, infine, una sala scrittura scenica. Sul piano funzionale, quindi, si tratta di alcuni servizi per il sistema di piazze e di altre funzioni come il laboratorio d’arte o la sala scrittura, legati alla presenza nel territorio palazzolese del teatro greco. Il progetto è geometricamente articolato in più blocchi diversamente orientati e aggettanti quasi come se si volesse attraverso l’oggetto architettonico spingere lo sguardo lontano verso il quartiere S.Paolo o ancora verso il Castello o semplicemente verso la vallata. L’edificio stesso diviene idealmente un “cannocchiale” per mettere a fuoco metaforicamente le risorse del luogo.

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IL SISTEMA DELLE CONNESSIONI URBANE Un centro di ricerca musicale tra il quartiere S. Paolo ed il quartiere “Orologio”

Giulio Cordischi relatore Bruno Messina

La tesi affronta il tema della riqualificazione urbana all’interno della città storica attraverso la riconnessione tra quartieri. L’obiettivo è quello di interpretare le potenzialità e le vocazioni di alcuni luoghi tramite la definizione di percorsi che possano ristabilire e rafforzare le relazioni esistenti. Il caso in esame riguarda il quartiere detto dell’“orologio”, parte di città che, seppur interna al centro storico, vive, allo stato attuale, una condizione marginale e periferica. I segni di questo degrado vanno dalle cattive condizioni degli immobili alla quasi totale mancanza di attività. La zona strategica su cui concentrare le ipotesi di intervento è compresa tra la via Grotte, percorso che delimita a Nord il quartiere dell’orologio, e la via Dietro Matrice, ingresso al quartiere San Paolo. Qui, infatti, le relazioni da potenziare non sono solo fisiche ma anche visive per via di un forte carattere panoramico, fino ad ora ignorato. Quest’area è caratterizzata da un significativo salto di quota risolto da una suggestiva scala monumentale su cui affacciano, oltre ad alcuni edifici, dei piccoli ambienti ricavati nel costone roccioso su cui si adagia la scalinata. Grotte, queste, in parte adibite a magazzino, in parte utilizzate come abitazione. Lo scavo è, quindi, trasformazione e conformazione al sito, maniera tramite la quale ricavare percorsi e ambienti sia all’interno di quest’area, caratterizzata da un‘orografia particolarmente accidentata, che in tutta la Palazzolo storica. Altra particolarità è l’importante presenza di verde, sia in aree non ancora edificate che in orti privati, molti dei quali in stato di abbandono. Sulla via Grotte, infine, insiste una cortina edilizia costituita da torri quasi della stessa misura che corona un paesaggio in apparenza voluto ma che in realtà è frutto di trasformazioni recenti, spesso selvagge, in cui è quindi facile individuare alcuni elementi dissonanti sia per misura che per colore.

Da questo insieme di elementi è possibile, così, estrapolare i materiali per il progetto. Questo prevede, in una prima fase, la riqualificazione dello spazio pubblico tramite l’individuazione di un percorso panoramico su via Grotte, area a quota più alta. Gli interventi previsti riguardano l’esistente e, in particolare, il riuso dei piani terra ad attività commerciali, il riuso degli orti a verde pubblico e la trasformazione degli elementi dissonanti tramite il ridisegno delle facciate. La seconda fase, invece, consiste nella realizzazione di un centro di ricerca musicale all’interno dell’orto tra la via Grotte e la via Scalilli ridefinendo, in parte, il perimetro del muro di contenimento a confine con questa che da limite diventa contenitore di spazi e percorsi. Elemento che si insinua nel contesto cercando un rapporto organico con esso, quasi a mimetizzarsi, ma che denuncia, al contempo, la propria presenza attraverso una torre e mantenendo, allo stesso tempo, il ruolo formale di muro. Il progetto diviene, così, un sistema di relazioni fisiche e visive che rafforza i percorsi esistenti ricalcandone le modalità. Esso ripropone, infatti, il sistema della scala monumentale ma in una chiave nuova: da via Dietro Matrice, area a quota più bassa, inizia un percorso caratterizzato da spazi in cui è costante il rapporto con la roccia, rapporto volto ad esaltare lo scavo come operazione generatrice del progetto, e con il panorama. Dalla torre che ospita i collegamenti verticali del centro musicale, invece, attraverso un passaggio aereo, si approda sul percorso attrezzato di via Grotte. Il centro di ricerca musicale è, infine, un edificio introverso in cui lo spazio interno, strutturato attorno ad una corte, spesso si confonde con lo spazio pubblico.

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SPAZI DEL CONFINE, IL CONFINE COME SPAZIO Un progetto per Palazzolo Acreide

Francesca Carpino relatore Stefano Munarin co-relatore Francesco Giunta

Questa tesi è la testimonianza di un’esperienza compiuta spingendosi verso gli spazi del confine, della città di Palazzolo Acreide sulla vallata dell’Anapo, con l’intento di scoprire l’invisibile nelle cose incontrate, esercitandosi a vedere per poter rendere visibile. Azione caratterizzante dell’esperienza compiuta è la scoperta, intesa come esplorazione condotta attraverso operazioni di rilievo e ascolto, descrizione e interpretazione, che ha offerto la possibilità di mappare gli spazi attraversati, ma soprattutto di immaginare nuovi scenari per il futuro di questo comune. Il confine, inteso come spazio, presuppone l’esistenza di un margine che difficilmente riusciamo ad osservare se non lo attraversiamo. Nel caso specifico, il margine, definito come lo spazio tra il profilo della vallata e la linea di demarcazione degli edifici, segue l’andamento del costone roccioso che dal monte Acre si estende fino al promontorio dell’antico borgo medievale, confrontandosi con tessuti urbani differenti. Nel tentativo di descrivere i luoghi del margine si è adottata una strategia elementarista procedendo alla lettura stratigrafica degli stessi. L’operazione, compiuta smontando le carte costruite nel corso dei rilievi o le altre cartografie, ha permesso l’individuazione di materiali urbani quali strade, sottopassaggi, ruderi, suolo non pavimentato, spazi pavimentati, recinzioni, scale, grotte, muri e murature di contenimento, superfici rocciose, giardini e orti. Tali materiali sono stati organizzati tramite un operazione di layering, che permette di ordinare le relazioni tra questi e le pratiche sociali. La scoperta di orti e giardini, spazi vuoti e interstiziali del margine e cuore pulsate della città, rappresenta il caposaldo di questa ricerca condotta attraversando la città, scavalcando muri, investigando recinti, seguendo tracce, ascoltando chi in questi luoghi vive. La parte di città interessata dall’intervento trasformativo è quella zona intermedia, tra città e paesaggio,

che dall’antica Acre si estende fino al borgo medievale proiettandosi sulla vallata dell’Anapo, dove si trova l’ex stazione ferroviaria. L’intervento prevede la trasformazione di alcuni spazi vuoti del margine rafforzandone i caratteri specifici, la ridefinizione dei percorsi che li legano, l’apertura di nuovi varchi che consentano la risalita dalla vallata. In particolare, il progetto di piazza Acre e del contiguo giardino tra via Teatro Greco e via Primosole nasce dalla volontà di rendere lo spazio antistante la «biblioteca comunale» fruibile e adeguato alle attività ad essa legate. Da qui la necessità di lavorare sull’attacco a terra dell’edificio, sul suolo, cercando di dare un nuovo significato allo spazio tra gli edifici. Un’altra operazione riguarda la ridefinizione del fronte urbano prospiciente su Piazza Aldo Moro in modo da consentire l’accesso diretto ai retrostanti giardini. Il nuovo fronte, caratterizzato dalla presenza di una parete forata e di una torre belvedere che permette anche di risolvere il dislivello tra la piazza e il playground, viene ad assumere il ruolo di porta urbana. Il progetto di suolo degli spazi vuoti legati a piazza Aldo Moro nasce non solo dalla volontà di rendere evidenti i caratteri topografici del luogo, ma anche da quella di pensare nuovi spazi pubblici soprattutto legati all’aspetto ludico.

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PALAZZOLO ACREIDE, TRA ARCHEOLOGIA E CONTEMPORANEITÀ

Alibet Alexandra Ficara relatore Bruno Messina co-relatori Fabrizio Foti, Francesco Martinico

Questa tesi di laurea si propone principalmente due obiiettivi: – la ricomposizione del rapporto tra l’area urbana della città di Palazzolo Acreide e l’area dell’antica città di Akrai. Tale rapporto sembra essere stravolto a partire dall’età medievale, quando gli insediamenti abitativi iniziarono a svilupparsi in maniera concentrica attorno al castello abbandonando totalmente le aree a ridosso dell’antica città e rendendole di conseguenza, sino ad oggi, marginali; – la definizione di uno spazio urbano, come elemento di cucitura tra due diverse realtà, in cui la scala dell’intervento architettonico si estenda alla dimensione, qui, peculiare del paesaggio. Percorrendo la Via Acre si giunge ad una sorta di dilatazione dello spazio che verso Nord-Ovest porta alla panoramica, ovvero il margine fisico che circonda l’area archeologica, verso Sud-Est porta alla lunga chiera di case prospicienti la Via Primosole. Percorrendo invece la via di mezzo si giunge all’ingresso dell’area archeologica. Siamo nel cosiddetto “NODO”, il punto di congiunzione tra Palazzolo e l’antica Akrai. Quest’area si presenta priva di attività d’interesse generale che possano attirare l’attenzione della comunità o dei visitatori. Giungendo in Piazza Acre si ha la netta sensazione di trovarsi in un luogo marginale privo di identità dove a fungere da guida sono solo i tracciati stradali. Si pone dunque la necessità di reinterpretare a pieno il ruolo e le potenzialità di quest’ambito, evidenziando scorci, invitando alla sosta e accompagnando soprattutto il visitatore lungo il percorso di avvicinamento all’area archeologica. Da Piazza Acre, grazie a un percorso pedonale, si accede ad un’area che funge da filtro tra la piazza e l’area archeologica e tra quest’ultima e Via Primosole. Quest’area si presenta come un susseguirsi di lotti per la maggior parte liberi e con un dislivello medio tra Via Teatro Greco e via Primosole di circa 30 m. La stecca di edifici prospicienti Via Primosole

è connotata, sulla strada, dal rapporto panoramico con la città e con il territorio, mentre il retro delle abitazioni, nella maggiore parte dei casi, è adibito ad orto privato. Il progetto prevede per quest’area la realizzazione di un complesso di 7 unità abitative a cui si accede sia tramite percorsi pedonali sia tramite la realizzazione di una strada carrabile a senso unico che percorre l’intera area, partendo da Via Primosole e trovando imbocco in Via Teatro Greco. La condizione insediativa di questi edifici è nata dalla volontà di assecondare la morfologia del terreno che si articola su varie quote, divenendo a sua volta elemento compositivo del progetto. Ogni unità si sviluppa su tre livelli raccordati tra loro da un corpo scala che emerge in prospetto rispetto al resto della casa. Il piano terra, a diretto contatto con la vita pubblica della strada, ospita il garage e l’ingresso al corpo scala da cui si giunge al primo piano, adibito a zona giorno. Dal primo piano tramite una scala interna si accede al secondo piano riservato alla zona notte. Entrambi i piani si affacciano sul retro della casa su di una corte interna che permette l’isolamento dal manto roccioso. Dal punto di vista tecnologico-costruttivo il progetto prevede che le unità siano racchiuse da una sorta di guscio le cui pareti perimetrali sono trattate in pietra per rimanere in stretto rapporto con l’ambiente circostante ed immaginarle come parte integrante della roccia stessa. Dal percorso pedonale che attraversa la parte superiore dell’area, a quota delle coperture, si può accedere a veri e propri tetti giardini che diventano punti panoramici.

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AKRAI URBAN LAB


I PAESAGGI DEL MARGINE URBANO Un progetto per il margine Est di Palazzolo Acreide

Alice Palazzo, Sarah Perna, Stefania Anastasi relatore Bruno Messina co-relatore Libero Carlo Palazzolo, Fabrizio Foti

“L’abitare un luogo richiede la pratica e l’esperienza anche violenta dei suoi margini...” Raramente riusciamo a osservare i margini anche se spesso ne affermiamo con certezza l’esistenza. ll margine è uno spazio tra le cose, che separa mettendo in contatto: è una barriera solo ideologica lungo la quale vivono in condivisione persone, cose e identità fra loro differenti. E’ un confine che si fa centro: uno spazio funzionale dove l’uomo abita, lavora, si muove e si diverte; uno spazio dove “forze opposte si confrontano, spesso si scontrano, altre volte si incontrano, comunque entrano in crisi”. Nell’area racchiusa ad Est del borgo tra Via Roma e Via Nazionale si incontra il margine orientale di Palazzolo: una fascia in cui la densità abitativa diminuisce e gli edifici si confrontano disordinatamente col paesaggio della vallata. Da questo margine orientale è possibile scorgere il depuratore ed il cimitero, due luoghi della città a contatto diretto con il paesaggio naturale. Il primo scopo del nuovo margine urbano è limitare l’espansione Est della città, così da impedirne un ulteriore sviluppo anomico e disordinato e definire una nuova struttura ai confini dell’abitato. Il progetto ridefinisce il confine del borgo per reinventarne i suoi nuclei vitali. Mettendo in relazione il margine ed il centro urbano di Palazzolo, il progetto mostra un confine che, opportunamente trasformato, torna al centro della città: un margine che diventa percorso, non più obbligato e scomodo, ma polifunzionale. Così, lo spazio, già al centro dei nostri spostamenti, si riappropria della sua identità e spezza il confine tra centro e periferia, intessendo relazioni coi luoghi urbani d’interesse. Riscoprendo e trasformando un itinerario presistente, il progetto del margine traccia un nuovo percorso tra quattro aree urbane periferiche: il Cimitero monumentale, la zona del parcheggio, la chiesa dell’ Annunziata ed il depuratore. Il limite urbano diventa così permeabile, vivibile, dominante, ma allo stesso tempo rispettoso

del paesaggio che ha difronte. Agire nella mediazione tra città e paesaggio naturale, mira a regolare, grazie all’idea di margine come sutura, la relazione tra le diversità: il progetto disegna così una fascia sfrangiata lungo la città e delimitata lungo il fronte della vallata da un muro rettilineo, così da proiettare nella natura un percorso senza soluzione di continuità con essa. Nella fascia, però, tutto si confonde, si mescola, e il verde entra in gioco come primo mezzo di riqualificazione. Recuperando l’idea di cintura verde come rete di luoghi urbani che si insinua tra i vuoti lasciati dall’abitato, il progetto del margine tra città e paesaggio è portatore di riequilibrio tra le due diversità. La spina dorsale del progetto è un muro, margine fisico per definizione, che si trasforma in strumento di misura del paesaggio e mezzo di costruzione e definizione di inediti scenari e di nuove relazioni tra città e campagna. Una promenade architecturale si articola in stretta relazione con il muro: essa organizza e dispone vecchi e nuovi spazi di relazione e luoghi di attività urbane, garantendo connessioni alternative tra le differenti parti delle città. Così il percorso invita alla meditazione a cielo aperto nello spazio adiacente al cimitero, disegna terrazze verdi laddove presistevano fascie coltivate, riorganizza vuoti urbani in spazi pubblici polifunzionali, genera aree verdi che evocano tipicità colturali. Il segno del margine, infine, è rafforzato dalle forme del verde: i filari di alberi isolano l’esistente e proiettano lo sguardo verso il fondo valle. Dove oggi sorge il parcheggio, il muro sgretola il basolato lavico: piegandosi, genera uno spazio concluso che richiama l’idea del Teatrino di Salemi di F. Venezia. Nel quartiere dell’Annunziata il muro diventa spina dorsale di un nuovo spazio verde. Ispirato al museo di Gibellina di F. Venezia, un edificio risalita, posto all’estremità di uno percorso alberato ad una quota inferiore, costituisce un fondale prospettico all’area degli orti urbani.

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LAST LANDSCAPE Un progetto per l’area cimiteriale di Palazzolo Acreide

Raffaello Buccheri relatore Bruno Messina co-relatore Fabrizio Foti

Il cimitero di Palazzolo Acreide si sviluppa su un crinale stretto e lungo che si affaccia sull’alta Valle dell’Anapo ed è circoscritto dal recinto di matrice ottocentesca che, nel tempo, ha prodotto un organismo introspettivo. Sulla scorta di un antico rapporto tra sepoltura e natura, tradizionale di questi luoghi, il progetto introduce modi alternativi di vivere il cimitero e la loro applicazione in un contesto dalle abitudini oramai consolidate. La tesi introduce un’inedita condizione delle modalità insediative del cimitero: il simultaneo riferimento alla tradizione “locale” della sepoltura e all’innovazione “globale” delle sue alternative. L’aspetto locale è legato alla sepoltura come ritorno alla terramadre, nel tentativo di ricucire un legame sacro con il territorio e con la natura oramai smarrito; l’aspetto globale è legato alla pratica della cremazione come alternativa espressione laica del rito, di una società civile sempre più grande e diffusa. Il punto di contatto dei due aspetti è il paesaggio. Da qui l’esigenza di trattare il tema in modo eterogeneo mediante il progetto di tre parti autonome ma interconnesse tra loro: 1. l’area sacra e il crematorio: la piccola strada che alla fine dell’Ottocento portava al cimitero, è stata recentemente trasformata nello svincolo stradale che lega la città alla S.S. 124 Maremonti. Le attività legate al cimitero, il parcheggio e gli ambiti dove ha luogo il commiato, si contendono gli spazi residuali prodotti da questo fuori scala. Da qui l’esigenza di ripensare e riorganizzare lo spazio di ingresso del cimitero. Il progetto prevede un sistema unico di pavimentazione, il cui tessuto dissimuli l’incongrua scala dell’infrastruttura, in grado di mettere in relazione spazi diversi. Sui lati Nord e Sud, si trovano rispettivamente i volumi di progetto del crematorio e dell’edificio destinato alla vendita di fiori e di urne. Concettualmente, tali presenze sono generate dalla superficie della piazza, le cui pieghe si articolano per riorganizzare le relazioni, così che il piccolo edificio

dei fiorai nasconde il parcheggio, mentre il crematorio estende la pertinenza della piazza ad una quota sopraelevata. Il piano inclinato funge anche da ingresso alla sala del commiato, un osservatorio verso l’alta valle dell’Anapo. Il crematorio si configura come un dispositivo relazionale ed ottico che articola viste preferenziali sul paesaggio e sulla città. Il crematorio è costituito di tre livelli: quello interrato e nascosto, che contiene tutta l’impiantistica; quello della piazza, che contiene gli spazi di incontro e ristoro; quello sopraelevato, che è riservato alla sala del commiato; 2. l’ampliamento del recinto: rappresenta l’ultima fase di crescita del cimitero di Palazzolo verso Est. Il cimitero di Palazzolo è sempre cresciuto secondo una logica additiva in tale direzione, estendendosi in lunghezza, per lotti giustapposti. Sull’ultimo, più recente e incompleto lotto, si propone la realizzazione di uno scavo, modulato secondo un impaginato desunto dal sistema del cimitero storico. Da questo sistema di trincee si accede, attraverso un percorso ipogeo, alle sepolture diffuse. La parte di superficie superiore, libera dalle costruzioni, è ricoperta di alberi che riprendono le masse frondose del cimitero storico, invertendo il rapporto delle densità, circoscritte nel recinto, tra vegetazione e costruito. Le macchie di verde definiscono ambiti su cui trovano posto urnari, spazi per la dispersione, tombe a terra; 3. le sepolture diffuse: sono il vero e proprio legante del progetto. Un modo alternativo alle locali tradizioni di intendere il cimitero. Il cimitero diffuso si libera del recinto e si apre al paesaggio. Lo scavo della roccia si mescola al dispositivo del terrazzamento. Scavo e terrazzamento disegnano un percorso che segue il fianco nord dell’altipiano, ad una quota inferiore rispetto al cimitero. Su questo percorso si distribuiscono le sepolture penetrando nella roccia calcarea. Al centro ed alle estremità del percorso si trovano le risalite al cimitero soprastante. 87



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